Il bancario favorisce alcuni clienti? Legittimo l’allontanamento

L’accertamento di innumerevoli inadempimenti volti a favorire determinati clienti costituisce giusta causa di licenziamento, in quanto incide sul vincolo fiduciario intercorrente tra istituto di credito e dipendente.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20879/12, depositata il 26 novembre. Il caso. Un bancario viene licenziato a seguito di innumerevoli inadempimenti, quali operazioni non regolari di versamento e prelievo, posti in essere per favorire determinati clienti. La legittimità del licenziamento viene confermata in entrambi i gradi di merito e il bancario decide pertanto di ricorrere per cassazione. I doveri del dipendente. Con un primo motivo il licenziato contesta il fatto che le operazioni da lui compiute attenessero ai doveri fondamentali di un dipendente di banca secondo gli Ermellini, però, i giudici di appello hanno congruamente motivato che le condotte dell’uomo denotavano mancanza di correttezza, onestà e fedeltà. Il ricorrente lamenta poi la mancanza di specificità delle contestazioni disciplinari che gli erano state mosse nonché del successivo licenziamento come già rilevato dai giudici di merito, però, la contestazione in oggetto è seguita a una relazione ispettiva dalla quale un esperto bancario avrebbe potuto ricavare tutti gli elementi necessari. I termini sono stati rispettati. Con due successive censure il licenziato lamenta la violazione del principio di immediatezza della contestazione disciplinare, intervenuta tre mesi dopo la fine dell’ispezione, nonché il mancato rispetto del termine di sette giorni per la comunicazione dei motivi di licenziamento quanto al primo punto, il lasso di tempo è da ritenersi congruo in quanto l’ispezione era stata effettuata in agosto, periodo di ferie che non consentiva un rapido esame delle risultanze quanto al secondo punto, è stato accertato che il settimo giorno era festivo e la comunicazione è pertanto correttamente pervenuta il giorno seguente. La giusta causa è stata sufficientemente motivata. Il ricorrente lamenta poi violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la sentenza impugnata avrebbe fondato le proprie conclusioni sulle risultanze di una consulenza tecnica illegittimamente disposta inoltre non sarebbe stato indagato a sufficienza il profilo oggettivo e soggettivo della giusta causa del licenziamento, che costituirebbe una sanzione sproporzionata rispetto alla gravità degli addebiti mossi. Secondo la S.C. la prima doglianza rappresenta questione nuova, mentre la seconda investe profili della sentenza immuni da censure. In conclusione, tutti i motivi di ricorso appaiono infondati, dal momento che si limitano a proporre una diversa ricostruzione dei fatti parimenti infondato è il ricorso incidentale presentato dalla banca, volto ad eccepire l’improcedibilità dell’appello per tardività della notifica del ricorso. Per questi motivi la Cassazione, dopo averli riuniti, rigetta entrambi i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 30 ottobre – 26 novembre 2012, numero 20879 Presidente e Relatore De Renzis Svolgimento del processo I. Il Tribunale di Perugia con sentenza numero 421 del 2009 dichiarava, decidendo su ricorso proposto dalla BANCA DELL'UMBRIA 1462 in data 15.04.2002, la legittimità del licenziamento, intimato da tale istituto bancario a C.M.E. con lettera del 18.12.2001, in relazione a protratti inadempimenti rigettava la domanda risarcitoria della banca condannava quest'ultima al pagamento a favore del C. della somma di Euro 42.615,92, oltre accessori, a titolo d competenze finali. II. La Corte di Appello di Perugia, investita con gravame del C. , disattesi l'eccezione di improcedibilità dell'appello avanzata dall'appellata per violazione dell'articolo 435 2 comma CPC e gli altri rilievi riguardanti l'affissione del codice disciplinare, la specificità della contestazione, l'immutabilità degli addebiti, l'immediatezza della contestazione, il rispetto del termine di sette giorni