Reato prescritto: il giudice del rinvio deve tener conto dei principi espressi dalla pronuncia di annullamento

Viola il disposto dell’art. 627 c.p.p., incorrendo in nuovo vizio di motivazione, la sentenza del giudice del rinvio che si limiti ad affermare che in presenza del decorso dei termini prescrizionali la motivazione già tracciata dalla sentenza annullata non è suscettibile di essere sviluppata. Si versa in ipotesi di vizio di motivazione radicale, che non può essere colmato in sede di legittimità, non consentendo al relativo giudice di procedere al necessario approfondimento.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6989 del 13 febbraio 2014. Il caso. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermando la precedente statuizione del Tribunale di Palmi, riteneva il legale rappresentante di una società per azioni, l’addetto al servizio di prevenzione e protezione e un’autista dipendente della stessa colpevoli del reato di cui agli artt. 41 e 589 c.p. per aver gli stessi cagionato la morte di un operaio della predetta società, il quale era stato schiacciato da due condotte per il trasporto del metano destinate ad essere posate sul terreno all’interno del cantiere dalla medesima gestito. Tutti gli imputati venivano altresì condannati in solido al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili famigliari della vittima , da liquidarsi in separata sede. A seguito di ricorso in Cassazione avverso la suddetta sentenza la Suprema Corte confermava la condanna a carico dell’autista dell’autoarticolato che trasportava le condotte su citate annullava senza rinvio la sospensione condizionale della condanna nei confronti del responsabile del servizio prevenzione subordinata al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili e con rinvio la quantificazione della pena a carico dello stesso annullava con rinvio la sentenza nei confronti del legale rappresentante. In conclusione del giudizio di rinvio a carico di questi ultimi, la Corte d’Appello di Reggio Calabria rideterminava la pena nei confronti dell’addetto al servizio prevenzione e dichiarava il non doversi procedere nei confronti del legale rappresentante per intervenuta prescrizione del reato allo stesso contestato, confermando per entrambi le statuizioni civili. Avverso tale ultima sentenza il legale rappresentante proponeva ricorso in Cassazione con conseguente richiesta di annullamento senza rinvio fondato su due motivi. Con la prima doglianza veniva dedotta violazione di legge ex art. 606, lett. b e c c.p.p. in relazione agli artt. 530, 531, 578 e 129 c.p.p. per aver la Corte d’Appello proceduto alla declaratoria di intervenuta prescrizione del reato anche a fronte dell’innocenza dell’imputato. Detta innocenza, considerata evidente dalla difesa del legale rappresentante, avrebbe comunque dovuto derivare, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., in ragione della non sufficienza o contraddittorietà della prova del reato così come emersa dalle risultanze del processo. Errata, pertanto, doveva ritenersi la non accordata prevalenza alla pronuncia assolutoria rispetto a quella di semplice estinzione del reato. Il secondo profilo di critica alla impugnata sentenza poggiava le sue basi sulla dedotta violazione di legge ex art. 606, lett. b e c c.p.p. e sul dedotto vizio di motivazione ex art. 606, lett. e c.p.p. in relazione agli artt. 530, 544 e 546 c.p.p., nonché agli artt. 627 e 628 c.p.p In particolare, la sentenza impugnata non avrebbe rispettato i principi fissati dalla precedente pronuncia di legittimità che aveva disposto il rinvio. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine alle carenze motivazionali evidenziate dalla sentenza di annullamento, in specie avendo riguardo ai profili di colpa contestati all’imputato, e non avrebbe, come richiesto dalla pronuncia di rinvio, proceduto all’analisi delle deduzioni istruttorie del legale rappresentante, tramite le quali egli contestava l’addebitabilità nei suoi confronti dei suddetti profili di colpa concernenti l’erronea scelta di un addetto alla sicurezza privo di competenze e la mancata formazione del personale . Il giudice del rinvio si sarebbe limitato ad affermare che la ritenuta sussistenza in capo all’imputato di una posizione di garanzia in qualità della sua carica di presidente del consiglio di amministrazione della società in questione rendeva lo stesso non estraneo all’evento letale occorso all’operaio, con la conseguenza di non poter addivenire ad una pronuncia assolutoria e di confermare la condanna al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili. Ciò a fronte della evidente innocenza del legale rappresentante. La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso. La prescrizione non esime dal motivare. La III sezione Penale della Suprema Corte evidenzia come il ricorso