L'esposto contro un magistrato può essere un attacco morale alla persona

L'insuccesso nel gravame è già la prova che la condotta del magistrato non è il risultato della distorsione delle sue funzioni. L'esposto inviato al Presidente della Repubblica, contro un magistrato accusato di imparzialità, può essere diffamatorio.

L'esposto inviato al Presidente della Repubblica, in qualità di garante dell'indipendenza dei magistrati, può avere carattere diffamatorio. Per la prova della falsità dei fatti è sufficiente l'insuccesso del gravame. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 39596/2011 depositata il 3 novembre.Il caso. Condannato, in primo e secondo grado, per il reato di diffamazione in danno al magistrato in servizio presso il Tribunale di Velletri. Questa in sostanza la fattispecie, ma tutto ha inizio nel dicembre del 2003. L'imputato in questione, interessato ad una procura esecutiva da esso promossa e trattata dal predetto magistrato, si vedeva dichiarare l'estinzione della procedura con compensazione delle spese e, ritenendo tale decisione non corretta, inviava un esposto ad una serie di autorità.Esposto inviato Tra tutte, spiccava il Presidente della Repubblica - quale garante dell'indipendenza dei magistrati - ma l'esposto in oggetto veniva inviato anche al Ministro della giustizia, al Procuratore generale della Cassazione e al Presidente del Tribunale di Velletri. Secondo l'interessato, il magistrato si era determinato sulla base di dilatorie contestazioni del debitore che aveva solo affermato di avere pagato il debito e che era assistito da un legale che era anche esponente politico locale .ma non è evocabile il diritto di critica. La Corte d'appello, infatti, non aveva ritenuto evocabile il diritto di critica, posto che il magistrato veniva accusato ingiustamente di aver esercitato le proprie funzioni venendo meno al suo dovere di indipendenza e imparzialità.Ad avallare tale decisione, ci pensa la Corte di legittimità. Infatti, la S.C. - ritenendo irrilevante il fatto che l'imputato non si sia rivolto a mezzi di comunicazione di massa, ma alle autorità che presiedono al controllo dell'attività dei magistrati - rigetta il ricorso. Secondo gli Ermellini, l'accusa rivolta ad un magistrato di asservimento della funzione giudiziaria ad interessi personali, partitici, politici, ideologici, o di strumentalizzazione della stessa per finalità estranee a quelle proprie, in ragione dei doveri istituzionali all'operato di un magistrato, esula dalla scriminante del diritto di critica, risolvendosi in un attacco morale alla persona.La prova dell'insussistenza dell'errore professionale è fornita dall'insuccesso dell'appello. Il Collegio, cita come controprova logica dell'attestazione della non sussistenza dell'errore professionale attribuito dal ricorrente al magistrato, l'insuccesso del gravame. In pratica, difettando la verità del fatto diffamatorio, il diritto di critica è da escludersi. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 maggio - 3 novembre 2011, numero 39596Presidente Oldi - Relatore VessichelliFatto e dirittoPropone ricorso per cassazione M.W. avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia in data 13 aprile 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado di condanna per il reato di diffamazione in danno della Dott.ssa F A. , magistrato in servizio presso il Tribunale di Velletri, sezione distaccata di Albano Laziale.La vicenda aveva avuto luogo nel dicembre 2003 quando il M. , interessato ad una procura esecutiva da esso promossa e trattata dal predetto magistrato, avendo visto dichiarare la estinzione della procedura con compensazione delle spese e ritenendo tale decisione non corretta, aveva inviato un esposto ad una serie di autorità Presidente della Repubblica, Procuratore di Perugia, Ministro della giustizia, Procuratore generale della Cassazione, Servizio ispettivo del ministero, Presidente della Corte di appello di Roma, Presidente del Tribunale di Velletri, un membro del CSM lamentando che il predetto magistrato si era determinato sulla base di dilatorie contestazioni del debitore che aveva solo affermato di avere pagato il debito e che era assistito da un legale che era anche esponente politico locale dei DS. In particolare, poi, l'esposto era stato scritto al Presidente della Repubblica quale garante della indipendenza dei magistrati.La sentenza impugnata riteneva integrato il reato e non evocabile il diritto di critica, posto che il fatto non vero esposto dal ricorrente era quello dell'essere stata la Dott. A. , soggetta, nell'esercizio delle proprie funzioni, alla pressione di una parte, che per giunta si era avvalsa della esposizione politica del legale officiato fatto rimasto non provato e quindi tale da rappresentare falsamente