Non può dar luogo all’esercizio di una veduta una ringhiera posta a separazione tra due fondi urbani, trattandosi di un’opera avente essenzialmente funzione divisoria, anche quando consenta di inspiciere et prospiciere in alienum.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10181 del 9 maggio 2014. Il fatto. La proprietaria e detentrice di due terreni esponeva che il proprietario delle due rimesse attigue nonché di un appartamento aveva rimosso la ringhiera del balcone di quest’ultimo, pavimentando e cingendo con un’inferriata i tetti delle sue rimesse, utilizzando tale spazio aperto come ampia balconata, invadendo sul lato ovest la proprietà della ricorrente, la quale chiedeva, pertanto l’eliminazione della pavimentazione e della ringhiera in ferro che consentiva alla controparte la veduta diretta, invocando la tutela del possesso e il rispetto delle distanze per le vedute. Il Pretore di Lucera reputava che le opere integrassero gli estremi della molestia possessoria, sia perché eseguite in violazione delle distanze legali sia perché atte a dar vita a una servitù di veduta su fondo altrui. Ordinava, quindi, la rimozione della ringhiera mentre negava che la pavimentazione dei tetti delle rimesse fosse idonea a integrare una turbativa del possesso. All’esito di una complessa vicenda processuale, in riferimento all’asserita molestia nel possesso arrecata, in dipendenza della trasformazione del tetto in lastrico solare, con violazione delle distanze legali tra costruzioni, la Corte d’Appello di Bari riteneva che il manufatto realizzato non poteva rilevare ai fine del computo delle distanze. L’attrice propone ricorso in Cassazione, sulla base della convinzione che con la collocazione della ringhiera e senza il rispetto delle distanze, viene decisamente alterata la situazione dei luoghi. Un’inferriata non dà luogo all’esercizio di una servitù di veduta. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, facendo notare che la consistenza originaria dei luoghi non è stata sostanzialmente modificata dalle opere realizzate. A tal proposito, occorre ricordare che un’inferriata posta a separazione tra due fondi anche urbani non può dar luogo all’esercizio di una servitù di veduta anche quando essa consenta di inspiciere e di prospicere sul fondo altrui, costituisce pur sempre un’opera avente la funzione di semplice separazione dei fondi. Conclusivamente, il ricorso non può che essere rigettato.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 febbraio – 9 maggio 2014, numero 10181 Presidente Goldoni – Relatore Abete Svolgimento del processo Con ricorso al pretore di Lucera, sezione distaccata di Serracapriola, F.M.R. , proprietaria e detentrice di due terranei, entrambi adibiti a rimessa, ubicati in omissis , esponeva che O.A. , proprietario delle due rimesse attigue nonché di un appartamento, posto al primo piano, al lato delle medesime rimesse e dotato di un piccolo balcone di forma rettangolare con il lato stretto prospiciente su via ed il lato lungo posto a confine ed alla medesima quota delle due rimesse, aveva rimosso la ringhiera del balcone del proprio appartamento, aveva pavimentato con mattonelle e cinto con una ringhiera alta 90 cm. i tetti delle sue due rimesse, utilizzando tale spazio aperto come ampia balconata, in tal guisa mutando la natura dei tetti da semplici solai di copertura in lastrici solari che, per giunta, nel rifacimento della pavimentazione aveva invaso sul lato ovest la proprietà di ella ricorrente. Chiedeva all'adito giudice l'eliminazione della pavimentazione realizzata dall'O. nella parte in cui risultavano occupati i tetti delle sue rimesse nonché l'eliminazione della ringhiera in ferro, che consentiva alla controparte la veduta diretta, all'uopo invocando la tutela del possesso ed il rispetto delle distanze per le vedute. Costituitosi, O.A. deduceva di aver ceduto la proprietà delle unità immobiliari al figlio R. ed al genero, D.R.S. altresì, spiegava riconvenzionale con cui chiedeva l'eliminazione dello stillicidio provocato dalla caduta sul proprio terraneo dell'acqua piovana dal tetto del vano di proprietà della ricorrente. Spiegavano volontario intervento O.R. e D.R.S. deducevano di aver essi provveduto alla realizzazione