Confermata in Cassazione la visione adottata dal Tribunale, laddove si è riconosciuto il diritto risarcitorio del conducente del motociclo, limitato però alle sole lesioni alla spalla e al corpo. Fatale l’avere utilizzato un casco irregolare per il mezzo condotto.
Alla guida, in tranquillità, del proprio motociclo quando, all’improvviso, viene urtato da una vettura e finisce a terra. Inevitabili e serie lesioni – al volto, alla spalla e al corpo – per l’uomo in sella alla ‘due ruote’, che tuttavia è ritenuto in parte colpevole – virtuale – per i danni fisici riportati. Decisiva la constatazione che egli indossava un casco non regolare, cioè un casco ‘a scodella’, non consentito per i conducenti dei motocicli. Questo dettaglio riduce l’obbligo risarcitorio a carico dell’automobilista esclude, difatti, le lesioni riportate al volto dell’uomo alla guida del motociclo Cassazione, ordinanza numero 20558, sez. VI Civile, depositata il 30 luglio 2019 . Lesioni. Il fattaccio risale all’estate del 2008 e si verifica in una strada del Napoletano, dove «un uomo a bordo del proprio motociclo» viene «urtato dalla vettura» guidata da un altro uomo. L’uomo in sella alla ‘due ruote’ finisce rovinosamente a terra e riporta serie lesioni «al volto, alla spalla e al corpo». A finire sotto accusa è ovviamente l’automobilista, ritenuto colpevole per il brutto incidente e quindi obbligato a risarcire la parte offesa. Ma proprio sul fronte risarcitorio i giudici del Tribunale osservano che «le lesioni al volto sarebbero state evitate con l’uso di un casco regolare» mentre, invece, l’uomo alla guida del motociclo «indossava un casco ‘a scodella’, accessorio il cui uso non era consentito per i conducenti dei motocicli». Di conseguenza, viene chiarito che «sono risarcibili solo le lesioni diverse da quelle al volto, ossia le lesioni alla spalla e al corpo» subite dalla persona in sella al motociclo. Tale visione è ritenuta corretta anche dalla Cassazione, laddove si osserva che nella ricostruzione della vicenda si è sempre fatto riferimento alla «circolazione di un motociclo, cioè di un veicolo con cilindrata superiore a 50 c.c. e velocità massima superiore ai 45 chilometri all’ora » che impediva «l’utilizzo del cosiddetto casco ‘a scodella’».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 gennaio – 30 luglio 2019, numero 20558 Presidente Frasca – Relatore Positano Ritenuto che Lu. No. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Pozzuoli, Assicurazioni Generali Italia S.p.A., nella qualità di impresa designata dal Fondo di garanzia vittime per la strada, Progress Assicurazioni S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa e Ro. Ca. per ottenere il risarcimento per le lesioni subite per effetto del sinistro verificatosi il omissis , deducendo che, mentre percorreva una strada in tale comune, a bordo del proprio motociclo, era stato urtato dall'autovettura di proprietà di Ro. Ca. e assicurata con la compagnia Progress Assicurazioni S.p.A., poi posta in liquidazione coatta amministrativa, con conseguente legittimazione passiva di Generali Italia. Il Giudice di pace rigettava la domanda ritenendo non provato che il veicolo del convenuto fosse garantito con la compagnia Progress Assicurazioni S.p.A. al momento del sinistro avverso tale decisione No. proponeva appello ritenendo errata la decisione in quanto il teste escusso aveva riferito della esistenza della copertura assicurativa del veicolo investitore. Si costituiva esclusivamente Generali Italia concludendo per il rigetto dell'appello il Tribunale di Napoli, con sentenza del 19 maggio 2017, riteneva errata la decisione di primo grado perché il teste escusso aveva espressamente riferito di avere visto il contrassegno assicurativo in questione. Deposizione confermata dall'esibizione in appello del contrassegno, da ritenere legittima in quanto indispensabile. In ordine alla determinazione del danno il Tribunale rilevava che le lesioni sarebbero state evitate con l'uso di un casco regolare, mentre nel caso di specie, come dichiarato dal teste, l'attore indossava un casco cd a scodella. Si