Una lesione chirurgica che causa un’infezione mortale: chirurgo a processo

Quando, in pendenza di impugnazione, un reato viene dichiarato estinto per prescrizione, in presenza di una condanna – anche generica – al risarcimento del danno, questa non può essere semplicemente confermata, desumendone la correttezza nella mancata prova dell’innocenza ai sensi del comma 2 dell’art. 129 c.p.p., ma se la motivazione della responsabilità è carente, la sentenza deve essere annullata con rinvio al giudice civile.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 45390 dell’11 novembre 2013. Il caso. La Corte d’appello di Firenze confermava la condanna per omicidio colposo in danno di un medico chirurgo che si era occupato di un intervento di tiroidectomia totale di una donna, poi deceduta. Durante l’operazione chirurgica una piccola lesione della parete tracheale era stata causata dal chirurgo alla paziente, lesione che poi, in assenza di adeguata terapia antibiotica, si era mutata in necrosi suppurativa dell’area chirurgica e sindrome febbrile, che avevano provocato un’imponente emorragia dell’albero respiratorio, causa del decesso della donna. Negligenza e imperizia. I giudici di merito avevano condannato il medico a causa del comportamento ritenuto negligente e imperito. Secondo il capo d’accusa l’imputato non aveva somministrato tempestivamente alla paziente una terapia antibiotica, né aveva proceduto ad informare la stessa in merito alle conseguenze cui sarebbe incorsa in caso di rifiuto di assumere terapia antibiotica. Oltretutto, al sanitario veniva contestato di non aver previsto la necessità di somministrare un antibiotico alla paziente, la quale si era dichiarata allergica a un farmaco, così non considerando ipotesi di farmaci antibiotici alternativi, da utilizzare in caso di necessità. Il rischio della lesione tracheale era infatti molto frequente in contesti operatori quale quello cui la donna si era sottoposta. Il rifiuto della paziente. Censurata sotto molteplici aspetti la sentenza d’appello, la difesa evidenziava come il rifiuto al trattamento antibiotico provenisse dalla diretta interessata e che tale ostacolo terapeutico risultava dalle istanze istruttorie e risalisse già al momento successivo all’intervento, ovvero in quello in cui la paziente era stata trasferita in altra unità di chirurgia, peraltro, secondo la difesa, comportando la conseguente cessazione della posizione di garanzia in capo al medico chirurgo. In quest’ottica, il rifiuto al trattamento antibiotico sarebbe stato causa ostativa all’instaurarsi del processo settico, causa della morte della paziente. Lesione alla trachea primum movens della grave infezione . La lesione cagionata dall’imputato alla trachea aveva dato luogo, secondo i giudici di merito e i periti, alla grave infezione del sito chirurgico e, a cascata, alla suppurazione, al cedimento delle arterie tiroidee e alla massiva e veloce inondazione emorragica dell’albero respiratorio e del canale digerente. Antecedenti causali addebitati L’omessa immediata somministrazione di antibiotici già al momento in cui avveniva la contaminazione del campo operatorio e l’omessa acquisizione, prima dell’intervento chirurgico, del consenso informato al trattamento antibiotico alternativo a quello per cui vi era allergia, costituivano gli antecedenti causali dell’evento letale ascritti all’imputato. specificamente contestati. Avverso tali addebiti il medico, in sede di appello, aveva evidenziato che le omissioni in cui era incorso non avevano avuto effettiva rilevanza causale rispetto alla determinazione della catena produttiva del decesso, atteso che la necessità di somministratore l’antibiotico si era imposta solo successivamente all’intervento e, dunque, secondo la tesi difensiva, era irrilevante non aver ottenuto il previo consenso. Successivamente, invece, gli operatori avrebbero dovuto praticare la terapia antibiotica alternativa a prescindere dal consenso, in considerazione dello stato di narcosi durante l’intervento chirurgico. Nesso eziologico non motivato. La sussistenza del nesso causale – tra le omissioni in cui era incorso l’imputato e l’evento colposo – non era motivata adeguatamente