delle opere contestate. Con sentenza del 24/25.7.1989 il pretore adito, qualificata l’actio esperita ai sensi dell'articolo 1170 c.c., reputava che le opere integrassero gli estremi della molestia possessoria, sia perché eseguite in violazione delle distanze legali sia perché atte a dar vita ad una servitù di veduta su fondo altrui. Ordinava, pertanto, la rimozione della ringhiera o, quanto meno, il suo arretramento per una profondità pari alla distanza legale negava, al contempo, che la pavimentazione dei tetti delle rimesse fosse idonea ad integrare una turbativa del possesso. O.R. e D.R.S. - deceduto nelle more O.A. - interproponevano appello al tribunale di Lucera, che, con sentenza numero 91/2000, rigettava il gravame, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado. Avverso tale decisione spiegavano ricorso a questa Corte di legittimità O.R. e D.R.S. . Il ricorso veniva accolto e la sentenza di seconde cure cassata. Segnatamente e tra l'altro, questa Corte evidenziava che il giudice dell'appello non aveva dato esaurientemente ragione del proprio assunto circa la realizzazione di una servitù d'affaccio prima inesistente più esattamente, che non aveva valutato se la pregressa situazione, pur in mancanza di pavimentazione e di ringhiera, già non consentisse una reciproca facoltà di inspicere e prospicere sostanzialmente immutata nonostante le nuove opere. O.R. e D.R.S. attendevano alla riassunzione del giudizio in sede di rinvio dinanzi alla corte d'appello di Bari. Si costituiva e resisteva F.M.R. . Con sentenza numero 915 dei 2.3.2005/4.9.2007 la corte barese, in accoglimento dell'appello esperito da O.R. e D.R.S. , rigettava le domande spiegate in prime cure da F.M.R. dava atto, altresì, della rinunzia degli appellanti alla riconvenzionale in origine formulata da O.A. . In relazione all'asserita molestia del possesso arrecata, in dipendenza della trasformazione del tetto in lastrico solare, attraverso la violazione delle distanze legali tra costruzioni, la corte territoriale opinava nel senso che il manufatto dagli odierni appellanti realizzato non può rilevare ai fini del computo delle distanze così sentenza d'appello, pag. 9 . In relazione all'asserita molestia del possesso, arrecata del pari in dipendenza della trasformazione del tetto in lastrico solare, attraverso l'asserita ed abusiva servitù di veduta che gli appellanti eserciterebbero sul tetto di F.M.R. , la corte territoriale esponeva che un'inferriata posta a separazione tra due fondi, anche urbani, non può dar luogo all'esercizio di una servitù di veduta, perché anche quando essa consenta di inspicere e di prospicere sul fondo altrui, costituisce pur sempre un'opera avente la funzione di semplice separazione dei fondi, mentre la eventuale possibilità di guardare e di affacciarsi sul fondo del vicino è, in tal caso, reciproca ed esclude, pertanto, quella situazione di soggezione indispensabile per la configurazione di un diritto di servitù così sentenza d'appello, pag. 9 che nessun elemento favorevole all'assunto della F. può desumersi dalla scrittura privata 14-7-1979, con cui O.A. , dante causa degli odierni appellanti, si era impegnato a non praticare sul muro del nuovo fabbricato abusivamente realizzato in via aperture né affacci o vedute, essendo riferita tale scrittura alla nuova costruzione, realizzata negli anni 78/79 a primo piano, nella parte retrostante il preesistente immobile così sentenza d'appello, pag. 12 che trattavasi di costruzione diversa, come evincibile dallo schizzo planimetrico allegato alla scrittura de qua, oltreché dalle tavole progettuali e dalle istanze di condono prodotte dagli appellanti così sentenza d'appello, pag. 12 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso F.M.R. , chiedendone, sulla scorta di un unico motivo, la cassazione con i conseguenti provvedimenti in ordine alle spese. I controricorrenti O.R. e D.R.S. hanno depositato controricorso, chiedendo dichiararsi inammissibile e comunque rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese altresì hanno chiesto dichiararsi l'inammissibilità della documentazione allegata al ricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Con l'unico motivo la ricorrente deduce ai sensi