Come cambiano i contratti a tempo determinato

Con un Comunicato stampa diramato il 14 marzo scorso, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali cerca di chiarire i dubbi interpretativi più comuni sui contratti a tempo determinato, rivisti per alcuni tasselli della disciplina dal mosaico che si sta delineando con l’introduzione del Jobs Act.

L’intento è di dare una spinta al mercato del lavoro. Con l'entrata in vigore del Jobs Act, il datore di lavoro potrà sempre instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale, nel limite di durata di trentasei mesi. La differenza appare sostanziale rispetto alla precedente disciplina, laddove la possibilità era circoscritta al solo al primo rapporto a termine. Il MLPS sottolinea poi come sia sempre ammessa la possibilità di prorogare un contratto di lavoro a tempo determinato in corso di svolgimento, nel complesso fino ad un massimo di 8 volte nei trentasei mesi. Rimane, quale unica condizione per la legittimità delle proroghe, il requisito che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato in origine stipulato. Contratto a termine anche nelle aziende con meno di cinque lavoratori. Nell'introdurre il limite del 20% di contratti a termine che ciascun datore di lavoro può stipulare rispetto al proprio organico complessivo, il decreto fa comunque salvo il richiamo all'articolo 10, comma 7, d.lgs. numero 368/2001 da un lato lascia alla contrattazione collettiva la possibilità di modificare tale limite quantitativo, dall'altro tiene conto delle esigenze connesse alle sostituzioni ad esempio la maternità e alla stagionalità. Infine il Jobs Act, nella volontà dell’Esecutivo, vuole agevolare le PMI è previsto che le imprese con organico fino a 5 dipendenti possano stipulare un contratto a termine. fonte www.fiscopiu.it