neppure dai giudici d’appello ai quali la difesa aveva specificamente rappresentato obiezioni finalizzate a confutare la tesi secondo cui la mancata somministrazione della terapia antibiotica era dovuta al rifiuto opposto dalla paziente in quanto allergica a tali farmaci. Impossibile prevedere il rifiuto. In sede di anamnesi preoperatoria, secondo la tesi difensiva, sarebbe stato impossibile prevedere per chirurgo e anestesista, che la paziente avrebbe irragionevolmente opposto un rifiuto a sottoporsi a terapia antibiotica diversa da quella a cui aveva dichiarato di essere allergica, rifiuto che, peraltro, proveniva dalla paziente solo allorquando veniva trasferita per il decorso post operatorio. Chi tace Nel recepimento apodittico delle valutazioni dei periti, senza adeguato vaglio critico, si sarebbe manifestato il vizio di motivazione dei giudici d’appello che si erano astenuti dal rispondere alle obiezioni dedotte, relative alla rilevanza causale dell’omessa somministrazione di antibiotico in sede di intervento chirurgico, considerato che a tale omissione ne erano seguite altre per tre giorni, a seguito del trasferimento della paziente e della sua sottrazione alla sfera di protezione in cui opera l’imputato. omette di applicare il principio del c.d. giudizio controfattuale. I giudici di seconda istanza avevano omesso di verificare se, sulla base di un elevato criterio di credibilità razionale e sulla scorta di informazioni scientifiche radicate e affidabili, nonché preso atto delle emergenze fattuali del caso concreto, l’evento colposo si sarebbe verificato anche qualora si fossero prodotte le condotte doverose richieste all’imputato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 luglio - 11 novembre 2013, numero 45390 Presidente Romis – Relatore Casella Ritenuto in fatto Con sentenza in data 2 aprile 2012, la Corte d'appello di Firenze confermava,anche agli effetti della responsabilità civile risarcitoria, la sentenza emessa in data 27 maggio 2011 dal Tribunale di Pisa nei confronti di B.P. , quale imputato del delitto di cui all'art. 589 cod. penumero commesso in data omissis ai danni di F.A. , deceduta a causa di un'imponente emorragia dell'albero respiratorio determinata dalla necrosi suppurativa dell'area chirurgica sopravvenuta dopoché la paziente era stata sottoposta dall'imputato, quale primo operatore del Presidio di day surgery del dipartimento di chirurgia generale dell'Ospedale S. Chiara di , ad intervento di tiroidectomia totale in data omissis . Al B. si contestava, versando in negligenza, imperizia ed impudenza oltreché nella violazione delle regole dell'arte medica, di aver omesso di somministrare tempestivamente alla donna, dopo averle cagionato una piccola lesione di continuo della parete tracheale, adeguata terapia antibiotica, ritenuta indispensabile, di guisa da aver in tal modo provocato un'imponente necrosi suppurativa dell'area chirurgica e sindrome febbrile. Né il sanitario informò la paziente, in violazione delle prescrizioni in materia di consenso informato, che il rifiuto di assumere detta terapia avrebbe comportato il rischio di morte. In parziale riforma della sentenza di primo grado, era rideterminata in riduzione, la pena ed era riconosciuto d'ufficio all'imputato anche il beneficio della non menzione. La Corte d'appello ha ritenuto di condividere l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato formulata dal Giudice di prime cure in considerazione del suo comportamento negligente ed imperito. Il sanitario non previde la necessità della somministrazione di un trattamento antibiotico alternativo a quello al quale la paziente si era dichiarata allergica né l’eventualità, assai frequente, di una lesione tracheale conseguente allo specifico atto operatorio praticatole. La mancata previsione di dover attuare un trattamento terapeutico a base di antibiotici alternativi influì certamente sulla tempestività della somministrazione del farmaco stesso, nel momento in cui si verificò il concretizzarsi dello specifico rischio, a seguito della lesione tracheale. Entrambe le omissioni hanno integrato, secondo i Giudici di seconda istanza, concausa efficiente dell'evento, unitamente