Bancarotta preferenziale: favorire un creditore sottraendo agli altri parte del patrimonio aziendale

L’elemento soggettivo del delitto di bancarotta preferenziale è costituito dal dolo specifico, che è ravvisabile ogni qualvolta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore con la consapevolezza, anche solo eventuale, di recare pregiudizio agli altri.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 2286, depositata il 16 gennaio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di L’Aquila confermava la sentenza del Tribunale di Teramo, con la quale condannava l’imputata per bancarotta preferenziale commessa quale amministratrice di una società dichiarata fallita. Secondo l’accusa l’imputata cedette ad una società creditrice il punto vendita di Teramo, sottratto in tal modo alla garanzia dei creditori. Il risultato complessivo dell’operazione fu l’alterazione della par condicio creditorum. Contro tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione denunciando violazione di legge e vizio di motivazione. Elemento soggettivo. In primo luogo, il Collegio ribadisce che l’elemento soggettivo del delitto di bancarotta preferenziale è costituito dal dolo specifico, che è ravvisabile ogni qualvolta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore con la consapevolezza, anche solo eventuale, di recare pregiudizio agli altri. In tale cornice si inquadra il coerente ragionamento della Corte territoriale, la quale ha rilevato che il pagamento preferenziale fu accompagnato da accorgimenti tesi a mascherare la reale natura dell’operazione. Tale percorso è dunque insuscettibile di censure. Errore determinato dall’altrui inganno. Nel caso in esame non si può nemmeno parlare di errore determinato dall’altrui inganno per poterlo affermare, si sarebbe dovuto dimostrare che l’imputata fu indotta a cedere il punto vendita con l’inganno. Nulla di tutto ciò è stato dimostrato e nemmeno adombrato dalla ricorrente. Attenuante del danno di particolare tenuità. Anche l’ulteriore motivo di ricorso con cui la ricorrente si lamenta della mancata applicazione della circostanza attenuante dell’articolo 219, ultimo comma, della l.f., è manifestamente infondato. Infatti, l’attenuante del danno di particolare tenuità è stata esclusa in considerazione del fatto che l’operazione preferenziale contestata ha sottratto agli altri creditori la parte più cospicua del patrimonio aziendale. Quindi, sostiene il Collegio, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio secondo il quale, «in tema di bancarotta preferenziale, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti». Per le ragioni sopra esposte la S.C. ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 novembre 2014 – 16 gennaio 2015, numero 2286 Presidente Savani – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Teramo, con sentenza confermata dalla Corte di appello di L'Aquila in data 5/6/2013, ha condannato R.A. per bancarotta preferenziale commessa quale amministratrice della Fe.mi. srl, dichiarata fallita il omissis . Secondo l'accusa l'imputata, amministratrice della società fallita dal omissis al omissis , cedette il 20/12/2006 alla creditrice AGF srl, cui la stessa R. era interessata, il punto vendita di Teramo, sottratto in tal modo alla garanzia dei creditori. Il punto vendita fu poi successivamente trasferito alla Vicinato srl, facente parte del gruppo Gabrielli spa, che era la principale fornitrice della Fe.mi. srl. Il risultato complessivo dell'operazione fu l'alterazione della par condicio creditorum. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputata, l'avv. Gugliemo Marconi, per violazione di legge e vizio di motivazione, relativi a tre motivi. Col primo contesta l'elemento psicologico del reato. A suo giudizio, i giudici di merito non hanno tenuto conto del fatto che la finalità perseguita dell'imputata, con la cessione del ramo d'azienda, non fu quello di favorire un creditore, ma di evitare “l’inflow aziendale con i conseguenti rischi di credit-crunch . Inoltre, pur rilevando che la Fe.mi. sr. era strozzata dai debiti nei confronti di quello che era l'unico creditore , non ne hanno tratto le debite conclusioni in punto di elemento soggettivo. Col secondo, di duole della mancata applicazione dell'articolo 48 cod. penumero , non essendo stato apprezzato - dalla Corte d'appello - l'errore sul fatto che costituisce il reato - in cui R. sarebbe incorsa - e che avrebbe dovuto comportare la riferibilità alla Gabrielli spa della condotta ascritta all'imputata. Invece - sostiene il ricorrente - la circostanza, rilevata dai giudici di merito, che la Fe.mi. srl era stata strangolata dalla politica dei prezzi praticata dalla Gabrielli spa era di per sé capace di alterare l'atteggiamento volitivo dell'imputata e la sua percezione della realtà . Col terzo si duole della mancata applicazione della circostanza attenuante dell'articolo 219, ultimo comma, L.F., esclusa dalla Corte d'appello con speditezza argomentativa senza considerare che la compensazione operata con la Gabrielli spa consentiva di azzerare l'esposizione debitoria verso il fornitore-somministrante e quindi l'area di possibile insolvenza . Inoltre, non ha tenuto conto che la Gabrielli spa, principale creditore, si era intestato il punto vendita ed aveva poi fatto istanza di fallimento, così locupletandosi due volte nei confronti della fallita . L'entità del danno, aggiunge, sarebbe dovuta essere perciò valutata de residuo e in linea con i criteri di ammissibilità della diminuente invocata . Considerato in diritto Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, per cui il ricorso va dichiarato inammissibile. 