Ufficializzato lo scioglimento del vincolo matrimoniale. Riconoscibile il contributo economico a favore della donna che, vista l’età, ha difficoltà a trovare un lavoro. A mettere tutto in discussione è la sua liaison con un altro uomo.
Si è dedicata completamente alla vita familiare, e ora, vista anche l’età, è difficile che possa trovare un lavoro. Ecco perché pare logica la sua richiesta di assegno divorzile nei confronti dell’ex marito. Ma un piccolo dettaglio, ossia la convivenza con un altro uomo, pone a rischio la posizione dell’ex moglie Cassazione, sentenza numero 4768/2018, Sezione Prima Civile, depositata il 28 febbraio . Coppia. A favore della donna, secondo i Giudici d’Appello, è soprattutto «l’avanzare dell’età che rende sempre più problematico il reperimento di un’occupazione», senza dimenticare il fatto che lei, a seguito della «pronuncia di scioglimento del vincolo coniugale», ha dovuto dire addio all’«assegno di separazione», e «non percepisce alcuna pensione e non svolge attività lavorativa». Per completare il quadro, poi, viene richiamata anche «la forte sproporzione reddituale in favore del marito», e viene sottolineato che «il matrimonio era durato trent’anni e la donna aveva svolto esclusivamente l’attività di casalinga». Tutti elementi che legittimano il riconoscimento dell’«assegno divorzile» a favore dell’ex moglie. Questa visione è teoricamente inattaccabile. Su questo punto sembrano concordare anche i giudici della Cassazione, che, però, prendono atto di un dettaglio non secondario l’ipotesi di una nuova «relazione» della donna. Su questo punto si è soffermato il legale dell’ex marito, parlando di «relazione di lunga durata» e di «convivenza stabile ed effettiva». E questo lato della vicenda, osservano i giudici del ‘Palazzaccio’, merita di essere approfondito nuovamente in Appello, valutando il materiale probatorio, senza limitarsi, a ritenere «non raggiunta la prova dell’esistenza di una convivenza della donna con un altro uomo» catalogabile come «famiglia di fatto».
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 30 novembre 2017 – 28 febbraio 2018, numero 4768 Presidente Tirelli – Relatore Acierno Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Roma, sulla domanda di modifica della pronuncia negativa relativa all’assegno di divorzio formulata ex articolo 9 I. numero 898 del 1970, formulata da V.A. nei confronti di F.L. , ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado che ne ha determinato l’ammontare in 800 euro mensili sulla base delle seguenti argomentazioni 1.1 Sulla censura relativa all’inammissibilità della domanda ex articolo 9 perché proposta quando ancora non era passata in giudicato la pronuncia di cui si chiedeva la modifica, la Corte ha rilevato che il Tribunale, investito della cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra le parti, aveva dichiarato inammissibile perché proposta tardivamente all’udienza di precisazione delle conclusioni la domanda relativa all’assegno di divorzio ma aveva stabilito che ciascun ex coniuge provvedesse al proprio mantenimento. La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, dopo aver confermato l’inammissibilità in rito della domanda, ha affermato che il giudice di primo grado non avrebbe dovuto pronunciarsi sull’obbligo di mantenimento. Tuttavia trattandosi di una pronuncia in rito non si era formato né poteva formarsi il giudicato, con conseguente ammissibilità della domanda ex articolo 9 I. numero 898 del 1970. Al riguardo, ha affermato la Corte che l’operatività della norma può estendersi anche alla domanda che abbia ad oggetto il riconoscimento dell’assegno di divorzio e non solo la sua modifica purché fondata su giustificati motivi sopravvenuti. 1.2. Nella specie tali motivi possono rinvenirsi nell’avanzare dell’età della V. che rende sempre più problematico il reperimento di un’occupazione e nella cessazione dell’assegno separativo, dovuto alla pronuncia di scioglimento del vincolo. 