a talune condotte ed omissioni comunque risalenti ad altri medici che ebbero ad occuparsi della paziente nel decorso post-operatorio. Propone ricorso per cassazione l'imputato tramite il difensore, articolando quattro motivi per vizi di violazione di legge e per vizio di motivazione, così sintetizzati. Con il primo motivo, si duole della violazione di legge e del vizio di omessa motivazione in relazione alla rilevanza, puntualmente sottolineata in atto d'appello, del rifiuto della terapia antibiotica da parte della paziente rifiuto espressamente intervenuto, come dimostrato dalle risultanze istruttorie, già dal giorno successivo all'intervento, al momento del trasferimento nella unità di chirurgia due i cui sanitari avevano ritenuto di prescrivere siffatta terapia. Detto rifiuto e non invece la mancata predisposizione di un piano terapeutico alternativo protrattosi fino al giorno omissis allorché si palesò l'insorgenza della infezione impedì di contrastare, con la dovuta tempestività, l'instaurarsi del processo settico causa della morte della paziente , successivamente al suo trasferimento nel reparto di chirurgia due, con la conseguente cessazione di ogni posizione di garanzia gravante sull'imputato. Con il secondo motivo denunzia il difensore il medesimo vizio di omessa ed illogica motivazione in punto alla ritenuta sussistenza del nesso di causa tra le condotte omissiva ascritta all'imputato e l'evento letale, attenendo, secondo il difensore, siffatta tematica al profilo della colpa e non del nesso eziologico. Con il terzo motivo lamenta l'imputato ancora il vizio di omessa motivazione in ordine alla determinazione della pena base nella misura di un anno di reclusione ovvero pari al doppio del minimo edittale. Con il quarto motivo, si censura la sentenza impugnata per il mancato esame dello specifico motivo d'appello proposto in relazione alla eccessività della somma liquidata a titolo di provvisionale in favore delle parti civili. Considerato in diritto Rileva preliminarmente il Collegio, ex art. 129 cod. proc. penumero , che il delitto di omicidio colposo ascritto all'imputato va dichiarato estinto per maturata prescrizione, in difetto di cause di sospensione. In data 20 gennaio 2013 successivamente alla pronunzia della sentenza d'appello - deve ritenersi definitivamente giunto a compimento, il termine massimo di anni sette e mesi sei decorrente dalla data di consumazione del reato OMISSIS termine calcolato in applicazione degli artt. 157, commi 1 numero 4 e comma 2 e 160 cod. penumero , nel testo vigente all'epoca del fatto, posto l'avvenuto riconoscimento all'imputato delle attenuanti generiche con statuizione della sentenza di primo grado confermata da quella d'appello. Deve altresì annotarsi che, in ogni caso, la durata di detto termine non ha subito variazioni di sorta, a seguito della entrata in vigore della novella in data 8 dicembre 2005 e quindi dopo la consumazione del reato, ma anteriormente alla pronunzia della sentenza di condanna di primo grado tenuto conto delle sostanziali modificazioni apportate all'originario testo degli artt. 157, commi 1, 2 e 3 e 161 cod. penumero , dovendosi prescindere dall' applicazione delle attenuanti generiche art. 10, comma 2 della legge numero 251 del 2005 . Il ricorso non presenta peraltro profili di inammissibilità ostativi al rilievo della prescrizione alla stregua del consolidato e prevalente insegnamento della giurisprudenza di questa Corte cfr. ex multis S.U. numero 32 / 2000 Sez. 4 numero 18641/2004 S.U. numero 23428/2001 , secondo cui l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. penumero . Come già emerge, in particolare dal primo e dal secondo motivo di ricorso come riassunti in narrativa, a cui si rinvia , l'impugnazione prospetta invero doglianze concernenti tematiche non solo relative a vizi motivazionali ma attinenti, nella sostanza, a vizi di erronea interpretazione od applicazione della legge penale e civile, in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso eziologico ed ai profili di colpa contestati. Neppure tuttavia sussistono le condizioni di legge per la sussumibilità del caso nella previsione dell'art. 129, 2 comma