dell’imputato e la sentenza impugnata concordino nel ritenere la sentenza in precedenza annullata carente sotto il profilo motivazionale in relazione alle mancanze contestate al legale rappresentante nella gestione della sicurezza dei propri dipendenti. In particolare, la sentenza annullata non aveva tenuto conto della documentazione depositata dall’imputato dalla quale sembravano evincersi la competenza e la professionalità dell’addetto alla sicurezza, l’adeguata formazione del personale rispetto all’utilizzo dei mezzi con cui venivano scaricate le condotte per il metano e l’assenza dal cantiere del ricorrente il giorno dell’incidente mortale. Tali elementi avrebbero dovuto formare oggetto di valutazione da parte del giudice del rinvio, in quanto potenzialmente idonei a condurre alla riformulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato così come espresso dalla sentenza di primo grado. Ebbene, secondo i giudici di legittimità, la Corte d’Appello in sede di rinvio, pur facendo riferimento alla necessità di muoversi entro il solco tracciato dalla sentenza di annullamento, ha, al contrario, omesso di integrare la motivazione ritenuta in precedenza carente, limitandosi a ritenere degna di conferma la sentenza annullata rispetto alla sussistenza, in capo all’imputato, di una posizione di garanzia e asserendo che i profili di colpa a questo contestati non necessitavano di motivazione differente rispetto a quella già tracciata nella precedente statuizione di merito. Il Supremo Collegio, pertanto, considera violato il disposto dell’art. 627 c.p.p. nella parte in cui prevede l’obbligo per il giudice del rinvio di uniformarsi ai principi espressi dalla sentenza di annullamento, essendo la Corte territoriale nuovamente incorsa in vizio motivazionale. Tuttavia, la III sezione penale contesta l’asserita evidenza dell’innocenza dell’imputato così come eccepita dallo stesso nel ricorso, precisando che la precedente decisione di annullamento si era limitata a censurare le carenze probatorie della sentenza allora impugnata. In considerazione, comunque, dell’indiscussa estinzione del reato per prescrizione il vizio in questione non può, secondo il giudice di legittimità, essere emendato. Nonostante ciò, la Corte di Cassazione non ha proceduto all’annullamento senza rinvio e, in ragione della persistente attualità dell’azione civile non scalfita né dalla prescrizione né dal vizio motivazionale su evidenziato , ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 gennaio - 13 febbraio 2014, numero 6989 Presidente Mannino – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 25/2/2009 il Tribunale di Palmi, dopo avere dichiarato estinte per prescrizione le contravvenzioni in tema di sicurezza sul lavoro ex legge numero 626/1994 e d.P.R. numero 547/1955 contestate al solo sig. C. , ha condannato i sigg. R.P. , classe 1974 quale autista dell'auto-articolato che trasportava e movimentava le condotte , C. quale legale rappresentante della Cambareri Giuseppe & amp C. S.p.a. e datore di lavoro di alcuni dei protagonisti dell'episodio incriminato, ivi compresa la vittima e Ca.Mi. quale addetto al servizio di prevenzione e protezione della società in quanto responsabili ex artt. 41 e 589 cod. penumero della morte dell'operarlo V.C. che in data omissis fu schiacciato sotto il peso pari a circa 17 tonnellate di due condotte per il trasporto di metano destinate ad essere posate sul terreno all'interno del cantiere gestito dalla società sopra ricordata. Alla condanna penale ha fatto seguito la condanna degli imputati in solido al risarcimento, da liquidarsi in separata sede, dei danni subiti dalle parti civili M.M.V. e V.S. ammesse al gratuito patrocinio , V.I. e V.G. , con relativa condanna alla rifusione delle spese sostenute da costoro. Infine, la pena nei confronti di C. e Ca. è stata sospesa subordinatamente all'effettivo risarcimento dei danni. 2. Sull'impugnazione degli imputati la Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 9/11/2010 ha confermato il giudizio di responsabilità a carico di dei tre imputati e modificato il trattamento sanzionatorio da applicare ai medesimi ha confermato le statuizioni civili e condannato gli imputati al ristoro delle spese sostenute dalla parti civili. 3. Con sentenza in data 14/3/2012 la Corte di Cassazione ha Dichiarato inammissibile il ricorso R. - Accolto il ricorso C. e annullato la sentenza nei suoi confronti, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio - Annullato senza rinvio la sentenza in danno di Ca. limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento dei danni e con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio - Condannato Ca. e R. alla rifusione delle spese del grado delle parti civili. 