“La verità è raramente pura e mai semplice”: e se le scritture sono tenute male, è ancora meno semplice

Per la bancarotta fraudolenta documentale, nell’ipotesi ex articolo 216, comma 1, numero 2, seconda parte, l.f., il reato è integrato dal dolo generico è sufficiente, quindi, la consapevolezza che la tenuta delle scritture renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 42909, depositata il 14 ottobre 2014. Il caso. Il titolare di un’impresa individuale veniva condannato dalla Corte d’appello di Ancona per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, per aver tenuto le scritture contabili in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver ritenuto sussistente l’elemento psicologico del reato, cioè il dolo, che in questa fattispecie, però, dovrebbe avere la forma del dolo specifico, per cui è necessaria l’intenzione di impedire la ricostruzione del movimento degli affari. Invece, l’imputato deduceva di essere imputabile, eventualmente, a titolo di colpa, con conseguente configurabilità della bancarotta semplice infatti, l’azienda era in crisi ed il titolare si era preoccupato di salvarla delegando sia ad un’impiegata che a consulenti esterni l’elaborazione dei dati contabili. Dolo generico. Tuttavia, la Corte di Cassazione ricorda che per la bancarotta fraudolenta documentale, nell’ipotesi ex articolo 216, comma 1, numero 2, seconda parte, l.f., il reato è integrato dal dolo generico è sufficiente, quindi, la consapevolezza che la tenuta delle scritture renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Il dolo specifico, invece, caratterizza l’altra ipotesi di reato, prevista dallo stesso articolo, di sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture, che esige lo scopo di ottenere un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Compito di supervisione. In più, nel caso di specie, il tentativo di configurazione di una condotta meramente colposa, che avrebbe integrato la bancarotta semplice, non poteva avere successo, in quanto non era giustificata dalla situazione di crisi dell’impresa, che avrebbe indotto il ricorrente a concentrarsi sul salvataggio di essa e delegando ad altri l’elaborazione dei dati contabili. Infatti, l’onere della supervisione della tenuta delle scritture contabili incombe comunque sull’imprenditore. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 luglio – 14 ottobre 2014, numero 42909 Presidente Dubolino – Relatore Lapalorcia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5-6-2012 la Corte di Appello di Ancona, confermando quella del Gup del Tribunale di Macerata, ha riconosciuto la responsabilità di F.D.B., titolare dell'omonima impresa individuale dichiarata fallita il 28-8-2002, per il reato di bancarotta fraudolenta documentale consistente nella tenuta delle scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari in particolare mancanza di alcuni registri IVA, dei conti di mastro precedenti al 2000 e dei libri giornali per gli anni diversi dal 2001 irregolare tenuta del libro degli inventari bilanci trascritti difformi da quelli posti a base della dichiarazione dei redditi . 2. La corte di Ancona riteneva sussistenti sia l'elemento materiale dei reato che quello psicologico, individuato nel dolo generico. 3. Ricorre l'imputato per il tramite dei difensore con tre motivi. 1 Con il primo ed il terzo deduce violazione di legge sotto due profili. In relazione all'articolo 216 legge fall. per essere stato ritenuto sussistente il dolo del reato, che deve avere la forma del dolo specifico essendo quindi necessaria l'intenzione di impedire la ricostruzione del movimento degli affari, mentre nella specie ricorreva al più la colpa con conseguente configurabilità della bancarotta semplice in quanto l'imputato, stante la crisi dell'impresa, si era preoccupato di tentare il salvataggio di quest'ultima delegando ad un'impiegata e a consulenti esterni l'elaborazione dei dati contabili. In relazione all'articolo 533, comma 1, cod. proc. penumero per mancato rispetto della regola dell'oltre ogni ragionevole dubbio. 2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione e travisamento della prova in quanto la corte d'appello si era limitata a ritenere evidente l'elemento psicologico del reato trascurando, e nel contempo travisando, la testimonianza della dipendente Rosanna Miconi dalla quale risultava che i libri obbligatori erano stati tenuti, che vi era un'impiegata a ciò addetta, oltre a consulenti esterni, e che la crisi dell'impresa aveva reso più difficile curare gli aspetti contabili e fiscali senza che ciò comportasse l'intenzione di impedire la ricostruzione della contabilità. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita nel complesso rigetto. 2. Esso ripropone in gran parte, senza elementi di novità, questioni che, già prospettate al giudice di secondo grado, sono state oggetto di puntuale esame e motivata reiezione. 3. Così, quanto alla sussistenza del dolo della bancarotta fraudolenta documentale nell'ipotesi di cui all'articolo 216, comma 1, numero 2 seconda parte, legge fall., la corte territoriale ha già precisato, in linea con il dato testuale e con la consolidata giurisprudenza di questa corte, che è sufficiente quello generico consistente nella consapevolezza che la tenuta delle scritture renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari Cass. 5264/2013, 5237/2013, 48523/2011, 21872/2010, 26907/2006, 22109/2005, 21075/2004, 31356/2001 , mentre quello specifico caratterizza, invece, l'altra ipotesi di reato, prevista dalla stessa norma, di sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture, che esige lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. 4. Anche il tentativo del ricorrente di contestare la sussistenza dell'intenzione di impedire la ricostruzione del movimento degli affari, con ciò riconducendo l'elemento psicologico del reato al dolo generico nella forma dei dolo intenzionale assunto pure condiviso nella giurisprudenza meno recente di legittimità sul rilievo che la locuzione in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari , connota la condotta e non la volontà dell'agente, essendo quindi comunque da escludere il dolo specifico Cass. 1137/2008, 24328/2005, 5905/1999 , è destinato a sicuro insuccesso. 5. Infatti l'ipotesi di una condotta meramente colposa, con conseguente configurabilità della bancarotta semplice, non è giustificata dalla situazione di crisi in cui l'impresa versava, che avrebbe indotto l'imputato a concentrarsi su un tentativo di salvataggio della stessa, delegando ad altri l'elaborazione dei dati contabili, posto che, a parte il fatto che l'onere della supervisione della tenuta delle scritture incombe comunque all'imprenditore, la contestazione riguarda tra l'altro, è il caso di ribadirlo, l'omessa tenuta pluriennale, salvo che per li 2001, del libro giornale, con conseguente impossibilità di ricostruzione del movimento degli affari. 6. Senza contare che la testimonianza della dipendente R.M., che immotivatamente si assume travisata, secondo la quale i libri obbligatori erano stati tenuti essendovi un'impiegata la stessa M. a ciò addetta, oltre a consulenti esterni, e la crisi dell'impresa aveva reso più difficile curare gli aspetti contabili e fiscali, risulta smentita sia dagli accertamenti della curatela, sia da altre risultanze, valorizzate nella sentenza impugnata, comprovanti che la mancanza delle scritture è tra l'altro in gran parte antecedente all'assunzione della M. avvenuta nel 2001, e che nel corso di quest'ultimo anno D.B. smise di farsi vedere nei locali dell'impresa. 7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.