cod. proc. penumero Il sindacato di legittimità ai fini dell'eventuale applicazione dell'art. 129, secondo comma cod.proc. penumero resta invero circoscritto all'accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell'insussistenza del fatto o dell'estraneità ad esso dell'imputato risulti, ictu oculi , evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l'operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata. Qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall'art. 129 cod. proc. penumero , l'esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all'imputato, prevale l'esigenza della definizione immediata del processo. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel caso in cui già risulti una causa di estinzione del reato, financo la sussistenza di una nullità pur se di ordine generale non è rilevabile nel giudizio di cassazione, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva in tal senso, ex plurimis S. U. numero 1021 / 2001 S. U. numero 35490/2009 . Resta altresì precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti, agli effetti penali, finalizzato ad un eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione sia con riferimento alle valutazioni del compendio probatorio, sia con riferimento al vaglio delle altre deduzioni . Nella concreta fattispecie deve rilevarsi che la Corte distrettuale, nel far luogo alla reiezione dei motivi d'appello, ha ritenuto di confermare,con motivazione obiettivamente carente volendo in sintesi anticipare quanto in appresso si preciserà agli effetti del disposto dell'art. 578 cod. proc. penumero la ricorrenza del nesso di causalità in rapporto alle omissioni colposamente ascritte all'imputato ed in particolare in riferimento alla mancata somministrazione dell'antibiotico durante l'intervento chirurgico di tiroidectomia totale, eseguito dall'imputato. L'impugnata sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio, ai fini penali, perché il reato è estinto per prescrizione ovviamente restando assorbito in detta statuizione l'esame del terzo motivo di ricorso, attinente alla commisurazione del trattamento sanzionatorio. La declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione comporta, ex art. 578 cod.proc.penumero l'obbligo di esaminare compiutamente i restanti motivi di impugnazione, e, di conseguenza, anche il materiale probatorio acquisito, ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili in tal senso, ex plurimis , S. U. numero 35490/2009, Tettamanti . Né può giungersi alla conferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno sancita dal Giudice di prime cure e condivisa dalla Corte d'appello in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo quanto previsto dall'art. 129, comma 2 cod.proc.penumero . Le censure dedotte con il primo e con il secondo motivo di ricorso assumono certamente rilievo per quel che riguarda le statuizioni della Corte d'appello concernenti gli effetti civili, e si presentano, al riguardo, fondate per le ragioni di seguito indicate. Entrambi i Giudici di merito, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti mutuando peraltro il proprio convincimento dall'esito degli accertamenti peritali disposti d'ufficio hanno affermato che, pur avendo rappresentato la lesione di continuo alla trachea cagionata dal B. nel corso dell'intervento di tiroidectomia, un'evenienza possibile e non rara in tale tipo di atto chirurgico, la stessa ha dato luogo, quale primum movens , alla grave forma di infezione del sito chirurgico da cui è conseguita la suppurazione che come si legge nella motivazione della sentenza di primo grado - fgl.3 ha determinato, con criterio di elevata probabilità, un cedimento delle arterie tiroidee che attraverso la soluzione di continuo della parete laterale destra della trachea ha prodotto una massiva e veloce inondazione emorragica dell'albero respiratorio e successivamente del canale digerente causa prossima del decesso della paziente. Ora gli antecedenti causali dell'evento, risalenti al B. , dovevano individuarsi 1-nell'omessa, immediata somministrazione di terapia antibiotica, già al momento della contaminazione del campo operatorio 2- nell'omessa acquisizione