Intimare lo sfratto senza attendere la ripresa economica della società non configura la scientia decoctionis

Possono essere diverse le possibili ragioni dell’intimazione dello sfratto al conduttore inadempiente, a cominciare dalla necessità di evitare il pagamento delle imposte reddituali.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2964/14, depositata il 10 febbraio scorso. Il caso. La Corte di secondo grado aveva respinto l’appello di 3 persone avverso la sentenza con la quale era stata accolta la domanda revocatoria proposta dalla curatela del fallimento di una società a r.l., con la condanna degli stessi al pagamento di oltre 15mila euro, previa dichiarazione di inefficacia dei pagamenti effettuati dalla società fallita, nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, a titolo di canoni arretrati in relazione al contratto di locazione, ad uso foresteria, di un immobile. I creditori erano consapevoli della situazione di irreversibile insolvenza della società. Tale decisione era basata – secondo quanto affermato dai giudici territoriali - sulla sussistenza della scientia decoctionis da parte dei 3 creditori. Insomma, i creditori erano consapevoli della situazione di irreversibile insolvenza della società, e ciò sarebbe dimostrato dalla scelta di intimare lo sfratto senza attendere un’eventuale ripresa delle capacità economiche della società conduttrice . I 3 si rivolgono dunque ai giudici di legittimità, che cassano con rinvio la sentenza impugnata. Evitare il pagamento delle imposte reddituali. In particolare, la S.C. afferma che non si può ragionevolmente affermare che la consapevolezza della situazione di irreversibile insolvenza della società debitrice da parte dei creditori risiederebbe nella scelta di intimare lo sfratto senza attendere un’eventuale ripresa delle capacità economiche della società conduttrice. Tale processo logico – precisano gli Ermellini - non è effetto né necessario né consequenziale , perché possono essere diverse le possibili ragioni dell’intimazione dello sfratto al conduttore inadempiente, a cominciare dalla necessità di evitare il pagamento delle imposte reddituali . Anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile. Infatti, secondo quanto già disposto dalla Cassazione Cass., sent. n. 651/2012 , il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 gennaio – 10 febbraio 2014, n. 2964 Presidente Vitrone – Relatore Genovese Fatto e diritto Rilevato che la Corte d'appello di Roma ha respinto l'appello proposto da C.D.S.A. , N. e G. avverso la sentenza del Tribunale di Roma con la quale era stata, a sua volta, accolta la domanda revocatoria proposta dalla curatela del fallimento della società Mama's Group srl, e i primi condannati al pagamento della somma di Euro 15.493,71, previa dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell'art. 67, comma 2, lf, dei pagamenti effettuati dalla società fallita, nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, a titolo di canoni arretrati in relazione al contratto di locazione, ad uso foresteria, di un immobile posto in OMISSIS che, secondo la Corte territoriale, nella specie vi sarebbe la prova della sussistenza dell'elemento soggettivo scientia decoctionis da parte dei tre creditori che, infatti, pur non essendo costoro degli imprenditori commerciali, essi si sarebbero trovati in una posizione di conoscenza privilegiata nel rapporto con la società debitrice, essendo locatori dell'immobile di cui la società era conduttrice morosa e, in ragione di essa, avevano intimato lo sfratto per il corrispondente motivo, ottenendo la convalida dal Pretore di Frascati, circa un anno prima dei pagamenti oggetto di azione revocatoria che, in particolare, la società fallita non solo non aveva effettuato i pagamenti nei mesi successivi alla data di convalida dello sfratto ma non aveva neppure fatto richiesta - al giudice della convalida - del termine di grazia, previsto per sanare la morosità prova inequivoca e non solo elemento indiziario dell'incapacità della società debitrice di far fronte con mezzi ordinari alle proprie obbligazioni che, ancor più, costituirebbe elemento dimostrativo della consapevolezza della situazione di irreversibile insolvenza da parte dei creditori, la scelta di intimare lo sfratto senza attendere un'eventuale ripresa delle capacità economiche della società conduttrice che avverso tale decisione i tre creditori hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo che la Curatela resiste con controricorso. Considerato che con l'unico