Ultras in viaggio verso lo stadio senza biglietto: le cattive intenzioni sono più che plausibili

E' quindi legittimo negar loro la possibilità di assistere alle partite per un anno intero. Anche perchè questo è il periodo minimo previsto dalla legge.

L’art. 6, comma 1, legge n. 401/1989, più volte modificato, nel testo attualmente vigente prevede l'emissione del provvedimento gergalmente denominato daspo”, ossia divieto di accesso alle manifestazioni sportive, in una pluralità di ipotesi, fra le quali quella che il soggetto abbia preso parte attiva ad episodi di violenza, ovvero abbia incitato o provocato alla violenza, eccetera. Nel caso posto all'attenzione della Sezione, a dire il vero, non vi era stato alcun episodio di violenza, tanto meno l'appellante vi aveva preso parte attiva, né comunque aveva tenuto altri comportamenti violenti o provocatori. Ma il pericolo c'era. Ed è su questo che il questore competente aveva basato la sua decisione forte di quanto dispone la legge nell'ultima parte del comma 1 del citato art. 6. Ovvero che Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse . Tifoserie d’assalto. Benché questo passo della legge non sia stato esplicitamente citato nel provvedimento, risulta chiaramente dalla motivazione del provvedimento stesso che nella fattispecie la Questura aveva inteso riferirsi proprio a questa ultima ipotesi. E’ vero, infatti, che non si erano ancora verificati disordini o episodi violenti, se non altro perché i tifosi padovani controllati non erano ancora arrivati allo stadio e mancavano alcune ore all’inizio della partita. Ma la Questura aveva ritenuto verosimile e probabile - date le circostanze sopra ricordate - che tutti e 44 i viaggiatori si proponessero di presentarsi in massa all’ingresso dello stadio tentando di entrare benché privi sia del biglietto che della tessera del tifoso” e che pertanto ad essi si dovesse addebitare una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica . Convincimento rafforzato dal reperimento, sull’autobus, di un certo quantitativo di materiale pirotecnico vietato. E non si può certamente pensare che il suddetto convincimento della Questura appaia plausibile ed esente da vizi. Condanne sportive. Non ci si può infatti nascondere – trattandosi di fatti notori – che fra i comportamenti usuali, anzi tipici, dei cosiddetti ultras specie in trasferta vi è quello di presentarsi ai cancelli dello stadio, in massa o comunque in gruppi organizzati, senza biglietto, e con atteggiamenti aggressivi e intimidatori, per creare condizioni nelle quali gli addetti al controllo e le autorità preposte siano costrette a scegliere fra consentire loro pro bono pacis l’ingresso, ovvero correre il rischio che mantenuti forzatamente all’esterno quelli sfoghino la loro delusione e la loro aggressività creando disordini e tafferugli con la tifoseria avversaria. In questa luce, sottolinea il giudice d'appello, appare ozioso discettare se l’appellante abbia avuto un ruolo più o meno attivo considerato il contesto, ciascuno dei 44 era consapevole, quanto meno, che non possedeva gli indispensabili titoli per l’accesso allo stadio tessera del tifoso e biglietto nominativo e che non aveva modo di procurarseli legittimamente e dunque affrontava un viaggio di oltre 600 km su un autobus appositamente noleggiato perché fidava sulla possibilità di eludere i controlli avvalendosi della forza d’intimidazione del numero – salvo alimentare disordini all’esterno dello stadio, in caso di rifiuto.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 12 - 13 settembre 2013, n. 4544 Presidente/Estensore Lignani Fatto e diritto 1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, è stato destinatario del provvedimento datato 3 gennaio 2013 con il quale il Questore di Napoli gli ha fatto divieto per un anno di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, con le ulteriori estensioni e precisazioni di cui all’art. 6 della legge n. 401/1989 e successive modifiche. Il provvedimento c.d. daspo” prendeva origine da un episodio verificatosi il 29 settembre 2012, nell’imminenza dell’incontro di calcio Juve Stabia-Padova, programmato per le ore 15.00 di quel giorno presso lo stadio di Castellammare di Stabia. Era stato fermato e controllato un autobus con a bordo 44 tifosi padovani fra i quali l’attuale appellante i quali si recavano ad assistere all’incontro tutti privi, peraltro, del biglietto d’ingresso e del documento denominato tessera del tifoso”. Tuttavia, com’è noto, la normativa in materia fa obbligo ai tifosi della squadra ospite di acquistare il biglietto nominativo al più tardi il giorno antecedente alla partita, e richiede tassativamente il possesso della tessera del tifoso”. Inoltre, la polizia ha reperito sull’autobus un certo quantitativo di materiale pirotecnico vietato dall’art. 6- ter della legge n. 401/1989. In questa situazione, la Questura ha ritenuto che tutti e 44 i tifosi in viaggio sull’autobus, chiaramente diretti ad assistere alla partita pur essendo sprovvisti dei necessari titoli d’ingresso non più legittimamente conseguibili, a quel punto fossero univocamente intenzionati a provocare disordini. 