di cui all'articolo 2 della legge numero 604 del 1966, la genericità della lettera di licenziamento , ha confermato, nel merito, la decisione di primo grado. La Corte ha ritenuto, sulla scorta degli accertamenti peritali, esistenti gli addebiti in relazione all'ampiezza e sistematicità del ricorso da parte del C. ad operazioni non regolari di versamento e prelievo, agli sconfinamenti senza garanzia e al pagamento di assegni per cassa, strumenti impiegati per favorire determinati clienti. Le anzidette operazioni poste in essere dal C. , ad avviso della Corte territoriale, presentavano una elevata pericolosità per la banca e quindi incidevano sul vincolo fiduciario intercorrente tra l'istituto di credito e il dipendente. III. Il C. propone ricorso per cassazione articolato su otto motivi. La Unicredit S.p.A., incorporante della Banca dell'Umbria 1462, resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale, contrastato dal ricorrente principale con proprio controricorso. Entrambe le parti hanno presentato rispettiva memoria ex articolo 378 CPC. Motivi della decisione 1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex articolo 335 CPC, trattandosi di impugnazioni contro la stessa sentenza. 2. Con il primo motivo del ricorso principale il C. lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 112, 113, 115, 116 CPC, articolo 2697 Cod. Civ., articolo 5 della legge numero 604 del 1966, articolo 7 della legge numero 300 del 1970 articolo 360 numero 3 CPC , nonché vizio di motivazione. Sostiene al riguardo che la sentenza impugnata è erronea per avere ritenuto che gli addebiti contestati al dipendente non dovessero essere preceduti da preventiva affissione del codice disciplinare, giacché tali operazioni non attengono ai doveri fondamentali di un dipendente di banca. Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha osservato che le operazioni bancarie compiute dal C. denotano mancanza di correttezza, onestà e fedeltà, con la precisazione che le stesse provenivano da titolare di agenzia bancaria, cui sarebbe spettato oltretutto far esporre il codice disciplinare nei locali a lui affidati. A tale valutazione, congrua e coerente, il ricorrente si è limitato ad opporre un diverso non consentito apprezzamento. 3. Con il secondo motivo il C. denuncia violazione di norme di diritto articolo 112, 113, 115, 116 CPC, dell'articolo 2697 Cod. Civ., dell'articolo 7 2 comma della legge numero 300 del 1970, dell'articolo 5 della legge numero 604/1966 , nonché vizio di motivazione. Il tutto in relazione a mancanza di specificità delle contestazioni disciplinari del 23 ottobre 2001 e della successiva lettera del 20 novembre 2001. Tale motivo va esaminato unitamente al sesto motivo, con il quale il ricorrente, con riferimento alle violazioni della stessa normativa e a vizio di motivazione, lamenta mancanza di specificità dei motivi del licenziamento. Le doglianze così formulate sono prive di pregio, giacché il giudice di appello, nel respingere analoghi rilievi contro la decisione di primo grado, ha puntualizzato che la lettera di contestazione fece seguito alla relazione ispettiva,che elencava gli addebiti mossi al C. , sicché questi, esperto bancario e titolare di agenzia, ben avrebbe potuto, con la lettura della stessa relazione, integrare con gli elementi necessari gli addebiti così elencati. Trattasi di valutazione appagante e logica, contro cui il ricorrente muove rilievi non ammissibili in questa sede. 4. Con il terzo motivo il ricorrente principale deduce violazione degli articolo 112, 113, 115, 116 CPC, dell'articolo 2697 Cod. Civ., dell'articolo 7 della legge numero 300 del 1970 e dell'articolo 5 della legge numero 604/1966, nonché vizio di motivazione. Il tutto in relazione alla lettera del 13 dicembre 2001 e al mancato rispetto del principio di immutabilità della contestazione disciplinare per difetto di qualsiasi indagine e motivazione. Il motivo è infondato. In sede di appello il C. sostenne che nel corso del giudizio cautelare, da lui iniziato