mezzo di ricorso, articolato in due diversi profili, i creditori censurano la sentenza impugnata per a omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. b erronea interpretazione e valutazione dell'art. 67, 2 co., l.f. n. 267 del 1942, dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 55 della legge n. 392 del 1978 che, i ricorrenti, hanno posto alla Corte i seguenti quesiti di diritto a se l'azione revocatoria fallimentare, prevista dall'art. 67, comma 2, l.f.,, postula nel terzo l'effettiva e concreta conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versa l'imprenditore commerciale poi fallito e se tale effettiva conoscenza, tenuto conto che il creditore non è operatore commerciale ed ha rapporti marginali con il debitore, può costituire prova ex art. 2697 c.c., in una situazione avente caratteristiche di gravita, precisione e concordanza che possono essere desunte dalla proposizione, da parte del creditore locatore, della procedura d'intimazione di sfratto per morosità e dalla mancata richiesta, da parte del conduttore/debitore, del termine di grazia prevista dall'art. 55 della legge n. 392 del 1978, anche in presenza di contratto ad uso foresteria b se un contratto ad uso foresteria del 12/3/1991 è o meno soggetto alla legge n. 392/78 e se, in sede di procedimento di convalida di sfratto, un conduttore di un immobile destinato contrattualmente ad uso foresteria ha diritto di richiedere il termine di grazia di cui all'art. 55 della legge n. 392/78 che, secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe, innanzitutto, errato nell'attribuire alla convalida dello sfratto per morosità necessaria solo per la risoluzione del contratto di locazione e la riconsegna dell'immobile locato il valore di titolo idoneo ad ottenere il pagamento dei canoni maturati e non corrisposti che, invece, potrebbe darsi solo al decreto ingiuntivo, ove richiesto per il loro pagamento, un provvedimento da loro mai domandato che, infatti, i locatori avrebbero instato per la sola restituzione del bene, peraltro senza porre in esecuzione il titolo ottenuto per il suo rilascio, con spirito tollerante ed attendendo, come poi avvenuto, che la debitrice provvedesse al pagamento dei corrispettivi maturati che la Corte territoriale non avrebbe valutato che l'immobile era utilizzato solo quale foresteria, un rapporto contrattuale marginale rispetto all'attività imprenditoriale della conduttrice che, inoltre, la Corte avrebbe errato nel ritenere che la società debitrice avrebbe potuto richiedere il termine di grazia di cui all'art. 55 della legge n. 392/78, previsto solo per gli immobili adibiti ad uso abitativo, facoltà perciò preclusa per i contratti di locazione, come quello in esame, ad uso foresteria che, in conclusione, i creditori, anche facendo uso della normale diligenza, non sarebbero stati consapevoli della situazione di irreversibile insolvenza in ordine alla quale difetterebbero le circostanze concrete anche attraverso sintomi aventi le caratteristiche della gravita, precisione e concordanza della conduttrice che, preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione, sollevata dalla controricorrente, relativa al difetto dell'indicazione del fatto controverso in relazione al quale si assume che la motivazione sia stata omessa o sia contraddittoria o insufficiente, e alla mancanza di riferibilità del secondo quesito alla fattispecie in esame che l'eccezione, nei due profili censurati, è infondata atteso che il ricorso ha chiaramente esplicitato la motivazione che assume carente o viziata, avendola riferita alla affermazione della conoscenza dello stato d'insolvenza da parte dei creditori e, in relazione a tale affermazione, ha ritenuto erroneo il ragionamento della Corte territoriale in quanto svolto anche attraverso l'errore in diritto circa il mancato esercizio della facoltà di richiesta del termine di grazia nell'ambito del procedimento di sfratto per morosità, che si assume non spettante che i due profili di doglianza, tra loro strettamente connessi, devono essere esaminati congiuntamente ed accolti che, infatti, i giudici di appello hanno fondato il loro convincimento in ordine al positivo riscontro della scientia decoctionis da parte dei creditori in base a due argomenti a la società fallita non solo non aveva effettuato i pagamenti nei mesi successivi alla data di convalida dello sfratto ma non aveva neppure fatto richiesta - al giudice della convalida - del termine di grazia, previsto per sanare la morosità prova inequivoca e non solo elemento