del consenso della paziente al trattamento antibiotico alternativo prima dell'intervento chirurgico, attesa la riferita allergia allo Zimox. Ora l'imputato con i motivi d'appello diffusamente riportati in parte narrativa dalla sentenza impugnata ebbe espressamente a contestare che siffatte omissioni specificamente a lui addebitate avessero avuto effettiva rilevanza rispetto alla determinazione della catena causale produttiva del decesso. Argomentò invero la difesa che, essendosi manifestata la necessità della somministrazione della terapia antibiotica, solamente al momento della produzione della lesione tracheale,a nulla avrebbe rilevato l'omessa acquisizione del preventivo consenso informato della paziente ad una terapia antibiotica alternativa. Essendo già nota l'allergia allo Zimox, gli operatori avrebbero dovuto comunque praticare la terapia antibiotica alternativa, a prescindere dal consenso della paziente peraltro in stato di narcosi durante l'intervento chirurgico. Peraltro - chiosò ancora la difesa - l'omessa somministrazione di tali farmaci da parte del B. era risultata comunque preclusa dall'espresso rifiuto a siffatta terapia, ribadita dalla paziente, fermo il fatto che, comunque, durante l'intervento avrebbe potuto procedersi ad un'unica somministrazione, sostanzialmente irrilevante a fini terapeutici. Infatti, dal giorno successivo OMISSIS la paziente fu trasferita al reparto di chirurgia due con la conseguente cessazione della posizione di garanzia facente capo all'imputato. Orbene, come denunziato dal ricorrente, la Corte d'appello ha di fatto eluso l'obbligo della motivazione in punto alla sussistenza del nesso eziologico, attenendo sostanzialmente l'apparato argomentativo della sentenza impugnata, ai soli profili di colpa contestati. Né i Giudici di seconda istanza hanno preso in considerazione le specifiche obiezioni svolte dall'imputato a confutazione dell'assunto del Tribunale che ebbe ad escludere che la mancata somministrazione della terapia antibiotica fu dovuta al rifiuto opposto dalla paziente in ragione dell'allergia a tali farmaci di cui era portatrice, sul rilevo della mancata sottoscrizione della F. in calce alla relativa notazione della cartella clinica cfr. fgl. 6 della sentenza di primo grado . Sotto il profilo invero più strettamente attinente all'addebito di mancanza di diligenza e di prudenza quale ulteriore elemento causale della colpa contestata al B. il difensore dell'imputato ha introdotto l'ulteriore censura sulla quale la Corte distrettuale neppure si è pronunziata secondo cui sarebbe stato impossibile prevedere per il chirurgo e per l'anestesista, in sede di anamnesi preoperatoria, che la paziente, pur avendo riferito dell'allergia allo Zimox, avrebbe poi irragionevolmente rifiutato di sottoporsi ad una qualsiasi terapia antibiotica a base di farmaci contenenti principi attivi diversi, come tale priva di rischi. Ha inoltre evidenziato il ricorrente che detto rifiuto, secondo quanto attestato dalle annotazioni della cartella clinica trascritte nei motivi d'appello, si manifestò a partire dal OMISSIS allorché i medici del reparto di chirurgia due, ove la donna era stata trasferita dopo l'intervento subito il giorno precedente pur il presenza di decorso operatorio del tutto regolare, ritennero di prescrivere terapia antibiotica, avuto riguardo alla presenza della lesione tracheale di continuo. Né può sfuggire il lamentato vizio di carenza della motivazione in punto alla incidenza causale o concausale dell'altra omissione colposamente addebitata al B. , per non aver somministrato farmaci antibiotici alternativi alla paziente durante l'intervento ri tiroidectomia, una volta prodotta la suddetta lesione tracheale. Anche siffatto punto della decisione di primo grado era stata devoluta alla Corte distrettuale con specifico motivo di gravame. Al riguardo, la motivazione della sentenza impugnata contiene testualmente siffatto lapidario accenno è ozioso chiedersi quale sarebbe stato l'ultimo momento utile per effettuare la somministrazione ed evitare l'evento letale , mostrando di recepire senza alcun doveroso vaglio critico, l'apodittica affermazione dei periti circa la necessità