Il trust inchioda il genitore: confermati i 1.000 euro al mese per il mantenimento del figlio

Respinta la richiesta dell’uomo di ottenere una riduzione della cifra prevista come contributo per il bambino avuto dall’ex compagna. Gli elementi relativi al trust e le indagini della Guardia di Finanza smentiscono l’ipotesi di una sua ridotta capacità economica.

Inutili le proteste dell’uomo confermato il suo obbligo di versare un assegno di 1.000 euro al mese per il mantenimento del bambino avuto con quella che è oramai la sua ex compagna. A inchiodarlo è anche, anzi soprattutto, il procedimento relativo alla revocatoria del trust da lui costituito poco prima della nascita del figlio, procedimento che, osservano i Giudici del Palazzaccio, ne ha certificato la solidità economica Cassazione, ordinanza numero 21366, sezione prima civile, depositata oggi . Visita. Due i terreni di scontro tra l’uomo e l’ex compagna da un lato, la regolamentazione del suo «diritto di visita» come padre dall’altro, la cifra prevista a suo carico come «assegno di mantenimento» in favore del figlio. Per quanto concerne gli incontri genitore-figlio, i paletti fissati in Corte d’Appello sono ritenuti corretti dai Giudici della Cassazione, soprattutto perché si è fatto riferimento al «preminente interesse del minorenne», tenendo conto delle sue «inclinazioni sociali e ludico-sportive» ma non mancando di «valorizzare la collaborazione paterna nello svolgimento di attività gradite al figlio, collaborazione sintonica ad una condivisione di vissuti particolarmente significativi, tenuto conto dell’età del minorenne». Trust. Più complessa la valutazione del tema economico. In sostanza, l’uomo punta a una riduzione della cifra prevista come «assegno di mantenimento», evidenziando una «ridotta capacità economica» e contestando le valutazioni compiute in Appello e centrate su un «trust» da lui costituito e sull’esito di alcune indagini a suo carico effettuate dalla Guardia di Finanza. Ogni obiezione si rivela però inutile, poiché, secondo i Giudici della Cassazione, è indiscutibile «il valore probatorio della comparsa di risposta depositata» dall’uomo «nel giudizio di revocatoria del trust», ma, soprattutto, è evidente la solidità economica dell’uomo. Su quest’ultimo fronte, relativo alla «quantificazione dell’assegno di mantenimento», vengono innanzitutto richiamate «le informazioni concernenti la costituzione del trust» più precisamente in esso l’uomo «aveva conferito non solo beni immobili, ma anche partecipazioni a società a loro volta proprietarie di immobili» e poi, va aggiunto, «dalla comparsa di risposta resa nel giudizio promosso per la revocatoria ordinaria del trust era indicata una retribuzione maggiore euro 2.976 rispetto a quella dichiarata nel reclamo euro 1.300 ». Per chiudere il cerchio, infine, gli Ermellini si soffermano sugli «esiti delle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza che avevano evidenziato la disponibilità di più carte di credito autorizzate per elevati livelli di spesa mensile e recenti cessioni di partecipazioni azionarie ed acquisti immobiliari», tutti elementi «sintomatici di una capacità reddituale e patrimoniale proporzionata all’assegno di euro 1.000».