il magistrato come venuto meno al suo dovere fondamentale che è quello della indipendenza e della imparzialità.Deduce 1 Il vizio di motivazione tale da provocare la nullità della sentenza.L'origine della vicenda processuale andava ricercato nella permanente insoddisfazione di parte del credito che il M. vantava nella procedura esecutiva sopra evocata non gli erano stati versati infatti gli accessori delle spese non liquidati dal giudice A. .L'intera vicenda era comunque lastricata di fatti riprovevoli addebitati a vari magistrati che erano stati tutti coinvolti nell'esposto assieme alla Dott.ssa A. .Inoltre da una nota dell'esposto i giudici del merito, all'uopo sollecitati, avrebbero dovuto ricavare che l'intento del ricorrente non era se non quello di mettere in atto l'invito del Presidente della Repubblica Ciampi secondo cui il magistrato deve non solo essere ma anche apparire indipendente.L'esposto aveva comunque toni ironici contro la procedura che consente al debitore di far estinguere la procedura esecutiva a proprio carico semplicemente esternando la volontà di pagare.In terzo luogo la terminologia usata dall'estensore evidenziava rispetto per la magistratura.I giudici dell'appello, trascurando queste chiavi di lettura dell'esposto, ne avevano dunque travisato il senso soprattutto laddove avevano affermato che l'eventuale errore del magistrato può trovare emenda unicamente nelle sedi di gravame e non anche in quelle disciplinari.In pratica la parte si era limitata ad esternare un ragionevole sospetto e timore di parzialità del giudice, che pure errori aveva commesso tardività del provvedimento, adozione della forma della ordinanza in luogo di quella della sentenza, atto contra legem , in ragione della pressione che poteva essere esercitata dal difensore della controparte, personaggio pubblico di rilievo, le cui richieste erano state integralmente accolte dal giudice Dott.ssa A. .Al riguardo la difesa evoca le norme che presiedono alla adozione di provvedimenti di cautela e di natura disciplinare nei confronti del magistrato che, anche indipendentemente da colpa, leda il prestigio di cui invece deve godere.2 La violazione dell'articolo 51 cp e dell'articolo 21 Cost L'imputato non si era rivolto a televisioni o mezzi di comunicazione di massa ma alle autorità che presiedono al controllo della attività dei magistrati per chiederne l'intervento e il vaglio. D'altra parte i fatti esposti erano veri atteso che la controparte era effettivamente difesa da un alto esponente politico locale.3 La nullità della sentenza per omessa vantazione del IV motivo di appello sulla necessità di assoluzione dell'imputato per carenza dell'elemento soggettivo e/o della obiettività giuridica del reato.Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.Il primo motivo investe il tema della critica al magistrato e della sua ampiezza nei limiti che ne determinano la compatibilità con i presupposti dei diritti tutelati dall'articolo 51 cp e dall'articolo 21 Cost È noto che la giurisprudenza ha reiteratamente affrontato la questione ed ha anche offerto spunti importanti capaci di delineare la esistenza della esimente del diritto di critica in presenza di censure al magistrato che si sia reso autore di una iniziativa professionale che la parte abbia ritenuto, con argomenti plausibili, fonte di una grave ingiustizia si veda, nell'analogo ambito della diffamazione a mezzo stampa, Sez. 5, Sentenza numero 34432 del 05/06/2007 Cc. dep. 12/09/2007 Rv. 237711 . Si è pure espresso sempre in ambito di diffamazione a mezzo stampa il principio secondo cui l'esimente del diritto di critica è configurabile quando il discorso giornalistico abbia un contenuto prevalentemente valutativo e si sviluppi nell'alveo di una polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale, senza trascendere in attacchi personali, finalizzati all'unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, non richiedendosi neppure - a differenza di quanto si verifica con riguardo al diritto di cronaca - che la critica sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, sempre che il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti non siano strumentalmente travisati e manipolati. Sez. 5, Sentenza numero 11662 del 06/02/2007 Ud. dep. 20/03/2007 Rv. 236362 .In un senso che può dirsi analogo, non deve trascurarsi che la stessa giurisprudenza non ha mancato di sottolineare che esula dalla scriminante del diritto di critica, politica o giornalistica, in quanto si risolve in un attacco morale alla persona, l'accusa, rivolta ad un magistrato del pubblico ministero, di asservimento della funzione giudiziaria ad interessi personali, partitici, politici, ideologici, o di strumentalizzazione della stessa per finalità estranee a quelle proprie, in