Cane chiuso in auto, coi finestrini chiusi, a soffrire il caldo: condanna per la proprietaria

Legittima la sanzione dell’ammenda nei confronti di una donna a cui è stato addebitato il reato di abbandono di animali. È da considerare un gesto di crudeltà la scelta di lasciare il cane in macchina a soffrire il caldo. Decisivi i resoconti del vigile urbano e del veterinario che erano intervenuti una volta notato l’animale.

Chiuso in macchina, con i finestrini sigillati, nonostante la giornata calda. Per la giustizia è evidente l’atto di crudeltà compiuto nei confronti dell’animale – un cane –, e ancor più grave perché a compierlo – con indifferenza – è il padrone. Ecco perché è giustificata la condanna per il reato di «abbandono di animali» Cassazione, sent. numero 44902/2012, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Abbandono. Nessun dubbio sull’episodio è stato un vigile urbano, difatti, a notare un cane, tenuto bloccato in automobile coi finestrini chiusi, e sofferente per il caldo, per l’«elevata temperatura». Poi, una volta scoperto il proprietario della vettura – una donna - è stato conseguente contestare anche i maltrattamenti compiuti sull’animale. Eccessiva rigidità, da parte del vigile urbano? Assolutamente no, per la giustizia. Così, in Tribunale, la donna viene condannata a 1.000 euro di ammenda per «avere lasciato il proprio cane rinchiuso in auto». Il reato sanzionato è quello di «abbandono di animali». Bestialità. Questione chiusa? Non per la donna, che, addirittura, decide di ricorrere per cassazione, contestando l’esistenza di «fatti penalmente rilevanti» e chiedendo una pronunzia assolutoria. Ma anche in terzo grado ella trova di fronte a sé un muro invalicabile. Per i giudici di Cassazione, difatti, è assolutamente condivisibile l’ottica adottata in Tribunale. Soprattutto perché basata sulle parole del vigile urbano e del veterinario che all’epoca erano intervenuti appena notato il cane e che, in un’aula di giustizia, hanno confermato «la circostanza dell’abbandono dell’animale, in auto, con i finestrini chiusi, in una giornata soleggiata e con temperatura particolarmente elevata». A rendere ancora più chiaro il quadro un’ulteriore osservazione del veterinario il fatto che il cane avesse ‘sporcato’ l’interno dell’automobile era probabilmente legato allo «stato di ansia e paura» vissuto in quei minuti. Assolutamente inattaccabile, quindi, per i giudici, la condanna nei confronti della donna, condanna che, difatti, viene confermata in pieno.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 ottobre – 16 novembre 2012, numero 44902 Presidente Mannino – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Deducendo illogicità e apparenza della motivazione, M.T.G. ricorre per la cassazione della sentenza 12.4.2011 con cui il Tribunale di Torre Annunziata - sez. Distaccata dl Sorrento l’aveva condannata alla pena di €. 1,000,00 di ammenda ritenendola responsabile del reato di cui all’articolo 727 cp per avere lasciato il proprio cane rinchiuso in auto. Rileva la ricorrente che il giudice non aveva valutato le risultanze processuali e gli elementi su cui si fondava la richiesta assolutoria, attesa l’insussistenza di qualsiasi fatto penalmente rilevante. Considerato in diritto 2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato costantemente che il controllo del giudice di legittimità sul vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturate della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti cass. sez. terza 19.3.2009 numero 12110 cass. 6.6.06 numero 23528 . Si è altresì affermato che nell’ipotesi di ricorso per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, il sindacato in sede di legittimità è limitato alla sola verifica della sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di apprezzarne la rilevanza giuridica nonché della congruità logica del ragionamento sviluppato nel testo del provvedimento impugnato rispetto alle decisioni conclusive. Ne consegue che resta esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche cfr. cass. sez. terza 12.10.2007 numero 40542 . Nel caso in esame, il giudice di merito ha esposto in maniera assolutamente coerente il proprio percorso argomentativo a sostegno della decisione di condanna dell’imputata per il reato di maltrattamento di animali laddove ha richiamato la deposizione del Vigile Urbano e del Veterinario intervenuti nell’immediatezza del fatto, i quali hanno confermato la circostanza dell’abbandono dell’animale in auto con i finestrini chiusi, in una giornata soleggiata e con temperatura particolarmente elevata, con la precisazione - fatta dal veterinario - che un tale comportamento è assolutamente incompatibile con le natura dell’animale potendo provocargli paura e sofferenza e che gli escrementi rinvenuti nell’auto potevano essere state provocate dallo stato di ansia e paura. Le critiche dell’imputata, a parte l’estrema genericità della formulazione assolutamente priva di specifici riferimenti ai punti della motivazione oggetto di censura , denotano in realtà l’intento di ottenere una diversa valutazione delle circostanze di fatto e del materiale probatorio, cioè un inammissibile sindacato nel merito. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sentenza 13.6.2000 numero 186 , alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 616 c.p.p. nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.