dinanzi al Tribunale di Roma e che lo vide soccombente, la banca indicò nominativi di clienti, che sarebbero stati favoriti dal medesimo C. , omettendo ogni riferimento a quelli indicati nella lettera di contestazione, dal che la violazione di principio di immutabilità della contestazione e di corrispondenza tra addebiti contestati ed addebiti posti a fondamento del licenziamento. A tale rilievo il giudice di appello cfr pag. 7 e 8 della sentenza ha risposto confermando la statuizione del primo giudice circa l'irrilevanza dell'asserita novità delle contestazioni, essendo stato comminato il licenziamento con riferimento agli addebiti mossi con la lettera del 23 ottobre 2001 e non a quelli, eventualmente ulteriori, prospettati nel giudizio cautelare dinanzi al Tribunale di Roma. Trattasi di valutazione del giudice di merito, immune da vizi logici e giuridici ed adeguatamente motivata, non suscettibile pertanto di riesame in sede di legittimità. 5. Con il quarto motivo il ricorrente principale lamenta violazione di norme di diritto articolo 112, 113, 115, 116 CPC, articolo 2697 Cod. Civ., articolo 5 della legge numero 604 del 1966, dell'articolo 7 della legge numero 300 del 1970 nonché vizio di motivazione sul punto decisivo della controversia. Il tutto in relazione alla violazione del principio della immediatezza della contestazione disciplinare del 23 ottobre 2001. Il C. ribadisce quanto sostenuto in sede di appello, ossia che il termine di tre mesi intercorso tra la fine dell'ispezione e la contestazione degli addebiti è irragionevole, anche a voler tener conto delle dimensioni e dell'organizzazione della banca. A tale rilievo il giudice di appello, condividendo la statuizione del primo giudice, ha risposto osservando come il lasso di tempo non avrebbe potuto ritenersi irragionevole, in quanto l'ispezione venne effettuata subito dopo il ferragosto, periodo non certamente idoneo, per le ferie del personale, a consentire un rapido esame ed approfondimento dei dati emersi. L'accertamento dei giudici di merito è fondato su congrua e coerente motivazione, sicché non può essere scalfito dalle critiche del ricorrente, non consentite in sede di legittimità. 6. Con il quinto motivo il C. deduce violazione di norme di diritto articolo 112, 113, 115, 116 CPC, articolo 2697 Cod. Civ., articolo 2 della legge numero 604 del 1966 nonché vizio di motivazione sul punto decisivo della controversia. Il tutto in relazione al mancato rispetto in particolare del termine di sette giorni, di cui al richiamato articolo 2 della legge numero 604 del 1966, per la comunicazione dei motivi del licenziamento. Il motivo non ha pregio e non merita di essere condiviso, in quanto il giudice di appello, con indagine di fatto non censurabile, ha accertato che l'anzidetto termine risulta rispettato, essendo pervenuta la comunicazione dei motivi del licenziamento da parte della banca il 27 dicembre 2001 e non entro il 26 dicembre 2001 settimo giorno, che era festivo. 7. Con il settimo motivo il ricorrente principale denuncia omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia e violazione degli articolo 115 e 61 CPC, nonché dell'articolo 2697 Cod. Civ Il ricorrente censura la sentenza impugnata rilevando che la Corte territoriale ha fondato la propria decisione sulle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, che si assume illegittimamente disposta dal primo giudice, assolvendo la banca dall'onere della prova a suo carico circa gli elementi giustificativi del licenziamento. Le doglianze sono connotate da novità, non risultando proposte nella fase del giudizio di appello cfr pagine 4 e 5 sentenza impugnata e pag. 9 del controricorso , e in ogni caso non colgono nel segno, emergendo dalla stessa sentenza impugnata cfr pag. 9 penultimo capoverso che il consulente tecnico ha rimarcato l'ampiezza e la sistematicità del ricorso ad operazioni collegate di versamento e pre-lievo, agli sconfinamenti senza garanzia e al pagamento di assegni per cassa, sicché il perito non è andato al di là dei propri compiti, essendosi limitato ad effettuare i necessari accertamenti e a verificare i dati contabili. Il giudice di appello ha esaminato in modo adeguato gli accertamenti peritali e in base ad essi ha verificato ed analizzato la condotta del C. . Le valutazioni dei giudici di merito risultano in conclusione sorrette da attente motivazioni, cui il ricorrente si limita a contrapporre rilievi di segno opposto,che, come ricordato in precedenza, non sono consentite in fase di legittimità. 