La registrazione fonografica costituisce piena prova anche se effettuata dietro suggerimento o su incarico della polizia giudiziaria.
A sottolinearlo ci ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 43898/2012, depositata il 13 novembre. La fattispecie. Il direttore di un centro di ristoro costringeva la sua vice a farsi palpeggiare i seni, le cosce e il sedere. La donna, dopo sei mesi di abusi, decideva di sporgere formale querela per aver subito molestie sessuali da parte del direttore dell’autobar che a sua volta, avuto conoscenza del procedimento a suo carico, sporgeva denuncia per calunnia nei confronti della donna. Direttore incastrato da una registrazione fonografica All’esito del giudizio di primo grado, l’uomo veniva condannato alla pena di 2 anni di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. Verdetto, questo, confermato in sede di appello. L’imputato presenta così ricorso per cassazione. La Corte Suprema ha prima di tutto confermato la piena capacità a deporre come teste della persona offesa. E, inoltre, sottolinea che l’accusa, nel giudizio di merito, aveva potuto contare sulla registrazione fonografica raccolta sul luogo di lavoro. che è una prova documentale pienamente utilizzabile. Tale registrazione – precisa la S.C. – ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, «è prova documentale pienamente utilizzabile quantunque effettuata dietro suggerimento o su incarico della polizia giudiziaria», trattandosi, in ogni caso, di registrazione operata da persona protagonista della conversazione, «estranea agli apparati investigativi e pienamente legittimata a rendere testimonianza nel processo». Sì alla costituzione di parte civile del datore di lavoro. In conclusione, le condotte di abuso sessuale risultano provate e la Corte di legittimità, prima di rigettare il ricorso, conferma l’ammissibilità della costituzione di parte civile della società datrice di lavoro, che aveva prospettato un grave nocumento all’immagine dell’azienda.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 ottobre – 13 novembre 2012, numero 43898 Presidente Gentile – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. L.T.U. era imputato del delitto p. e p. dagli articolo 81 cpv., 61 numero II e 609 bis C.P., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con violenza rappresentata dal compimento insidiosamente rapido dell'azione di abuso sessuale, cosi venendo a superare la contraria volontà del soggetto passivo, costringeva D.A. , dipendente di Autogrill S.p.a. ed impiegata presso l’Autobar omissis - di cui egli era Direttore - a subire, con frequenza quasi quotidiana, atti sessuali e segnatamente, l'energica palpazione dei seni, delle cosce e del sedere, anche, in una occasione, afferrando la donna da tergo, facendo aderire il proprio corpo a quello di lei con l'aggravante di avere commesso il fatto con abuso di prestazione d'opera in omissis . 2. Il 13 maggio 2004 D.A. sporgeva formale querela per avere subito in più occasioni, a partire dalla fine di omissis , molestie sessuali da parte di L.T.U. , direttore dell'autobar omissis sito in omissis presso il quale la parte offesa lavorava in qualità di vice direttrice. La sezione di Polizia Giudiziaria, acquisiva in data 24/9/2004, una microcassetta che la parte offesa aveva dichiarato essere frutto della registrazione di alcuni colloqui con l'imputato, nonché una relazione della psicologa, dott.ssa R.E. , sulla persona della D. e una dell'Avv. Ra.Anumero dell'associazione Arcidonna di Napoli. 3. Avuta conoscenza del procedimento, il L.T. sporgeva denuncia per calunnia nei confronti della D. di cui il P.M. chiedeva l'archiviazione. Il L.T. si opponeva ex articolo 409 e 410 C.P.P., ma il G.I.P., all'esito d'udienza in camera di consiglio, disponeva l'archiviazione della denuncia. 