Il reato di collusione del militare articolo 3, l. numero 1383/1941 assume la fisionomia del reato di mero pericolo per la cui integrazione non è necessario il raggiungimento dello scopo fraudolento, essendo sufficiente che la condotta infedele del finanziere sia idonea a determinare l’insorgenza del pericolo di compromissione dell’interesse erariale.
E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 45864, depositata il 5 novembre 2014. Il caso. Il Tribunale militare dichiarava il maresciallo della Guardia di Finanza colpevole del reato di collusione continuata aggravata, ai sensi dell’articolo 3 l. numero 1383/1941. Il militare aveva depistato e sviato le attenzioni della GdF rispetto alle condotte di evasione fiscale poste in essere da diverse cooperative di trasporto. Il maresciallo, in particolare, si era accordato con il soggetto privato, amministratore di una delle cooperative, decidendo di inviare un esposto anonimo nei confronti di altre società. La Corte d’appello confermava la sentenza di prime cure, ma riduceva la pena. Il soccombente ricorreva, allora, per cassazione, deducendo erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione per mancata applicazione dell’articolo 49, comma 2, c.p. reato supposto erroneamente e reato impossibile , essendo in presenza di fatti formalmente tipici ma in concreto non lesivi del bene giuridico protetto e quindi non punibili. Reato a consumazione anticipata La Cassazione nel decidere la questione in esame ricorda che il reato di collusione del militare configura un delitto a consumazione anticipata, perciò, in base alla rilevanza attribuita al bene giuridico protetto costituito dalla regolare riscossione dei tributi, la sanzione penale deve essere applicata è anticipata al momento dell’accordo collusivo. e di mero pericolo. Aggiunge la Suprema Corte che «poiché il fine di frodare la finanza connota l’elemento soggettivo, qualificandolo quale dolo specifico, e non è elemento costitutivo del reato, la fattispecie assume la fisionomia del reato di mero pericolo per la cui integrazione non è necessario il raggiungimento dello scopo fraudolento, essendo sufficiente che la condotta infedele del finanziere sia idonea a determinare l’insorgenza del pericolo di compromissione dell’interesse erariale» Cass., numero 25819/2007 . Perciò, nel caso in esame, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che l’intesa tra il militare e il privato per depistare l’eventuale indagine nei confronti del privato stesso, era idonea a ledere il bene tutelato, dal momento che la condotta concordata era tale da alterare i dati a disposizione della GdF. Sulla base di tali argomenti, la Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 ottobre – 5 novembre 2014, numero 45864 Presidente Cortese – Relatore Locatelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 19.2.2013 il Tribunale militare di Napoli dichiarava R.A. colpevole del reato di collusione continuata aggravata del militare della Guardia di Finanza previsto dall'articolo 3 della legge 9.12.1941 numero 1383, perché, quale maresciallo della Guardia di Finanza in servizio presso la sezione operativa della Compagnia di Trani, nel corso di una conversazione con B.F.M. , ragioniere della società di trasporto Cotrac cooperativa a r.l., gli rivelava notizie attinenti al suo ufficio concernenti un esposto anonimo, pervenuto il 21.1.2010 all'Agenzia delle Entrate di Bari e al Comando regionale della Guardia di Finanza, che illustrava pretese condotte di evasione fiscale poste in essere da diverse cooperative di trasporto tra cui la Cotrac e segnatamente da parte di C.L. , amministratore della predetta Cotrac e cognato di B.F. successivamente si offriva a B.F. per redigere ed inviare egli stesso un altro esposto anonimo, quale seguito del primo, al fine di sviare le attenzioni della Guardia di Finanza dalla società Cotrac indirizzandole verso altre società di trasporto. In Trani il 1.4.2010.Con l'aggravante del grado rivestito. Per l'effetto lo condannava alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione militare. Con sentenza del 4.12.2013 la Corte di appello militare riduceva la pena inflitta a R.A. ad anni 1 e mesi 4 di reclusione, confermando nel resto. Avverso la sentenza il codifensore dell'imputato propone ricorso per i seguenti motivi l erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione per mancata applicazione dell'articolo 49 comma 2 cod.penumero , essendo in presenza di fatti formalmente tipici ma in concreto non