di Luigi Giuseppe Papaleo
di Luigi Giuseppe Papaleo *Il caso. Un lavoratore conveniva in giudizio la società che anzitempo gli aveva intimato il licenziamento per giusta causa correlato a comportamenti rilevanti sotto il profilo disciplinare, e azionava una pretesa risarcitoria per inadempimento contrattuale, seppure prescindendo dalla preventiva impugnazione del licenziamento medesimo.In primo grado il lavoratore soccombeva, mentre successivamente la Corte di Appello accoglieva parzialmente il gravame condannando la società/datrice di lavoro al pagamento a favore del lavoratore, nel frattempo divenuto pensionato, di una somma di denaro in via di fatto paragonabile agli stipendi che esso avrebbe dovuto percepire lavorando per ulteriori 15 anni.La Cassazione giudica sul diritto e non sul fatto. Giunta in Cassazione la sentenza di merito viene censurata per lo più da vizi sulla motivazione, tutti però disattesi dalla S. C. perché ritenuti infondati sul presupposto dell'impossibilità per l'organo nomofilattico di ricostruire in maniera diretta e puntuale il c.d. fatto storico sostanziale , salvo operare un mero controllo di legittimità entro i rigorosi limiti del c.d. vizio logico ossia ripercorrendo il percorso logico-giuridico seguito dal giudice di merito, il quale, se immune appunto da vizi sul ragionamento, segna la fine di ogni ulteriore accertamento di legittimità in punto di giudizio sul fatto.Responsabilità contrattuale e ripartizione dell'onere probatorio. Con riferimento alle violazione e/o false applicazioni delle norme di diritto contrattuale comune, la sentenza in commento, dopo aver premesso l'estraneità rispetto al thema decidendum del diritto del lavoratore licenziato ad azionare in via ordinaria e secondo le regole di diritto comune una pretesa risarcitoria comunque riconducibile ad un inadempimento del contratto di lavoro subordinato situazione soggettiva pacificamente ammessa in giudizio dalle parti litiganti , ha affrontato il punto nodale della res litigiosa concernente il riparto dell'onus probandi tra la società/datrice di lavoro ed il lavoratore licenziato.La Cassazione risolve tale conflitto, qualificando normativamente come contrattuale la responsabilità per il fatto dannoso invocata dal lavoratore e, rifacendosi ad un suo precedente e consolidato orientamento ex-plurimis Cass. SS.UU. n.13533/2001 e successiva giurisprudenza , statuisce che, in tema di azione risarcitoria derivante da inadempimento contrattuale, spetta al creditore/lavoratore allegare la prova dell'inadempimento della controparte oltre a provare, altresì, il nesso eziologico tra lo stesso inadempimento ed il danno subito, mentre rimane in capo al debitore/datore di lavoro, il relativo onere probatorio circa l'allegazione del fatto estintivo dell'altrui pretesa.Ebbene, trasferendo il tutto nello schema negoziale del contratto di lavoro subordinato, posto che il fatto generatore del danno consiste nel licenziamento per giusta causa, al lavoratore spetterà allegare la prova del licenziamento, ma, alla società/datrice di lavoro, competerà invece, dimostrare la legittimità del licenziamento intimato.In altri termini, laddove ne sussistano i presupposti, la proposizione dell'azione risarcitoria ordinaria per licenziamento illegittimo, ancorchè lo stesso non sia stato a suo tempo neanche impugnato dal lavoratore medesimo, non comporta inversione alcuna dell'onere probatorio fissato dalla norma ex art.2697 c.c. Mancata impugnazione del licenziamento preclusione dell'azione risarcitoria speciale e residualità della sola azione ordinaria . A parere di chi scrive, la sentenza innanzi commentata tratta l'argomento delle cc.dd. sanzioni civili applicabili all'inadempimento del contratto di lavoro subordinato, ponendo l'accento più sulla disciplina codicistica dei contratti in generale, c.d. disciplina di diritto comune, che sulla specifica e speciale disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi.Secondo un'altra importante sentenza della Corte di Cassazione che ha affrontato, invece, la problematica dell'inadempimento del contratto di lavoro subordinato alla luce della predetta normativa speciale sui licenziamenti, la mancata impugnazione del licenziamento nel termine decadenziale di 60 giorni comporta la preclusione per il lavoratore di azionare la pretesa risarcitoria facendo valere il regime legale speciale dell'illegittimità del licenziamento, potendo residualmente esperire solamente un'azione risarcitoria c.d. ordinaria, non fondata, però, sull'inadempimento coincidente con il recesso datoriale ma deducendo differenti tipologie di inadempimento del contratto di lavoro. Cass. 2676/2010 .Il breve accenno alla sentenza n.2676/2010 consente di operare il seguente parallelismo con quanto innanzi commentato è vero che nel contesto di un'azione risarcitoria l'onere probatorio circa la legittimità del licenziamento segue il riparto tradizionalmente fissato ex art.2697 c.c. ma, in presenza di una eccezione di parte, da sollevare naturalmente innanzi al giudice di merito, circa l'omessa impugnazione nei termini del licenziamento medesimo, mette al riparo il datore di lavoro da eventuali future azioni risarcitorie ordinarie promosse dal lavoratore per inadempimento contrattuale riconducibili al pregresso licenziamento.* Avvocato del Foro di Napoli