Gomiti troppo larghi, dall’espulsione alla responsabilità civile

Episodio contestato in un campo di ‘Prima categoria’ la gomitata rifilata a un altro giocatore costa un ‘cartellino rosso’. Ma la sanzione può essere più dura in un’aula di giustizia. Troppe incertezze sull’atteggiamento psicologico del giocatore falloso, quindi nessuna ipotesi di dolo, ma è possibile valutare il ‘peso’ della colpa

Palla a campanile, due giocatori a contendersela per colpirla di testa inevitabile il contatto fisico, però eccessivamente irruento. E difatti arriva l’arbitro a sanzionare col ‘cartellino rosso’ il comportamento del giocatore che, saltando, aveva allargato troppo le braccia, colpendo con una gomitata l’avversario. Ma la questione non è chiusa col triplice fischio finale Perché è possibile ipotizzare una responsabilità civile, con relativo risarcimento, connessa alla commissione di un illecito penale «a titolo di colpa» Cassazione, sentenza numero 38397, quinta sezione penale, depositata oggi . ‘Rosso’ in campo Ma, in origine, l’unica vera sanzione per il giocatore, accusato di aver «eseguito il salto in maniera irregolare e scomposta, allargando esageratamente le braccia per darsi più spinta», è l’espulsione comminatagli dall’arbitro nel corso dell’incontro – una partita del campionato di calcio di ‘Prima categoria’ – subito dopo lo scontro di gioco. A livello di giustizia, invece, nessun addebito gli viene mosso. Difatti, l’uomo è assolto, sia dal Giudice dell’udienza preliminare che dalla Corte d’Appello, dall’accusa di «lesione volontaria grave». Troppe le incertezze, secondo i giudici, sulla involontarietà del gesto esemplare la considerazione che il giocatore sotto accusa fosse saltato «senza avvedersi che dietro di lui c’era l’avversario», rimasto poi ferito. ‘giallo’ fuori. A rendere complicata la situazione, però, anche le opposte ‘fazioni’ sulla dinamica dell’episodio per alcuni è stato «un gesto di inutile violenza», per altri «un contrasto ravvicinato per il possesso di una palla». E perfino l’arbitro, chiamato a testimoniare come figura super partes, non aiuta a fare chiarezza, perché, da un lato, racconta dell’espulsione decretata «nella convinzione che la gomitata fosse stata volontaria», ma, dall’altro, descrive «l’allargamento delle braccia come gesto fisiologico da parte del calciatore proteso a colpire la palla». Alla luce di un quadro contraddittorio, il ricorso in Cassazione proposto dal legale che rappresenta il giocatore rimasto ferito è finalizzato sì a evidenziare il ‘peso’ dell’espulsione registrata in campo ma soprattutto a chiedere un approfondimento sull’ipotesi della «responsabilità a titolo di colpa», non più di dolo. Ebbene, per i giudici di terzo grado si tratta di un’ottica, quella proposta dal legale, legittima. Certo, riconoscono, sono acclarati i dubbi, come evidenziati in Appello, sull’«atteggiamento psicologico» del calciatore ora sotto accusa, e ciò può condurre legittimamente a escludere l’ipotesi del dolo, ma resta la configurabilità del «titolo di colpa». Soprattutto tenendo presente che era stata considerata realistica la ricostruzione secondo cui il calciatore aveva allargato le braccia, in maniera esagerata, «senza avvedersi» dell’avversario. Per questo motivo, il ricorso viene accolto, con annullamento della sentenza agli effetti civili, e la questione riaffidata ai giudici per soppesare la possibile «responsabilità civile» legata alla commissione di un illecito penale «a titolo di colpa».

