Il consenso del minore non esprime alcuna efficacia scriminante

L’art. 600 ter c.p. intende fissare per i minori una tutela anticipata della loro libertà sessuale, sanzionando, indipendentemente da finalità di lucro o di vantaggio, la utilizzazione” dei minori stessi nella produzione di materiale pornografico, ma anche la mera induzione a partecipare ad esibizioni pornografiche.

Infatti, non assume alcun rilievo scriminante l’eventuale consenso del minore al fatto, considerando che esso proverebbe da persona immatura e che non ha la disponibilità di diritti inalienabili quali la libertà psicofisica. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 39872 del 26 settembre 2013. Il caso. T.M veniva condannato con pronuncia resa in primo grado dal GIP del Tribunale di Milano e confermata dalla locale Corte d’Appello, alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione per la violazione del disposto degli artt. 600 ter, commi 1 e 3, c.p. e 600 quater c.p Avverso la pronuncia proponeva ricorso per Cassazione l’imputato deducendo la in configurabilità del reato previsto e punito dall’art. 600 ter, comma 1, c.p. per l’insussistenza di qualsivoglia organizzazione atta a corrispondere alle esigenze del mercato della pedofilia con potenziale pericolo di diffusione del materiale asseritamente prodotto dall’imputato, carenza di prova certa rispetto al contenuto dei files sequestrati, incongrua esclusione dell’attenuante di cui all’art. 600 sexies c.p., illegittimità della confisca dei due computer di proprietà del padre dell’imputato soggetto pacificamente estraneo ai fatti. Una giurisprudenza granitica. La Corte ha respinto il ricorso, richiamando la propria giurisprudenza. Giurisprudenza che, come è noto, è eufemistico definire granitica. Per la Corte, e anche per il legislatore, l’art. 600 ter c.p. intende fissare per i minori una tutela anticipata della loro libertà sessuale, sanzionando, indipendentemente da finalità di lucro o di vantaggio, la utilizzazione” dei minori stessi nella produzione di materiale pornografico, ma anche la mera induzione a partecipare ad esibizioni pornografiche. Non assume alcun rilievo scriminante l’eventuale consenso del minore al fatto, considerando che esso proverebbe da persona immatura e che non ha la disponibilità di diritti inalienabili quali la libertà psicofisica il che significa l’inesistenza per l’interprete di qualsivoglia prospettiva interpretativa differente rispetto a quella costituita dalla preminente tutela del minore, che deve essere protetto da condotte che attentano alla sua libertà ed al libero sviluppo della sua personalità. In termini identici, del resto, si erano espresse le SS.UU. con la pronuncia n. 13/2000 che costituisce testata d’angolo” ermeneutica per le fattispecie in esame. Dunque siamo innanzi ad un reato che, se proprio non può definirsi di pericolo” poiché privo di alcune caratteristiche tipiche di detta tipologia di reato, certamente è dotato, od è stato dotato, della particolare caratteristica della cosiddetta tutela anticipata” . Tutela anticipata che rende la condotta punibile per il solo fatto di essere stata posta in essere, rendendo del tutto irrilevante il contesto in cui la medesima si è estrinsecata o la presenza di un consenso proveniente dal soggetto tutelato. Il che significa, in altri termini, che non viene riconosciuto alcun valore rispetto alla volontà del minore che in punto viene ritenuto incapace di autodeterminazione e, ex lege, immaturo ed incapace di disporre dei diritti, propri, attinenti la sfera sessuale. La ricostruzione della Corte, che esplicita il proprio pensiero in modo assai diretto è certamente condivisibile nel caso di minori infra sedicenni, ma credo possa mostrare qualche problema di interpretazione e di raccordo con altre norme, sparse qua è la nel sistema, in relazione ai minori che si avvicinano al compimento di quel fatidico diciottesimo anno di età allo scoccare del quale il consenso, se libero e validamente prestato, assumerebbe efficacia scriminate. Non mi pare che possa dirsi che i minori appartenenti alla categoria degli ultra sedicenni ed infradici ottenni, siano ex lege incapaci di poter disporre validamente della propria libertà sessuale Neppure, o forse ancor più, nella società attuale tutta proiettata ad attribuire alla sfera della sessualità valenza e valore particolare”. Certamente però, in presenza del dettato normativo dell’articolo 600 ter e di altri e migliori metodi e mezzi di tutela del minore e dei rischi che sordide attività quali quelle punite dalla disposizioni in commento possono arrecare, la presa di posizione della Corte di Cassazione pare assestarsi nel solco delle pronunce destinate a svolgere anche se non precipuamente una funzione special preventiva senza scivolare nel pericoloso terreno, peraltro escluso dal Legislatore