Incidenti mortali sul lavoro: quando le cause sopravvenute escludono il nesso di causalità?

Per poter escludere del tutto il nesso eziologico tra condotta dell’agente ed evento il comportamento collegato alla sua azione, posto in essere dalla vittima, deve essere del tutto anomalo ed eccezionale.

Lo ha confermato la Quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza numero 44093/12. Il caso. Un datore di lavoro, ritenuto responsabile per il reato di cui all’articolo 589 c.p., viene condannato in primo grado e ottiene in sede d’appello la riduzione della pena sul rilievo del preminente concorso di colpa della vittima. Questo il fatto, sottoposto al giudice di legittimità per una valutazione in punto di nesso di causalità e concorso di cause. Il lavoratore rimane ucciso, mortalmente ustionato, nell’incidente essendo stato investito dalle fiamme sprigionate da una caldaia installata in una villetta. Il ricorrente aveva causato la propagazione delle fiamme nel locale ove era situata la caldaia, accendendone il combustibile – fuori dalla camera di combustione - con della carta imbevuta di benzina, lasciando il contenitore del liquido nei pressi della caldaia il lavoratore era rientrato nel locale, nonostante l’incendio, con l’intento di sottrarre alle fiamme una bombola di gas lì abbandonata. Nesso di causalità e causa sopravvenuta Posto che l’azione colposa del prevenuto è stata accertata adeguatamente in fase istruttoria, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere l’interruzione del nesso di causalità rispetto all’evento in ragione del comportamento incauto e abnorme della vittima. La Suprema Corte respinge il ricorso, rilevando come il giudice di seconde cure abbia correttamente qualificato il comportamento della vittima sì come avventato e imprudente, ma non come eccezionale, abnorme o imprevedibile. Alla condotta colposa del lavoratore non può attribuirsi pertanto l’effetto interruttivo del nesso eziologico tra l’azione del ricorrente e l’evento morte. è necessario il carattere eccezionale. Né essa può considerarsi come causa sopravvenuta esclusivamente produttiva dell’evento per sfuggire ad un’applicazione meccanica dell’articolo 41, comma 1 c.p. e per evitare che l’evento assuma un rilievo del tutto autonomo e non sia in alcun modo riconducibile all’agente, la causa sopravvenuta deve essere intesa come «un processo non completamente estraneo a quello antecedente come una concausa ‘sufficiente’ a determinare l’evento, ma non avulsa dal precedente percorso causale». In più, il comportamento della vittima che ha concorso a causare l’evento non è in sé capace di spezzare il rapporto di causalità se non «completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale».