1.3 Nel merito, la corte ha rilevato una forte sproporzione reddituale tra le parti in favore del marito ed ha affermato che l’acquisto della proprietà esclusiva di alcuni immobili in capo alla V. non aveva determinato incrementi reddituali ma spese che il nucleo familiare aveva goduto di un elevato tenore di vita garantito dalla capacità reddituale e patrimoniale del marito stesso che il matrimonio era durato trenta anni e che la V. aveva svolto esclusivamente l’attività di casalinga che non percepiva alcuna pensione e non svolgeva attività lavorativa che non vi era la prova della convivenza della V. con Fe.Anumero caratterizzata da una stabilità e continuità tale da ritenere formata una nuova famiglia. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione F.L. . Ha resistito con controricorso la V. . Ragioni della decisione Nel primo motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 9 della I. numero 898 del 1970 per non essere stata dichiarata l’improcedibilità od inammissibilità della domanda in mancanza della prova del passaggio in giudicato della pronuncia di cui si chiede la modifica. La censura è infondata. La pronuncia meramente impediente in rito l’esame del merito non costituisce giudicato di rigetto sulla domanda proposta. Il ricorso ex articolo 9 può essere proposto per il riconoscimento dell’assegno di divorzio anche se nel giudizio sul vincolo non è stato richiesto o la parte è rimasta contumace. Anzi la proposizione ex articolo 9 I. numero 898 del 1970 costituisce la modalità corretta di proposizione della domanda relativa al riconoscimento dell’assegno ma devono essere dedotti giustificati motivi sopravvenuti. Si richiama al riguardo la recente sentenza di questa Corte numero 2953 del 2017 di cui si riproduce la massima ufficiale Ai sensi dell’articolo 9 della L. numero 898 del 1970 così come modificato dall’articolo 2 della L. numero 436 del 1978 e dall’articolo 13 della L. numero 74 del 1987 , le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all’affidamento dei figli in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile. Nel secondo e terzo motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 9 L. numero 898/1970 per non essere stata dichiarata l’inammissibilità della domanda nonostante sia stata proposta in modo formalmente identico a quella posta a base dell’originaria domanda di divorzio, senza allegazione e prova di fatti nuovi sopravvenuti. Nel quarto motivo viene dedotta la violazione degli articolo 112, 115 e 116 cod. proc. civ. per aver ritenuto la mancanza di occupazione un elemento di novità, da ritenersi un fatto preesistente e stabile e per aver posto tra le sopravvenienze l’avanzare dell’età ancorché la V. non avesse dedotto tale circostanza come fatto nuovo. Nel quinto motivo le medesime censure vengono svolte in relazione alla carenza assoluta di motivazione. Nel sesto motivo viene dedotta l’omessa pronuncia sulla richiesta di prova testimoniale, tempestivamente formulata davanti al giudice del reclamo ed avente ad oggetto la dimostrazione della convivenza more uxorio della V. con Fe.Anumero . Il ricorrente riproduce al riguardo i capitoli di prova, il primo relativo alla stabilità e lunga durata della relazione ed il secondo volto a provare la convivenza stabile ed effettiva. Il Collegio ritiene di dover esaminare pregiudizialmente quest’ultimo motivo in quanto fondato. La censura è stata prospettata in modo specifico con la riproduzione delle istanze istruttorie e risulta, dall’esame della pronuncia impugnata che la Corte abbia omesso di valutarne la rilevanza nonostante abbia ritenuto non raggiunta la prova dell’esistenza di una convivenza della V. con Fe.Anumero avente i contenuti di stabilità e continuità necessari per configurare una famiglia di fatto . Tale conclusione è stata assunta senza considerare che erano stati articolati capitoli di prova direttamente incidenti sul deficit probatorio posto a base della decisione. L’accoglimento del sesto motivo determina l’assorbimento del secondo, terzo, quarto e quinto. Il primo deve invece essere rigettato perché infondato. Alla cassazione del provvedimento impugnato consegue il rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione perché decisa anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta il primo motivo, accoglie il sesto, assorbiti gli altri. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia anche per le spese processuali del presente giudizio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.