4. Con sentenza in data 23/1/2013 la Corte di appello di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio ha - Rideterminato in un anno e sei mesi di reclusione la pena in danno di Ca.Mi. - Dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.P. per essere il reato residuo estinto per prescrizione - Confermato in danno di entrambi gli appellanti le statuizioni civili e condannato gli stessi alla rifusione delle spese di parte civile. 5. Avverso tale decisione il sig. C. propone ricorso in sintesi lamentando a. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b e c , cod. proc. penumero in relazione agli artt. 530, 531, 578 e 129 cod. proc. penumero , posto che la pronuncia assolutoria prevale sulla dichiarazione di estinzione dei reati anche nell'ipotesi in cui l'assoluzione debba essere pronunciata ex articolo 530, comma 2, cod. proc. penumero , in cui, cioè, la prova sia ritenuta non sufficiente e non si raggiunga il livello di evidenza dell'innocenza Sez. Unumero , sent. numero 35490 del 2009 tale conclusione giustifica la proposizione del ricorso e fonda la sua ammissibilità alla luce del diverso parere esposto dalla Corte di appello nella sentenza impugnata b. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b e c , cod. proc. penumero e vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e , cod. proc. penumero in relazione agli artt. 530, 544 e 546 cod. proc. penumero , nonché agli artt. 627 e 628 cod. proc. penumero in quanto la sentenza impugnata non ha rispettato i principi fissati con la sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di Cassazione. Questa, infatti, ha ritenuto carente la motivazione della sentenza di appello del novembre 2010 in ordine a tutti i tre profili di colpa prospettati nel capo di imputazione a carenza di informazione e formazione dei dipendenti b nomina di un responsabile di cantiere Ca. privo delle necessarie competenze c mancata adozione di specifiche misure di cautela in relazione ai mezzi utilizzati in cantiere. La Corte di Cassazione ha ritenuto carente la motivazione della sentenza di appello 1 per mancato esame della documentazione da cui risulterebbe che la delega a Ca. sia stata assegnata da C.G. che a pag.17 del ricorso odierno viene qualificato come amministratore delegato e gestore dell'impresa e non dal ricorrente e per mancato esame della tesi difensiva in ordine alle specifiche competenze di Ca. 2 per mancato esame della documentazione difensiva in ordine all'attività di formazione del personale anche in relazione al mezzo utilizzato per la posa delle condotte detto sideboom e per esame meramente superficiale del tema delle competenze specifiche di Ca. d per mancato esame delle specifiche circostanze relative alla scelta di Ca. di utilizzare il sideboom al posto della gru, che pure era presente in cantiere, e della circostanza che il ricorrente nel giorno dell'incidente non era presente in sede. A fronte di tutto questo la Corte di appello decidendo in sede di rinvio ha ritenuto che la posizione di garanzia, discendente dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione della società, renda non evidente l'estraneità del ricorrente rispetto ai fatti e imponga non una pronuncia di assoluzione ma la dichiarazione di prescrizione del reato e la condanna al risarcimento dei danni. Ciò a fronte dell'innocenza evidente dell'imputato come emerge da quanto esposto alle pagg.17-19 del ricorso, che impone l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio. Considerato in diritto 1. L'esame della motivazione della sentenza impugnata rende evidente che i giudici di appello e il ricorrente risultano tra loro in perfetto accordo circa la lettura da dare alla sentenza della Corte di Cassazione in relazione sia alla individuazione dei tre profili di colpa prospettati nel capo di imputazione la carenza di informazione e formazione dei dipendenti la nomina di un responsabile di cantiere, il sig. Ca. , privo delle necessarie competenze la mancata adozione di specifiche misure di cautela in relazione ai mezzi utilizzati in cantiere e la mancata vigilanza del ricorrente su tale profilo sia alle carenze della motivazione della sentenza di appello del novembre 2010. In particolare, questa avrebbe omesso di provvedere 1 all'esame della documentazione da cui risulterebbe che la delega a Ca. sia stata assegnata da C.G. , amministratore delegato della società, e non dal ricorrente 2 all'esame della tesi difensiva in ordine alle specifiche competenze di Ca. 3 all'esame della documentazione difensiva in ordine all'attività di formazione del personale anche in relazione al mezzo utilizzato per la posa delle condotte detto sideboom 4 all'esame della scelta di Ca. di utilizzare il sideboom al posto della gru, che pure era presente in cantiere, e della circostanza che il ricorrente nel giorno dell'incidente non era presente in sede, con conseguente sua responsabilità solo nell'ipotesi che fosse stato informato dell'impiego del sideboom e che avesse trascurato di assicurarsi sul livello di sicurezza connaturato a tale scelta. 