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 aprile – 3 ottobre 2012, numero 38397 Presidente Ferrua – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 5 ottobre 2010 la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Ravenna, in esito al giudizio abbreviato, aveva assolto F.D. dall’imputazione di lesione volontaria grave in danno di E.comma 1.1. In fatto era accaduto che, nel corso di una partita di calcio del campionato di prima categoria dilettanti, nel contendersi il possesso della palla durante un’azione di gioco il D. e il C. avessero entrambi staccato per colpire di testa e che nella circostanza il Donati avesse colpito al capo il C. con una gomitata, facendolo cadere a terra privo di sensi. 1.2. Avuto riguardo all’esito dell’istruzione preliminare e delle testimonianze assunte nel giudizio abbreviato condizionato, fra cui quella dell’arbitro dell’incontro, la Corte d’Appello - così come in precedenza il Tribunale - è giunta alla conclusione che non potesse escludersi, in termini di ragionevole dubbio, che l’imputato avesse eseguito il salto in maniera irregolare e scomposta, allargando esageratamente le braccia per darsi più spinta, senza avvedersi che dietro di lui c’era l’avversario, e così colpendolo involontariamente con una gomitata. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il C., nella sua qualità di parte civile, illustrando i motivi in due distinti atti d’impugnazione, l’uno redatto personalmente, l’altro per il tramite del difensore. 2.1. Col primo dei due motivi personalmente dedotti, il ricorrente riproduce il testo della deposizione testimoniale resa dall’arbitro L.N., per derivarne l’assunto che il comportamento lesivo fosse stato posto in essere intenzionalmente dal Donati in totale spregio dell’integrità del calciatore avversario, senza che ciò fosse funzionale all’azione di gioco. Col secondo motivo il ricorrente lamenta che il giudice di merito non si sia neppure posto il problema di una responsabilità colposa, pur avendo ritenuto che la condotta dell’imputato, pericolosa e contraria alle regole del gioco, fosse stata idonea a ledere l’avversario, ancorché involontariamente. 2.2. Il primo dei tre motivi dedotti dal difensore s’indirizza a mettere in luce la parte della testimonianza resa dall’arbitro in cui questi aveva riferito di avere espulso il D. per avere dedotto la volontarietà del suo gesto dal movimento del gomito. Il secondo motivo evoca la giurisprudenza - di legittimità e di merito - formatasi sulla responsabilità penale dello sportivo che abbia arrecato lesioni in una competizione. Il terzo motivo denuncia l’omessa valutazione del fatto sotto il profilo della responsabilità a titolo di colpa. 3. Agli atti vi è una memoria presentata nell’interesse dell’imputato, con cui si eccepisce l’inammissibilità del ricorso proposto personalmente da E.C. Quanto all’atto depositato dal difensore, se ne deduce l’inammissibilità per manifesta infondatezza e per inosservanza del principio di autosufficienza. Si chiede inoltre declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. 4. Vi è poi una memoria del difensore della parte civile che illustra ulteriormente i motivi di ricorso, accompagnandoli con la riproduzione testuale della querela e dei verbali riproducenti le informazioni testimoniali e le dedizioni assunte nel giudizio abbreviato condizionato. Considerato in diritto 1. Preliminarmente corre l’obbligo di rilevare che l’eccezione di nullità dell’avviso al difensore per l’udienza odierna, formulata dall’Avv. S.V. con atto trasmesso a mezzo fax in data 7 marzo 2012, deve intendersi superata in virtù della memoria difensiva a firma dello stesso difensore, qui pervenuta il 20 marzo 2012 in essa, infatti, è contenuta la prova della legale conoscenza della data fissata per la trattazione del ricorso, atteso che nell’intestazione è fatta espressa menzione dell’udienza del 17 aprile 2012. Il contraddittorio, pertanto, deve ritenersi regolarmente instaurato malgrado l’omessa comparizione dell’Avv. V. all’udienza fissata. 2. Ancora in limine corre l’obbligo dì considerare che il ricorso del C. deve essere unitariamente considerato, sebbene i motivi siano espressi in due distinti atti d’impugnazione. Conseguentemente, il fatto che l’atto personalmente sottoscritto dalla parte sia, indiscutibilmente, viziato da violazione dell’articolo 100, comma 1, cod. proc. penumero non reca altra conseguenza, se non quella di esimere la Corte dallo scrutinio dei motivi con esso dedotti, senza che ciò comporti declaratoria di inammissibilità del ricorso. 3. Venendo, ora, alla disamina dei motivi illustrati dal difensore, ne va riconosciuta la fondatezza. 3.1. Ciò è a dirsi sebbene non sia censurabile dal punto di vista logico il giudizio di sostanziale incertezza espresso dalla Corte di merito in ordine all’atteggiamento psicologico del D. giudizio formulato in dipendenza del fatto che il materiale probatorio scaturito dalle indagini preliminari evidenziava una netta contrapposizione fra gli apporti testimoniali recati da quanti, genitori e compagni di squadra del C., avevano riferito di un gesto di inutile violenza in una fase di gioco non concitata, e quelli provenienti invece da altri giocatori, che avevano inserito il gesto in un contrasto ravvicinato per il possesso di una palla contendibile da entrambi l’incertezza non era stata rimossa neppure dalle dichiarazioni rese da un teste super partes, quale l’arbitro dell’incontro, essendosi palesata in esse una vistosa contraddittorietà, in quanto descrivevano dapprima l’allargamento delle braccia da parte del D. come un gesto ‘‘fisiologico’’ da parte del calciatore proteso a colpire la palla, mentre in un secondo tempo rendevano noto che l’espulsione del giocatore era stata decretata nella convinzione che la gomitata fosse stata volontaria. 3.2. Senonché - ed in ciò risiede un vizio di omessa disamina che invalida la pronuncia - la Corte d’Appello ha omesso di interrogarsi, una volta esclusa la responsabilità a titolo di dolo per la non concludenza del materiale probatorio acquisito, sulla eventuale configurabilità di un titolo di colpa il che era indubbiamente consentito, non comportando immutazione del fatto contestato, ed era tanto più necessario in quanto alla base del dubbio manifestato nella sentenza si poneva la plausibilità dell’ipotesi alternativa secondo la quale il D. poteva aver ‘‘saltato in maniera irregolare e scomposta, allargando esageratamente le braccia per darsi più spinta nell’elevazione, senza avvedersi in quel preciso momento che dietro di lui c’era il C.’’. 4. S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza agli effetti civili. Il giudice di rinvio, che si designa nel giudice civile competente per valore in grado di appello, secondo il disposto dell’articolo 622 cod. proc. penumero , verificherà se sussista una responsabilità civile dell’imputato in dipendenza della commissione di un illecito penale a titolo di colpa. 4.1. La pronuncia sulle spese nei rapporti fra le parti private seguirà al definitivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.