Relativamente ai minori, il termine “correzione” deve essere interpretato come sinonimo di “educazione”, per cui non può ritenersi tale l’uso della violenza finalizzato a scopi educativi, sia per l’importanza riconosciuta alla dignità della persona, compreso il minore soggetto titolare di diritti e non semplice oggetto di protezione o disposizione , sia perché non può perseguirsi, a fini educativi, un risultato di sviluppo armonico della personalità, utilizzando un mezzo violento che contraddice gli stessi fini.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 25790, depositata il 16 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Palermo, dopo aver riqualificato i fatti da abuso dei mezzi di correzione e disciplina ad episodi di violenza privata, condannava l’educatore di una comunità per minori a causa di alcuni comportamenti aggressivi nei confronti degli ospiti minorenni della struttura. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata applicazione dell’esimente dell’adempimento del dovere, nel suo caso lo ius corrigendi, ai sensi dell’articolo 51 c.p. Il clima di intollerabile prevaricazione determinato dai minori doveva giustificare anche il ricorso a degli scappellotti, non per limitare la loro libertà di autodeterminazione, bensì per indurli a rispettare le regole base della convivenza. I giudici erroneamente avrebbero ritenuto che uno scappellotto sarebbe comunque un mezzo illecito, che esclude a priori l’ipotizzabilità del reato di abuso dei mezzi di correzione, previsto dall’articolo 571 c.p Inoltre, contestava anche tale qualificazione per una leggera percussione sulla natica di un ragazzo con il flauto che questo si ostinava a suonare, nonostante il divieto per il rispetto del riposo degli altri. Esclusione dello ius corrigendi. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione sottolineava che il ricorrente lamentava la mancata applicazione dell’esimente dello ius corrigendi in un caso in cui era stata esclusa la fattispecie dell’abuso dei mezzi leciti di correzione e disciplina, a favore dell’addebito del reato di violenza privata, la cui integrazione presuppone il ricorso a mezzi illeciti, anche se per finalità educative. Nozione di correzione. Relativamente ai minori, il termine “correzione” deve essere interpretato come sinonimo di “educazione”, per cui non può ritenersi tale l’uso della violenza finalizzato a scopi educativi, sia per l’importanza riconosciuta alla dignità della persona, compreso il minore soggetto titolare di diritti e non semplice oggetto di protezione o disposizione , sia perché non può perseguirsi, a fini educativi, un risultato di sviluppo armonico della personalità, utilizzando un mezzo violento che contraddice gli stessi fini. Due casi diversi. Perciò, l’eccesso nel ricorso a mezzi di correzione, in sé illeciti, non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, prevista dall’articolo 571 c.p., perché soltanto a tale condizione può ammettersi la configurazione dell’abuso punibile in maniera attenuata rispetto a reati più gravi. Inoltre, i giudici di legittimità ritenevano impensabile che non rientrasse nell’ipotesi di violenza privata il caso in cui un minore era stato colpito con un flauto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 maggio – 16 giugno 2014, numero 25790 Presidente Dubolino – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione V.A., avverso la sentenza della Corte d'appello di Palermo, in data 20 febbraio 2013, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine ai reati di violenza privata così diversamente qualificati i fatti di violenza contestati nei confronti dei minori G.R. e P.A. ed al reato di lesioni personali in danno dello stesso P.A. contestato al capo C . L'imputato era stato contestualmente assolto, in primo grado, da altri episodi di violenza in danno di P.P. e T.G. qualificati anche questi come violenza privata nonché dal reato di lesioni personali in danno di Patti Pietro, contestato al capo B , per essere stati commessi in stato di necessità, e dai residui fatti rimasti contestati ex articolo 571 cp, perché non costituivano reato. Gli eventi risalivano al mese di novembre del 2006 ma sono