Soppressione dell’istituto della contumacia: la nuova disciplina non è retroattiva

La modifica della restituzione in termini provocata dalla “nuova” disciplina della contumacia non ha effetti per i decreti penali emessi prima della sua entrata in vigore.

Con la sentenza numero 23882 depositata il 6 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha affrontato in maniera compiuta alcune problematiche connesse alla nuova disciplina della contumacia introdotta dalla Legge numero 67/2014. Più precisamente, l’Alta Corte si è posta il problema se la modifica del secondo comma dell’articolo 175 c.p.p. possa avere un effetto anche nel successivo giudizio di rinvio, ai fini della valutazione della fondatezza di una istanza di remissione in termini avanzata avverso un decreto penale di condanna passato in giudicato. La risposta è stata negativa, ma per ben apprezzare le questioni sottese conviene considerare il caso. Il caso. Nella specie è avvenuto che la Corte di appello avesse rigettato la richiesta di restituzione in termini avanzata dalla difesa per poter proporre opposizione ad un decreto penale passato in giudicato. Secondo la Corte distrettuale, infatti, la notifica era stata fatta regolarmente presso il difensore, poiché l’elezione di domicilio dell’indagato, mandando dell’indicazione del numero civico, doveva ritenersi irrituale. Ricorrendo per cassazione, la difesa ha invece lamentato la violazione di legge e la carenza di motivazione, in quanto la decisione avrebbe dovuto essere espressa non già con riferimento alla correttezza della notifica in quanto se non vi fosse stata una corretta notifica, non vi sarebbe stato il giudicato ma sotto il diverso profilo dell’ignoranza del procedimento. La Corte di legittimità ha dato ragione al ricorrente, ricordando come la richiesta di restituzione in questione «in sé presuppone la regolarità dell’estratto e la conseguente intervenuta irrevocabilità della pronuncia cui la richiesta stessa si riferisce» e che «è illegittimo il provvedimento penale di condanna fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notifica, in quanto quest’ultima, se non effettuata a mani dell’interessato, non può essere da sola considerata dimostrativa dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario». Da qui l’annullamento con rinvio per un nuovo giudizio. Se non che, attesa la modifica intervenuta in materia da parte della Legge numero 67/2014, la Corte non ha potuto non considerare gli effetti che tale nuova disciplina può avere sul giudizio di rinvio. E’ noto, infatti, che le modifiche sul punto sono notevoli. L’articolo 175, comma 2, c.p.p., ante riforma, prevedeva con riferimento al decreto penale che “l’imputato è restituito, su sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a proporre opposizione”. Secondo la nuova formulazione, invece, «l’imputato condannato con decreto penale, che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato». Se così è, a quale normativa dovrà fare riferimento al Corte d’appello per giudicare sulla correttezza dell’istanza di restituzione? Irretroattività della nuova disciplina. La Cassazione ha chiaramente riconosciuto che con la legge suddetta sono state introdotte disposizioni profondamente innovative sulla contumacia, ma proprio per questo ha concluso «nel senso che tra “vecchia” disciplina del procedimento in contumacia e degli istituti ad essa coesi – tra cui la notifica dell’estratto contumaciale e la restituzione nel termine per proporre impugnazione – non possano ammettere “contaminazioni” parziali ad opera delle nuove previsioni, pena, altrimenti, l’innesto di un tertium genus processuale, privo di qualsiasi coerenza, giustificazione sistematica e base normativa». Stando così le cose, si è escluso che la modifica dell’articolo 175 comma 2 c.p.p. possa «ritenersi produttiva di conseguenze» nel procedimento de quo. Peraltro a detta della Suprema corte, tale conclusione sarebbe pienamente condivisibile, anche alla luce delle problematiche inerenti al principio tempus regit actum. Correttamente, infatti, si è osservato che lo schematismo dell’irretroattività della legge deve «fare i conti con l’esigenza che i concetti di actus e tempus vadano analizzati nel contesto, non soltanto strutturale, ma anche “dinamico” della specifica disciplina in cui si trovano ad