4. Nel corso del dibattimento venivano sentiti numerosi testimoni, ed era acquisita la microcassetta unitamente alla trascrizione, nonché veniva sentito il consulente tecnico della difesa. Con sentenza in data 11/01/2008 il Tribunale di Padova dichiarava L.T.U. colpevole del reato ascritto e, riconosciuta la circostanza attenuante ex articolo 609 bis ultimo comma c.p. prevalente sull'aggravante contestata, lo condannava alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali condannava l'imputato al risarcimento dei danni in favore di entrambe le parti civili, da liquidarsi in separato giudizio condannava l'imputato al pagamento di una provvisionale, provvisoriamente esecutiva, in favore della parte civile D.A. , che quantificava in Euro 10.000 condannava l'imputato alla rifusione delle spese di costituzione in giudizio sostenute dalle parti civili applicava all'imputato le pene accessorie di cui all'articolo 609 nonies c.p. concedeva all'imputato la sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della provvisionale entro il termine di giorni 60 dal passaggio in giudicato della sentenza. 5. Questa pronuncia veniva appellata dall'imputato che lamentava in particolare la nullità del decreto che disponeva il giudizio e di tutti gli atti successivi per violazione degli articolo 417 e 429 co. 2 c.p.p. in relazione all'articolo 178, lett. c , c.p.p. nullità dell'ordinanza istruttoria del 7.2.2006 e delle successive ordinanze di rinnovazione del dibattimento deduceva la violazione del diritto alla prova poiché alla difesa era stato negato di porre domande sulla personalità della persona offesa, sul suo passato familiare e sentimentale, sul suo stato di salute, nonché sui rapporti con il direttore nel precedente posto di lavoro. 6. La Corte d'appello di Venezia con sentenza del 26 settembre 2011 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Padova il 9.6.2005 ed impugnata dall'imputato L.U. che condannava al pagamento delle ulteriori spese del grado. Condannava inoltre l'imputato al pagamento delle spese di assistenza legale delle parti civili. 7. Avverso questa pronuncia l'imputato propone ricorso per cassazione con plurimi motivi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è articolato in otto motivi. In particolare il ricorrente si duole della nullità del decreto di citazione a giudizio per genericità degli addebiti oltre che della mancata rinnovazione del dibattimento primo motivo . Censura poi la sentenza impugnata per vizio di motivazione, nonché travisamento di fatti in relazione all'accertamento dell'elemento soggettivo del reato di violenza sessuale e perché totalmente carente sotto il profilo logico-giuridico essendo fondata su assunti probatori totalmente insufficienti e contrastati secondo motivo , in particolare il ricorrente assume che la parte offesa avrebbe reso una deposizione testimoniale inficiata da contraddittorietà. il ricorrente passa in rassegna le varie deposizioni testimoniali per trarne elementi che varrebbero ad inficiare la deposizione della parte offesa. Il ricorrente lamenta inoltre la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'articolo 546, lettera e , c.p.p. sotto il profilo dell'omessa motivazione in ordine all'accertamento dell'elemento soggettivo del reato terzo motivo la nullità della ordinanza del 7 febbraio 2006 di ammissione della società Autogrill come parte civile quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'applicazione degli articolo 133 e 165 c.p. quinto motivo si duole della quantificazione del danno sesto motivo eccepisce la nullità dell'ordinanza del 17 gennaio 2008 di rigetto dell'istanza di rinvio per impedimento settimo motivo censura infine l'applicazione delle pene accessorie ottavo motivo . 2. Il ricorso - che in sostanza riproduce l'atto d'appello tanto da riportare nelle conclusioni la richiesta di annullamento della sentenza del tribunale di Padova - è infondato in tutti i suoi motivi che possono essere esaminati congiuntamente. 