indiziario dell'incapacità della società debitrice di far fronte con mezzi ordinari alle proprie obbligazioni b la dimostrazione della consapevolezza della situazione di irreversibile insolvenza della società debitrice da parte dei creditori risiederebbe nella scelta di intimare lo sfratto senza attendere un'eventuale ripresa delle capacità economiche della società conduttrice che il primo argomento non ha pregio e si palesa del tutto insufficiente, se non contraddittorio, atteso che, come sostengono i ricorrenti, trattandosi di locazione non ad uso abitativo non poteva trovare ingresso, nell'ambito della procedura di sfratto per morosità, una richiesta di concessione del termine di grazia che, infatti, questa Corte ha già più volte affermato il principio di diritto secondo cui l'art. 55, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui prevede la concessione di un termine c.d. termine di grazia per la sanatoria, in sede giudiziale, della morosità del conduttore nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori, non riguarda le locazioni di immobili stipulate per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, in quanto, ai sensi dell'art. 26, primo comma, della legge stessa, a tali locazioni non si applica il capo I, di cui fa parte l'art. 5 e, conseguentemente, l'art. 55, il quale è inscindibilmente connesso con il primo da ultima Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 2681 del 2012 che, in ragione di tale principio di diritto, la mancata richiesta da parte del conduttore non ha l'univoco carattere che la Corte territoriale gli attribuisce, potendo il silenzio dell'intimata società essere interpretato come ossequio al contenuto del medesimo dictum giurisprudenziale che neppure il secondo argomento è condivisibile, non potendosi ragionevolmente affermare che la consapevolezza della situazione di irreversibile insolvenza della società debitrice da parte dei creditori risiederebbe nella scelta di intimare lo sfratto senza attendere un'eventuale ripresa delle capacità economiche della società conduttrice che, infatti, tale processo logico non è affatto né necessario né conseguenziale, come asserisce il giudice dell'appello, varie essendo le possibili ragioni dell'intimazione dello sfratto al conduttore inadempiente, a cominciare dalla necessità di evitare il pagamento delle imposte reddituali che, a tale ultimo proposito, è stato affermato il principio, in tema di imposte sui redditi, secondo cui, in base al combinato disposto dagli artt. 23 e 34 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il reddito degli immobili locati per fini diversi da quello abitativo - per i quali opera, invece, la deroga introdotta dall'art. 8 della legge 9 dicembre 1988, n. 431 - è individuato in relazione al reddito locativo fin quando risulta in vita un contratto di locazione, con la conseguenza che anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che non sia intervenuta la risoluzione del contratto o un provvedimento di convalida dello sfratto Cass. Sez. 5, Sentenza n. 651 del 2012 che, di conseguenza, il locatore non soddisfatto nel suo credito, il quale cerchi di limitare i danni dell'inadempimento del suo conduttore una società di capitali in relazione ad un contratto non avente natura abitativa perché tale è anche il contratto ad uso foresteria che non è una locazione abitativa, né primaria né transitoria, in quanto non è diretta a soddisfare alcuna esigenza abitativa del conduttore, bensì la diversa esigenza - che ne costituisce la causa - di destinare l'immobile locato a temporaneo alloggio di propri dipendenti od ospiti munendosi del titolo esecutivo idoneo non solo a liberare l'immobile ma anche ad evitare di dover dichiarare all'Erario i redditi non percepiti che, per le due ragioni suddette, la motivazione della sentenza di appello, così come svolta dai giudici di seconde cure, è insufficiente ed inidonea a sorreggere la conclusione relativa alla affermata sussistenza della scientia decoctionis dell' accipiens , con la conseguenza che l'appello, da quest'ultimo proposto per far escludere tale consapevolezza e rendere stabile quanto percepito a titolo di canoni di locazione , dev'essere nuovamente esaminato da altra sezione della stessa Corte territoriale tenendo conto dei principi di diritto non considerati ed affermati in questa sede, unitamente alla liquidazione delle spese di questa fase. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese di questa fase, ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma.