Fatture false: nessuna rilevanza (o quasi) dell’accertamento tributario nel giudizio penale

La punibilità è condizionata dalla dichiarazione mendace, cioè dall’inserimento del documento falso nella dichiarazione d’imposta. Nell’ipotesi, quindi, in cui l’imputato, pur avendo registrato in contabilità le false fatture o pure detenendole ai fini di prova, non avesse riportato nella dichiarazione annuale i corrispondenti elementi passivi fittizi, il fatto non sarebbe stato punibile.

Il caso. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un contribuente, condannato per aver prodotto delle fatture false nella dichiarazione dei redditi, al fine di evadere la relativa imposta. In particolare il soggetto indicava nella dichiarazione elementi passivi fittizi utilizzando tre fatture emesse per operazioni inesistenti, sostenendo poi in giudizio che i fatti contestati erano coperti dal ‘condono fiscale tombale’ esperito ai sensi dell’articolo 9, comma 10, della l. numero 289/2002, poiché le fatture erano state emesse nell’anno 2002. A conferma di ciò la Commissione Tributaria aveva annullato gli avvisi di accertamento ed escluso la punibilità. La dichiarazione dei redditi corretta è decisiva. La S.C. fonda il rigetto della domanda sull’assunto che il condono tombale non annulla la responsabilità penale per le fatture false emesse in acconto e dichiarate l’anno successivo l’accertamento tributario ha riguardato l’anno seguente, il 2003, e ha portato all’individuazione del reato tributario commesso con condotta illecita tenuta nel 2004, poiché l’atto materiale della presentazione della dichiarazione costituisce il momento consumativo. La punibilità è condizionata dalla dichiarazione mendace, cioè dall’inserimento del documento falso nella dichiarazione d’imposta. Nell’ipotesi, quindi, in cui l’imputato, pur avendo registrato in contabilità le false fatture o pure detenendole ai fini di prova, non avesse riportato nella dichiarazione annuale i corrispondenti elementi passivi fittizi, il fatto non sarebbe stato punibile. Rimane comunque il ‘libero convincimento’ del giudice penale. Per quanto riguarda l’accertamento tributario, precisa Piazza Cavour, è da escludere l’incidenza del giudicato tributario nel parallelo processo penale sia perché diversi sono gli strumenti probatori e di difesa sia perché il principio del libero convincimento del giudice penale non si concilia con la presenza di giudizi vincolanti. Il recepimento dell’accertamento sul fatto emergente da una sentenza irrevocabile pronunciata in esito al processo tributario caratterizzato da limitazioni della prova deve ritenersi consentito ma deve accompagnarsi ad una verifica della compatibilità degli elementi su cui si fonda con le risultanze del processo penale.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 dicembre – 18 aprile 2012, numero 14855 Presidente De Maio – Relatore Fiale Ritenuto in fatto La Corte di appello di Roma, con sentenza del 7.7.2011, in parziale riforma della sentenza 10.6.2009 del G.I.P. del Tribunale di Latina a ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di M.S. in ordine al delitto di cui - all'articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000 [poiché - nella qualità di rappresentante legale della s.r.l. Costruzioni vartoto - al fine di evadere l'imposta sui redditi, indicava nella relativa dichiarazione, con riferimento al periodo d'imposta 2003, elementi passivi fittizi per un imponibile complessivo di un milione di Euro utilizzando numero 3 fatture emesse dal 19 al 31 dicembre 2002 per operazioni inesistenti dall'imprenditore individuale S. F. - dichiarazione presentata in Latina, il 16.4.2004] b e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, determinava la pena in anni uno mesi quattro di reclusione, concedendo il beneficio della non - menzione detta condanna. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del M. , il quale - sotto il profilo della violazione di legge - ha eccepito che - i fatti contestati, poiché te fatture in oggetto erano state emesse nell'anno 2002, erano coperti dal “condono fiscale tombale esperito ai sensi dell'articolo 9, comma 10, della legge numero 289/2002, che prevedeva l'esclusione della punibilità anche per il delitto di cui all'articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000. Ciò era stato statuito pure dalla Commissione tributaria del Lazio - Sezione di Latina che, nell'anno 2008, aveva annullato gli avvisi di accertamento notificati dagli uffici finanziari. Secondo la prospettazione del ricorrente, le fatture e le correlate transazioni economiche, in quanto registrate nell'anno d'imposta 2002, non potevano più essere sindacate nel corso del successivo periodo d'imposta , sicché Tunica contestazione astrattamente possibile a carico del M. avrebbe potuto essere quella di avere dedotto, nel 2003, un costo relativo ad un altro periodo d'imposta . Considerato in diritto Il ricorso deve essere rigettato perché infondato. Le tre fatture in oggetto, emesse in acconto di lavori descritti con riferimenti del tutto generici asseritamente da eseguire nell'anno 2003 in connessione ad un contratto di subappalto stipulato con il subappaltatore S. - quand'anche fossero state annotate nella contabilità della s.r.l. Costruzioni Vartolo nel dicembre dell'anno 2002 - sono state utilizzate nella dichiarazione dei redditi di quella società per l'anno 2003 presumibilmente per il criterio generale della competenza . Al riguardo va ricordato che il D.Lgs. numero 74/2000 ha individuato nel modello dichiarativo la caratteristica essenziale del nuovo sistema penale tributario, in coerenza con l'opzione di tutelare il bene giuridico patrimoniale della percezione del tributo piuttosto che il corretto esercizio della funzione tributaria, con il conseguente abbandono del modello del reato prodromico in base al quale l'articolo 4, lett. g , della legge numero 516/1982 puniva ex se anche il semplice inserimento nella contabilità annotazione di fatture per operazioni inesistenti, indipendentemente dall'allegazione alla dichiarazione. Il modello della legge numero 516/1982 sopravvive attualmente soltanto per l'emissione delle fatture non veritiere, mentre la punibilità dell'utilizzazione è condizionata dalla dichiarazione mendace, cioè dall'inserimento del documento falso nella dichiarazione d'imposta senza che peraltro assuma alcuna valenza il tentativo . Nell'ipotesi, quindi, in cui l'imputato, pure avendo registrato in contabilità le false fatture o pure detenendole ai fini di prova, non avesse riportato nella dichiarazione annuale i corrispondenti elementi passivi fittizi, il fatto non sarebbe stato punibile. L'articolo 9, 10 comma, della legge numero 289/2002 è formulato nel senso che il perfezionamento della procedura prevista dal quell'articolo comporta lett. a la preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario . Nella specie, però, l'accertamento tributario - ai fini che qui Interessano - ha riguardato l'anno d'imposta 2003 ed ha portato alla individuazione del reato tributario di cui all'articolo 2 del D.Lgs. numero 74/2000 commesso con condotta illecita tenuta nell'aprile del 2004, poiché l'atto materiale della presentazione della dichiarazione all'ufficio finanziario costituisce il momento consumativo di esso. Ne consegue che legittimamente la Corte di merito ha ritenuto il delitto contestato escluso dalla definizione automatica delle pendenze tributarie disciplinata dalla legge numero 289/2002. Quanto alle decisioni assunte dalla Commissione tributaria regionale di Roma in data 7.5.2006, allegate ai ricorso, deve rilevarsi che è da escludere l'incidenza del giudicato tributarlo nel parallelo processo penale sia perché diversi sono gli strumenti probatori e di difesa sia perché il principio del libero convincimento” del giudice penale non si concilia con la presenza di giudicati vincolanti. Il recepimento, da parte del giudice penale, dell'accertamento sul fatto emergente da una sentenza irrevocabile pronunciata in esito al processo tributario caratterizzato da limitazioni alla prova deve ritenersi consentito, ai sensi dell'articolo 238-bis cod. proc. penumero , ma deve accompagnarsi stante il richiamo agli articolo 187 e 192 cod. proc. penumero contenuto in quella norma ad una verifica della compatibilità degli elementi su cui si fonda con le risultanze del processo penale. Nella specie il giudice tributario ha annullato gli avvisi di accertamento impugnati, considerando illegittima l'attività accertativa posta in essere dagli uffici finanziari per l'anno di imposta 2002 e non riscontrate le circostanze induttivamente dedotte a sostegno degli esiti della stessa. A fronte di quelle argomentazioni, però, la Corte territoriale ha correttamente delineato i limiti dell'incidenza del condono fiscale sul reato contestato ed esaurientemente argomentato in ordine alla ritenuta insussistenza delle operazioni costituenti oggetto delle tre fatture emesse nell'anno 2002. Ai rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.