tratta di un accessorio il cui uso non era consentito per i conducenti dei motocicli. Pertanto, in applicazione l'articolo 1227, secondo comma c.c. il Tribunale riteneva risarcibili solo le lesioni diverse da quelle subite al volto spalla e corpo liquidando il relativo danno avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Lu. No. affidandosi a due motivi. Gli intimati non svolgono attività difensiva in sede di legittimità. Considerato che con il primo motivo si deduce la violazione l'articolo 171 del decreto legislativo 30 aprile 1992, numero 285 Codice della strada , in riferimento all'articolo 360, numero 3 c.p.c. Rileva il ricorrente che il sinistro si è verificato nel lontano 15 maggio 2008 per cui il giudice di appello, nel ritenere illegale il casco protettivo cd a scodella, cioè con omologazione DGM non avrebbe tenuto conto che tale disposizione era stata introdotta a partire dal 12 ottobre 2010. L'articolo 28 della legge 29 luglio 2010, numero 120, in materia di sicurezza stradale, aveva modificato l'articolo 171 del Codice della strada che riguarda l'utilizzo del casco protettivo per i conducenti dei veicoli a due ruote adeguando la normativa italiana ai regolamenti comunitari, prevedendo, al secondo comma, che le modificate disposizioni dell'articolo 171 avrebbero trovato applicazione dal 60 giorno successivo alla entrata in vigore della legge 12 ottobre 2010 . Pertanto poiché il sinistro era intervenuto prima di quella data al conducente non avrebbe potuto essere addebitata alcuna responsabilità per l'utilizzo di un casco di protezione comunque legittimo con il secondo motivo si lamenta la violazione di articoli 112 e 115 c.p.c. con riferimento all'articolo 360, numero 4 c.p.c. rilevando che la circostanza posta a sostegno della decisione, rappresentata dall'uso di un casco non previsto dalla legge, era stata rilevata d'ufficio dal Tribunale in difetto di eccezione di controparte. Pertanto, il giudice di appello avrebbe esaminato circostanze di fatto in violazione dell'articolo 112 c.p.c. il primo motivo è infondato perché la legge 29 luglio 2010 numero 120, all'articolo 28, con decorrenza dal 12 ottobre 2010, ha resto illegittimo l'utilizzo del casco con omologazione DGM anche per i ciclomotori, mentre per gli altri veicoli motocicli la sospensione delle omologazioni era già intervenuta con D.M. 28 luglio 2000. Pertanto, parte ricorrente avrebbe dovuto dedurre, ai sensi dell'articolo 366, numero 6 c.p.c. che la vicenda riguardava la circolazione di un ciclomotore, cioè di un veicolo a due ruote di cilindrata non superiore a 50 c.c. e velocità massima di 45 km all'ora. Tale elemento difetta nel ricorso ed anzi, il Tribunale si riferisce sempre alla circolazione in un motociclo, cioè di un veicolo con cilindrata e velocità superiori, per il quale il divieto di utilizzo del cd casco a scodella DGM era assai precedente alla data di verificazione del sinistro il secondo motivo è infondato poiché il principio di non contestazione è evocato a torto, dato che si fa riferimento non alla mancata contestazione di un fatto, bensì alla mancata contestazione di una qualificazione di liceità dell'uso del casco a scodella, che, inerendo ad un problema di individuazione del diritto applicabile ai fatti doverosamente il Tribunale ha fatto, applicando il principio iura novit curia per il resto, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l'omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l'eventuale totale assenza di contestazioni sul punto Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 12840 del 22/05/2017, Rv. 644383 - 01 ne consegue che il ricorso deve essere rigettato nulla per le spese perché la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede. Infine, va dato atto - mancando ogni discrezionalità al riguardo tra le prime Cass. 14/03/2014, numero 5955 tra molte altre Cass. Sez. U. 27/11/2015, numero 24245 -della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'articolo 13 comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna. Nulla per le spese. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13.