8. Con l'ottavo motivo il C. deduce violazione di norme di diritto articolo 112 e 115 CPC in relazione all'articolo 2119 Cod. Civ. articolo 1362 e seguenti Cod. Civ. in relazione agli articolo 36 e 61 del contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria dell'11.07.1999 articolo 2106 Cod. Civ., articolo 2697 Cod. Civ. articolo 5 della legge numero 604 del 1966 nonché vizio di motivazione sul punto decisivo della controversia. Il tutto in relazione ad omessa indagine del profilo oggettivo e 3 soggettivo della giusta causa del licenziamento e a mancata valutazione della proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto alla gravità degli addebiti attribuiti al dipendente. La valutazione del giudice di appello si presenta immune dalle rilevate censure, giacché l'impugnata sentenza, sia pure sinteticamente, si è occupato dei profili anzidetti rimarcando, in presenza di comportamenti sistematici del lavoratore elevati a prassi costante, l'esistenza dell'elemento intenzionale. Quanto alla proporzionalità della sanzione lo stesso giudice ne ha affermato la sussistenza, affermando che il C. era venuto gravemente meno ai propri doveri, e ciò con riferimento ad incarichi di particolare delicatezza, cosicché sanzione di adeguata gravità era stato il licenziamento cfr pag. 10 ultimo e penultimo rigo della sentenza di appello . Tale doglianza risulta implicitamente disattesa dallo stesso giudice nell'affermare, come già detto, l'esistenza dell'intenzionalità della condotta tenuta dal C. cfr pag. 11 della stessa sentenza . 9. In definitiva il ricorso principale è destituito di fondamento e va rigettato, essendosi limitato il ricorrente ad opporre una diversa ricostruzione dei fatti in senso difforme da quello operato dal giudice di merito, che ha ricostruito la vicenda nei suoi profili soggettivi ed oggettivi sulla base delle riferite risultanze probatorie, alla stregua anche degli accertamenti peritali, ritenendo, come già detto, che il comportamento tenuto dal dipendente, in ragione degli incarichi di particolare delicatezza da lui svolti, fosse connotato da gravità tale da incidere sul rapporto fiduciario che lo legava alla società datrice di lavoro. 9. Da parte sua la Unicredit S.p.a. con il ricorso incidentale ha riproposto l'eccezione di improcedibilità dell'appello per tardività della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione, avvenuta oltre il termine di cui all'articolo 435 2 comma CPC, eccezione disattesa dal giudice di appello. La doglianza è infondata, avendo questa Corte affermato ripetutamente che il termine in questione non ha natura perentoria, non producendo la sua inosservanza alcuna conseguenza pregiudizievole, tanto più che nel caso di specie risulta rispettato per l'appellata lo spatium deliberarteli di venticinque giorni prima dell'udienza di discussione della causa di cui all'articolo 435 3 comma CPC. cfr Cass. 14 luglio 2011 numero 15590 Cass. 30 dicembre 2010 numero 26489 . 10. Disattesi entrambi i ricorsi, le spese del giudizio di cassazione seguono la prevalente soccombenza e si liquidano come da dispositivo ponendone a carico del ricorrente principale i tre quarti, con compensazione del restante quarto, in ragione del rigetto del ricorso incidentale. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, condanna il ricorrente principale alle spese nella misura dei tre quarti, compensato il residuo quarto, spese che liquida per l'intero in Euro 4000,00 per compensi, oltre esborsi di Euro 40,00 ed oltre accessori di legge.