Con la risoluzione n. 20/E del 28 marzo 2013, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito la nozione di abuso di diritto, ritenendo che per la sua sussistenza non sia sufficiente da sola la scelta del luogo di stipula del contratto finalizzata all’ottenimento di un risparmio fiscale. Ricorda, però, che se non è richiesta la forma ad substantiam , bisogna fare riferimento al luogo di formazione del consenso contrattuale se questa avviene in territorio nazionale, l’imposta va pagata.
Con la risoluzione n. 20/E del 28 marzo 2013, l’Agenzie delle Entrate ha risposto ad un quesito di un contribuente, trattando quindi i profili elusivi e l’ipotesi di applicabilità del regime impositivo previsto per i contratti di finanziamento bancario a medio e lungo termine stipulati all’estero. Tutto avviene in Italia, tranne la firma dell’accordo. La questione in oggetto riguarda la stipula di un contratto, relativo ad operazioni di finanziamento, concluso all’estero nonostante tre importanti elementi le parti contraenti sono entrambe residenti in Italia i finanziamenti concessi esplicano i loro effetti operativi sul territorio nazionale i contratti sono formati per atto pubblico firmato all’estero e sottoposti alla giurisdizione italiana. E’ abuso di diritto? I contribuenti chiedono, pertanto, se in tal caso si possa prospettare un abuso del diritto, in quanto la mera sottoscrizione dei contratti al di fuori dei confini dello Stato potrebbe apparire finalizzata ad ottenere un indebito vantaggio fiscale. Il principio di abuso di diritto secondo la Cassazione. L’Agenzia delle Entrate ricorda innanzitutto la definizione proposta, nel 2008, dalle Sezioni Unite della Cassazione, di abuso di diritto, secondo cui questo si sostanzia nel trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale . Il luogo non basta, c’è bisogno di qualcosa di più. Con la risoluzione viene quindi rilevato che il luogo di sottoscrizione del contratto, di per sé considerato ed in assenza di ulteriori elementi, non rientra nella definizione di abuso del diritto finora elaborata dalla giurisprudenza, per la configurazione della quale appare necessario un quid pluris idoneo a realizzare l’utilizzo distorto di strumenti giuridici finalizzato all’ottenimento di un risparmio fiscale . Le norme. L’art. 2, d.P.R. n. 131/1986, sull’imposta di registro TUR , dispone che sono soggetti a registrazione, tra gli altri, gli atti indicati nella tariffa, se formati per iscritto nel territorio dello Stato . L’Agenzia ricorda poi la norma civilistica sulla conclusione del contratto, art. 1326 c.c., secondo cui l’accordo è concluso con la contestuale sottoscrizione delle parti oppure con la ricezione dell’accettazione di controparte in capo al proponente. Il caso specifico. La normativa in tema di contratti di finanziamenti prevede la forma scritta, ma non necessariamente per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. Pertanto, qualora il consenso negoziale risulti già da scrittura privata semplice stipulata in Italia, indipendentemente dalla successive forme solenni sottoscritte all’estero, si può ritenere che l’atto è formato per iscritto nel territorio dello Stato e, quindi, ricade nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva . In tal caso, infatti, gli atti compiuti all’estero consisterebbero in una mera riproposizione dell’accordo già raggiunto in Italia. L’Agenzia conclude quindi che tale fattispecie potrebbe ricorrere laddove venga reperito in sede di controllo un term sheet o altra documentazione da cui risulti già avvenuta la formazione del consenso in ordine agli elementi essenziali del contratto di finanziamento riproposti con l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata sottoscritta all’estero .
TP_FISCO_AgEntRis20_s