2. L’attuale appellante ha impugnato il provvedimento che lo concerne davanti al T.A.R. Campania. Il T.A.R. lo ha respinto con sentenza n. 2590/2013. L’interessato propone ora appello davanti a questo Consiglio. L’Amministrazione si è costituita per resistere. In occasione della trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, il Collegio ravvisa i presupposti per la definizione immediata della controversia. 3. L’art. 6, comma 1, della legge n. 401/1989, più volte modificato, nel testo attualmente vigente prevede la emissione del provvedimento gergalmente denominato daspo”, ossia divieto di accesso alle manifestazioni sportive, in una pluralità di ipotesi, fra le quali quella che il soggetto abbia preso parte attiva ad episodi di violenza, ovvero abbia incitato o provocato alla violenza, eccetera. L’appellante sostiene che nella fattispecie non vi è stato alcun episodio di violenza, tanto meno egli vi ha preso parte attiva, né comunque ha tenuto altri comportamenti violenti o provocatori. Tuttavia, è risolutivo riportare l’ultima parte del comma 1 Il divieto di cui al presente comma può essere, altresì, disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse . Benché questo passo della legge non sia esplicitamente citato, risulta chiaramente dalla motivazione del provvedimento che nella fattispecie la Questura ha inteso riferirsi proprio a questa ultima ipotesi. E’ vero, infatti, che non si erano ancora verificati disordini o episodi violenti, se non altro perché i tifosi padovani controllati non erano ancora arrivati allo stadio e mancavano alcune ore all’inizio della partita. Ma la Questura ha ritenuto verosimile e probabile - date le circostanze sopra ricordate - che tutti e 44 i viaggiatori si proponessero di presentarsi in massa all’ingresso dello stadio tentando di entrare benché privi sia del biglietto che della tessera del tifoso” e che pertanto ad essi si dovesse addebitare una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica . Convincimento rafforzato dal reperimento, sull’autobus, di un certo quantitativo di materiale pirotecnico vietato. 4. Ciò posto, pur giudicando nei limiti del sindacato di legittimità, si deve dire che il suddetto convincimento della Questura appare plausibile ed esente da vizi. Non ci si può infatti nascondere – trattandosi di fatti notori – che fra i comportamenti usuali, anzi tipici, dei c.d. ultras specie in trasferta vi è quello di presentarsi ai cancelli dello stadio, in massa o comunque in gruppi organizzati, senza biglietto, e con atteggiamenti aggressivi e intimidatori, per creare condizioni nelle quali gli addetti al controllo e le autorità preposte siano costrette a scegliere fra consentire loro pro bono pacis l’ingresso, ovvero correre il rischio che mantenuti forzatamente all’esterno quelli sfoghino la loro delusione e la loro aggressività creando disordini e tafferugli con la tifoseria avversaria. 5. In questa luce appare ozioso discettare se l’attuale appellante abbia avuto un ruolo più o meno attivo considerato il contesto, ciascuno dei 44 era consapevole, quanto meno, che non possedeva gli indispensabili titoli per l’accesso allo stadio tessera del tifoso e biglietto nominativo e che non aveva modo di procurarseli legittimamente e dunque affrontava un viaggio di oltre 600 km su un autobus appositamente noleggiato perché fidava sulla possibilità di eludere i controlli avvalendosi della forza d’intimidazione del numero – salvo alimentare disordini all’esterno dello stadio, in caso di rifiuto. 6. In questa situazione, la misura disposta a carico dell’appellante risulta legittima e altresì proporzionata, anche perché la durata stabilita un anno è la minima consentita dalla legge. 7. In conclusione, appello va respinto. Le spese possono essere compensate, anche in considerazione della limitata attività difensiva svolta dalla controparte. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza rigetta l’appello. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.