Costituente, delle sentenze esemplari. Pare di poter affermare, senza mancare di rispetto agli Ermellini, ed anzi condividendone in punto operato e motivazioni, che i Giudici abbiano pensato che sia meglio affermare l’illiceità di ogni condotta attinente la sfera della libertà psico fisica dei minori, lasciando poi e semmai al Giudice di merito il compito di analizzarne nel dettaglio le modalità di attuazione, che aprire a pericolosi spazi di interpretazione della norma che potrebbero avere effetti imprevisti, e certamente sgraditi, nel e sul tessuto sociale. Le due disposizioni contenute nell’art. 600 ter c.p La fattispecie astratta contiene distinte ipotesi. La prima costituita dalla attività di produzione di materiale pornografico materiale fra cui viene ricompreso anche quello costituito dalle esibizioni coinvolgendo persone minore che vengano utilizzate o indotte a parteciparvi, ovvero che da esse tragga profitto. Il terzo comma fa invece riferimento alle attività di divulgazione del materiale pedopornografico, attività da intendersi punite anche in assenza ed al di fuori di qualsivoglia collegamento con le ipotesi previsti dal primo comma e dal secondo comma destinato invece a punirne il commercio La lettura della norma rende pacifico che non sia richiesta alcuna organizzazione imprenditoriale”, neppure embrionale finalizzata al reclutamento od all’induzione dei minori e, quindi, che la cosiddetta episodicità della condotta” non sia capace di esplicare alcun effetto rispetto alla norma. Del pari non sussiste alcuna necessità che la condotta posta in essere sia finalizzata alla produzione di un profitto che, invece, costituisce, qualora ricorra, elemento atto ad integrare una condotta, penalmente sanzionata, differente rispetto a quella posta in essere da chi abbia reclutato od indotto i minori alle esecrabili attività. Dunque inutile ogni difesa atte a sottolineare l’inesistenza di strutture” neppure intese quali embrionali o totale assenza di lucro e/o profitto, poiché incidente su elementi non richiesti, quale parte della condotta materiale, dalla norma incriminatrice. La problematica della divulgazione, distribuzione, diffusione e pubblicazione al pubblico. Il terzo comma della norma si occupa dei metodi di diffusione del materiale pedopornografico. Si tratta di un comma che può dar luogo a qualche difficoltà interpretativa, soprattutto per ciò che concerne le modalità di diffusione telematica. Soprattutto con riferimento ai sistemi di comunicazione peer to peer . Si trata di sistemi che consentono la comunicazione fra due o più utenti che hanno la possibilità di condividere fra loro, e senza che terzi abbiano conoscenza dei contenuti, files. Il più famoso sistema di condivisione peer to peer è costituito da emule . La Corte ha dichiarato che anche tale modalità di condivisione di files presenti sul computer costituisce diffusione, quantomeno sotto il profilo del pericolo” di diffusione preso in esame dalla pronuncia delle sezioni Unite 13/2000 anteriore alle modifiche introdotte in tema dalla legge 38/2006 con la quale si era stabilito che compito del giudice accertare di volta in volta la configurabilità di un concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico, facendo ricorso ad elementi sintomatici della condotta . Ora proprio le caratteristiche del peer to peer paiono mettere alla prova l’insegnamento posto che la condivisione dei file interviene solo con riferimento ai files che gli utenti vogliono condivisi. Dunque se i files scaricati dalla rete non fossero più posti a disposizione di terzi soggetti, poiché posizionati in una cartella non accessibile dal collegamento peer to peer , la condotta incriminatrice dovrebbe dirsi non integrata. In punto la pronuncia non risolve il dubbio posto che a carico dell’imputato vengono dichiarate esistenti condotte di upload certamente capaci di integrare la norma. Ovviamente, anche nel caso di peer to peer con soli download di files e archiviazione del materiale scaricato in cartella non collegata al sistema, residuerebbero le condotte previste e punite dall’art. 600 quater c.p Sempre che le stesse siano consapevoli. Ma qui, davvero, si aprono scenari altri rispetto alla pronuncia.