Evasione dai domiciliari se si reca alla scuola del figlio ma era autorizzato solo a sottoporsi a visite mediche

Nel caso in cui il soggetto sottoposto alla misura degli arresti domiciliari venga autorizzato a recarsi fuori dalle mura domestiche per incombenti specifici e predeterminati, non si ha una sospensione della misura ma piuttosto una sostituzione del luogo ove scontare la medesima, così che risultano violare l’autorizzazione tutte quelle condotte che non si sostanziano nel compimento degli atti autorizzati.

È quanto afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 6693/15 depositata il 16 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Catania assolveva l’imputato dal reato di evasione ma lo condannava per quello di cui all’articolo 650 c.p. in quanto, essendo soggetto alla misura degli arresti domiciliari, riceveva l’autorizzazione a recarsi fuori dalle mura domestiche al fine di sottoporsi ad alcune visite mediche, ma completate le stesse, anziché rientrare a casa, si recava alla scuola del figlio, violando peraltro il provvedimento con cui il Tribunale dei minorenni limitava le possibilità d’incontro col minore. L’imputato impugnava la sentenza innanzi alla Corte d’appello, la quale dichiarava di non doversi procedere in riferimento al reato di cui all’articolo 650 c.p., dichiarato prescritto, e condannava l’imputato per evasione. La sentenza di secondo grado viene impugnata dall’imputato per cassazione. Il ricorso sostiene la non configurabilità degli estremi del reato di evasione, come prospettato dal giudice di prime cure, essendo possibile rilevare una mera violazione delle prescrizioni imposte, come previsto dall’articolo 276 c.p.p Gli estremi del reato di evasione dagli arresti domiciliari. Il motivo di ricorso così prospettato è manifestamente infondato. Come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità integra gli estremi del reato di evasione qualsiasi violazione delle prescrizioni relative alla misura degli arresti domiciliari, tali da impedire sia il soddisfacimento delle esigenze cautelari, sia le esigenze di controllo dell’agente. Nello specifico caso dell’autorizzazione a recarsi all’esterno del domicilio per incombenti specifici e predeterminati, la misura cautelare non viene sospesa, ma si ha una semplice sostituzione del luogo dove la stessa deve essere scontata. Ne consegue che ogni condotta che si discosti da quelle strettamente necessarie o comunque funzionali alla realizzazione dell’atto autorizzato, violando l’autorizzazione medesima, integra il reato di evasione. Nel caso concreto, l’imputato si è palesemente approfittato dell’autorizzazione, rilasciata al fine di sottoporsi a visite mediche, per perseguire finalità diverse e del tutto estranee, sottraendosi al provvedimento autorizzativo ed al controllo dell’autorità di vigilanza, integrando così il reato di evasione. Per questi motivi la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 gennaio – 16 febbraio 2015, numero 6693 Presidente Rotundo – Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto e diritto 1. T.S. è stato tratto a giudizio e giudicato dal Tribunale di Catania con l'imputazione di cui agli articolo 385 e 650 cod.penumero perché, trovandosi agli arresti domiciliari, autorizzato a recarsi presso una casa di cura per accertamenti sanitari , completati gli stessi, non faceva rientro presso il luogo di detenzione domiciliare ma si recava presso la scuola del figlio, violando il provvedimento del Tribunale di Minorenni che ne limitava le possibilità di incontro con il minore. 2. Rispetto a siffatte imputazioni il T. è stato mandato assolto in primo grado quanto all'evasione e condannato per la violazione dell'articolo 650 cod.penumero 3. Interposto appello dall'imputato e ricorso per cassazione poi convertito in appello dal PM , la Corte di Appello di Catania ha dichiarato il non luogo a provvedere quanto all'imputazione ex articolo 650 cod.penumero per la estinzione del reato per prescrizione ha condannato il ricorrente per l'evasione . 4. Avverso tale ultima decisione propone ricorso il T. lamentando che nella specie , come ritenuto dal primo giudice, la condotta riscontrata non darebbe luogo ad evasione, integrando semmai gli estremi della mera violazione delle prescrizioni imposte ex articolo 276 cod.proc.penumero . Sarebbero dunque insussistenti gli elementi a sostegno della ritenuta evasione , sia dal punto di vista soggettivo e che oggettivo. 5. IL ricorso è manifestamente infondato. 6. In punto di fatto il T. era stato autorizzato ad assentarsi dalla propria abitazione, dove si trovava agli arresti domiciliari, per recarsi presso una clinica ove doveva effettuare degli accertamenti sanitari , completati i quali avrebbe dovuto fare rientro immediato presso la detta abitazione. Per contro, invece di tornare presso la residenza ove scontava gli arresti , venne sorpreso preso la scuola del figlio ove ebbe a recarsi appositamente per chiedere al personale della stessa informazioni sulle ragioni per le quali risultava ostacolato l'incontro tra genitori e figli. 7. Deduce il ricorrente erronea applicazione dell'articolo 385 c.p., per essere la sua condotta apprezzabile eventualmente sotto il profilo esclusivo dell'articolo 276 c.p.p., ai fini di un possibile inasprimento della misura cautelare. 8. L'assunto è manifestamente infondato. Come costantemente affermato da questa Corte integra gli estremi del reato di evasione qualsiasi violazione delle prescrizioni relative alla restrizione domiciliare, quando incompatibile di per sè con gli obblighi connessi alla stessa e tale da impedire sia il soddisfacimento delle esigenze cautelare, sia le esigenze relative al controllo dell'agente. Nel caso di autorizzazione a recarsi fuori delle mura domestiche per incombenti specificati e predeterminati, non si ha una sospensione del regime degli arresti domiciliari piuttosto si sostituisce il luogo di custodia domiciliare con quello di realizzazione delle condotte sottese alla autorizzazione stessa, così che risultano eccentriche rispetto alla autorizzazione tutte quelle condotte che non si risolvono nel compimento dell'atto autorizzato e non siano immediatamente strumentali alla realizzazione dello stesso il tempo necessario al raggiungimento dell'obiettivo localizzato e quello utile per fare rientro presso il domicilio di custodia . Nel caso , è pacifico che il ricorrente ebbe a profittare dell'autorizzazione finalizzata al compimenti di determinati accertamenti sanitari per recarsi in tutt'altro luogo e per esigenze dei tutto diverse da quelle oggetto dell'autorizzazione stessa , così da sottrarsi al riferimento ed al controllo demandati all'autorita chiamata alla relativa vigilanza. L'azione posta in essere dal ricorrente, per ovvi motivi - traditi dalla egida causale che ebbe a sorreggerla - dotata di consapevolezza rispetto alla non ricomprensione dell'iniziativa nel perimetro della autorizzazione stessa, si è rivelata dunque palesemente distonica rispetto al contenuto della autorizzazione tanto da integrare con tutta evidenza, sotto ogni versante, gli estremi del reato in contestazione. 9. Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, determinata come da dispositivo secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di E. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.