Non sono posti di lavoro ma solo punti d’appoggio regolari

Le cabine disseminate nel centro della capitale in ausilio alla polizia municipale non possono considerarsi postazioni lavorative ma semplici zone di riparo momentaneo.

Quindi il loro impiego è ammesso per offrire assistenza agli operatori specialmente in condizioni climatiche avverse o per permettere ai vigili di redigere una multa o comunicare con la centrale radio. Lo ha chiarito il Tar del Lazio, sez. III – bis , con la sentenza numero 6426 del 18 giugno 2014. La questione della legittimità dell’uso delle tradizionali cabine dei vigili di Roma capitale è tornata alla ribalta dopo che il Ministero del lavoro il 27 gennaio 2006 aveva interdetto l’uso di queste garitte anche per esigenze contingenti di servizio, «non avendo le stesse i requisiti minimi previsti dalla vigente normativa, per essere utilizzati quali posti di lavoro 2 mq e 10 mc lordi minimi per lavoratore ». Le cabine protettive costituiscono solo punti d’appoggio. In effetti le cabine non possono essere considerate locali chiusi destinati al lavoro in senso stretto, specifica il Collegio. La polizia municipale svolge per vocazione professionale servizio di polizia stradale, prosegue la sentenza, con la conseguenza che le cabine protettive costituiscono solo punti d’appoggio per scrivere o per momentaneo riparo da condizioni climatiche particolarmente avverse. Non si tratta quindi certamente di un tradizionale posto di lavoro dove il dipendente svolge la propria prestazione lavorativa durante tutto l’orario di servizio, conclude il Collegio. Ma di semplici pensiline attrezzate per offrire ausilio operativo alla polizia locale romana.

TAR Lazio, sez. III bis , sentenza 17 – 18 giugno 2014, numero 6426 Presidente Bianchi – Estensore Ferrari Fatto 1. Con ricorso notificato in data 28 marzo 2006 e depositato il successivo 21 aprile Roma Capitale già Comune di Roma ha impugnato le disposizioni, impartite dalla Direzione provinciale del lavoro del Ministero del lavoro, di cui al verbale di ispezione del 27 gennaio 2006, con le quali è stato intimato di “non utilizzare le cabine protettive della P.M. quali posti di lavoro, neanche per contingenti esigenze di servizio”, non avendo le stesse i requisiti minimi previsti dalla vigente normativa, per essere utilizzati quali posti di lavoro 2 mq e 10 mc lordi minimi per lavoratore . 2. Avverso i predetti provvedimenti la ricorrente è insorta deducendo eccesso di potere e violazione di legge sotto diversi profili. Osserva in primo luogo che il provvedimento impugnato non reca alcuna indicazione delle norme specifiche che conterrebbero le prescrizioni in esso richiamate. Per quanto invece riguarda la normativa generale dettata a tutela del lavoro, ma non richiamata nel succitato provvedimento, essa fa riferimento agli ambienti destinati in via ordinaria e continuativa ad ospitare i lavoratori, mentre le cabine protettive non possono essere considerate “locali chiusi destinati al lavoro”. 3. Il Ministero del lavoro non si è costituito in giudizio. 4. All’udienza del 17 giugno 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione. Diritto Come esposto in narrativa, Roma Capitale ha impugnato le disposizioni, impartite dalla Direzione provinciale del lavoro del Ministero del lavoro, di cui al verbale di ispezione del 27 gennaio 2006, con le quali le è stato intimato di “non utilizzare le cabine protettive della P.M. quali posti di lavoro, neanche per contingenti esigenze di servizio”, non avendo le stesse i requisiti minimi previsti dalla vigente normativa, per essere utilizzati quali posti di lavoro 2 mq e 10 mc lordi minimi per lavoratore . Il ricorso è fondato. L’assunto da cui muove il provvedimento impugnato è che le cabine protettive della Polizia municipale sono “luoghi di lavoro”. Di conseguenza, essendo le stesse di misura inferiore al minimo previsto per tali luoghi, ne sarebbe vietato l’utilizzo. Tale presupposto non è però condivisibile, con la conseguenza che essendo viziata la premessa è erronea anche la conseguenza che dalla stessa è fatta derivare. La Polizia Municipale, che svolge lavoro sulla strada, ha in essa il suo un “luogo di lavoro”, essendo i vigili urbani sostanzialmente addetti alla fluidificazione del traffico, a verificare le conseguenze di incidenti stradali, ecc., con la conseguenza che le cabine protettive costituiscono punti di appoggio per scrivere, se necessario, verbali di contestazione o per ripararsi momentaneamente da condizioni metereologi particolarmente avverse, così come ci si riparerebbe, ma in maniera meno soddisfacente, sotto una pensilina. In queste cabine gli addetti al traffico possono riporre i proprie effetti personali o, ancora, sostare nei brevi momenti di riposo. Niente dunque di più diverso dal “posti di lavoro” nei quali il dipendente svolge la propria attività lavorativa durante l’orario di servizio. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto. Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’esonero a carico del Ministero del lavoro, in considerazione della particolarità della vicenda contenziosa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza Bis definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Esonera il Ministero del lavoro dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.