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 luglio– 29 agosto 2018, numero 21366 Presidente Bisogni/Relatore Tricomi Ritenuto che A.C. ricorre per la cassazione del decreto della Corte di appello di Napoli - sezione per i minorenni - in epigrafe indicato, con quattro motivi, corredati da memoria, ai quali replica D.R. con controricorso e memoria. Il provvedimento impugnato ha parzialmente riformato, alla luce del reclamo proposto da ciascun genitore, quanto stabilito dal Tribunale per i minorenni di Napoli, nell’interesse di E.C. nato a il , figlio naturale di genitori non coniugati. In particolare, quanto al diritto di visita paterno, la Corte di appello, “fermo restando il calendario disposto dal Tribunale” lo ha integrato, prevedendo la disciplina specifica per il periodo di frequentazione scolastica del minore e la disciplina per il periodo pasquale. Quanto all’assegno di mantenimento, già previsto dal Tribunale in euro 1.000 mensili, omnicomprensivo delle spese straordinarie, oltre adeguamento secondo gli indici ISTAT, la Corte di appello ha confermato il detto importo, scorporando le spese straordinarie e ponendole al 50% a carico di ciascun genitore, quest’ultima statuizione su conforme richiesta di entrambi. In merito alla quantificazione dell’assegno, ha respinto la richiesta di diminuzione avanzata dal padre, desumendo elementi utili alla valutazione della sua situazione patrimoniale, sia dalle informazioni concernenti la costituzione del trust, dedotte dalla stessa ricorrente a sostegno della sua ridotta capacità economica, segnatamente rilevando che, ben altro era desumibile dal trust, in cui questi aveva conferito non solo beni immobili, ma anche partecipazioni a società a loro volta proprietarie di immobili, sia dalla comparsa di risposta del C. resa in un giudizio promosso per la revocatoria ordinaria del trust, nella quale era indicata una retribuzione maggiore euro 2.976 rispetto a quella dichiarata nel reclamo euro 1.300 , sia dagli esiti delle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza che avevano evidenziato la disponibilità di più carte di credito autorizzate per elevati livelli di spesa mensile e recenti cessioni di partecipazioni azionarie ed acquisti immobiliari sintomatici di una capacità reddituale e patrimoniale che ha ritenuto proporzionata all’assegno di euro 1.000. Considerato che 1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione di legge per omessa pronuncia ex articolo 112 cod. proc. civ. ed omesso esame di un fatto decisivo. La censura è riferita alla regolamentazione del diritto di visita padre-figlio, ad avviso del ricorrente disciplinato in maniera non soddisfacente dalla Corte di appello in particolare il ricorrente lamenta i vizi anzidetti in riferimento alla richiesta di regolamentazione del diritto di visita nel periodo non scolastico. 1.2. Il motivo è inammissibile. 1.3. Quanto al profilo di doglianza per omessa pronuncia, lo stesso risulta infondato, poiché la Corte d’appello si è pronunciata, sia pure mediante il richiamo e la conferma della regolamentazione del diritto di visita padre-figlio già stabilito dal Tribunale, al quale ha apportato alcune modifiche ed integrazioni, anche se non del tutto gradite dal ricorrente, dimostrando tuttavia di avere apprezzato ed accolto la domanda nei limiti formalizzati in pronuncia ed implicitamente rigettando il resto, attesa la motivazione incompatibile con una diversa conclusione Cass. numero 8571 del 06/04/2018 . 1.4. Non si ravvisa nemmeno l’omesso esame di fatti decisivi, venendo in considerazione argomenti e proposizioni sostanzialmente difensive, oltre che personali richieste di parte, non inquadrabili nel paradigma dell’articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. come riformulato dall’articolo 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, numero 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, numero 134, e non l’omesso esame di un fatto storico da intendersi principale o secondario, ex plurimis, Cass. Sez. U. 07/04/2014, numero 8053 2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo, dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo ratificata con legge numero 176/1991 , dell’articolo 337 ter cod. civ., con particolare riferimento al criterio del preminente interesse del minorenne e del diritto alla bigenitorialità, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo. 2.2. Anche la seconda censura riguarda il diritto di visita padre-figlio. 2.3. Il motivo è inammissibile poiché sostanzialmente sollecita un riesame del merito allo scopo di pervenire alla decisione conforme alle aspettative del ricorrente, senza che emerga l’omesso esame di fatti decisivi. 2.4. Non si ravvisa, inoltre, la violazione di legge poiché il diritto di visita è stato regolamentato proprio nell’interesse del minore cfr. Cass. numero 14728 del 19/07/2016 , tenendo conto delle inclinazioni anche sociali e Iudico-sportive di quest’ultimo, non mancando però di valorizzare la collaborazione paterna nello svolgimento di attività gradite al figlio, collaborazione sintonica ad una condivisione di vissuti particolarmente significativi tenuto conto dell’età del fanciullo. 3.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli articolo 2702 e ss. cod. civ. e 2730 e ss. cod. civ. A parere del ricorrente, la Corte di appello avrebbe errato nell’ammettere e considerare quale documento con valore probatorio la comparsa di risposta depositata nel giudizio di revocatoria del trust costituito dal C. poco prima della nascita del figlio, con la conseguenza che da ciò sarebbero stati tratti illegittimamente elementi per valutare la propria capacità patrimoniale. Il ricorrente contesta, in particolare, che tale documento la comparsa di risposta abbia valore probatorio. 3.2. Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’articolo 2729 cod. civ. Il ricorrente sostiene che la anzidetta comparsa di risposta non può avere nemmeno valore indiziario e presuntivo. 3.3. I motivi terzo e quarto possono essere trattati congiuntamente e rigettati perché inammissibili. 3.4. Invero il ricorrente dimostra di non aver colto la complessiva ratio decidendi sottesa alla statuizione, fondata sulla avvenuta costituzione del trust e sulla composizione patrimoniale dello stesso, come invocata dallo stesso ricorrente proprio dinanzi ai giudici dell’appello per sostenere le sue ridotte capacità economiche, e sui complessi esiti delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, da cui è emersa la disponibilità di carte di credito con alti limiti di spesa, la cessione di partecipazioni societarie di rilevante valore e l’acquisto di immobili, nonché altri elementi idonei a dimostrare la proporzionalità tra le capacità reddituali del C. e la quantificazione determinata tenendo conto delle esigenze del minore. Rispetto a tali elementi, puntualmente analizzati dalla Corte di appello ed ignorati dal ricorrente nelle censure in esame, il contenuto della comparsa di risposta resa dal C. nel giudizio di revocazione ordinaria del trust, proposto nei suoi confronti, costituisce sostanzialmente un argomento a conforto, che non li smentisce, ma rimane privo di decisività probatoria. 4.1. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. 4.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo a favore di D.R 4.3. Dagli atti il processo risulta esente e non soggetto all’applicazione dell’articolo 13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 numero 115. 4.4. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso - Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.400, oltre euro 200 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52.