Non può anticipare gli effetti di un’azione civile

È illegittimo il decreto di sequestro che tende – in mancanza dell’attivazione, da parte dell’interessato, dei rimedi cautelari previsti dal diritto civile - ad anticipare gli effetti di un’azione civile.

È quanto si evince dalla sentenza n. 35996, depositata il 3 settembre 2013. Il caso. Il Tribunale del riesame aveva annullato l’ordinanza con la quale il Gip – avendo ritenuto sussistente il fumus del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione – aveva disposto il sequestro preventivo dei beni di un’impresa alberghiera. Tale azienda era stata oggetto di due successive vendite, ritenute simulate e quindi oggetto di condotta distrattiva in relazione al reato di bancarotta fraudolenta. La Procura della Repubblica ha presentato ricorso per violazione di legge, sostenendo la legittimità del provvedimento cautelare, avente lo scopo di far fronte al pericolo di aggravio o protrazione delle conseguenze del reato di bancarotta e al pericolo dell’agevolazione della commissione di altri reati. Per la Suprema Corte il ricorso è manifestamente infondato. Nessun sequestro giudiziario o trascrizione nei registri delle azioni intraprese. Per gli Ermellini nessuna violazione di legge è ravvisabile nella motivazione del Tribunale del riesame, che ha annullato il decreto di sequestro, in conformità al principio per cui è illegittimo tale provvedimento cautelare di tipo impeditivo che tende ad anticipare gli effetti di un’azione civile, nel caso di specie, un’azione di accertamento della simulazione, non ancora iniziata dalla curatela fallimentare. Inoltre, Piazza Cavour ha chiarito che nell’annullato provvedimento di coercizione reale, non è rinvenibile alcun esame comparato tra ragioni sottese alla confisca del bene – nell’ipotesi di qualifica come corpo di reato – e quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare, esame che, secondo l’orientamento interpretativo richiamato dal ricorrente S.U. n. 29951/2004 , legittima il sequestro preventivo funzionale alla confisca di beni di provenienza illecita, di proprietà dell’impresa fallita. Alla luce di ciò, i giudici di legittimità hanno dichiarato il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 giugno - 3 settembre 2013, n. 35996 Presidente Marasca – Relatore Bevere Fatto e diritto Con ordinanza 5.12.2012, il tribunale del riesame di Salerno ha annullato l'ordinanza 14.11.2012 del Gip del tribunale di Vallo della Lucania, con la quale -avendo ritenendo sussistente il fumus del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione - aveva disposto il sequestro preventivo dei beni dell'impresa alberghiera Gand Hotel Santamaria, di proprietà della Coniste srl, il cui amministratore unico è C.N. la predetta azienda era stato oggetto di due successive vendite, ritenute simulate e quindi oggetto di condotta distrattiva in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, di cui al procedimento nei confronti, tra gli altri, di C.N. e del fratello C.S. la prima vendita del era intercorsa tra la SAC, Società Alberghiera del Cilento srl società dichiarata fallita il amministrata dai fratelli C. , e la ANC srl, il cui legale rappresentante e amministratore unico C.S. la seconda era intercorsa il tra la ANC e la Coniste srl. La procura della Repubblica presso il tribunale di Vallo della Lucania, con atto depositato il 28.12.08, presso il medesimo ufficio, ha presentato ricorso per violazione di legge in riferimento agli artt. 240 c.p. e 321 co. 2 cpp, sostenendo la legittimità del provvedimento cautelare, avente lo scopo di far fronte al pericolo di aggravio o protrazione delle conseguenze del reato di bancarotta e/o al pericolo dell'agevolazione della commissione di altri reati l'ufficio ricorrente ha anche rilevato che l'azienda alberghiera, trasferita alla Coniste srl, costituisce il vantaggio economico ovvero il profitto del reato di bancarotta con conseguente possibilità di confisca ex art. 240 co. 1 c.p Il ricorrente sostiene la legittimità del sequestro preventivo, in conformità all'orientamento giurisprudenziale S.U. n. 29951 del 2004 , secondo cui è legittimo il provvedimento, funzionale alla confisca facoltativa di beni provento di attività illecita e appartenenti ad un'impresa fallita, a condizione che il giudice nell'esercizio del suo potere discrezionale, dia motivatamente conto della prevalenza delle ragioni sottese alla confisca, rispetto a quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare. Il ricorrente conclude in tal senso il ricorso il sequestro non è illegittimo, a condizione che il giudice, nel ritenere la pericolosità della res, operi una valutazione di bilanciamento del motivo di cautela e delle ragioni attinenti la tutela degli interessi dei creditori. Nell'interesse della C.N. è stata presentata, il 29.5.2013 memoria difensiva, in cui si afferma l'irritualità del ricorso,sotto il profilo della modalità del deposito che non è stato effettuato presso la cancelleria del tribunale del riesame che ha emesso la decisione e della tempestività il deposito presso la cancelleria del tribunale è avvenuto il 3.1.2013, oltre il termine di quindici giorni . Nella memoria si afferma inoltre la validità della motivazione dell'ordinanza impugnata e l'inammissibilità del ricorso con il quale, in violazione dei limiti ex art. 325 co. 1, si censura l'erroneità della stessa. Il ricorso è manifestamente infondato, in quanto, al di là dell'irritualità formale della sua presentazione, va rilevato che, nessuna violazione di legge è ravvisabile nella motivazione del provvedimento del tribunale del riesame, che ha annullato il decreto di sequestro, in conformità all'orientamento giurisprudenziale sentenze n. 5649/08 e 25966/03 , secondo cui è illegittimo questo provvedimento cautelare di tipo impeditivo, emesso dal Gip del tribunale di Vallo della Lucania, che tende - in mancanza dell'attivazione, da parte dell'interessato nel caso di specie, il curatore fallimentare , dei rimedi cautelari previsti dal diritto civile sequestro giudiziario, trascrizione nei registri delle azioni intraprese al fine della opponibilità ai terzi - ad anticipare gli effetti di un'azione civile nel caso di specie, un'azione di accertamento della simulazione, non ancora iniziata dalla curatela fallimentare . D'altro canto, nell'annullato provvedimento di coercizione reale, non è rinvenibile alcun esame comparato tra ragioni sottese alla confisca del bene - nell'ipotesi di qualifica come corpo di reato - e quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare, esame che, secondo l'orientamento interpretativo richiamato dal ricorrente, legittima il sequestro preventivo funzionale alla confisca di beni di provenienza illecita, di proprietà dell'impresa fallita. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.