essere inseriti, posto che è insito nello stesso concetto di “processo” la evocazione di specifiche serie concatenate di atti, ciascuno dei quali non necessariamente vive “di luce propria”, ma ne può presupporre altri dai quali trae la propria ratio essendi e, viceversa, condizionare a sua volta ulteriori atti, rispetto ad esso consecutivi, fungendo da relativo presupposto». Se, pertanto, come nel caso di specie, la nuova disciplina interviene «in un contesto strutturalmente e funzionalmente articolato», lo spazio applicativo della normativa in questione non può essere automatico, poiché in questo contesto – come bene hanno evidenziato le Sezioni unite - «piuttosto che cercare soluzioni di carattere generale, conviene considerare che il superamento di alcuni problemi può essere favorito da una attenta disamina della complessiva disciplina legale della materia di cui ci si interessa e dall’individuazione in concreto, reale ruolo che la nuova normativa è chiamata a svolgervi alla luce delle diverse possibili soluzioni dei problemi di diritto intertemporale» Cass. Penumero , SSUU, sentenza numero 27919/2011 . D’altra parte, sempre a detta della Corte, il venir meno dell’originaria formulazione dell’articolo 175, comma 2, c.p.p., in connessione con la soppressione dell’istituto della contumacia, non potrebbe giustificare la sua applicazione ai procedimenti già definiti, poiché il tutto si risolverebbe «in una sorta di reformatio in peius che priverebbe, ove “immediatamente” applicato, gli interessati di una garanzia fondamentale» alla luce della garanzie costituzionali e della CEDU. Né pare – ha da ultimo continuato l’Alto consesso – possano esservi valide giustificazioni a tale irretroattività, così come specificate dalla Corte costituzionale la salvaguardia dei principi costituzionali e di «altri valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato alla Stato diritto la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario». Conclusioni. Apparentemente la decisione in commento non pone particolari problemi. La ricostruzione sistematica è, infatti, corretta, così come pienamente accettabili sono i principi astratti proclamati. Il dispositivo, poi, è ineccepibile. Se non che, a ben vedere, la sentenza de qua non chiarisce un punto fondamentale. Ciò di cui si trattava, infatti, non era la contumacia, ma la valenza di un decreto penale non notificato all’imputato. E’ di solare evidenza che la contumacia non ha ragion d’essere nel procedimento speciale in questione in quanto emesso per definizione inaudita altera parte. Se così è – e non si vede come il tutto possa essere negato – ciò che la Corte avrebbe dovuto verificare era ed è se la nuova formulazione dell’articolo 175, comma 2, c.p.p., con riferimento alla restituzione in termini per proporre opposizione contro decreti penali, fosse o meno più favorevole al reo rispetto a quella passata e non anche decidere se una retroattività della disciplina attuale della contumacia potesse in qualche modo pregiudicare una restituzione in termini per chi avesse subito una sentenza di condanna emessa in absentia prima della riforma in questione. I riferimenti, infatti, sono assai diversi ed è indubbio che la Legge numero 67/2014 è un corpus normativo complesso, ma proprio per questo non si può non considerare i diversi istituti ed il loro contesto. In altri termini, non convince il fatto che il giudice di rinvio non possa, applicando il favor rei certamente sotteso alla nuova disciplina dell’articolo 175, comma 2, c.p.p. in relazione ai decreti penali, restituire nei termini il richiedente avendo riguardo all’attuale normativa, ma rigettare l’istanza solo poiché non ammissibile con la vecchia e – per certi versi - insoddisfacente formulazione. Assai spesso si dice che “bene giudica chi bene distingue”, ma talvolta col distinguere troppo si finisce per confondere dati e concetti e, almeno nel diritto, la confusione non è certo una virtù da coltivare né per il presente, né per il passato, né per il futuro.