Il Ministero della Giustizia, dopo aver diramato una propria direttiva interna agli uffici e in attesa di una modifica al d.m. 180/2010, il 27 novembre scorso ha pubblicato la tanto attesa circolare sulle nuove norme in materia di mediazione civile e commerciale modificate con il decreto del Fare.
La mediazione come strumento strategico. Orbene, con la direttiva del 5 novembre scorso il Ministro Cancellieri sottolinea nuovamente l’importanza strategica della mediazione nell’ambito della politica del Governo volta a incrementare l’efficienza del sistema giudiziario così contribuendo a restituire un’immagine di affidabilità internazionale del nostro Paese. Ma per raggiungere l’obiettivo è necessario – scrive il Ministro – che l’istituto della mediazione non rappresenti «un vuoto e oneroso adempimento burocratico, una mera condizione di procedibilità prima di potersi rivolgere al giudice». E per evitare questo occorre agire almeno su due fronti il primo è quello della qualità del servizio e, in particolare «la preparazione professionale dei mediatori” che da sempre rappresenta uno dei temi più discussi in materia di mediazione civile e commerciale nonché «l’effettiva imparzialità e terzietà degli organismi di mediazione e dei loro mediatori rispetto alle parti». A tal fine il Ministero dovrà vigilare «allo scopo di impedire [] la costituzione di gruppi di interesse, di qualunque specie o natura, tra gli organismi di mediazione ed i mediatori da una parte, e le parti che partecipano al procedimento dall’altro». Il secondo fronte di intervento ispettivo , poi, sarà quello relativo ai costi che, secondo la direttiva, rappresenta un «profilo che appare oltremodo necessario nell’attuale difficile momento economico in cui versa il Paese». Subito dopo la direttiva il Ministero, come abbiamo anticipato in apertura, è intervenuto per tentare di fornire un’interpretazione quanto più omogenea delle nuove disposizioni su tutto il territorio nazionale da parte degli organismi di mediazione per far decollare la mediazione nonché per fornire agli organismi su quali aspetti procedimentali cadrà l’attenzione degli ispettori in sede di verifica. Spese di avvio anche per il primo incontro. Il primo aspetto sul quale è intervenuta la Circolare è quello relativo a sapere se la c.d. gratuità del primo incontro di mediazione introdotta dal d.l. 69/2013 significa esonero da qualsiasi pagamento ovvero implica il pagamento delle spese di avvio e, cioè «le spese di concreto svolgimento dell’attività di mediazione» oltre alle spese vive e documentate. Sul punto il Ministero si adegua alla linea interpretativa assolutamente maggioritaria ribadendo che le spese di avvio del procedimento sono senz’altro dovute da entrambe le parti escludendo qualsiasi pagamento della parte invitata qualora la parte attivante non si presenti al primo incontro . L’unico aspetto di dubbio su quanto scritto dal Ministero a tal proposito è che per il Ministero il primo incontro non sarebbe inserito nello svolgimento vero e proprio dell’attività di mediazione in quanto avrebbe cosa che sicuramente ha funzione esplicativa. Senonché, non credo vi siano dubbi su ciò che il procedimento di mediazione è comunque già aperto la domanda ha già prodotto i suoi effetti, il mediatore è già stato nominato per tutta la procedura tant’è che il decreto legislativo prevede che all’esito del primo incontro le parti possono decidere di proseguire nella mediazione. Naturalmente nel caso opposto e, cioè, nel caso in cui le parti non decidano di proseguire il tentativo di mediazione vero e proprio non si è tenuto ma non si è risolto in un mero incontro informativo “generico” dal momento che in quel primo incontro l’esplicazione deve avere ad oggetto anche la specifica controversia. Riduzione dell’indennità per mediazione delegata. Rimanendo sempre sui “costi” la Circolare precisa anche che la riduzione dell’indennità di cui all’articolo 16, comma 4, lett. d , d.m. 180/2010 «è da applicarsi anche alle ipotesi di mediazione obbligatoria disposta dal giudice». Assistenza obbligatoria dell’avvocato limitata. Il secondo aspetto sul quale si è pronunciata la Circolare è stato quello relativo all’individuazione di quali siano le mediazioni rispetto alle quali il legislatore ha previsto l’obbligatorietà dell’assistenza dell’avvocato. La scelta del Ministero è stata quella di ritenere obbligatoria quell’assistenza soltanto per le ipotesi di mediazione obbligatoria ai sensi dell’articolo 5, comma 1bis, d.lgs. 28/2010 e di quella delegata comma 2 . Si tratta di un’interpretazione restrittiva che non può che essere apprezzata da chi ha sempre ritenuto che l’obbligatorietà dell’avvocato non sia soluzione corretta dal punto di vista della mediazione ed infatti, non c’è nessun pericolo che durante la mediazione le parti possano subire un qualche pregiudizio specifico rispetto alla tutela giudiziaria dei propri diritti e in linea con quanto ritenuto, all’indomani della legge di conversione, ad esempio, da Unioncamere. Il che non significa, ovviamente, che la scelta che, però, deve essere libera di un avvocato quale consulente anche in mediazione non sia una scelta opportuna anzi! e largamente seguita in pratica come dimostrano le statistiche al 31 dicembre 2012. Competenza territoriale circondariale. Il terzo aspetto è rappresentato dalle modalità di individuazione dell’organismo di mediazione territorialmente competente. Qui il Ministero ricorda che la domanda di mediazione deve essere presentata presso un organismo di mediazione che abbia «la propria sede principale o secondaria nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia che si intende proporre». Peraltro – prosegue il Ministero – «si terrà conto della sede principale dell’organismo ovvero delle sue sedi secondarie che trovino nell’ambito di qualunque comune della circoscrizione del tribunale territorialmente competente a conoscere la controversia». Occorre, però, osservare che il Ministero ha assunto come proprio punto di riferimento il circondario dimenticando ? che talvolta la competenza appartiene al giudice di pace o alla corte di appello e, ancora, al Tribunale per le imprese . Ne segue, ad esempio, che laddove il giudice competente sia il giudice di pace la sede principale o secondaria dell’ODM dovrà avere sede nel mandamento di competenza. Sedi secondarie operative. Inoltre e qui affrontiamo il quarto aspetto per facilitare la “prossimità” dell’ODM alle parti il Ministero ricorda che ai fini dell’individuazione dell’ODM territorialmente competente valgono anche le sedi secondarie dell’ODM purché siano operative e quindi possano ricevere le domande e possano ospitare le sessioni di mediazione e, soprattutto, che siano state comunicate al Ministero mediante la compilazione e trasmissione della modulistica presente sul sito ministeriale e che il Ministero abbia adottato il provvedimento di iscrizione. Formazione degli avvocati mediatori. Il quinto aspetto di interesse e sul quale non posso non esprimere qualche perplessità è quello relativo alla formazione dell’avvocato mediatore di diritto. Qui il Ministero valorizzando troppo il richiamo all’articolo 55bis del Codice deontologico forense ritiene che competente per la formazione del mediatore di diritto ed addirittura per l’aggiornamento sia il Consiglio Nazionale Forense. Anzi. Il Ministero scrive addirittura che «per il mediatore avvocato [formazione e aggiornamento] debbano avvenire nell’ambito dei percorsi formativi professionali forensi, la cui organizzazione è demandata al consiglio nazionale forense». L’utilizzo del termine “debbano” mi preoccupa un po’ dal momento che avrei preferito leggere un “possano” nel senso che l’avvocato mediatore può scegliere il percorso formativo più adatto a sua insindacabile scelta. Anche perché – credo - l’avvocato che voglia esercitare come mediatore ovviamente fermo il rispetto del codice deontologico forense può scegliere se presentare domanda come un mediatore e, quindi, dimostrando di avere seguito le 50 ore ovvero svolto le 18 ore di aggiornamento biennale oppure come avvocato avvalendosi della nuova opportunità. Peraltro, questa soluzione potrebbe anche portare ad una differenziazione dell’offerta dei servizi di mediazione che se ben valorizzata al momento della scelta dell’ODM non potrà che rappresentare un’ulteriore opportunità per le parti Peraltro, è bene avvertire e ricordare – anche alla luce di un parere del Consiglio di Stato di qualche anno fa - che gli ODM potranno comunque richiedere ai propri mediatori una specifica formazione iniziale e successiva anche aggiuntiva a quella “base” prevista dalla normativa in vigore così sostanzialmente “scegliendo” quale tipologia di mediatore offrire ai propri clienti nel rispetto, ovviamente, della qualità del servizio. Convenzioni e accordi. Il sesto e ultimo aspetto di interesse è quello – più volte oggetto di attenzione – di forme di agevolazione o di sconti offerte dagli organismi alle parti e/o ai loro procuratori. Qui il Ministero è chiarissimo ogni convenzione o accordo a favore di una soltanto delle parti rappresenta un fattore in grado di offuscare o comunque di incidere sull’immagine di imparzialità dell’organismo di mediazione e, quindi, devono ritenersi non consentite. Così come non consentite si devono ritenere tutti quegli accordi o convenzioni «in forza dei quali l’organismo di mediazione assuma l’obbligo giuridico di erogare quote di emolumenti in favore di enti o associazioni il cui ammontare è calcolato in percentuale del volume di affari che gli aderenti a quell’associazione sono stati in grado di sviluppare in un determinato periodo di tempo in favore dell’organismo». Restano possibili soltanto «agevolazioni e sconti attuati in concreto [che] devono essere praticati nei confronti di tutte le parti in mediazione».
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