3. Nel l'esaminare la proposta eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio, correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che dalla lettura dell'imputazione emerge con chiarezza in che cosa siano consistiti i fatti, in quali circostanze e dove essi si siano verificati e con quali modalità, di talché l'imprecisione sulla data di cessazione di tale condotta a fine OMISSIS , anziché al OMISSIS , non incideva sulla puntualità della contestazione. Né ciò rileva al fine della prescrizione del reato. Per quanto attiene all'altra ordinanza, pronunciata in pari data, con la quale il Tribunale di Padova ha escluso per superfluità limitando l'audizione ad un solo teste a scelta della difesa alcune prove orali, è sufficiente rilevare che rientra nelle facoltà del giudice del merito negare l'ammissione di una testimonianza, quando appare evidente la sua irrilevanza per superfluità, scarsa o mancata attinenza con il tema del processo ovvero per altre ragioni obiettivamente risultanti prima che la prova o la testimonianza siano assunte Cass., sez. 4, 7 febbraio 1996 - 16 maggio 1966, numero 4966 cfr. anche Cass., sez. 5, 9 novembre 1998 - 12 febbraio 1999, numero 1798 . Nella specie la superfluità risultava anche dalla assoluta genericità del capitolato difensivo stante anche la puntuale prescrizione del comma 3 bis dell'articolo 472 c.p.p. che prevede che nei procedimenti relativo ai delitti previsti dagli articolo 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter e 609-octies del codice penale non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto. Né è pertinente il richiamo dell'articolo 196, comma secondo, c.p.p., poiché la capacità a testimoniare è presunta fino a prova del contrario e - come ha avuto modo di rilevare la Corte d'appello - da nessuno degli atti processuali, compreso l'esame dibattimentale della parte offesa D. , poteva inferirsi una sua incapacità a rendere testimonianza. Conclusivamente, non sussisteva alcun motivo per procedere ad una rinnovazione del dibattimento in appello, stante la completa ed estesa istruzione dibattimentale del giudizio di primo grado. 4. In via sempre preliminare deve poi rilevarsi che motivatamente la Corte d'appello ha ritenuto che la certificazione medica prodotta dalla difesa non è idonea ad integrare la prova necessaria ad un rinvio per legittimo impedimento. Infatti la malattia certificata deve essere tale da determinare un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall'imputato e a lui non ascrivibile. Nella specie invece la certificazione medica era priva di questa specificità. 5. In ordine al merito dell'accusa, occorre preliminarmente osservare la piena capacità della persona offesa, D.A. , a deporre come teste. Questa Corte Cass., sez. unumero , 17 dicembre 2009 - 29 marzo 2010, numero 12067 ha affermato in proposito che non sussiste incompatibilità ad assumere l'ufficio di testimone per la persona già indagata in procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12, comma primo lett. c , cod. proc. penumero o per reato probatoriamente collegato, definito con provvedimento di archiviazione. Ed infatti la disciplina limitativa della capacità di testimoniare prevista dagli articolo 197, comma primo lett. a e b , 197 bis, e 210 cod. proc. penumero si applica solo all'imputato, al quale è equiparata la persona indagata nonché il soggetto già imputato, salvo che sia stato irrevocabilmente prosciolto per non aver commesso il fatto, nel qual caso non trovano applicazione i commi terzo e sesto dell'ari. 197 bis, cod. proc. penumero . È solo il soggetto che rivesta la qualità di imputato in procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12, comma primo lett. c , cod. proc. penumero o collegato probatoriamente, anche se persona offesa dal reato, che deve essere assunto nel procedimento relativo al reato connesso o collegato con le forme previste per la testimonianza cosiddetta assistita . 