dell'articolo 360, 1 co., numero 5 , c.p.c. il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. All'uopo adduce che in sede di rinvio la corte d'appello ha disatteso le puntuali prescrizioni sul thema decidendum delineate dalla suprema corte di cassazione così ricorso, pag. 10 che, ad ogni modo, la presenza della ringhiera posizionata lungo il lastrico non solo costituisce una modifica sostanziale alla situazione preesistente, ma altera profondamente proprio quella stessa reciprocità che a livello dei lastrici esisteva in precedenza così ricorso, pag. 13 che, infatti, con la collocazione della ringhiera e senza il rispetto delle distanze, viene decisamente alterata la situazione dei luoghi così ricorso, pag. 13 . Il ricorso è destituito di fondamento. Del tutto ingiustificato è l'assunto della ricorrente, secondo cui il giudice del rinvio, in spregio alla questione su cui la cassazione in sede di rinvio aveva chiesto di pronunciarsi così sentenza d'appello, pag. 10 , ha omesso proprio di analizzare specificamente la concreta situazione preesistente così ricorso, pag. 12 . È al riguardo sufficiente porre in risalto che la corte territoriale ha dato atto che dalle risultanze istruttorie era dato evincere che i luoghi oggetto di disputa fossero originariamente due coppie di tetti posti a copertura di altrettanti terranei che, pur appartenendo a soggetti diversi, costituivano un'unica superficie piana senza soluzione di continuità così sentenza d'appello, pag. 10 altresì, che l'originaria consistenza dei luoghi indubbiamente consentiva, prima ancora della esecuzione delle opere contestate alla F. , una reciproca facoltà di inspicere e prospicere a tutto campo così sentenza d'appello, pag. 10 dunque, che i tetti della sig.ra F. e dei sigg.ri D.R. - O. erano rispettivamente e reciprocamente fondi serventi e dominanti così sentenza d'appello, pag. 11 . Su tale scorta la corte distrettuale ha affermato che l'originaria consistenza dei luoghi non è stata sostanzialmente modificata né aggravata dalle successive opere poste in essere dai D.R. - O. così sentenza d'appello, pag. 10 . Tale affermazione può senz'altro essere condivisa. Difatti questa Corte spiega, da un canto, che l'apertura di una veduta verso il fondo del vicino, ai sensi ed agli effetti degli articolo 905 e ss. c.c., sul fondo che già goda naturalmente di una vista panoramica, in conseguenza di posizione sopraelevata, è configurabile solo quando intervengono opere che aggravino la suddetta situazione naturale cfr. Cass. 12.6.1982, numero 3597 dall'altro, che un'inferriata posta a separazione tra due fondi anche urbani non può dare luogo all'esercizio di una servitù di veduta, perché anche quando essa consenta di inspicere e di prospicere sul fondo altrui, costituisce pur sempre un'opera avente la funzione di semplice separazione dei fondi, mentre la eventuale possibilità di guardare e di affacciarsi sul fondo del vicino è, in tal caso, reciproca ed esclude, pertanto, quella situazione di soggezione di un fondo nei confronti dell'altro la cui sussistenza è indispensabile per la configurazione del diritto di servitù cfr. Cass. 27.5.1994, numero 5186 . Si tenga conto, per giunta, che la proprietà O. già fruiva di un balcone che, siccome riconosce la medesima ricorrente cfr. ricorso, pag. 8 , certamente consentiva la veduta diretta ed obliqua. In ogni caso questa Corte non può che reiterare nella fattispecie l’insegnamento –debitamente menzionato dalla corte barese – secondo cui non può dar luogo all’esercizio di una veduta una ringhiera posta a separazione fra due fondi urbani, trattandosi di un opera avente essenzialmente funzione divisoria, anche quando consenta di inspicere et prospicere in alienum cfr. Cass. 17.3.1995, numero 3109 . Lo spiegato unico motivo di ricorso nella parte in cui si fa riferimento alla scrittura privata in data 14.7.1979 in parte qua difetta senza dubbio di specificità cfr. Cass. 17.7.2007, numero 15952, secondo cui i motivi fondanti il ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata . Il rigetto del ricorso giustifica la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente a pagare ai contro ricorrenti le spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.