ragione dei doveri istituzionali, all'operato del pubblico ministero Sez. F, Sentenza numero 29453 del 08/08/2006 Ud. dep. 30/08/2006 Rv. 235069 .Tutto ciò premesso deve ritenersi che i giudici della sentenza impugnata abbiano fatto buon governo dei principi ricordati e la motivazione da essi esibita si sottrae all'ulteriore sindacato della Cassazione.Nella specie essi hanno posto in evidenza che con gli esposti inviati, il ricorrente ha attribuito, al magistrato impegnato nella trattazione della causa che lo vedeva parte, un comportamento psicologicamente assoggettato alla figura del legale, colorita quest'ultima anche dalla investitura del legale stesso di mandati politici locali una inequivocabile attribuzione di comportamento sospetto di parzialità per le ragioni dette e per il fatto, al primo strettamente collegato, che la controparte aveva visto accreditata la propria tesi mentre il ricorrente aveva visto rigettata la propria, ritenuta evidentemente l'unica meritevole di tutela.Orbene, non è qui in discussione la lesività dell'onore del magistrato per effetto di tale attribuzione - evidentemente pacifica - ma, come richiesto dal ricorrente, la operatività del diritto di critica e di quello ad investire con censure le autorità competenti a titolo disciplinare.È agevole replicare sul punto, come già fatto compiutamente dal giudice dell'appello, che la critica al magistrato, ovviamente in sé compatibile con i principi generali in tema di esternazione della propria opinione, presuppone in primo luogo la presenza dei requisiti previsti in via generale per l'esercizio di tale diritto primo fra tutti il requisito della verità del fatto, quando la critica si sviluppi sulla base di un preciso evento attribuito al magistrato.E nella specie è evidente che l'esponente, pur ricorrendo alla forma retorica della domanda e della esternazione di un sospetto, finisce per accostare del tutto indebitamente la figura professionale della Dott.ssa A. , nell'esercizio delle sue funzioni, al concetto di parzialità e asservimento psicologico alla parte più forte ciò che corrisponde esattamente alla attribuzione della più grave delle violazioni in cui il magistrato può incorrere, con conseguenze tanto sul piano disciplinare che su quello penale e civile.Il fatto, tuttavia, risulta non provato e privo di qualsiasi riscontro, come chiarito dalla Corte d'appello, la quale ha aggiunto correttamente e in maniera pertinente, come argomento logico a supporto, che se la condotta del magistrato fosse stata effettivamente il risultato della distorsione della funzione, avrebbe trovato un immediato correttivo nel giudizio di gravame, nella specie esperito senza successo. L'insuccesso del gravame è cioè citato come controprova logica della attestazione della non sussistenza dell'errore professionale attribuito dal ricorrente al magistrato e dunque come dimostrazione della assenza totale di fondamento storico della accusa di parzialità che sull'errore in questione era stata costruita.In conclusione può affermarsi che difetti l'elemento della verità del fatto diffamatorio attribuito sicché sotto tale aspetto il diritto di critica appare giustamente escluso.Tale premessa riverbera i propri effetti anche sulla doglianza con la quale si rivendica il diritto ad esporre fatti anche lesivi della reputazione del magistrato nell'esposto rivolto alle superiori autorità.È evidente che la palese e consapevole infondatezza della accusa impedisce che l'esponente sia al riparo da vantazioni di rilievo penale in ordine alla iniziativa assunta, non potendo negarsi che l'esposto, in tale evenienza, si trasformi in un argumentum ad hominem ossia in una iniziativa il cui scopo è quello di colpire gratuitamente la persona oggetto di critica e non anche di rappresentare una censura articolata e giustificata dell'operato del magistrato che si chiede di valutare.Non senza rilievo, ai fini di evidenziare come la iniziativa del ricorrente si sia risolta in un fatto meramente diffamatorio e non anche in una legittima investitura di organi deputati al controllo disciplinare e penale, è la circostanza che l'esposto è stato inviato anche a soggetti variamente individuati e non titolari di poteri specifici in tal senso quali il singolo componente del CSM, o l'Ufficio ministeriale nella sua impersonalità.Infine inammissibile è il terzo motivo di gravame che è stato dedotto in termini assolutamente generici e senza la indicazione specifica della ragioni in fatto ed in diritto ad esso sottese, tali da consentire a questa Corte anche di apprezzare la rilevanza della questione che si assume omessa e di sottoporre la motivazione alla prova di resistenza.La soccombenza comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 1.400,00 oltre accessori come per legge.