da ritenere non ancora estinti per prescrizione in ragione di cause di sospensione che hanno prorogato il relativo termine di mesi tre e giorni tre. Come attestato nella sentenza impugnata, i comportamenti di rilievo penale, originariamente contestati come abuso dei mezzi di correzione e disciplina ex articolo 571 e 81 cp oltre che come lesioni personali volontarie erano stati denunciati da una serie di soggetti minorenni che assumevano di avere subito comportamenti aggressivi da parte dell'imputato, educatore della Comunità Alloggio per minori La Libellula di Casteldaccia , comunità presso la quale le stesse parti offese erano ospitate. Deduce 1 la violazione dell'articolo 192 cpp e il vizio della motivazione. La sentenza impugnata non aveva analizzato adeguatamente le ragioni della difesa, rappresentate nel giudizio di appello, e volte ad ottenere l'adeguata disamina e valorizzazione delle numerose falsità dichiarate dai minori, presunte parti offese falsità tali da avere contaminato l'intero loro narrato, anche in ragione della descrizione degli stessi, da parte di tutti i consulenti e soprattutto del giudice di primo grado, come persone affette da gravissimi disturbi della personalità, tendenti a minimizzare i propri comportamenti che invece erano risultati di intollerabile prevaricazione 2 l'erronea disapplicazione dell'articolo 51 c.p. ossia dell'esimente dell'adempimento del dovere ius corrigendi . Era stato, infatti, segnalato, nei motivi d'appello, come il clima di intollerabile prevaricazione, determinatosi per la presenza dei giovani affetti da disagio, giustificasse anche il ricorso a qualche scappellotto, come nel caso di G.R., non già per limitare la libertà di autodeterminazione della persona ma per indurla a rispettare le regole base della convivenza. Non poteva, in altri termini, condividersi il ragionamento del primo giudice secondo cui l'atto di violenza lo scappellotto è comunque un mezzo illecito, il ricorso al quale fa escludere ontologicamente la ipotizzabilità del reato di abuso dei mezzi di correzione, mentre l'impugnante chiede che sia censurato anche il ragionamento del giudice d'appello, secondo cui è da escludere pure il riconoscimento del legittimo esercizio dello ius corrigendi nel caso di una lieve percussione, sulla natica di un ospite, con il flauto che quello si ostinava a suonare nonostante i plurimi divieti per il rispetto del riposo degli altri. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Il primo motivo è destituito di fondamento. La sentenza impugnata illustra con la doverosa puntualità, le ragioni del proprio convincimento in ordine alla attendibilità delle testimonianze che costituiscono il nucleo portante del materiale probatorio a carico dell'imputato. Si tratta di testimonianze che provengono non solo dalle persone offese ma anche da altri ospiti della struttura, analiticamente indicati una circostanza di notevolissimo rilievo ai fini della formulazione del giudizio di attendibilità del testimone ed invece del tutto trascurata dall'impugnante nella redazione dei propri motivi di ricorso. In secondo luogo lo stesso impugnante formula la propria critica al ragionamento illustrato dal giudice a quo, in termini sostanzialmente fattuali. Infatti, pur sostenendosi , nell'atto di impugnazione, che il giudice dell'appello avrebbe omesso di motivare sulla dimostrata attitudine dei dichiaranti a mentire e a rappresentare una realtà di comodo, nella quale i propri comportamenti violenti e asociali risultassero del tutto minimizzati, la censura scaturita è quella che si sostanzia in un tentativo di dimostrare, per la prima volta in sede di legittimità, un ragionamento alternativo, che il giudice dell'appello avrebbe potuto seguire. Ancora una volta, in altri termini, il motivo di ricorso per cassazione viene formulato sollecitando alla Corte di cassazione a sostituire il proprio convincimento, alla motivata ricostruzione operata dal giudice del merito, atteso che la pretesa attitudine dei giovani testimoni a mentire e a ingigantire le responsabilità dell'educatore è circostanza enunciata in sé e per sé e non in relazione alla capacità dimostrativa della motivazione esibita