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 maggio – 6 giugno 2014, numero 23882 Presidente Casucci – Relatore Macchia Osserva Con ordinanza del 12 dicembre 2012, la Corte di appello di Napoli respingeva la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione formulata nell'interesse di A.R.N. , sul rilievo che non aveva ricevuto la notifica dell'estratto contumaciale in quanto notificato al difensore. Rilevava la Corte che la notifica doveva reputarsi regolare in quanto l'imputato aveva indicato un domicilio in forma inidonea perché privo della indicazione di civico, con la conseguenza che la notifica dell'estratto contumaciale era stato effettuato a mani dell'avv. P.M.G. , che era stata nominata difensore di fiducia in sede di fermo. Propone ricorso per cassazione l'avv. Ponticiello Salvatore, nominato difensore dall'imputato, il quale, dopo aver trascritto il contenuto della richiesta avanzata alla Corte territoriale, lamenta che la Corte stessa si sia limitata a motivare in ordine alla regolarità della notifica dell'estratto contumaciale senza pronunciarsi sulla richiesta di restituzione nel termine fondata sul fatto che l'imputato non aveva avuto notizia della sentenza emessa nei suoi confronti. D'altra parte, la richiesta di cui all'articolo 175, comma 2, presuppone proprio la regolarità della notifica, mentre la richiesta riguardava il diverso profilo della ignoranza del procedimento donde il vizio, non soltanto di violazione di legge, ma anche di carenza di motivazione. Il ricorso è fondato. A fronte, infatti, della univoca richiesta avanzata nell'interesse dell'A. intesa a sollecitare l'applicazione dell'articolo 175, comma 2, cod. proc. penumero , sul rilievo della dedotta incolpevole mancata conoscenza del procedimento celebratosi in sua contumacia e della sentenza di condanna pronunciata a suo carico ed il cui estratto contumaciale era stato notificato al difensore, a norma dell'articolo 161, comma 4, cod. proc. penumero senza aver mai rinunciato a comparire in giudizio o a formulare impugnazione, né essersi volontariamente sottratto alla conoscenza degli atti del procedimento, la Corte territoriale, investita della richiesta, si è limitata a motivare in ordine alla regolarità della notificazione dell'estratto contumaciale senza pronunciarsi in alcun modo sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione richiesta che, evidentemente, in sé presuppone la regolarità della notificazione dell'estratto e la conseguente intervenuta irrevocabilità della pronuncia cui la richiesta stessa si riferisce. D'altra parte, questa Corte ha avuto modo di puntualizzare, in varie circostanze, che è illegittimo il provvedimento di rigetto di una istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notifica, in quanto quest'ultima, se non effettuata a mani dell'interessato, non può essere da sola considerata dimostrativa dell'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario. Fattispecie relativa alla notifica a mezzo del servizio postale . Sez. 1, numero 16523 del 16/03/2011 - dep. 27/04/2011, Scialla, Rv. 250437 . Occorre peraltro rilevare che l'istituto della restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso le sentenze contumaciali, introdotto sotto l'articolo 175, comma 2, cod. proc. penumero dal d.l. numero 17 del 2005, convertito dalla legge numero 60 del 2005, in ottemperanza ai moniti ed alle note condanne pronunciate dalla CEDU nei confronti dell'Italia in rapporto al difetto di garanzie che regolavano, per l'appunto, il processo in absentia v., in particolare, le note sentenze Sejdovic c. Italia e Somogyi c. Italia , è stato da ultimo radicalmente modificato dall'articolo 11, comma 6, della legge 28 aprile 2014, numero 67 Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova nei confronti degli irreperibili , in quanto - nel quadro ed in rapporto alla intervenuta eliminazione dell'istituto della contumacia ed alla previsione di un apposito rimedio straordinario revocatorio del giudicato, previsto sotto il nuovo articolo 625-ter cod. proc. penumero e denominato rescissione del giudicato attivabile nel caso in cui l'interessato abbia avuto conoscenza del processo solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza, provando che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza del processo - l'ambito applicativo del vecchio articolo 175, comma 2, del codice di rito è stato limitato alla ipotesi del decreto penale di condanna divenuto esecutivo senza che il condannato ne abbia avuto tempestiva ed effettiva conoscenza, sempre che non vi sia stata rinuncia espressa alla opposizione. Viene dunque a porsi