Quando far valere un proprio diritto si trasforma in reato ...

Non è ravvisabile il delitto di ragion fattasi”, ma quelli più gravi di rapina o di estorsione, ogni qualvolta la pretesa – nascendo da fatto illecito e non potendo comunque assumere la consistenza di un diritto – sia contra in ius.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27328, depositata il 21 giugno 2013, su ricorso presentato da un indagati per i delitti, in concorso e in continuazione, di estorsione aggravata e di detenzione e porto in luogo pubblico di materiale esplosivo. Il ricorrente ha presentato censure verso la disposizione di misure cautelari nei suoi confronti. Minaccia e spaventa con un ordigno esplosivo il debitore. Il ricorrente, per esigere un credito - derivante dalla fornitura di gasolio non pagato - nei confronti della titolare di una società di trasporti, si era presentato presso l’abitazione della debitrice, invitandola a pagare il debito verso la titolare della ditta creditrice, da cui aveva ricevuto l’incarico titolare e figlia dipendente anch’esse indagate , avvertendola poi con la seguente frase gli altri si rivolgono agli avvocati [] e perdono tempo, noi facciamo subito . L’indagato si era ripresentato successivamente, lasciando davanti al cancello del deposito dei camion della ditta di cui era socia la persona offesa un ordigno incendiario, peraltro preannunciato da una telefonata, nel corso della quale l’interlocutrice aveva riconosciuto la voce dell’indagato che la avvertiva, ripetendo la frase noi facciamo subito . Estorsione o esercizio arbitrario delle proprie ragioni? I giudici di merito hanno ritenuto fortemente indizianti tali circostanze, mentre il ricorrente ha lamentato che la fattispecie, più che rientrare nell’archetipo normativo della estorsione, doveva inquadrarsi nel diverso reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per difettare nel caso di specie l’ingiusto profitto. Ai fini della decisione, la Suprema Corte ha sottolineato il carattere di ingiustizia e prevaricazione della condotta costitutiva di reato, tenuto conto anche del tentativo della persona offesa di proporre, prima del posizionamento dell’ordigno incendiario, un piano di rientro del debito, rifiutato dai creditori. Convenienza socio–economica di un piano di rientro del credito. Secondo il S.C., pur trattandosi di una soluzione in astratto non obbligata sul piano del diritto, un piano di rientro sarebbe socialmente conveniente e utile nella pratica degli affari a fronte di rapporti obbligatori nel contesto dei quali il debitore si trovasse in difficoltà economiche di adempiere presto e bene. Ne consegue che, in una tale particolare situazione, esercitare un preteso diritto deve fare i conti con la convenienza socio-economica generale di opportune transazioni a vantaggio del creditore e della stabilità dei rapporti giuridici in generale. Tali notazioni hanno indotto Piazza Cavour a respingere la doglianza del ricorrente, infatti, nel caso di specie, secondo i giudici di legittimità, la minaccia si è estrinsecata in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un proprio diritto. Avendo la coartazione dell’altrui volontà assunto ex se i caratteri dell’ingiustizia, di conseguenza, anche la minaccia tesa a far valere quel diritto si trasforma in una condotta estorsiva.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 - 21 giugno 2013, n. 27328 Presidente Petti – Relatore Iannelli Osserva - 1 - C.G. , D.S.A. e F.R. , le ultime due, madre e figlia, la prima titolare della Ditta Fini, la seconda dipendente che si occupava delle forniture ai clienti, indagati tutti per i delitti, in concorso e in continuazione, di estorsione aggravata e di detenzione e porto in luogo pubblico di materiale esplosivo - ex artt. 81 cpv., 110, 629 comma 2 c.p. e 2, 4. 895/1967 - con due atti distinti, ricorrono avverso l’ordinanza datata 16/22.1.2013 del tribunale di Roma che, in sede di appello del P.M. avverso il pregresso provvedimento di rigetto - gip del tribunale di Latina in data 5.7.2012 - della richiesta di custodia cautelare, disponeva la misura cautelare in carcere del C. e gli arresti domiciliari ai danni di D.S.A. e F.R. . - 2 - Il fatto secondo i giudici di merito in breve per esigere un credito nei confronti di Ca.Sa. , contitolare della società Cobra Autotrasporti s.r.l., credito derivante dalla fornitura di gasolio non pagato ed ammontate ad Euro 18.458,48, per conto della ditta creditrice,la cui amministratrice unica era D.S.A. , ma l'effettiva gestrice la di lei figlia F.R. , il C. , in compagnia di altra persona, si presentava il 29.6.2011 presso la abitazione della Ca. , la invitava a pagare il debito nei confronti della signora F. , dalla quale avevano ricevuto l’incarico, avvertendola poi con la seguente frase gli altri si rivolgono agli avvocati e fanno tanti giri e perdono tempo, noi facciamo subito . I due si erano ripresentati