1. Quanto al primo motivo, va ribadito che l'elemento soggettivo del delitto di bancarotta preferenziale è costituito dal dolo specifico, che è ravvisarle ogni qualvolta l'atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore con la consapevolezza, anche solo eventuale, di recare pregiudizio agli altri Cass., sez. 5, numero 673 del 21/11/2013 numero 31894 del 26/06/2009, Petrone, Rv. 244498 . E in tale cornice si inquadra il coerente ragionamento dei giudici di merito, i quali hanno rilevato che il pagamento preferenziale fu accompagnato da accorgimenti tesi a mascherare la reale natura dell'operazione vale a dire 1 l'acquisto del punto vendita, con pagamento per cassa quindi, indimostrato dalla RAM di R.A. & amp C. Sas solo un mese prima della successiva cessione 2 la vendita alla AGF srl, cui la stessa R. era interessata, e il successivo trasferimento del bene ad una società gravitante nell'orbita del creditore la Gabrielli spa 3 la consegna, alla venditrice, di sedici assegni che non furono mai incassati, ma restituiti brevi manu ai dirigenti del gruppo Gabrielli spa, al fine di simulare l'avvenuto pagamento. Tale percorso argomentativo non presta il fianco a censure, perché sorretto da indici concreti e obbiettivi, quali sono quelli dianzi esposti, effettivamente indicativi della intenzione di R. di porre in essere una operazione illecita, secondo lo schema tipico della bancarotta preferenziale. Né appare illogica o incongrua la contestazione della tesi difensiva, imperniata sul rilievo - escludente l'intenzione di perseguire il riequilibrio della situazione finanziaria, in una prospettiva di ripresa - che la Fe.mi. srl si trovava già in una situazione di decozione, quando operò la cessione, tant'è che fu posta in liquidazione meno di dieci mesi dopo. Nemmeno questa Corte comprende, infine - anche perché nessun congruo ragionamento è stato sviluppato, sul punto, dal ricorrente -, perché il fatto che la Fe.mi. srl era strozzata debiti, quando pose in essere la cessione, avrebbe dovuto influenzare la valutazione dell'elemento soggettivo. 2. Il secondo motivo è inammissibile perché congetturale e assertivo, oltre che basato su argomenti privi di carica dimostrativa e avulsi dalla fattispecie concreta. L'articolo 48 cod. penumero sancisce la responsabilità del determinatore per il fatto commesso dal soggetto indotto in errore. Nella specie, perché si potesse parlare di errore determinato dall'altrui inganno, si sarebbe dovuto dimostrare che R. fu indotta a cedere il punto vendita, nel modo anzidetto, dall'inganno della Gabrielli spa inganno costituente causa efficiente della cessione. Nulla di tutto ciò è stato, nonché dimostrato, nemmeno adombrato dal ricorrente, il quale valorizza - in maniera del tutto inappropriata - la malizia commerciale della Gabrielli spa, che avrebbe strangolato la Fe.mi. srl imponendole, nel corso del rapporto pregresso, prezzi non competitivi. È di tutta evidenza che si tratta di comportamento assolutamente inidoneo ad alterare l'atteggiamento volitivo dell'imputata e la sua percezione della realtà nella fattispecie concreta, da cui risulta del tutto scollegato. 3. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato, giacché l'attenuante del danno di particolare tenuità è stato esclusa in considerazione del fatto che l'operazione preferenziale contestata ha sottratto agli altri creditori la parte più cospicua del patrimonio aziendale e quindi la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio invocato dal ricorrente, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti in questo senso, Cass., numero 13285 del 18/1/2013 . Assolutamente logica, pertanto, è l'affermazione - fatta dalla Corte d'appello - che il trattamento preferenziale di un creditore per 160 mia Euro non ricade nell'area di previsione dell'articolo 219, ult. comma, L.F., mentre del tutto eccentriche sono le considerazioni difensive sul dedotto azzeramento - attraverso l'operazione contestata alla R. - dell'area di possibile insolvenza che non è stata affatto azzerata , come dimostrato dall'esito della vicenda imprenditoriale e sulla lamentata locupletazione del creditore, che non sarebbe stata valutata dalla Corte di merito, giacché si tratta di evenienza che depone per un aggravamento - invece che attenuazione - della responsabilità. Addirittura contrastante con le premesse, infine, è l'affermazione, pure fatta dal difensore, che il danno va valutato de residuo , attraverso l'invocazione di un principio che è estraneo alla logica dell'attenuante in parola. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.