Il conduttore non può opporsi deducendo la decadenza dell'assegnatario o l'illegittimità dell'assegnazione

Il conduttore convenuto non può opporsi alla domanda di rilascio dell'assegnatario deducendo la ricorrenza di situazioni implicanti per l'attore la decadenza o la revoca dell'assegnazione in quanto le predette situazioni, fino a quando non venga disposta la decadenza o la revoca da parte dell'organo competente, non possono interferire sulla posizione di diritto soggettivo spettante all'assegnatario.

E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 1117 del 21 gennaio 2014. Il fatto . Il socio di una cooperativa edilizia, assegnatario provvisorio di un alloggio, stipulava, nel 1972, un contratto di locazione con un terzo. Successivamente la cooperativa deliberava l'esclusione del suddetto socio e con missiva del 2.2.1977 invitava il conduttore a pagare il canone al legale della stessa cooperativa. Nel maggio 1977 la cooperativa surrogava, nell'assegnazione dell'alloggio, il socio escluso con un altro socio. Quest'ultimo adiva, per il rilascio, il Conciliatore che disattendeva la domanda. Nelle more il conduttore continuava a pagare il canone alla cooperativa che nel 1997 assegnava definitivamente l'appartamento agli eredi del primo assegnatario, i quali provvedevano a disdettare, a mezzo missiva, il contratto di locazione alla scadenza del 31.12.1999 ed intimavano, alla moglie del conduttore subentrata al marito defunto , sfratto per finita locazione. La donna nel costituirsi resisteva alla domanda di rilascio eccependo la nullità del contratto di locazione del 1972 e dell'atto di assegnazione del 1997 per violazione delle norme in materia di edilizia economica e popolare. Il Tribunale adito accoglieva la domanda dei locatori e condannava parte conduttrice a rilasciare l'alloggio. La decisione veniva confermata in grado di appello e la conduttrice proponeva ricorso per Cassazione. Era nulla la locazione originaria e quella proseguita o rinnovata? La ricorrente chiedeva il rigetto della domanda degli intimanti in quanto basata su un rapporto locatizio non valido in particolare deduceva la nullità della locazione originaria, nonché di quella eventualmente proseguita per effetto della lettera del 2.2.1977 per violazione delle norme in materia di edilizia economica e popolare. Secondo la ricorrente, la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato la missiva del 2.2.1977 nella parte in cui aveva ritenuto che la stessa potesse costituire un'autorizzazione ex post alla prosecuzione del rapporto locatizio originario ovvero una sua rinnovazione, trascurando che, al fine di sanare l'irregolarità iniziale, sarebbe stata necessaria l'approvazione ministeriale. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile la censura in quanto sulla questione dell'avvenuta valida formazione di un rapporto locativo tra la conduttrice e la cooperativa si era formato il giudicato interno non essendo stata, la circostanza, contestata in primo grado. Valido il contratto di vendita-assegnazione? Con la seconda doglianza, la ricorrente deduceva la nullità del contratto di vendita-assegnazione del 1997. La Corte ritiene tale censura infondata, condividendo pienamente la decisione dell'organo di appello che sul punto aveva espressamente statuito che né vale per la conduttrice invocare l'asserita illegittimità dell'assegnazione definitiva dell'alloggio fatta nel 1997 dalla cooperativa agli eredi di D. Le regole sulle modalità di assegnazione e/o sulla decadenza dell'assegnatario sono previste dalla legislazione sull'edilizia economica e popolare e sulle cooperative a contributo statale per finalità d'esclusivo interesse pubblico e, pertanto, possono essere fatte valere soltanto dal soggetto che tali finalità istituzionalmente persegue v. Cass. n. 11280/1993 e 9813/1997 e cioè dal proprietario degli immobili destinati alla assegnazione non anche da qualsiasi altro soggetto e, tanto meno, dai conduttori, che per opporsi alla domanda di rilascio dell'assegnatario non potrebbero eccepire la decadenza di quest'ultimo dalla assegnazione o l'illegittimità dell'assegnazione medesima, senza con ciò riconoscere d'avere essi stessi perduto il diritto al godimento dell'immobile in esito al venire meno del corrispondente diritto del loro dante causa Cass. n. 12787/1998 in motivazione . Non è sufficiente, secondo la S.C. che, il conduttore convenuto deduca la ricorrenza di situazioni implicanti per l'attore la decadenza o la revoca dell'assegnazione in quanto le predette situazioni, fino a quando non venga disposta la decadenza o la revoca da parte dell'organo competente, non possono interferire sulla posizione di diritto soggettivo spettante all'assegnatario Cass. n. 529/1986, n. 760/1983 . Pertanto la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 8 novembre 2013 - 21 gennaio 2014, numero 1117 Presidente Petti – Relatore Carleo Svolgimento del processo Nel 1972 C.N. rilevava in locazione dall'assegnatario provvisorio D.S.U. un alloggio sito nello stabile ex Gescal costruito in omissis dalla coop. edilizia Incedit. Nel maggio 1976 la cooperativa decideva l'esclusione del socio D.S. e, con missiva del 2/2/1977, invitava il C. a pagare la pigione al legale della stessa Cooperativa. Nel maggio 1977 la stessa cooperativa surrogava nell'assegnazione dell'alloggio il socio escluso con tale Su.Gi. . Quest'ultimo adiva per il rilascio il Conciliatore di Noicattaro che con sentenza numero 7/1980 disattendeva la pretesa attrice. Nelle more la famiglia C. - S. continuava a pagare la pigione alla cooperativa Incedit che il 5/12/1997 assegnava definitivamente l'appartamento agli eredi di D.S.U. morto nel XXXX. Con lettera dell'1.4.1999 gli eredi D.S. disdettavano il contratto per la scadenza del 31/12/1999 e con atto dell'8/4/2000 intimavano a S.C. , subentrata al marito, sfratto per finita locazione citandola contestualmente a compartire per la convalida dinanzi al Tribunale di Bari sez. Rutigliano. L'intimata nel costituirsi resisteva alla domanda di rilascio denunciando la nullità del contratto di locazione del 1972 e dell'atto d'assegnazione del 1997 per violazione delle norme in materia d'edilizia economica e popolare. Il Tribunale adito accoglieva la domanda attrice e condannava la S. a rilasciare l'alloggio. Avverso tale decisione la S. proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituivano Sa.Fi. , D.S.E. , D.S.G. e D.S.L. proponendo altresì appello incidentale con cui chiedevano la condanna dell'appellante principale ex art. 96 c.p.c., la Corte di Appello di Bari con sentenza depositata in data 16 novembre 2007 rigettava le impugnazioni e provvedeva al governo delle spese. Avverso la detta sentenza la S. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Resiste D.S.G.F. con controricorso. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la nullità della locazione originaria, l'inesistenza della locazione proseguita o rinnovata come da lettera del 2.2.1977 alla Cooperativa Incedit , la violazione e la falsa applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. applicabili agli atti unilaterali ex art. 1324 cc, la nullità della locazione risalente alla lettera del 2.2.1977 di cui sopra per violazione di norme imperative di legge ex art. 1418 e ss. cc. in relazione ai T.U. 1165/1938, art. 111 la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di merito interpretato erroneamente la lettera sopra citata nella parte in cui ha ritenuto che avesse rappresentato un'autorizzazione ex post alla prosecuzione del rapporto locatizio originario ovvero una sua rinnovazione, trascurando che al fine di sanare l'irregolarità iniziale sarebbe stata necessaria l'approvazione ministeriale. In effetti, la domanda proposta dagli intimanti, basata su un titolo contrattuale, andava rigettata perché il rapporto locativo non era valido. Ha quindi concluso il motivo di impugnazione con i seguenti quesiti di diritto Dica la Corte adita se esista o non esista un contratto di locazione, inter partes , originato dalla lettera del 2.2.1977 della Cooperativa Incedit. Dica la Corte, nel caso decidesse per la giuridica esistenza del contatto di locazione di cui innanzi, se detto contratto in assenza delle autorizzazioni amministrative richieste dal t.u. e.r.p. sia o meno valido. Dica pertanto la Corte se, nel caso di invalidità del contratto di locazione de quo gli intimanti in prime cure avessero titolo per adire l'A.G.O. con azione di sfratto/licenza per finita locazione trattandosi di una tipica azione contrattuale fondata in tesi su di un contratto inesistente e/o nullo . La censura, fondata sulla pretesa nullità del contratto di locazione, originato dalla lettera del 2.2.1977 con cui la Cooperativa Incedit invitava il C. a pagare la pigione al legale della stessa Cooperativa, è inammissibile per un duplice ordine di ragioni, ed in primo luogo, per difetto di correlazione con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Ed invero, le ragioni della decisione della Corte di merito si fondano essenzialmente sulla considerazione che sul punto dell'avvenuta valida formazione di un rapporto locativo tra la S. e la stessa Cooperativa, si era ormai formato il giudicato interno. Ciò, in quanto il primo giudice aveva espressamente statuito che, a partire dal 1977 si era validamente instaurato un rapporto di locazione tra la S. e la Cooperativa e su tale punto nessun rilievo era stato mosso dalle parti, v. pag. 4 della sentenza Con la conseguenza che ogni questione, riguardante la necessità dell'approvazione ministeriale e della validità del titolo contrattuale successivamente sorto in capo agli eredi di D.S.U. , divenuti il 5/12/1997 assegnatari dell'appartamento, era ormai definitivamente preclusa e non poteva essere posta nuovamente in discussione. Ciò posto, appare di ovvia evidenza l'inammissibilità della censura de qua, la quale viene a riproporre l'esame di questioni la validità del contratto di locazione concluso con la Cooperativa Incedit il possesso in capo agli eredi del D.S. della qualità di locatori da ritenersi ormai precluse nonché a sollecitare a questa Corte una ulteriore, e non consentita, rivalutazione di una situazione giuridica ormai definitivamente accertata, senza porsi, neppure minimamente, in correlazione con le ragioni su cui è fondata la sentenza impugnata. In secondo luogo, l'inammissibilità deriva dall'assoluta inconferenza del richiamo fatto dalla ricorrente alla pretesa violazione e falsa applicazione delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss applicabili agli atti unilaterali ex art. 1324 cc, posto che il riferimento alle norme indicate presuppone un'interpretazione dei documenti prodotti in giudizio - e della volontà delle parti in essi trasfusa - che sia avvenuta in violazione di uno dei criteri di ermeneutica contrattuale mentre, nel caso di specie, l'erroneità dell'interpretazione consisterebbe invece, come si evince dallo stesso contenuto della doglianza, in un'erronea valutazione in diritto, da parte della Corte di appello, in merito alla validità dell'autorizzazione ex post, data nella lettera del 2.2.1977 dalla Cooperativa Incedit, alla prosecuzione/rinnovazione del rapporto locatizio, ed in merito alla sua pretesa efficacia sanante dell'invalidità originaria del contratto. L'incongruenza del riferimento normativo invocato evidenzia l'inammissibilità della censura. Passando alla seconda doglianza, articolata sotto il profilo della nullità del contratto di vendita-assegnazione per violazione di norme imperative di legge. Omessa pronuncia sul punto da parte del giudice di appello travisamento della domanda violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., deve rilevarsi che la censura si fonda sulla premessa che, al momento della stipula del passaggio in proprietà dell'atto di assegnazione, relativo all'appartamento de quo , gli eredi D.S. erano già titolari di due appartamenti siti in territorio di Bari, onde la nullità dell'assegnazione, con la conseguenza che gli stessi non potevano vantare alcun diritto sull'appartamento. Il giudice d'appello, peraltro, aveva omesso di rispondere alla domanda proposta dall'appellante, volta ad accertare, sia pure incidenter tantum , la nullità del titolo traslativo della proprietà in capo agli appellati . La censura è infondata in entrambi i suoi profili. Innanzitutto, vale la pena di segnalare che la Corte di merito, con riferimento specifico alla pretesa nullità del titolo traslativo della proprietà in capo agli appellati, ha espressamente statuito né vale per la conduttrice invocare l’asserita illegittimità dell'assegnazione definitiva dell'alloggio fatta nel 1997 dalla cooperativa agli eredi D.S. . Le regole sulle modalità di assegnazione e/o sulla decadenza dell'assegnatario sono previste dalla legislazione sull'edilizia economica e popolare e sulle cooperative a contributo statale per finalità d'esclusivo interesse pubblico e, pertanto, possono essere fatte valere soltanto dal soggetto che tali finalità istituzionalmente persegue v.Cass. numero 11280 del 16.11.1993 e 9813 09/10/1997 e cioè dal proprietario degli immobili destinati alla assegnazione non anche da qualsiasi altro soggetto e, tanto meno, dai conduttori, che per opporsi alla domanda di rilascio dell'assegnatario non potrebbero eccepire la decadenza di quest'ultimo dalla assegnazione o l’illegittimità dell'assegnazione medesima, senza con ciò riconoscere d'avere essi stessi perduto il diritto al godimento dell'immobile in esito al venir meno del corrispondente diritto del loro dante causa Cass.numero 12781 del 22.12.1998 in motivazione . Non è sufficiente, secondo la S.C., che il conduttore convenuto deduca la ricorrenza di situazioni implicanti per l’attore la decadenza o la revoca dell'assegnazione in quanto le predette situazioni, fino a quando non venga disposta la decadenza o la revoca da parte dell'organo competente, non possono interferire sulla posizione di diritto soggettivo spettante all'assegnatario Cass. numero 529 del 27.1.1986 Sez.Unumero numero 760 del 27/01/1983 v.pag. 6 della sentenza impugnata . Il percorso argomentativo riportato non merita censura alcuna in quanto i principi di diritto espressi dai giudici di merito sono perfettamente in linea con il consolidato orientamento di questa Corte, dal quale non vi è motivo di discostarsi. Quanto alla presa violazione dell'art. 112 c.p.c., giova aggiungere che, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non è sufficiente la mancanza di una espressa statuizione del giudice, occorrendo invece la totale assenza del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti comunque il rigetto in forza di una statuizione sia pure implicita. Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. numero 140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge, ed Euro 200,00 per esborsi.