il problema se tale novellazione, che corrisponde, nella sostanza, ad una intervenuta abrogazione, in parte qua, dell'istituto oggetto del presente ricorso, trovi applicazione nei procedimenti in corso, in ragione del noto brocardo tempus regit actum, che regola la successione nel tempo delle norme processuali, in mancanza - come davvero deprecabilmente è avvenuto nel caso di specie - di una specifica disciplina transitoria. È infatti noto, al riguardo, che nel campo del diritto processuale, in ipotesi di successione nel tempo delle norme che regolano tale settore dell'ordinamento, ove difetti la previsione di un apposito diritto transitorio, il regime intertemporale degli atti processuali è assoggettato al principio generale enunciato nell'articolo 11 delle preleggi, in base al quale è sancita la regola per la quale “La legge non dispone che per l'avvenire essa non ha effetto retroattivo”. Da ciò il duplice e concorrente corollario per il quale, dalla irretroattività della nuova legge deriva la conservazione degli effetti degli atti compiuti nella vigenza della disciplina novellata, mentre, dalla immediata operatività delle nuove regole scaturisce che gli atti successivi alla novella soggiacciono alla relativa disciplina. Lo schematismo del principio deve però fare i conti, come la più avveduta dottrina ha puntualmente messo in luce, con l'esigenza che i concetti di actus e tempus vadano analizzati nel contesto, non soltanto strutturale, ma anche dinamico della specifica disciplina in cui si trovano ad essere inseriti, posto che è insito nello stesso concetto di processo la evocazione di specifiche serie concatenate di atti, ciascuno dei quali non necessariamente vive di luce propria , ma ne può presupporre altri dai quali trae la propria ratio essendi e, viceversa, condizionare a sua volta ulteriori atti, rispetto ad esso consecutivi, fungendo da relativo presupposto. Non è un caso, d'altra parte, che è proprio a tale fenomenologia di sistema che si ispira la più che tradizionale regola delle nullità conseguenziali, sancita, per il processo penale, dall'articolo 185 del codice di rito. Se, dunque, la correlazione che viene a stabilirsi tra il tempo e l'atto è agevolmente percepibile laddove la fattispecie processuale cui la norma si riferisce si circoscrive, quanto ad effetti e natura, al compimento di uno specifico atto in un medesimo tempo , il problema si complica ove in discorso vengano atti o attività che si iscrivono in un contesto strutturalmente e funzionalmente articolato e che ammette, dunque, uno sviluppo diacronico e articolato per fasi o segmenti procedurali concatenati fra loro v. al riguardo Cass., Sez. unumero , numero 10086 del 13 luglio 1998, Citaristi . Più di recente, le Sezioni unite di questa Corte non hanno infatti mancato di rimarcare come i problemi che vengono a porsi in sede di disamina del regime intertemporale in materia di norme processuali tendono ad acuirsi proprio “quando il compimento dell'atto o lo spatium deliberandi o ancora gli effetti si protraggono, si estendono nel tempo un tempo durante il quale la norma regolatrice muta”. Vengono dunque a porsi “problemi diversi l'uno dall'altro, ben presenti nell'esperienza giuridica, rispetto ai quali la logica atomistica un atto, una norma può in alcuni casi risultare di difficile applicazione o apparire insufficiente, inappagante”, dal momento che “alle tradizionali logiche di carattere tecnico-formale si sovrappongono tematiche valoriali, assiologiche”. “Dunque - hanno sottolineato le Sezioni unite - piuttosto che cercare soluzioni di carattere generale, conviene considerare che il superamento di alcuni problemi può essere favorito da una attenta disamina della complessiva disciplina legale della materia di cui ci si interessa e dall'individuazione del concreto, reale ruolo che la nuova norma è chiamata a svolgervi alla luce delle diverse possibili soluzioni dei problemi di diritto intertemporale” Cass., Sez. unumero , numero 27919 del 31 marzo 2011, P.M. in proc. Ambrogio . Per altro verso, la soppressione dell'istituto della contumacia e la correlativa modifica dell'articolo 175, comma 2, cod. proc. penumero - come si è accennato, sostanzialmente abrogatrice del rimedio della restituzione nel termine per la impugnazione della sentenza contumaciale - risolvendosi - per