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 aprile - 26 settembre 2013, n. 39872 Presidente Squassoni – Relatore Fiale Ritenuto in fatto La Corte di appello di Milano, con sentenza del 21.10.2011, ha confermato la sentenza 17.1.2011, pronunziata dal G.I.P. del Tribunale di quella città in esito a giudizio celebrato con il rito abbreviato, che aveva affermato la responsabilità penale di T.M. in ordine ai reati di cui - all'art. 600 ter, 1 e 3 comma, cod. pen. per avere prodotto materiale pedopornografico utilizzando la minore C F. ed altre ragazze minori degli anni 18 e divulgato analogo materiale su internet - acc. in OMISSIS - all'art. 600 quater cod. pen. per avere detenuto nel suo computer 1.110 filmati e 11.125 immagini pedopornografici e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 3, mesi 4 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del T. , il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito - la inconfigurabilità del reato di cui all'art. 600 ter, 1 comma, cod. pen., per la insussistenza di una organizzazione almeno embrionale atta a corrispondere le esigenze del mercato della pedofilia con potenziale pericolo di diffusione del materiale pedopornografico asseritamente prodotto dall'imputato, in quanto si verterebbe in ipotesi in cui la produzione di tale materiale sarebbe stata destinata a restare nella sfera privata dell'autore - la carenza della prova certa del contenuto dei files rinvenuti dalla Polizia postale sul computer in uso all'imputato al momento del suo arresto - la incongrua esclusione dell'attenuante di cui all'art. 600 sexies, 5 comma, cod. pen., tenuto conto che l'imputato avrebbe fornito un contributo concretamente collaborativo ai fini dello sviluppo delle indagini - la illegittimità della disposta confisca di due computer di proprietà del padre dell'imputato, soggetto pacificamente estraneo ai reati contestati. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 2. La giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che il reato previsto dall'art. 600 ter cod. pen. intende fissare per i minori una tutela anticipata della loro libertà sessuale, sanzionando, indipendentemente da Finalità di lucro o di vantaggio, la utilizzazione dei minori stessi nella produzione di materiale pornografico ma anche la mera induzione a partecipare ad esibizioni pornografiche. Si tratta, infatti, di azioni di per sé degradanti e connotate da profondo disvalore, oltre che pericolose per la successiva eventuale diffusione che il materiale cosi prodotto o raccolto può conoscere. Non può ritenersi scriminante l'eventuale consenso del minore al fatto, considerato che esso proverrebbe da persona immatura, che non ha la disponibilità di diritti inalienabili, quali la libertà psicofisica. Nella chiarezza del testo e della sua ratio , il dettato normativo impone all'interprete di assumere come prospettiva prioritaria la posizione del singolo minore oggetto di comportamenti che attentano alla sua libertà ed al libero sviluppo della sua personalità vedi Cass., Sez. Unite, 5.7.2000, n. 13 . Rispetto a tale prospettiva vengono in luce due diverse situazioni di offesa. La prima è rappresentata dal solo fatto che il minore come persona venga utilizzato o indotto a partecipare alla creazione di materiale pornografico. Tali condotte, con il loro carattere di oscenità e, in molti casi, di vera perversione, comportano un'offesa gravissima allo sviluppo della personalità del minore, tanto maggiore quanto più costui è lontano da uno stadio minimamente strutturato di maturità e di sviluppo. La seconda è costituita dalle diverse forme di diffusione del materiale pornografico ottenuto mediante la utilizzazione di persone minori di età. L'art. 600 ter cod. pen., nella sua attuale formulazione, contiene plurime disposizioni che risultano organizzate secondo un ordine gradato di gravità dei fatti e di trattamento sanzionatorio. Il 1 comma contiene la disposizione relativa alle condotte che il legislatore considera più gravi la produzione di materiale pedopornografico o di esibizioni aventi la stessa natura effettuata coinvolgendo persone minori di età, che vengono utilizzate oppure indotte a partecipare. Tali attività illecite comportano entrambe la degradazione del minore ad oggetto in sostanza manipolato. Il 3 comma si concentra su condotte di divulgazione di materiale pedopornografico compiute al di fuori e senza collegamento con le ipotesi previste dai commi 1 e 2. I comportamenti puniti consistono nel distribuire, divulgare, diffondere o pubblicizzare il materiale pornografico una divulgazione a più soggetti, dunque, che, senza essere di necessità una divulgazione indiscriminata, si dirige ad una platea ampia potenzialmente non controllata o controllabile di destinatari. 