La mancata ricandidatura permette la nuova valutazione del quadro cautelare conseguente a peculato

Con la sentenza numero 51507 depositata il 19 dicembre 2013 la VI sezione penale della Corte di Cassazione affronta una questione interessante in tema di spese di rappresentanza di un consigliere regionale.

Finalità private dell’utilizzo delle somme di denaro pubblico. In sede di appello veniva ripristinata a carico dell’indagato la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune interessato, in ordine al reato di cui all’articolo 314 c.p. La contestazione principale si basava sull’appropriazione parziale delle somme di denaro, anticipate mensilmente allo stesso consigliere a titolo di rimborso spese di segreteria e rappresentanza dalla Regione, utilizzate effettivamente per finalità private e, in ogni caso, non ammissibili a rimborso. La doglianza principale del consigliere regionale, in sede di ricorso per cassazione, si focalizzava sull’illegittimo esercizio da parte del giudice di merito di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi e amministrativi. Dimissioni del consigliere regionale. Infatti, il Tribunale del riesame, condividendo la tesi del P.M., era pervenuto, secondo i difensori del ricorrente, alla abnorme affermazione che soltanto le dimissioni dalle funzioni di consigliere regionale avrebbero potuto spezzare il legame tra l’ufficio, esercitato su voto popolare e la capacità di approfittarne in maniera illecita. Inoltre, la difesa del ricorrente aveva allegato anche un attestato della Corte di Appello territoriale in cui si affermava che l’indagato non risultava presente tra i candidati dell’ultima tornata elettorale relativa al consiglio nonché alla giunta regionali. Mancata ricandidatura. Gli Ermellini ritengono fondato, ed assorbente di altri due, il motivo di ricorso appena esposto infatti, la produzione del documento attestante l’assenza del ricorrente tra i candidati elettorali finisce per costituire elemento nuovo sopravvenuto, tale da imporre una rivalutazione del quadro cautelare che i giudici dell’impugnazione avevano fondato sulla propria convinzione. In buona sostanza, l’assenza tra i candidati al consiglio regionale pone in luce l’impossibilità che l’indagato possa destinare a finalità diverse le somme mensilmente corrisposte per l’esercizio del mandato. Nuovo esame. Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata con la trasmissione degli atti al Tribunale competente che nel demandato nuovo esame dovrà provvedere a rivalutare il quadro cautelare nei confronti del ricorrente sulla base della mancata ricandidatura del consigliere regionale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 – 19 dicembre 2013, numero 51507 Presidente Garribba – Relatore Gramendola Fatto e diritto Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Potenza, adito dal P.M. in sede di appello ai sensi dell'art.310 cpp., in riforma dell'ordinanza in data 6/5/2013 con la quale il G.I.P. del Tribunale in sede aveva revocato la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Potenza inflitta all'indagato M.A.L. in ordine al reato di cui all'art.314 cp. ripristinava a carico del predetto la misura cautelare revocata. Si contestava al M. nella sua qualità di Consigliere Regionale della Basilicata nella 8^ e 9^ legislatura di essersi appropriato in parte delle somme di danaro, mensilmente anticipategli dall'Ente a titolo di rimborso spese di segreteria e rappresentanza ai sensi dell'art.11 L.R. 8/1998 per l'importo di Euro 8.337,43, attestando ai competenti organi regionali la corrispondenza a quelle ammissibili a rimborso, delle spese, indicate nella documentazione fiscale-contabile, composta di scontrini e ricevute fiscali, in realtà risultati avere finalità private diverse da quelle istituzionali e/o comunque non ammissibili a rimborso. Contro tale decisione ricorre l'indagato a mezzo dei suoi difensori, i quali, nel chiederne l'annullamento, articolano tre motivi. Con il primo motivo denunciano l'illegittimo esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi e amministrativi e censurano l'errore del Tribunale, il quale condividendo la tesi del P.M. erano pervenuti all'abnorme affermazione che solo le dimissioni dalla funzioni di consigliere regionale, avrebbero potuto spezzare il legame tra l'ufficio, esercitato su voto popolare e la capacità di approfittarne in maniera illecita, in tal modo violando il principio della divisione dei poteri e operando una interferenza nell'esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo. Con il secondo motivo deduce la violazione della legge processuale in riferimento alla mancata declaratoria di inammissibilità dell'appello del P.M., siccome fondato su profili indiziari del tutto estranei alle valutazioni del G.I.P Con il terzo motivo lamentano il vizio di motivazione, testualmente rilevabile, in riferimento alla valutazione del pericolo di ricaduta nel reato ex art.274 lett.c . che non teneva conto della condotta dell'indagato che aveva completamente risarcito il danno, restituendo le somme, che si presumevano illegittimamente incamerate. Con la memoria depositata in data 29/11/2013 la difesa ha allegato attestato della Corte di Appello di Potenza che l'indagato non risulta presente tra i candidati che hanno concorso alla elezione della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale della Basilicata del 17 e 18 Novembre 2013. È fondato il primo motivo di ricorso, in esso assorbiti anche gli altri due. Ed invero la produzione del menzionato documento, da apprezzarsi come elemento nuovo sopravvenuto, impone una rivalutazione del quadro cautelare che i giudici dell'impugnazione hanno fondato sulla convinzione che nonostante l'abolizione dell'obbligo di rendicontazione di cui alla L.R. numero 38/2013, l'indagato possa destinare a finalità diverse le somme mensilmente corrisposte mensilmente per l'esercizio del suo mandato. L'ordinanza impugnata va dunque annullata e gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Potenza, che nel demandato nuovo esame provveda a rivalutare alla stregua del documento prodotto dalla difesa il quadro cautelare nei confronti del ricorrente. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Potenza.