La sentenza in esame offre spunti di riflessione su un tema molto dibattuto, ma poco affrontato dalle riviste la forma dell’appello delle sentenze sulle opposizioni alle multe. In ogni caso deve essere rispettato il termine lungo di sei mesi oltre eventuale periodo di sospensione feriale dal deposito della sentenza, pena l’inammissibilità.
La sentenza numero 1191, emessa dal Tribunale di Lecce lo scorso 11 maggio, ribadisce l’inammissibilità dell’appello tardivo, notificato oltre i sei mesi dal deposito della sentenza. Pur non affrontando direttamente il problema, adotta l’orientamento maggioritario della giurisprudenza e della dottrina l’appello delle opposizioni alla multe si introduce con la citazione. Il caso. Una donna proponeva ricorso gerarchico al Prefetto avverso le ordinanze con cui le erano elevate sanzioni «per violazione degli articolo 7, comma 1 f e 14 C.d.S.». Impugnava il provvedimento di rigetto presso il Giudice di Pace che accoglieva il ricorso ed annullava le multe. Avverso questa decisione ricorreva il Comune, ma notificava la citazione pochi giorni dopo l’avvenuta prescrizione del diritto sei mesi dal deposito della sentenza. Infatti non era stata notificata alla controparte, perciò non si poteva avvalere del termine breve un mese . L’annullamento è stato confermato e la PA è stata condannata alle spese di lite. Quadro normativo. Le sentenze che decidevano sulle opposizioni alle sanzioni amministrative, ai sensi dell’articolo 23, L. numero 669/81 e dell’articolo 339 c.p.c., potevano essere gravate solo con ricorso in Cassazione. L’articolo 26, DLgs numero 40/06 ha abrogato questa norma, consentendone l’appello. I primi critici Consolo e Luiso ne hanno contestato la legittimità costituzionale ex articolo 76 Cost. in quanto l’azione del legislatore sarebbe stata frettolosa e priva di delega. Tutto ciò ha comportato una profonda confusione, nel silenzio della legge, sulla forma da adottare per l’impugnazione appello o ricorso? La successiva riforma processuale del 2009 l. numero 69/09 ha dimezzato i termini lunghi per la proposizione del gravame da un anno a sei mesi a decorrere dal giorno del deposito della pronuncia. Ad essi, ove ne ricorrano i presupposti, andranno sommati 45 giorni di sospensione feriale. Ovviamente chi intende avvalersi del termine breve mensile dovrà provvedere a notificare la sentenza al difensore dell’altra parte. I contrasti giurisprudenziali sulla forma dell’appello tesi favorevole al rito ordinario . È questa la tesi attualmente maggioritaria Cass. ord. numero 14520/09 Trib. Catanzaro 6/07/09 e Busto Arsizio, sez. Gallarate, numero 195/10 con nota di Cacchillo «Sanzioni amministrative sulla forma dell’atto introduttivo dell’appello» ed è un revirement giurisprudenziale. L’atto deve essere introdotto con citazione, forma scelta dal legislatore articolo 339 ss c.p.c. che non ha previsto nulla sul punto. Non è, perciò, ammissibile alcuna conversione di rito qualora il giudizio fosse introdotto con ricorso. Infatti la legge prevede che la forma dell’atto segua quella del rito solo in poche tassative ipotesi rito lavoro, rito societario e cause di locazione Luiso «Il rito dell’appello in materia di opposizione alle sanzioni amministrative e la conversione del rito in citazione» nota ad una sentenza del Tribunale di Livorno del 2007 Trib. Verona 29/03/07 . Opinione a favore del cambio del rito. Una corrente intermedia, invece, nota come la fattispecie rientri tra i riti speciali previsti dal legislatore sì che non solo deve essere introdotta con ricorso, ma nel caso in cui sia introdotta con la citazione, il G.I. muta il rito. Deve essere garantito anche nel caso in cui si consideri valida la tesi sopraesposta Chiarloni . L’appello si introduce con ricorso? I fautori di questa esegesi notano che l’articolo 23, l. numero 689/81 è un rito speciale Arcuri «Rito dell’appello in materia di opposizione alle sanzioni amministrative. La riforma del procedimento ex articolo 22 e 23, l. numero 689/1981, all'indomani del d.lgs. numero 40/2006 ultrattività, in appello, del rito speciale » e, perciò, come per quelli sopra ricordati, vige il principio di conservazione dell’atto il rito è lo stesso di quello di primo grado. Ciò è confermato da alcune sentenze di legittimità per le quali, «a prescinderne dall’esattezza», l’appello deve seguire «la qualificazione giuridica del rapporto controverso» effettuata dal giudice Cass., SS.UU., nnumero 1146/00 e 3467/94 . L’atto sarà un ricorso. Tutte queste esegesi concordano, però, nell’inammissibilità del gravame proposto tardivamente. Sospensione feriale sì o no? Sul punto la materia prevede un dualismo vige solo quando si ricorre al GDP. Infatti l’articolo 1, l.742/69 vale solo per tutti quei giudizi civili ed amministrativi che necessitano di una difesa tecnica. Il ricorso al Prefetto, invece, non è un’azione giudiziale, ma un procedimento amministrativo privo di assistenza legale è l’istanza di annullamento proposta al superiore gerarchico Cass., sez II, 4170/10 DLgs numero 150/11 che ha dimezzato i tempi di contestazione . Ergo non è possibile invocare questa sospensione. La decisione. La Corte, come detto, ha dichiarato inammissibile l’appello perché tardivo come ammesso anche dalla PA. Ratione temporis non vige la sospensione, perché la sentenza è stata depositata dopo il 15 settembre, perciò la decadenza è semestrale.