2. Ciò premesso, la Corte rileva che i giudici di appello, chiarito pag. 11 che il proprio giudizio deve muoversi entro i binari tracciati dalla sentenza di annullamento della Corte di legittimità, come sopra sintetizzati, procedono ad affermare che la decisione dei Tribunale merita conferma per quanto concerne l'esistenza di una posizione di garanzia derivante per l'imputato dalla sua qualità di componente del consiglio di amministrazione. Per quanto concerne, invece, i restanti profili di responsabilità, i giudici di appello affermano che essi non possono trovare una motivazione diversa e ulteriore rispetto a quella già tracciata dai giudici di merito . Con la conseguenza che deve prendersi atto dell'intervenuta prescrizione del reato. 3. Se questa è, in estrema sintesi, la motivazione della sentenza impugnata, la Corte considera che il ricorso debba essere parzialmente accolto nei termini che seguono. 4. La Corte di appello ha affermato di voler seguire le linee guida e i binari tracciati dalla Corte di Cassazione, ma ha nei fatti operato in difformità da tale premessa di metodo e violato il disposto dell'articolo 627 cod. proc. penumero , incorrendo in nuovo vizio di motivazione. 5. Va ricordato che, secondo i principi fissati nella sentenza di annullamento, la partecipazione dell'imputato al consiglio di amministrazione costituisce certamente ragione per l'assunzione di una posizione di garanzia, ma che altrettanto non può dirsi per la sussistenza di un profilo di responsabilità in relazione agli infortuni che si collegano all'attività di cantiere detta responsabilità è, infatti, condizionata sia dall'eventuale delega di poteri a persona dotata di adeguate competenze sia delle concrete situazioni di fatto. Ora, non vi è dubbio che la sentenza di annullamento aveva rinviato gli atti al giudice di appello proprio perché, ponendo rimedio alle carenze della motivazione della sentenza del novembre 2010, affrontasse entrambi i profili ora ricordati l'affidamento da parte del ricorrente di delega a persona competente la sussistenza di elementi di responsabilità specifica del ricorrente in relazione alle scelte operate dal delegato e alla concreta possibilità di sottoporre a verifica la loro correttezza e le loro eventuali conseguenze. La citata sentenza di annullamento aveva ravvisato un'ulteriore carenza motivazionale con riguardo ai profili di responsabilità collegati ai livelli di formazione del personale addetto alle operazioni di cantiere e all'utilizzo del sideboom . 6. A fronte di queste indicazioni provenienti dal giudice di legittimità, la sentenza impugnata si limita ad affermare che in presenza del decorso dei termini prescrizionali la motivazione già tracciata dai giudici di merito e cioè quella annullata dal giudice di legittimità non è suscettibile di essere sviluppata. In tal modo la Corte di appello ha rinunciato, con giustificazione chiaramente apodittica, ad approfondire tutti i profili essenziali che le erano stati affidati per un nuovo esame. 7. Si versa in ipotesi di vizio motivazionale radicale, che non può essere colmato in sede di legittimità e che non consente a questa Corte di procedere al necessario approfondimento. Peraltro, contrariamente a quanto più volte affermato dal ricorrente, non sussistono i presupposti per ritenere manifesta l'assenza di responsabilità a suo carico. Tale non è stato il giudizio della sentenza di questa Corte del 14/3/2012, che non ha annullato senza rinvio la prima sentenza di appello e si è limitata a censurare le carenze probatorie su circostanze e argomenti che sono stati ritenuti suscettibili di approfondimento e di nuovo esame. Purtroppo, la situazione di fatto e le condotte oggetto della valutazione compiuta il 14/3/2012 dai giudici di legittimità non sono state sviluppate e approfondite dalla Corte di appello come sarebbe stato necessario, così che non resta a questa Corte che prendere atto del permanere del vizio motivazionale e del mancato accertamento dei fatti e delle responsabilità in termini coerenti con quanto fissato dalla Corte di cassazione con la sentenza di annullamento. 8. Una volta riconosciuta l'esistenza di tale vizio e una volta considerato che si è in presenza di reato ormai estinto per prescrizione e di attualità dell'azione civile, la Corte non può fare altro che disporre l'annullamento della sentenza impugnata e rinviare al giudice civile competente per valore in grado di appello artt. 576, 578 e 622 cod. proc. penumero , secondo i principi recentemente affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite penali numero 40109 del 18/7/2013, Sciortino, che ha risolto il contrasto formatosi in giurisprudenza sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.