Niente chiavi del box, ma i 937 kg di marijuana denotano una spiccata pericolosità sociale dell’imputato

I contatti con i trafficanti e il fatto di aver procurato il box al suo amico per la custodia della droga, fanno di lui un individuo dalla spiccata pericolosità sociale.

Per questo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10159/13 depositata il 4 marzo, ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto dall’imputato. La fattispecie. Il forte odore di marijuana proveniente dal box incastra un sessantenne sequestro del quantitativo di stupefacente, per un totale di 937 kg, e applicazione della misura cautelare in carcere con l’accusa di detenzione al fine di spaccio. Il tutto confermato anche dal tribunale del riesame. L’imputato, quindi, propone ricorso per cassazione, rilevando che non era nemmeno in possesso delle chiavi del locale e che, grazie alla sua telefonata, era stato arrestato il coimputato, di origine albanese, che aveva la disponibilità delle chiavi. Spiccata pericolosità sociale dell’imputato. Ma le censure sono inammissibili, anche perché – chiarisce la S.C. – la valutazione della gravità indiziaria deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma la elevata probabilità di colpevolezza dell’indagato . L’imputato aveva infatti contatti con i trafficanti di stupefacente e, comunque, è indubbio che lo stesso abbia procurato al suo amico i locali per la custodia della marijuana.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 dicembre 2012 – 4 marzo 2013, n. 10159 Presidente De Roberto – Relatore Carcano Ritenuto in fatto 1. E C. impugna l'ordinanza 1 ottobre 2012 con la quale Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari de libertate, ha confermato l'ordinanza di applicazione della custodia in carcere, ritenendo il quadro indiziario a suo carico coerente con l'ipotesi di accusa di detenzione al fine di spaccio di kg 937 di marjuana custoditi all'interno di un box del quale il C. aveva la disponibilità, a titolo di locazione, pur facendo apparire come locatario tale A B. . Il sequestro del quantitativo di stupefacente è stato effettuato dagli organi di polizia a seguito di una segnalazione di un forte odore di marjuana proveniente dal predetto locale, all'interno de quale entravano dopo aver rintracciato il C. che a sua volta chiamava il giovane albanese F.B. , in possesso delle chiavi del box, e di altro locale sempre preso in locazione da C. con le analoghe modalità. All'interno del locale, oltre al ingente quantitativo di stupefacente, custodito in 74 sacchi e in un borsone, vi erano otto telefoni cellulari, appunti manoscritti, due bilance e la somma di Euro 63.410 in contanti. Il giudice da riesame ha disatteso le questione poste da C. a sostegno della sua estraneità, sottolineando che i due contratti di locazione erano stati fittiziamente intestati ad altri, non per le ragioni riferite dallo stesso di non pregiudicare l'assegnazione di alloggio popolare, bensì per allontanare ogni sospetto di eventuale coinvolgimento nell'illecita detenzione. Gli elementi acquisiti, ad avviso di Tribunale, sono di tale consistenza da non porre in dubbio che C. abbia procurato al suo amico albanese i locali per la custodia dello stupefacente, in tal modo contribuendo all'illecita detenzione della sostanza. La gravità dei fatti, dimostrata dalle modalità esecutive e dall'accurata programmazione dell'attività criminosa, fanno ritenere che C. abbia stabiliti contatti con trafficanti stupefacente circostanze che denotano una notevole pericolosità sociale che giustifica la custodia in carcere. 2. La difesa di E C. , dopo avere descritto la vicenda cautelare, deduce - vizio di motivazione in relazione alla gravità indiziaria, poiché il giudice del riesame ha ritenuto irrilevanti circostanze che avrebbero dovuto dimostrare l'estraneità di C. , quali la non disponibilità delle chiavi del locale e l'arresto del coimputato F. avvenuto grazie alla telefonata dello stesso C. . Tale ultima circostanza non è stata affatto considerata dal giudice del riesame, nonostante fosse di tale importanza da dimostrare la totale estraneità ai fatti. La ricostruzione dei fatti in base a massime di esperienza del tutto assertive è smentita da quanto avvenuto nell'immediatezza dell'intervento degli organi di polizia e dal comportamento di C. , ignaro del fatto di aver procurato un locale che avrebbe dovuto essere destinato alla custodia di droga. Ulteriore elemento decisivo è fornito da B. il quale ha riferito di non avere percepito alcuna somma da C. e di essersi fidato del rapporto di amicizia, dato che conferma la mancanza di elementi di ogni coinvolgimento di C. perché egli non si sarebbe servito di persone a lui legate da rapporto di amicizia. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Al di là della genericità dei contenuti essenziali che si rivelano meramente assettivi, le censure sono dirette esclusivamente a ottenere una rilettura delle risultanze processuali e un rivalutazione della consistenza indiziaria e delle circostanze poste dal giudice del cautelare a fondamento dell'ordinanza cautelare, condivise e fatte proprie dal tribunale. Il giudice del riesame ha compiutamente esposto le ragioni per le quali gli accertamenti di polizia effettuati nell'immediatezza dei fatti concretizzano i gravi indizi circa la sussistenza degli elementi richiesti per la configurazione del delitto contestato. Come già descritto in narrativa, il giudice del riesame ha posto in rilevo che la sussistenza di un convergente quadro indiziario, costituito essenzialmente dalle pretestuose giustificazione addotte da C. agli accertamenti e all'attività investigativa svolta dagli organi di polizia nell'immediatezza del sequestro di stupefacente, di danaro e di altri utensili funzionali alla commercializzazione della sostanza. 2. Il giudice del riesame ha dunque ampiamente e correttamente giustificato le proprie determinazioni e ciò rende non ammesso alcun sindacato in sede di legittimità. Come è noto, infatti, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze in tema di procedimenti incidentali relativi alla libertà personale non può riguardare la verifica della rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, provvedendosi così a una rilettura degli elementi di fatto, atteso che la relativa valutazione è riservata in via esclusiva al giudice del merito. Valutazione, come è avvenuto nella concreta fattispecie, da effettuare attraverso una specifica descrizione degli indizi e una loro compiuta elaborazione volta a dimostrare la capacità di giustificazione dei fatti posti a fondamento della ipotesi d'accusa. Del resto, la valutazione della gravità indiziaria - avvenendo nel contesto incidentale del procedimento de libertate e, quindi, allo stato degli atti, cioè sulla base di materiale conoscitivo ancora in itinere - deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma la elevata probabilità di colpevolezza dell'indagato. 3. Quanto al profilo delle esigenze cautelari, la motivazione da ampiamente conto delle ragioni per le quali la gravità dei fatti denota una spiccata pericolosità sociale e quindi la assoluta sussistenza di esigenze che giustificano la custodia cautelare in carcere. 4. Completezza e coerenza della motivazione, in tale contesto valutativo, rendono dunque inammissibile il sindacato richiesto a questa Corte di legittimità. Il ricorso è dunque inammissibile e, a norma dell'articolo 616 c.p.p., il ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese processuali, a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni richieste dalla sentenza della Corte costituzionale 13 giugno 2000, n. 186. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1 ter, att. c.p.p