Ai sensi dell’articolo 156, comma 3, c.p.c, non può essere pronunciata nullità se l’atto ha raggiunto lo scopo al quale era destinato nel caso di specie la ricorrente era sicuramente venuta a conoscenza della misura disciplinare disposta dall’Ordine degli Psicologi.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 4794/13, depositata il 26 febbraio. Il caso. Una psicologa propone opposizione al provvedimento con il quale l’Ordine degli Psicologi le aveva irrogato la sanzione disciplinare della censura, ma le sue richieste non vengono accolte nei due gradi di merito. La donna propone allora ricorso per cassazione. Una notifica inesistente? La psicologa ribadisce che la notifica della delibera con la quale le era stata irrogata la sanzione disciplinare sarebbe da ritenersi inesistente, dato che il postino non le aveva consegnato il plico, sul quale aveva apposto l’irrituale dizione «trasferito» in seguito il provvedimento era stato affisso per dieci giorni nella sede del Consiglio dell’Ordine e all’Albo Pretorio del comune di ultima residenza. La mera affissione costituirebbe peraltro una forma attenuata di conoscenza del provvedimento disciplinare, che, incidendo sulla piena conoscibilità di un atto potenzialmente lesivo della dignità e professionalità del sanzionato, violerebbe gli articolo 2 e 3 della Costituzione. L’atto ha raggiunto il suo scopo. Secondo gli Ermellini le doglianze sollevate non colgono nel segno, essendo prive di ogni nesso con la ratio decidendi della pronuncia di merito. La Corte territoriale, infatti, ha concluso che le irregolarità denunciate dovessero considerarsi sostanzialmente irrilevanti, stante il principio dell’articolo 156, comma 3, c.p.c., secondo il quale non può essere pronunciata nullità se l’atto ha raggiunto lo scopo al quale era destinato nel caso di specie è indubbio che, nonostante la presenza di presunti vizi, la ricorrente era venuta comunque a conoscenza della misura disciplinare, tanto da proporre impugnazione contro di essa. Per questi motivi la S.C. rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 24 gennaio – 26 febbraio 2013, numero 4794 Presidente Berruti – Relatore Amendola Svolgiumento del processo A P. propose opposizione innanzi al Tribunale di Napoli avverso il provvedimento con il quale l'Ordine degli Psicologi della Regione Campania le aveva irrogato la sanzione disciplinare della censura. Con sentenza del 15 ottobre 2008 il giudice adito rigettò l'opposizione. Proposto dalla P. gravame, la Corte d'appello, in data 16 aprile 2009, lo ha respinto. Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte A P. , formulando tre motivi, illustrati anche da memoria. Resiste con controricorso l'Ordine degli Psicologi della Regione Campania. Motivi della decisione 1 Va premesso che la mancata notifica del controricorso, segnalata dalla P. nello scritto difensivo depositato ex articolo 378 cod. proc. civ., non incide sulla ritualità della costituzione dell'Ordine. Dall'attestato prodotto dal resistente ex articolo 372 cod. proc. civ., emerge invero che l'atto fu consegnato all'Ufficio notifiche presso la Corte d'appello di Roma il 12 maggio 2010, tempestivamente, quindi, rispetto a un ricorso notificato il precedente 17 aprile, stante l'operatività del principio della scissione del momento di perfezionamento della notifica per il notificante e per il destinatario articolo 149, ultimo comma, cod. proc. civ. . Peraltro l'impugnante, pur avendo affermato di avere appreso della costituzione in giudizio della controparte solo dalla comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza, non solo non ha fatto valere il ritardo di siffatta conoscenza, chiedendo all'uopo rinvio, ma nella memoria ha piuttosto esplicitato di avere interesse alla sollecita definizione del giudizio. Ne deriva che il contraddittorio deve ritenersi correttamente instaurato. 2 Passando quindi all'esame dei motivi di ricorso, con il primo la ricorrente, senza denunciare la violazione di alcuna specifica norma, torna a sostenere l'inesistenza della notifica della delibera con la quale le era stata irrogata la sanzione disciplinare, posto che l'agente postale non le aveva consegnato il plico, limitandosi ad apporre sullo stesso l'anomala dizione trasferito . A distanza di ben nove mesi da tanto, il provvedimento era poi stato affisso per dieci giorni nella sede del Consiglio dell'Ordine e all'Albo Pretorio del Comune di ultima residenza dell'interessato, ai sensi del quarto comma dell'articolo 27 della legge numero 56 del 1989. In tale contesto, secondo l'esponente, la notifica sarebbe del tutto inesistente e all'atto non potrebbe attribuirsi efficacia alcuna. Con il secondo mezzo l'impugnante, lamentando violazione dell'articolo 27 della legge numero 56 del 1989 e dell'articolo 140 cod. proc. civ., segnala la peculiarità della forma attenuata di conoscenza del provvedimento disciplinare, costituito dalla sua mera affissione, disciplina che, incidendo sulla piena conoscibilità di un atto potenzialmente lesivo della dignità e della professionalità del soggetto sanzionato, violerebbe gli articolo 2 e 3 della Costituzione. Con l'ultimo motivo la ricorrente, deducendo violazione delle medesime norme, evidenzia l'irritualità del termine trasferito apposto dall'agente postale. 3 Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per la loro evidente connessione, non hanno pregio. Anche a prescindere dai profili di inammissibilità derivanti dalla mancata indicazione, nel primo mezzo, delle norme pretesamente violate, le censure sono prive di qualsivoglia nesso con la ratio decidendi del provvedimento della Corte territoriale. A ben vedere, invero, il decidente non si è affatto pronunciato sulla regolarità o meno delle modalità con le quali l'irrogazione della censura era stata portata a conoscenza dell'interessata, ma, richiamato il principio sancito dal terzo comma dell'articolo 156 cod. proc. civ. - per cui la nullità non può essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo al quale era destinato - ha considerato le denunciate irregolarità sostanzialmente irrilevanti. E in tale prospettiva, rilevato che gli eventuali vizi della notificazione non avevano impedito alla P. di venire a conoscenza della misura disciplinare e di impugnarla, ha ritenuto infondati i motivi di gravame volti a farli valere. Ora, la ricorrente, anziché contestare la correttezza giuridica e la tenuta logica di siffatte affermazioni, torna a ribadire, peraltro in termini alquanto criptici, che la notifica era da ritenersi inesistente, senza neppure dedurre che i vulnera che la minavano, erano, perciò stesso, insuscettibili della sanatoria di cui alla norma processuale richiamata dal decidente. 4 In tale contesto la prospettata questione di costituzionalità dell'articolo 27 comma 4, della legge numero 56 del 1989 difetta, a tacer d'altro, di rilevanza, quanto meno sotto il profilo che l'effetto sanante dell'impugnativa dell'atto è statuizione non contestata, né più contestabile, di talché l'eventuale caducazione della norma ad opera del giudice delle leggi non gioverebbe comunque all'impugnante. E invero l'aspecificità delle censure si risolve nella sostanziale assenza di critiche alla scelta decisoria operata dal giudice di merito, con conseguente formazione del giudicato sul punto. Il ricorso è respinto. L'impugnante rifonderà alla controparte vittoriosa le spese del giudizio, nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi , oltre IVA e CPA, come per legge.