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 febbraio – 13 novembre 2012, numero 44093 Presidente Brusco – Relatore Vitelli Casella Ritenuto in fatto Con sentenza in data 31 marzo 2011, la Corte d'appello di Campobasso, in parziale riforma della sentenza emessa l’11 marzo 2010 dal Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica, nei confronti di P.M. , procedeva alla riduzione della pena a mesi SEI di reclusione, sul rilievo del preminente concorso di colpa della vittima pena dichiarata estinta in applicazione dell'indulto di cui alla legge numero 241/2006. Confermava l'affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di cui all'articolo 589 cod. penumero - anche agli effetti della condanna generica al risarcimento dei danni - per aver cagionato, in qualità di titolare dell'omonima impresa, la morte del dipendente C.M. che ebbe a riportare ustioni di terzo grado sul 40% del corpo che ne determinarono il decesso in omissis , per acuta insufficienza cardio - respiratoria perché investito, il omissis , dalle fiamme sprigionatesi nel locale caldaia della villetta di G.G. ove l'impresa dell'imputato aveva installato un impianto di riscaldamento funzionante a paillets cilindretti di segatura di legname precompressi . Il P. , onde verificare la funzionalità dell'impianto stesso, versando in colpa generica - per imprudenza e per Inosservanza di elementari principi di sicurezza - aveva innescato con un accendisigari, l'accensione di detto combustibile con carta imbevuta di benzina così provocando l'immediata propagazione delle fiamme alla tanica di benzina ed agli arredi dello stesso vano caldaia all'interno del quale, come definitivamente acclarato in punto di fatto, in esito all'apprezzamento delle risultanze istruttorie, la vittima era - ciononostante - rientrata temendo l'esplosione di una bomboletta di gas, colà rimasta con l'altra attrezzatura di lavoro. Ricorre per cassazione l'imputato, per tramite del difensore, articolando un'unica censura, per inosservanza della legge penale, in relazione all'articolo 41, comma 2 cod. penumero e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione che così può esser riassunta. Secondo il difensore, la Corte d'appello avrebbe escluso la sopravvenuta interruzione del nesso di causalità tra l'azione colposa del prevenuto e l'evento -invero dovuto al comportamento incauto della vittima - obliterando di prendere in considerazione, con assunti peraltro apodittici, l'incidenza causale sull'evento, della suddetta condotta posta in essere dalla vittima quale causa esclusiva di esso, ex articolo 41 comma 2 cod. penumero . Detta condotta avrebbe dovuto qualificarsi abnorme, assolutamente anomala, ingiustificata e del tutto imprevedibile, rispetto all'imputato primo determinatore della serie causale, peraltro sopravvenuta alla causa presupposta. Essa era quindi perfettamente idonea a provocare l'Interruzione della stessa serie causale perché attuata dal lavoratore in maniera del tutto autonoma attraverso un contegno ontologicamente lontano anche dalle ipotizzagli e, quindi, prevedibili opzioni comportamentali imprudenti adottabili dal dipendente nell'esecuzione della sua prestazione lavorativa . Considerato in diritto Il ricorso è infondato e deve quindi esser respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex articolo 616 cod. proc. penumero . La Corte dlstrettuale, nel far luogo alla reiezione dell'appello proposto dal prevenuto, attesa la pacifica ricostruzione dell'incidente, testé ricordata, ha, per un verso, sottolineato la rilevante colpa del P. che, in violazione delle più elementari regole di sicurezza e di prudenza, ebbe ad innescare l'accensione di carta imbevuta di benzina, non agendo all'interno della camera di combustione della caldaia stessa, ma all'esterno ed in prossimità del contenitore del liquido infiammabile. Per altro verso, ha escluso che la condotta colposa della vittima benché corresponsabile in termini preminenti, dell'evento per aver fatto rientro nel locale caldaia dove il contenitore della miscela - benzina ed olio - già aveva preso fuoco in dipendenza dell'innesco della fiamma per fatto dell'imputato, al fine, verosimilmente, di sottrarre alle fiamme - ed all'esplosione - una bomboletta di gas già usata per la saldatura dei tubi abbia avuto l'effetto di interrompere il nesso eziologico tra la suddetta azione del prevenuto, le ustioni ed il conseguente evento mortale. Ha giudicato la Corte distrettuale, con apprezzamento assolutamente corretto e coerente con le risultanze, il comportamento della vittima non abnorme e non eccezionale né imprevedibile, ancorché avventato ed imprudente. Non poteva invero dirsi avulso dalla comune esperienza di casi simili né che taluno del presenti, per domare le fiamme ovvero per evitare maggiori danni potesse far rientro nel locale caldaia specie dinanzi a fiamme inizialmente non ampie” tant'è vero che il Tribunale con statuizione divenuta irrevocabile aveva mandato assolto l'imputato dal delitto di incendio colposo attesa l'accertata insussistenza di un fuoco caratterizzato dalla vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento - cfr. sentenza di primo grado fgl. 2 né che, provocato dall'imputato l'incendio della miscela contenente benzina , potesse poi svilupparsi una ulteriore recrudescenza del fuoco credibilmente dovuta alla sopravvenuta maggiore vaporizzazione della benzina stessa come chiarito dal consulente di parte ing. R. di guisa da cagionare, a causa dell'aumentato calore nel locale, il sollevamento del pavimento ed il conseguente blocco della porta scorrevole che rappresentava l'unica via di fuga per il dipendente poi deceduto. L'azione della vittima non poteva pertanto integrare un causa sopravvenuta esclusivamente produttiva dell'evento, ex articolo 41, comma 2 cod. penumero , qualificato quindi come fattore concausale e non come mera occasione il comportamento ascritto al ricorrente. Giova sul punto altresì rimarcare che la natura eccezionale ed imprevedibile del fatto sopravvenuto costituisce un tipico accertamento devoluto al giudice del merito che deve logicamente motivare il raggiunto convincimento, al riguardo. Ciò, come testé precisato, è puntualmente avvenuto nel caso in esame,restando quindi preclusa, In questa sede, qualsivoglia diversa rivisitazione di quanto statuito. Invero l'Interpretazione prevalente e consolidata dell'41, comma 2 cod. pen, Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento è volta a temperare il rigore derivante dalla meccanica applicazione dell'articolo 41, comma 1 cod.penumero , ove è enunciato il principio c.d. condizionalistico o dell'equivalenza delle cause condicio sine qua non , recepito dal codice penale. La causa sopravvenuta va intesa pertanto come un processo non completamente estraneo a quello antecedente come una concausa sufficiente a determinare l'evento, ma non avulsa dal precedente percorso causale perché, altrimenti, saremmo in presenza di una sequenza causale del tutto autonoma, ex se già non riconducibile all'agente In virtù del disposto dell’41, comma 1 cod.penumero . Conclusivamente, quindi deve osservarsi, come statuito da questa stessa Sezione con sentenza numero 9967/2010, che perché possa parlarsi di causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di causalità o la sua interruzione come altrimenti si dice si deve dunque trattare di un percorso causale ricollegato all'azione od omissione dell'agente ma completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. È noto l'esempio riportato nella relazione ministeriale al codice penale l'agente ha posto in essere un antecedente dell'evento ha ferito la persona offesa ma la morte è stata determinata dall'incendio dell'ospedale nel quale il ferito era stato ricoverato. Il che, appunto, non solo non costituisce il percorso causale tipico come, per es., il decesso nel caso di gravi ferite riportate a seguito dell'aggressione ma realizza una linea di sviluppo della condotta del tutto anomala, oggettivamente imprevedibile in astratto e imprevedibile per l'agente che non può anticipatamente rappresentarla come conseguente alla sua azione od omissione quest'ultimo versante riguarda l'elemento soggettivo ma il problema, dal punto di vista dell'elemento oggettivo del reato, si pone in termini analoghi . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.