lesivi del bene giuridico protetto e quindi non punibili 2 applicabilità dell'articolo 115 comma 1 cod.penumero con conseguente insussistenza del delitto di collusione in presenza di semplice accordo, o istigazione accolta, non seguiti dalla commissione del reato. Il secondo codifensore propone separato ricorso deducendo 3 violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui i giudici di merito hanno ritenuto che il maresciallo R. e il rag. B. avessero raggiunto un'intesa ossia un accordo caratterizzato da contenuto specifico e quindi dotato di idoneità lesiva da un attento esame delle emergenze processuali intercettazione ambientale del colloquio intercorso tra l'imputato e B. tale convincimento si rivela erroneo ed assolutamente in contrasto con la verità storica, poiché dal dialogo riportato si desume che la proposta del maresciallo R. invio di un secondo esposto anonimo è rimasta tale anche se condivisa immediatamente dall'interlocutore B. . Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. La Corte militare di appello, premesso che il reato previsto dall'articolo 3 legge numero 1383 del 1941 configura una fattispecie di pericolo concreto, ha ritenuto che l'intesa a cui erano pervenuti l'imputato R. e il privato B. circa la proposta di inviare un ulteriore esposto anonimo nei confronti di altra società di trasporto con finalità di depistaggio , aveva un contenuto niente affatto generico ed era dotata di idoneità lesiva atteso che , anche se gli esposti anonimi non erano esaminati dal maresciallo R. ma dal cap. S. , la condotta concordata era idonea ad alterare i dati a disposizione del cap. S. influendo sulle decisioni che sarebbero state assunte in maniera vantaggiosa per la società di B. . La motivazione è giuridicamente corretta. Il reato di collusione del militare della Guardia di Finanza con l'estraneo previsto dall'articolo 3 della legge 9.12.1941 numero 1383 configura un delitto a consumazione anticipata nel quale, in ragione della rilevanza attribuita al bene giuridico protetto costituito dalla regolare riscossione dei tributi, l'applicazione della sanzione penale è anticipata al momento dell'accordo collusivo poiché il fine di frodare la finanza connota l'elemento soggettivo, qualificandolo quale dolo specifico, e non è elemento costitutivo del reato, la fattispecie assume la fisionomia del reato di mero pericolo per la cui integrazione non è necessario il raggiungimento dello scopo fraudolento, essendo sufficiente che la condotta infedele del finanziere sia idonea a determinare l'insorgenza del pericolo di compromissione dell'interesse erariale. in senso analogo Sez. 1, numero 25819 del 06/06/2007, Vitale, Rv. 236894 Sez. 1, numero 44514 del 28/09/2012, Nacca e altro, Rv. 253826 . 2. Il secondo motivo è infondato. Il delitto di collusione previsto dall'articolo 3 della legge 9.12.1941 numero 1383 introduce una deroga ai principio generale stabilito dall'articolo 115 cod.penumero secondo cui l'accordo, o l'istigazione accolta, alla commissione di un reato non sono di per sé punibili qualora non siano seguiti dalla effettiva commissione del reato concordato salva la facoltà di applicazione di una misura di sicurezza in caso di accordo per commettere un delitto . La portata derogatoria della fattispecie di collusione del finanziere non si esaurisce nella attribuzione di rilevanza penale al semplice accordo tra il finanziere e l'estraneo diretto alla commissione di un reato di frode fiscale di più, la disposizione in oggetto prevede la punibilità dell'intesa collusiva anche quando essa è mirata alla attuazione della frode fiscale mediante la commissione di illeciti finanziari non aventi rilevanza penale, ovvero mediante comportamenti diretti ad eludere o sviare l'attività di accertamento e controllo della polizia tributaria. 3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile poiché consta di una censura di merito con la quale si propone, in sede di legittimità, una diversa interpretazione del contenuto della intercettazione ambientale dalla quale i giudici di merito, con valutazione priva di vizi logici ed aderente al contenuto della conversazione cosicché deve escludersi il vizio di travisamento della prova , hanno ritenuto sussistente l'intesa collusiva a seguito dell'adesione del privato alla proposta dell'imputato di inviare altro esposto anonimo allo scopo di sviare i controlli della Guardia di Finanza. A norma dell'articolo 616 cod.proc.penumero il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.