6. Nel ricorso - come già nell'atto d'appello - il ricorrente sostiene la non credibilità della versione della querelante in ordine al numero ed alla frequenza delle molestie, tenuto conto del limitato periodo lavorativo dalla impossibilità di poter porre in essere delle molestie senza testimoni sul luogo di lavoro. In realtà - ha puntualmente osservato la Corte d'appello - dalla lettura delle dichiarazioni della persona offesa risultava quali fossero stati gli accorgimenti adoperati dal L.T. per porre in essere le sue avances senza che gli altri dipendenti se ne avvedessero. All'apprezzamento di merito delle risultanze della deposizione della stessa parte offesa si è poi aggiunta la registrazione fonografica perché raccolta da quest'ultima sul luogo di lavoro. In proposito questa Corte Cass., sez. 6, 24 febbraio 2009 - 22 aprile 2009, numero 16986 ha affermato che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, è prova documentale pienamente utilizzabile quantunque effettuata dietro suggerimento o su incarico della polizia giudiziaria, trattandosi, in ogni caso, di registrazione operata da persona protagonista della conversazione, estranea agli apparati investigativi e pienamente legittimata a rendere testimonianza nel processo. Nel merito della registrazione, quale risultante dalla trascrizione prodotta dal PM e contenuta negli atti dibattimentali, la Corte d'appello ha rilevato che emergeva un episodio caratterizzato da uno schiaffo subito dall'imputato la parte offesa si lamentava e chiedeva all'altro di smetterla con invito all'uomo di fare il bravo e di smetterla . Il contenuto della registrazione rappresentava una prova diretta delle molestie subite dalla parte offesa ed una conferma dell'attendibilità della sua deposizione. La Corte d'appello non ha poi mancato di rilevare che esistevano anche ulteriori conferme sia pure indirette della denuncia della parte offesa rappresentate dalla dichiarazioni delle sorelle A.A. e C. che hanno ricordato in dibattimento l'esistenza di precise confidenze sul punto, come ricevute dalla parte offesa a partire dal mese di novembre, di quanto le stava accadendo nell'ambito lavorativo, dapprima telefonicamente e dopo di persona in occasione delle festività natalizie. Di analogo tenore erano state le dichiarazioni rese dal teste Ac.Pa. capoarea per la Soc. Autogrill che ricevette le confidenze della D. nel corso di un colloquio avvenuto nel OMISSIS , ben prima della proposizione della querela. Anche il teste S.L. , compagno della D. , aveva riferito di aver avuto conoscenza delle difficoltà che si erano venute a creare fra la fidanzata e l'imputato peraltro, egli aveva già notato un mutamento d'umore nella giovane con frequenti crisi di pianto. Conclusivamente, può dirsi che la Corte d'appello, confermando peraltro il convincimento del giudice di primo grado, ha motivatamente ritenuto che le condotte di abuso sessuale subite dalla parte offesa risultano provate. 7. Ammissibile era la costituzione di parte civile della società Autogrill SPA venga che aveva prospettato un grave nocumento all'immagine dell'azienda, per effetto di una condotta illecita perpetrata da un dipendente con mansioni di Direttore in danno di altra dipendente, anche in ragione dell'eco che la vicenda aveva avuto sulla stampa. Cfr. Cass., sez. 1, 2 marzo 2005 - 12 aprile 2005, numero 13408, che ha affermato che il danneggiato dal reato è legittimato a proporre l'azione civile nel processo penale per il risarcimento dei danni che assume aver subito, indipendentemente dalle azioni proposte o proponibili dalla persona offesa, che restano autonome e distinte. 8. La pena di anni 1 e mesi 8 rappresenta quella minima edittale previa concessione dell'attenuante speciale con carattere di prevalenza sulla contestata aggravante , con un aumento di mesi 2 per la continuazione, aumento adeguato alla pluralità degli episodi. Le pene accessorie sono state conseguenziali. 9. Non è censurabile in sede di legittimità la liquidazione della provvisionale, che è stata correttamente quantificata dai primi giudici con riferimento al danno cagionato alla persona offesa. Cfr. Cass., sez. 4, 23 giugno 2010 - 27 settembre 2010, numero 34791, che ha affermato che non è deducibile con il ricorso per cassazione la questione relativa alla pretesa eccessività della somma di denaro liquidata a titolo di provvisionale. 10. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese della parte civile nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla parte civile e liquida per compenso in complessivi Euro 1600 oltre Iva ed accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03.