3. Nella vicenda in esame - Quanto alla contestata fattispecie di cui al 1 comma dell'art. 600 ter cod. pen., è emerso dalle acquisizioni probatorie che l'imputato aveva ottenuto le fotografie della minore F.C. adescandola con la prospettazione ingannatoria di dovere realizzare un catalogo di costumi da bagno per la casa di moda Hallo Kitty . Ulteriori fotografie riproducenti pose lascive anche con esposizione dei genitali aveva ottenuto, attraverso la medesima mistificazione induttiva, facendosele inviare attraverso un account di posta elettronica, da altre ragazzine minorenni. I giudici del merito hanno ampiamente illustrato come fosse il T. anche a suggerire alle minori le pose sessualmente significative da assumere e come egli conservasse, con scrupolosa catalogazione in sottocartelle recanti i nomi delle giovani, i momenti salienti delle esibizioni raccolte in chat. L'attività di adescamento è stata ricollegata al rinvenimento di centinaia di cartelle riferibili a contatti messanger con ragazze, per alcune delle quali risulta accertata con sicurezza la minore età. Il T. , inoltre, in sede di primo interrogatorio, aveva ammesso l'addebito e razionalmente i giudici del merito, a fronte dell'inequivoco materiale probatorio raccolto, non hanno attribuito valore alla ritrattazione successiva. Questa Sezione, con la sentenza 6.10.2009, n. 41743, ha ritenuto estranee alla condotta decritta nella previsione incriminatrice la non episodicità o l'esistenza di una struttura organizzativa . - La fattispecie di cui al 3 comma dell'art. 600 ter cod. pen. è stata comprovata dal collegamento costante al programma di file-sharing Emule-Adunanza , ove l'imputato aveva svolto attività di download ma anche di upload, divulgando così filmati ed immagini pedopornografiche che non devono essere necessariamente coincidenti con quelle fatte realizzare dalle minorenni con le specifiche modalità da lui suggerite ad una platea ampia di destinatari, potenzialmente non controllata o controllabile. Le Sezioni Unite con la sentenza n. 13/2000, che è però anteriore alle modifiche introdotte dalla legge n. 38/2006 hanno affermato al riguardo che è compito del giudice accertare di volta in volta la configurabilità di un concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico, facendo ricorso ad elementi sintomatici della condotta tra i quali hanno indicato l'esistenza di una struttura organizzativa anche rudimentale atta a corrispondere alle esigenze di mercato dei pedofili. Nella specie tale struttura rudimentale può sicuramente ritenersi configurata dall'utilizzo di più ragazze minorenni, dalla disponibilità materiale di strumenti tecnici di trasmissione, dal collegamento sistematico dell'imputato con soggetti pedofili potenziali destinatari del materiale pornografico. Del tutto disancorata dalla realtà si presenta, conseguentemente, la tesi difensiva secondo la quale il T. si sarebbe limitato a fare un utilizzo esclusivamente personale e privato dell'ingente materiale pedopornografico di cui disponeva. 3.1 Le questioni sollevate in ordine all'accertata divulgazione per via telematica da parte dell'imputato di materiale a contenuto pedopornografico sono inammissibili. Tali censure non tengono conto, invero, che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, restando preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Nella fattispecie in esame i giudici del merito le motivazioni della sentenza di primo e di secondo grado si saldano formando un unico corpo argomentativo , con argomentazioni congrue, adeguate ed immuni da erronea applicazione della legge penale e processuale, hanno valutato compiutamente il materiale probatorio, fornendo giustificazioni logiche della decisione adottata. Le contrarie argomentazioni svolte in ricorso, inoltre, non sono riferite a fatti autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dalla Corte di merito e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. 4. Del tutto infondato è anche il terzo motivo di gravame, ove si contesta la mancata applicazione dell'attenuante di cui all'art. 600 sexies, 5 comma, cod. pen Detta attenuante postula, infatti, una vera e propria attività di collaborazione, concreta e fattiva, con le autorità inquirenti, che si traduca non soltanto nella semplice dissociazione, ma anche nell'adoperarsi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e nel coadiuvare concretamente gli inquirenti nella raccolta degli elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti. La sussistenza di dette condizioni non è stata ritenuta ravvisabile dal G.I.P. in considerazione della genericità delle dichiarazioni, che non hanno consentito alcun concreto sviluppo nelle indagini, ed il riconoscimento di esse razionalmente deve ritenersi esclusa anche dalla Corte di merito a fronte dell'attività dell'imputato limitata alla mera indicazione di due soggetti, non facilmente identifica bili, presso i siti dei quali sarebbe stato possibile consultare materiale pedopornografico. 5. I computer sono stati legittimamente confiscati, essendo stati utilizzati per la commissione dei reati e l'irrilevanza del fatto che le fatture rilasciate per l'acquisto degli stessi siano state intestate al padre dell'imputato risulta correttamente affermata dalla Corte di merito in considerazione dell'esclusiva disponibilità di quei beni da parte del condannato, che già dal primo interrogatorio ne ha rivendicato la piena proprietà. 6. Al rigetto del ricorso segue l'onere del pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.