Inadeguata la vita offerta ai figli? A farne le spese è il legame familiare

Se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità – come l’inadeguatezza della vita offerta ai figli al loro normale sviluppo psicofisico – l’unica soluzione è la rescissione del legame familiare.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21607/13, depositata il 20 settembre. Il caso. Dopo la segnalazione del servizio sociale, veniva promossa una procedura sullo stato di abbandono di 2 minori, figli naturali di una coppia, a cui si addebitavano inadeguatezze genitoriali nel prestare e assicurare ai figli adeguate cure morali e materiali e per le carenze igieniche riscontrate nella loro abitazione. Le gravi carenze dei due genitori venivano riscontrate anche dai giudici di merito, che dichiaravano lo stato di adottabilità dei minori. E il verdetto non cambia nemmeno dopo il processo di legittimità. Entrambi i genitori sono incapaci di comprendere le necessità dei minori. La S.C., infatti, ha precisato che il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite – nell’interesse del minore - se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psicofisico , in modo che, l’unico strumento che possa evitare un più grave pregiudizio ed assicurare assistenza e stabilità affettiva, è la rescissione del legame familiare .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 maggio – 20 settembre 2013, n. 21607 Presidente Salmè – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. A seguito di segnalazione del servizio sociale di Verona e su iniziativa del Pubblico Ministero veniva promossa procedura sullo stato di abbandono di H T. e T.Y. , figli naturali di H.B.A T. e La Gr. , per le riscontrate inadeguatezze genitoriali nel prestare e assicurare ai figli adeguate cure morali e materiali e per le carenze igieniche riscontrate nell'abitazione di S P. , madre di Gr.La. , in cui abitavano la Gr. e il T. insieme ai figli H. e Y. . Nel corso del procedimento la Gr. insieme ai figli veniva inserita nella comunità alloggio Casa Accoglienza di . 2. Il Tribunale per i minorenni di Verona con sentenza del 13 - 18 gennaio 2012 ha dichiarato lo stato di adottabilità dei minori T.H. e Y. . Il Tribunale nel constatare la sussistenza di uno stato di abbandono ha rilevato che la madre aveva dimostrato nel corso del procedimento gravi difficoltà a provvedere all'accudimento dei figli e, dopo un periodo di convivenza in comunità, ne era uscita interrompendo ogni contatto con i figli. Il padre aveva, a sua volta, dimostrato scarse capacità di provvedere al rapporto con i figli mentre questi ultimi avevano dimostrato difficoltà relazionali e vissuti traumatici, ritardi nella crescita, problematiche comportamentali e difficoltà di autoregolazione implicanti la necessità di un contenimento emotivo, indifferenza nei confronti della madre, relazione inadeguata, perché limitata al solo contesto ludico, con il padre. Era risultata altresì la inadeguatezza della figura vicaria rappresentata dalla nonna. 3. Con separati ricorsi B.A T. e Gr.La. hanno proposto appello. Il T. ha rilevato nella motivazione della Corte di appello una ingiustificata svalutazione della sua figura genitoriale. La Gr. ha illustrato le ragioni del suo allontanamento dalla comunità e dai figli. Ha dedotto di aver reperito una occupazione lavorativa stabile e ha auspicato il ritorno dei figli minori presso di lei. 4. Sia il tutore dei minori, A.M G. , che il Pubblico Ministero hanno concluso per il rigetto dell'appello. 5. La Corte di appello di Venezia ha respinto gli appelli rilevando che la sentenza impugnata ha correttamente rilevato le gravi carenze riscontrate dagli operatori del servizio sociale e consistite nelle insufficienti attenzioni e cure prestate da entrambi i genitori. La Corte di appello ha rilevato che, a parere del consulente tecnico, entrambi i genitori non appaiono in grado di intraprendere un percorso di cambiamento che permetta alla madre di riavvicinarsi ai figli e al padre di rendersi maggiormente coinvolto nel rapporto genitoriale. La possibilità di intraprendere tale percorso da parte dei genitori sarebbe comunque incompatibile con le esigenze e i tempi di crescita dei bambini che, a loro volta, hanno mostrato di avere sofferto di carenze affettive e di averne risentito sensibilmente nel loro processo evolutivo. 6. Propone ricorso per cassazione B.A T. che si affida a un motivo di impugnazione con il quale deduce la violazione degli artt. 1, 8, 12, 15 della legge n. 184/1983 e la insufficienza, inesistenza, apparenza della motivazione su punti decisivi della controversia. Secondo il ricorrente la sentenza della Corte di appello contraddice l'orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui la dichiarazione di adottabilità presuppone l'accertamento dell'impossibilità della crescita del minore nella sua famiglia naturale nonostante gli interventi praticabili da parte dei servizi sociali. Contraddice inoltre il disposto dell'art. 1 della legge 184/1983 secondo cui deve essere attribuito carattere prioritario all'esigenza del minore di vivere nella famiglia di origine. In altri termini la dichiarazione di adottabilità non deve discendere dalla mera constatazione della inidoneità dei genitori e parenti del minore senza che essa si accompagni all'ulteriore accertamento che tale inidoneità abbia provocato danni gravi e irreversibili alla equilibrata crescita dei minori. 