quanti siano stati dichiarati già contumaci in virtù del pregresso regime - in una sorta di reformatio in peius che priverebbe, ove immediatamente applicato, gli interessati di una garanzia fondamentale, che ha posto l'Italia in linea con le pronunce della Corte Europea dei diritti dell'uomo v. al riguardo la sentenza della CEDU Cat Berro c. Italia , deve necessariamente fare i conti con il principio generale della irretroattività della legge, derogabile solo in presenza di adeguate giustificazioni normative , in linea con il canone della ragionevolezza e uguaglianza. La Corte costituzionale ha infatti, come è noto, ripetutamente avuto modo di sottolineare che il divieto di retroattività della legge, previsto dall'articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale, pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'articolo .25 Cost. sentenze numero 78 e numero 15 del 2012, numero 236 del 2011, e numero 393 del 2006 , e che “il legislatore - nel rispetto di tale previsione - può emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali CEDU . Da ciò, la Corte ha tratto spunto per affermare, ad esempio, che anche la norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica non può dirsi, in sé, costituzionalmente illegittima, qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario ex plurimis sentenze numero 271 e numero 257 del 2011, numero 209 del 2010 e numero 24 del 2009 . In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire “situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo”, in ragione di “un dibattito giurisprudenziale irrisolto” sentenza numero 311 del 2009 , o di “ristabilire un'interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore” ancora sentenza numero 311 del 2009 , a tutela della certezza del diritto e dell'eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di preminente interesse costituzionale. Accanto a tale caratteristica, il Giudice delle leggi ha individuato una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatali della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario sentenza numero 209 del 2010, citata, punto 5.1, del Considerato in diritto v. fra le tante e da ultimo, la sentenza numero 103 del 2013 . Il canone della irretroattività, dunque, e con esso il valore paradigmatico da assegnare alla regola dettata dall'articolo 11 delle preleggi, lungi dal rappresentare - come pure si è in passato sostenuto - un parametro meramente declamatorio, ampiamente derogabile da parte del legislatore ordinario, finisce per atteggiarsi a sicuro principio generale dell'ordinamento, sulla cui falsariga deve essere necessariamente declinata la disamina delle problematiche, non di ratio acute, che possono presentarsi nel campo della successione nel tempo delle disposizioni processuali. Ebbene, se si ha riguardo al contenuto della disciplina che la legge numero 67 del 2014 ha dettato nel capo terzo, ove - negli artt. da 9 a 15 - sono state introdotte disposizioni profondamente innovative in tema di procedimento in assenza, attraverso una rimodulazione delle sequenze e degli istituti tesi ad assicurare la partecipazione dell'imputato al processo, e se si considera la intima correlazione che lega fra loro l'intera gamma delle previsioni che scandiscono la nuova dinamica ed i relativi presupposti, non potrà che concludersi nel senso che tra la vecchia disciplina del procedimento in contumacia e degli istituti ad essa coesi - tra cui la notifica dell'estratto contumaciale e la restituzione nel termine per proporre impugnazione - non possano ammettere contaminazioni parziali ad opera delle nuove previsioni, pena, altrimenti, l'innesto di un tetium genus processuale, privo di qualsiasi coerenza, giustificazione sistematica e base normativa. Da ciò la conclusione per la quale la modifica subita dal secondo comma dell'articolo 175 cod. proc. penumero ad opera della legge numero 67 del 2014 non può ritenersi produttiva di conseguenze agli effetti dell'odierno scrutinio e del successivo giudizio di rinvio. Alla stregua dei rilievi svolti il provvedimento impugnato deve conseguentemente essere annullato con rinvio alla Corte di appello di Napoli, per nuovo giudizio in relazione al contenuto della richiesta formulata nell'interesse del condannato. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli.