Nessuna convivenza? No problem. Ciò che conta è la dipendenza economica dal padre

Elemento decisivo è il contributo, continuativo, offerto alla figlia dal genitore. Così si può pensare di vedersi riconosciuto dall’Inps il diritto alla riscossione della pensione prevista per i superstiti. Ma proprio su questo elemento frana la richiesta presentata all’Istituto previdenziale dalla figlia invalida del pensionato oramai deceduto.

Assolutamente irrilevante la convivenza, ciò che conta è solo la probatio della simbiosi economica genitore-prole. Solo così, giocando questa ‘carta’, il figlio – del pensionato deceduto – può vedersi riconosciuto, dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, il diritto alla riscossione della “pensione ai superstiti”. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza numero 26670, depositata oggi Requisiti. A negare la «prestazione economica», a carico dell’Inps, alla figlia di un pensionato oramai deceduto sono i giudici della Corte d’Appello, i quali, modificando completamente la prospettiva tracciata in primo grado, rispondono ‘picche’ alla richiesta presentata dalla giovane donna. Due i ‘pezzi’ decisivi, mancanti, per i giudici, nel quadro probatorio da lei tracciato primo, il «requisito reddituale», poiché «all’epoca del decesso del de cuius» la donna «aveva un reddito, da pensione di inabilità» pari a quasi 13 milioni di vecchie lire secondo, la «circostanza» che la donna «vivesse a carico del padre». Dipendenza. Ebbene, nonostante le rimostranze manifestate dalla donna, la decisione dei giudici di secondo grado viene confermata in toto nessuna possibilità, quindi, di ottenere la «pensione» prevista dall’Inps per i «superstiti». Secondo la donna, in sostanza, non vi è affatto la «necessità che la persona richiedente vivesse con il de cuius e fosse integralmente a suo carico». Ma, di fronte a questa obiezione, i giudici del ‘Palazzaccio’ ricordano che è decisiva, invece, proprio la mancanza della ‘prova provata’ che la donna «fosse a carico del de cuius prima del decesso», ossia che fosse l’uomo a provvedere «in maniera continuativa e prevalente al sostentamento della figlia». Tutto ciò, viene chiarito, senza dare alcun peso specifico alla ipotesi della «materiale convivenza» tra le due persone. Tale ‘buco nero’, quindi, è, come detto, decisivo, in maniera negativa per la donna, la quale avrebbe dovuto fornire una «prova particolarmente rigorosa» sulla «sussistenza di una rilevante dipendenza economica» dal «defunto genitore».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 – 28 novembre 2013, numero 26670 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 20.6.07 la Corte d’appello di Lecce, in riforma della pronuncia numero 825/06 del Tribunale di Brindisi, rigettava la domanda di A.R. intesa ad ottenere dall’INPS il pagamento della pensione ai superstiti in qualità di figlia maggiorenne di P.R., deceduto il 17.6.2000. Per la cassazione di tale sentenza ricorre A.R. affidandosi ad un solo motivo. L’INPS resiste con controricorso. Motivi della decisione Con unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 22 legge numero 903/65 per avere la Corte territoriale negato la pensione ai superstiti in favore dell’odierna ricorrente vuoi per difetto del requisito reddituale fissato dall’INPS, all’epoca del decesso del de cuius, in £. 12.183.210 annue mentre la ricorrente aveva un reddito da pensione di inabilità pari a £. 13.299.000 , vuoi per difetto di prova della circostanza che la R. vivesse a carico del padre. Si obietta, invece, in ricorso che tale eccezione era stata tardivamente sollevata dall’INPS in primo grado e poi coltivata in appello , che il predetto limite di reddito era stato poi elevato dallo stesso istituto sia pure con decorrenza 31.10.2000 , che l’essere a carico del padre era circostanza della cui prova non poteva essere onerata la ricorrente e che, ad ogni modo, non necessariamente presupponeva la convivenza fra i due. Osserva la Corte che, anche a prescindere dalla non conferenza dei due quesiti che ex articolo 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis nel caso di specie chiudono il motivo di ricorso - quesiti che, ad onta della precedente parte espositiva, si limitano poi ad investire soltanto le questioni relative alla tardività delle eccezioni sollevate dall’INPS circa la sussistenza dei requisiti per il godimento della pensione ai superstiti e la non necessità che la richiedente vivesse con il de cuius e fosse integralmente a suo carico -, resta assorbente il rilievo dell’infondatezza delle censure mosse dalla ricorrente. Quanto all’asserita tardività delle eccezioni sollevate dall’INPS circa la sussistenza dei requisiti per il godimento della pensione ai superstiti, basti rilevare che si tratta non di eccezioni, bensì di elementi costitutivi del diritto azionato, del cui onere probatorio è gravato - ex articolo 2697 co. 1° c.c. - chi richiede la prestazione. E proprio l’insussistenza della prova che l’odierna ricorrente fosse a carico del de cuius prima del decesso è argomento assorbente su cui la Corte territoriale ha fondato la propria decisione. Si noti che l’impugnata sentenza non ha affermato in punto di diritto che l’essere il richiedente a carico dell’assicurato deceduto implichi una materiale convivenza fra i due né che non possa bastare - ai fini dell’attribuzione della prestazione - il fatto che il secondo provvedesse ad integrare il reddito del primo ove inidoneo a garantirgli il sostentamento in realtà la pronuncia della Corte salentina si è limitata a dare atto, nel caso in esame, della mancanza di prova che P.R. provvedesse in maniera continuativa e prevalente al sostentamento della figlia, prova che la ricorrente non dichiara di aver fornito e neppure di aver offerto. Eppure non solo la prova in proposito è necessaria, ma deve essere particolarmente rigorosa, dovendosi prendere in considerazione tutti gli elementi di giudizio acquisiti al processo in base ai quali poter ricostruire la sussistenza o pieno di una rilevante dipendenza economica del figlio inabile dal defunto genitore cfr. Cass. 14.2.13 numero 3678 . Né - da ultimo - può dirsi che a tal fine il limite reddituale debba valutarsi con riferimento ad epoca successiva, noto essendo che la sussistenza dei requisiti per accedere alla prestazione de qua va accertata al momento del decesso del de cuius cfr. Cass. 10.8.04 numero 15440 . 2. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Non va emessa pronuncia sulle spese relative al presente giudizio di legittimità, ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 152 disp. alt. c.p.c. nel testo anteriore alla modifica apportata dall’articolo 42 co. 11° d.l. 30.9.03 numero 269, convertito, con modificazioni, in legge 24.11.03 numero 326 novella inapplicabile ratione temporis nel caso di specie, atteso che il ricorso introduttivo di lite è stato proposto nel 2002 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.