7. Propone controricorso A.M G. nella sua veste di tutore dei minori T.Y. e H. ed eccepisce la inammissibilità/improponibilità del ricorso per violazione dell'art. 348 ter comma 5 c.p.c. e dell'art. 360 n. 5 c.p.c., introdotto dalla novella contenuta nel DL N. 83/2012 convertito in legge n. 134/2012, che ha reso censurabile la sentenza per omessa motivazione. La controricorrente contesta poi nel merito le censure mosse alla sentenza e rileva che la Corte territoriale ha certamente applicato correttamente la normativa in materia di adozione constatando che i minori all'apertura del procedimento si trovavano in stato di abbandono e gravemente deprivati, che le indagini svolte avevano consentito di affermare gravi inadeguatezze di entrambi i genitori tali da poter essere ritenute non facilmente superabili in tempi compatibili con le esigenze di crescita dei figli già esposti a un grave pregiudizio derivante dall'accertato stato di abbandono. Ritenuto che 8. Il ricorso è infondato. Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite, nello stesso interesse del minore, se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicché la rescissione del legame familiare è l'unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva. 9. A questi principi si sono attenuti il Tribunale per i minorenni di Verona e la Corte di appello di Venezia nel decidere la controversia relativa alla dichiarazione di adottabilità dei minori T.H. e Y T. . 10. La prognosi negativa sulle capacità genitoriali e le potenzialità di recupero di B.A T. e di La Gr. si basa in primo luogo sulla valutazione espressa dal consulente tecnico e risulta confermata dal riscontro delle relazioni dei servizi sociali del Comune di Verona che hanno compiuto una continuativa attività di osservazione del nucleo familiare per oltre due anni e specificamente nel periodo dal 29 gennaio 2009 al 5 marzo 2010 in cui la Gr. è rimasta insieme ai figli presso la Casa Accoglienza di . 11. Per quanto riguarda le capacità genitoriali la Corte di appello ha menzionato l'accertato difetto in entrambi i genitori della capacità di comprendere le necessità dei minori. In particolare la necessità di una guida e di un sostegno educativo da parte dei genitori e di contatti più profondi e significativi con loro, indispensabili per poter comprendere e farsi comprendere. Questa necessità di instaurare un rapporto continuativo e profondo con i figli non è mai stata compresa e attuata e nemmeno tentata di attuare dai genitori negli oltre due anni di durata del periodo di osservazione all'interno della struttura di accoglienza. Inoltre la Corte di appello,. sempre attenendosi alle valutazioni del consulente tecnico,, ha riscontrato la incapacità di entrambi i genitori di intraprendere un percorso di cambiamento che permetta alla madre di riavvicinarsi ai figli e al padre di modificare la sua personalità al fine di poter coinvolgersi pienamente nel rapporto genitoriale. Rileva la Corte di appello che il padre, da quanto emerso nel periodo di osservazione, pur avendo continuato a incontrare i figli nelle visite protette, ha mantenuto con loro solo rapporti superficiali non interessandosi ai loro bisogni e dimostrando al servizio sociale di non volersi assumere la responsabilità genitoriale sino al punto di non pagare la retta della mensa scolastica nonostante avesse trovato una occupazione lavorativa. A fronte di queste considerazioni derivate dal lungo periodo di osservazioni la Corte di appello ha concluso che ulteriori accertamenti, specificamente per quanto riguarda la tardivamente dichiarata volontà del padre di voler finalmente assumere un vero ruolo genitoriale, comporterebbero soltanto un inutile protrarsi della permanenza nella struttura di accoglienza non compatibile con le esigenze e i tempi di crescita dei bambini. 12. Per quanto riguarda infatti i danni che sono derivati ai figli da questo stato di abbandono la Corte ha rilevato come sia stato accertato dal consulente che entrambi hanno sofferto delle carenze affettive con conseguenze negative sul loro processo evolutivo H. appare inibito e controllato nelle manifestazioni emotive, evidentemente preoccupato di non fare emergere il momento doloroso da lui affrontato e far figurare una svalorizzazione di sé Y. presenta un ritardo psico-motorio e difficoltà comportamentali, da un punto di vista cognitivo e nel linguaggio appare più piccolo della sua età, mostra aggressività verso la madre. I due minori restano bloccati nella loro crescita e come in attesa di un cambiamento della propria situazione di vita per tornare a investire nelle figure genitoriali . 13. Alla luce di queste motivazioni della Corte di appello appaiono infondate le censure del ricorrente alla decisione confermativa della sentenza del Tribunale per i minorenni. In particolare è infondato che sia mancato un positivo accertamento di danni gravi e irreversibili alla crescita dei minori derivanti dalle carenze genitoriali. Né può condividersi che sia mancata una concreta verifica delle risorse del padre e in particolare sia mancata l'offerta di un supporto adeguato per poter effettuare un cambiamento costruttivo del suo comportamento e della sua personalità a favore dei figli. 14. Il ricorso va pertanto respinto. La considerazione della delicatezza della controversia e della posizione socialmente sfavorevole del ricorrente nonché della responsabilità primaria della madre nella strutturazione di uno stato di abbandono dei figli, fattori che hanno avuto una decisiva importanza nella tardiva comprensione della gravità della situazione e delle proprie manchevolezze, come egli stesso ha riconosciuto, giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.