dal giudice dei merito. La Corte territoriale, invero, ha dedicato lunghe pagine alla illustrazione della tesi secondo cui, a parte il possibile disagio sociale dal quale i piccoli ospiti fossero stati lambiti, la loro credibilità era stata il punto centrale dell'intero accertamento compiuto nel processo. E tale accertamento aveva portato ad un risultato univoco , in base anche all'ausilio prestato dal consulente specialista, avendo costui potuto registrare non solo la spontaneità dei racconti, ma anche la coincidenza dei particolari narrati e la coerenza delle singole narrazioni. Lamentarsi della incompiutezza di tale accertamento, eseguito in appello, nei termini in cui lo ha fatto il ricorrente nell'atto di impugnazione in esame, significa richiamare dinanzi al giudice di legittimità, in ordine sparso, una serie di elementi di fatto magari anche riguardanti presunte dichiarazioni dei minori, risultate non vere che, tuttavia, hanno trovato già ordine e sistemazione logica ad opera del giudice del merito, soprattutto sul punto nodale della attendibilità delle singole e specifiche dichiarazioni accusatorie ritenute rilevanti e senza che il disagio sociale dei dichiaranti abbia potuto costituire argomento capace di inficiare volta per volta la accusa mossa all'imputato. Il secondo motivo di ricorso è ugualmente privo di pregio. L'impugnante lamenta il mancato riconoscimento dell'esimente dell'esercizio di un diritto , ossia del diritto proprio dell'educatore a realizzare la correzione e la disciplina del minore affidatogli, in un caso nel quale non solo lo jus corrigendi, ossia l'uso di mezzi leciti di correzione, è stato escluso dal giudice del merito ma, per di più, è stato escluso anche l'abuso dei mezzi leciti di correzione e disciplina articolo 571 c.p. originariamente contestato per far luogo all'addebito del reato di violenza privata, la cui integrazione presuppone il ricorso a mezzi illeciti, sia pure per pretese finalità educative. Resta infatti insuperato il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità al quale la sentenza impugnata si è perfettamente allineata Sez. 6, Sentenza numero 4904 del 18/03/1996 Ud. dep. 16/05/1996 Rv. 205033 Sez. 5, Sentenza numero 10841 del 09/05/1986 Ud. dep. 14/10/1986 Rv. 173956 secondo cui, relativamente a minori, il termine correzione va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. E non può ritenersi tale l'uso della violenza finalizzato a scopi educativi ciò sia per il primato che l'ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione se non addirittura di disposizione da parte degli adulti sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice. Ne consegue che l'eccesso nel ricorso a mezzi di correzione, in sé illeciti, non rientra nella fattispecie dell'articolo 571 cod. penumero abuso di mezzi di correzione giacché a tale condizione soltanto può ammettersi la configurazione dell' abuso punibile in maniera attenuata, rispetto ad altri e più gravi reati. D'altra parte, per scendere alla casistica evocata nel ricorso, non si comprende né il ricorrente lo chiarisce o lo allega , come potrebbe farsi rientrare nel concetto di uso di mezzi leciti di correzione o anche soltanto in quello di abuso di mezzi leciti di correzione, e non piuttosto nella ipotesi di violenza privata, la condotta consistita nel percuotere la natica di un ospite che non ubbidiva all'ordine di smettere di suonare il flauto con lo stesso strumento musicale, cagionandogli ecchimosi lineari sul gluteo. Infatti, dovendosi anche considerare che sia l'articolo 571 cp che l'uso legittimo del mezzo di correzione che esso sottende costituiscono comunque precetti dinamici che devono essere interpretati alla luce dell'evoluzione del costume sociale, dovrà ritenersi che, se è vero che, in ipotesi e nella prospettiva dell'educazione del minore, possa ancor oggi ammettersi il ricorso ad un occasionale ceffone, è da escludere che possa farsi uso legittimo dello stesso sistema quando trasmodi in un eccesso e si trasformi in una condotta fonte di lesioni personali non necessitata dalle circostanze. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Così è deciso in Roma il 16 maggio 2014.