di agire in tal senso, non appena fu prodotta la lesione alla trachea. In sostanza i Giudici di seconda istanza non hanno risposto all'obiezione dedotta dalla difesa circa la rilevanza causale, rispetto al sopravvenire del decesso, di aver omesso un'unica somministrazione di antibiotico a fonte del perpetuarsi della stessa omissione per tre giorni dopo il trasferimento della paziente, in data OMISSIS , nel reparto di chirurgia due a cagione del rifiuto di costei e della pacifica insorgenza dei primi sintomi dell'infezione, solamente a partire dal giorno OMISSIS . In conclusione, la Corte d'appello ha omesso di verificare in applicazione del c.d. giudizio controfattuale, se, qualora fosse stata attuata la condotta doverosa, colposamente omessa, l'evento non si sarebbe prodotto secondo un elevato criterio di credibilità razionale, sulla scorta di affidabili e consolidate informazioni scientifiche e delle specifiche emergenze fattuali del caso concreto. La sentenza impugnata va, dunque, annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello che provvedere altresì al regolamento delle spese tra le parti anche per il presente giudizio. Giova infine per completezza ancora precisare che, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite con la citata sentenza numero 35490/2009, non potrebbe in alcun modo pervenirsi all'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, anche ai fini penali per essere stati rilevati vizi nel percorso motivazionale seguito dal giudice dell'appello, all'esito dell'approfondimento probatorio reso indispensabile, pur in presenza della causa estintiva del reato, dalla necessità di pronunciare in ordine alle statuizioni agli effetti civili della sentenza impugnata, il principio enunciato dalle Sezioni Unite - circa la prevalenza della formula di proscioglimento, per prova insufficiente o contraddittoria, sulla causa di non punibilità - riguarda i casi in cui il giudice dell'appello a abbia ritenuto sussistente un compendio probatorio contraddittorio o insufficiente, all'esito di un compiuto esame reso indispensabile dalla necessità di provvedere anche sulle statuizioni civili, in virtù di quanto disposto dall'art. 578 cod.proc.penumero b abbia giudicato infondato un appello del P.M. avverso una sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado ai sensi del secondo comma dell'art. 530 cod.proc.penumero . Orbene, in presenza della parte civile e delle conseguenti statuizioni agli effetti civili pronunziate dal giudice di appello a conferma della sentenza di condanna di primo grado, ove si faccia luogo, in sede di giudizio di legittimità a declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, come è avvenuto nella concreta fattispecie, eventuali vizi motivazionali non possono che rilevare ai soli effetti civili, dovendo la vicenda penale considerarsi ormai definitivamente conclusa con la declaratoria di estinzione del reato,fatta salva, ovviamente, l'evidenza della prova dell'innocenza evidenza, di certo non rilevabile nel caso in esame, come già si è detto e ciò, perché - come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la citata sentenza Tettamanti numero 35490/2009 - il rinvio del procedimento per nuovo esame del giudice del merito sul versante penale risulta del tutto incompatibile con l'obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. La proposta doglianza sostanzialmente concernente la pretesa eccessività della somma di denaro liquidata a titolo di provvisionale, non è deducibile con il ricorso per cassazione, tenuto conto del condivisibile e consolidato indirizzo interpretativo delineatosi nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui le questioni concernenti le statuizioni relative alla provvisionale non sono deducibili in sede di legittimità in termini, cfr. Sez. 2 numero 36536/2003 rv.226454 Sez. 4 numero 34791/2010 rv. 248348 . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ai fini penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla la sentenza stessa, ai fini civili, e rinvia al giudice civile competente per valore in grado d'appello al quale rimette la regolamentazione delle spese tra le parti anche per questo giudizio.