Tribunale di Lecce, sentenza 11 maggio 2012, numero 1191 Giudice Adele Ferraro Svolgimento del processo Con atto di appello notificato a M.A. in data 29.09.2011, il Comune di Lecce, in persona del Sindaco pro-tempore, proponeva appello avverso la sentenza numero 6541/2010 pronunciata dal Giudice di Pace di Lecce il 21.09.2010 e depositata il 24.09.2010, a mezzo della quale il Giudice adito in primo grado aveva accolto l'opposizione avverso le Ordinanze-ingiunzione con le quali il Prefetto di Lecce aveva rigettato il ricorso presentato avverso i verbali della polizia municipale di Lecce, elevati per violazione degli articolo 7 comma I f e 14 C.d.S. Il G.d,P. compensava le spese di giudizio. Si costituiva M.A. che eccepiva preliminarmente l'improponibilità dell'appello per intervenuta decadenza, la nullità dell'atto di citazione per difetto di notifica, concludendo nel merito per il rigetto dell'appello con conferma della sentenza impugnata e condanna dell'appellante al pagamento delle spese di giudizio. All'udienza dell'1.02.2012 la convenuta M.A. si riportava integralmente all'atto di costituzione, ribadendo le eccezioni in esso contenute. Il Comune di Lecce prendeva atto di quanto eccepito e riconosceva la tardività dell'impugnazione si rinviava per la discussione orale all' 11.05.2012 a detta udienza la causa veniva discussa oralmente dalle parti presenti che rassegnavano le proprie conclusioni come da verbale e contestualmente decisa, con lettura del presente provvedimento al termine dell'udienza, assenti le parti. Motivi della decisione L'appello è improcedibile. L'appellante ha preso atto che l'impugnazione è stata proposta oltre il termine perentorio di decadenza fissato in sei mesi dalla legge di riforma del processo civile i1.69/2009, decorrente a far data dalla pubblicazione della sentenza. Risulta, infatti, che la sentenza impugnata, non notificata all'odierno appellante, è stata depositata in data 24.09.2010. La mancata notificazione comporta, a norma dell'articolo 327 c.p.c, l'applicazione del termine cosiddetto lungo di decadenza di sei mesi, decorrente dalla pubblicazione della sentenza, oltre il quale il mezzo di gravame non può più essere proposto. L'atto di appello in questione è stato, invece, notificato in data 29 settembre 2011, ben oltre, i termini previsti. Ne discende, pertanto, l'accoglimento della preliminare eccezione di improcedibilità. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Visto l'articolo 281 sexies C.p.c. Il Tribunale di Lecce, definitivamente pronunciando sull'appello promosso dal Comune di Lecce avverso la sentenza numero 6541/2010, depositata dal Giudice di pace di Lecce il 24.09.2010, ogni ulteriore questione ed istanza disattesa, così provvede 1- Dichiara improcedibile l'appello. 2- Condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite sostenute dall'appellata nel presente giudizio che si liquidano in € 1.600,00, delle quali € 200,00 per spese, € 600,00 per diritti e € 800 per onorari di causa, oltre 12,5% spese generali, CAP ed IVA come per legge.