successivamente, il 21.7.2011 ed ancora successivamente, il 22.7.2011, veniva lasciato davanti al cancello del deposito dei camion della ditta di cui era socia la persona offesa un ordigno incendiario, peraltro preannunciato da una telefonata, nel corso della quale, l'interlocutrice, la Ca. , riconosceva la voce del C. che la avvertiva che avrebbe fatto un macello se non avesse pagato, ripetendo la frase gli altri fanno tanti giri, noi facciamo subito . I giudici di merito ritenevano fortemente indizianti le circostanze sopra indicate. - 3 - Le ragioni di doglianza della difesa del C. si concentrano e solo nel tentativo di dimostrare che la fattispecie più che rientrare nell'archetipo normativo della estorsione, doveva inquadrarsi nel diverso reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per difettare nel caso di specie l’ingiusto profitto. Il ricorrente denuncia anche carenza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari per i modesti precedenti penali escludenti il pericolo di recidiva. Protestano per la carenza di motivazione le altre difese in merito alla posizione di F.R. che riveste il ruolo di semplice dipendente della Ditta Fini, nella quale rivestiva funzione dirigenziale la di lei madre D.S.A. , in merito alle due indagate insieme con riferimento e alla consistenza degli indizi di colpevolezza, non essendovi certo necessità di ricorrere a condotte di reato per il soddisfacimento di un credito certo ed esigibile attraverso una azione giudiziaria, e alle esigenze cautelari. - 5 - I ricorsi non sono fondati e pertanto vanno disattesi. Ai fini della decisione, è rilevante sottolineare il carattere di ingiustizia e di prevaricazione della condotta costitutiva di reato. Insieme anche al tentativo delle persona offesa, la Ca. , prima della posizionamento dell'ordigno incendiario ai cancelli della ditta della persona offesa, di un compromesso con le indagate, F.R. e D.S.A. , con il recarsi presso la ditta delle due e proporre un piano di rientro del debito attraverso il versamento mensile di Euro mille, decisamente rifiutato dalla creditrici. Una soluzione, in astratto non obbligata certo sul piano del diritto, ma socialmente conveniente ed utile nella pratica degli affari a fronte di rapporti obbligatoli nel contesto dei quali il debitore si trovasse in difficoltà economiche di adempiere presto e bene. Nel consegue che, in una tale particolare situazione, la pretesa di esercitare un preteso diritto deve pur fare i conti con la eventuale impossibilità dell'altra parte, magari per difficoltà o impossibilità sopravvenute ed oggettive, di adempiere, con la convenienza socio – economica generale di opportune transazioni a vantaggio del creditore e della stabilità dei rapporti giuridici in generale. Le notazioni di fatto inducono la Corte a respingere la doglianza della difesa del solo C. , peraltro terzo in relazione al rapporto obbligatorio, che pretenderebbe la qualificazione del fatto di reato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e non di estorsione. Il che da ragione a quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui non è ravvisabile il delitto di ragion fattasi ma quelli più gravi di rapina o di estorsione ogni qualvolta la pretesa - nascendo da fatto illecito e non potendo comunque assumere la consistenza di un diritto - sia contra in ius . applicazione del principio in tema di contratto con causa illecita . Nel caso di specie la minaccia si è estrinsecata in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un proprio diritto, la coartazione dell'altrui volontà assumendo ex se i caratteri dell'ingiustizia, con la conseguenza che, in tal caso, anche la minaccia tesa a far valere quel diritto si trasforma in una condotta estorsiva a fronte della possibilità di ottenere soddisfazione del proprio diritto sia pure con modalità diverse da quelle pattuite ma imposte eventualmente dalla situazione di fatto condizionante la richiesta di un piano di rientro da parte del debitore impossibilita ad adempiere hic et nunc . I residui motivi di ricorso, sia con rifermento al fumus delicti sia con riferimento alla contestata sussistenza delle esigenze cautelari si avventurano nel piano del merito preclusivo al discorso giudiziale di legittimità i giudici di merito hanno fatto perno sulla gravità ed ingiustizia della minaccia, costituita dal gesto sia pur simbolico, ma gravido di significati pericolosi ed aggressivi, di un ordigno incendiario ai cancelli della ditta debitrice. Le posizioni poi delle due indagate non possono certo separarsi, per aver partecipato la figlia della titolare della Ditta Fini, almeno sul piano del valori consoni alla fase investigativa, quelli della probabilità della postulazione accusatoria, alle vicende fattuali, ricevendo la persona offesa ed opponendole il netto rifiuto alla mediazione proposta. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell'art. 28 reg. esec. c.p.p