In caso di fusione per incorporazione tra società, seguita dalla cessione dell’azienda dalla società incorporante ad altro soggetto, ove il processo sia stato interrotto, onde evitare la sua estinzione, è sufficiente il deposito presso la cancelleria del giudice dell’atto di prosecuzione del giudizio anche nel caso in cui questo sia stato notificato solo nei confronti del cessionario, potendo il difetto di notifica essere sanato attraverso l’ordine d’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’incorporante.
Il caso affrontato dalla prima sezione della Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 17964, depositata in data 11 settembre 2015, concerne una sentenza di appello con cui era annullata la dichiarazione di estinzione del giudizio di primo grado. I giudici di nomofilachia condividevano il ragionamento seguito dal giudice di secondo grado giacché aderente all’orientamento già espresso in materia dall’organo di legittimità. Il fatto. La vicenda trae origine dall’interruzione del processo a seguito all’incorporazione di una banca in un altro istituto di credito. La controparte, mediante tempestivo deposito del ricorso per la riassunzione del giudizio, aveva poi eseguito la notificazione dell’atto soltanto nei confronti della banca incorporata e non anche nei confronti dell’incorporante. Sebbene nei confronti di quest’ultima la notificazione fosse stata eseguita in epoca successiva, nel termine concesso all’uopo dal giudice per la necessaria integrazione del contraddittorio, il Tribunale aveva comunque dichiarato l’estinzione del processo. Avverso la sentenza proponeva appello il soccombente censurando, principalmente, la circostanza relativa al difetto di legittimazione della Banca incorporata ad eccepire l’estinzione del processo, stante la natura delle norme sull’estinzione e riassunzione destinate a tutelare la parte colpita dall’evento interruttivo, nonché la circostanza relativa all’efficacia sanante della costituzione della banca incorporata con conseguente integrazione del contraddittorio nei confronti dell’istituto incorporante. La Corte di Appello accoglieva il gravame, accertando l’inesistenza di una causa estintiva del processo, annullando la pronuncia di primo grado e disponendo la riassunzione del processo. Avverso la pronuncia proponeva ricorso per cassazione l’istituto che, nelle more, era subentrato quale cessionario dei crediti eccependo la violazione di legge, nonché la contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della questione. Per evitare l’estinzione del processo è sufficiente il deposito dell’atto di prosecuzione del giudizio. La Cassazione rigettava il ricorso, sostenendo come il giudice di seconde cure avesse correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità affermatasi sul punto. Tale orientamento sosteneva che, venutasi a verificare una causa di interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione dello stesso, depositato il ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione dell’udienza, il rapporto processuale si sarebbe ristabilito, con perfezionamento della riassunzione. Nessuna preclusione dall’errata identificazione del cessionario. Invero nessun ostacolo in tal senso, secondo ilgiudici di nomofilachia, può essere rappresentato dall’esistenza di un errore in ordine alla identificazione della controparte, dal momento che ai sensi dell’articolo 156 c.p.c. Rilevanza della nullità , un ricorso è valido quando contenga gli elementi necessari e sufficienti ad identificare il giudizio che si vuole far proseguire. Con la conseguenza che, in ipotesi come quella oggetto dell’odierna vicenda, l’incompletezza del contraddittorio può essere sanata con l’ordine del giudice di eseguire la notificazione nei confronti della società incorporante.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 21 maggio – 11 settembre 2015, numero 17964 Presidente Forte – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. I1 Tribunale di Caltagirone, con sentenza numero 344/2005, emessa il 29 settembre 2005, ha dichiarato l'estinzione del processo, interrotto a seguito dell'incorporazione del Banco di Sicilia s.p.a. in Capitalia s.p.a. e riassunto dal D.B. con ricorso depositato in termini ma notificato tempestivamente solo nei confronti del Banco di Sicilia e non anche di Capitalia nei cui confronti l'atto di riassunzione è stato notificato solo successivamente, nel nuovo termine concesso a tal fine dal giudice istruttore che ha rilevato la necessità dell'integrazione del contraddittorio. 2. Ha proposto appello V.D.B Ha censurato la sentenza di primo grado in primo luogo perché il Banco di Sicilia s.p.a. non era legittimato a eccepire l'estinzione del processo in luogo di Capitalia s.p.a. dal momento che le norme sulla riassunzione ed estinzione del processo sono destinate a tutelare il contraddittorio della parte colpita dall'evento interruttivo. In secondo luogo l'appellante ha rilevato che il Tribunale non ha tenuto conto in primo luogo del fatto che la s.p.a. Banco di Sicilia è stata scissa da Capitalia s.p.a. prima ancora che la fusione, stipulata il 18 giugno 2002 con espressa decorrenza dal 1 luglio 2002, tra Capitalia e Banco di Sicilia avesse efficacia. In secondo luogo non ha tenuto conto della circostanza per cui, con atto del 21 giugno 2002, il ramo d'azienda costituito dall'appena incorporato Banco di Sicilia era stato ceduto a una società del Gruppo Capitalia venutasi a denominare Banco di Sicilia Società per Azioni. Nonostante la fusione il Banco di Sicilia non ha quindi subito alcuna modifica sostanziale nella denominazione sociale e nel 'atiità di impresa. Inoltre l'appellante ha rilevato che il primo giudice non ha rilevato che la vocatio in ius ha raggiunto il suo scopo con la costituzione del Banco di Sicilia che ha avuto efficacia sanante di ogni vizio e ha consentito l'integrazione, regolarmente adempiuta, del contraddittorio nei confronti di Capitalia. 3. La Corte di appello di Catania, con la sentenza numero 1317/2010, ha accertato l'insussistenza della causa di estinzione del giudizio di primo grado e di conseguenza ha annullato la pronuncia del Tribunale di Caltagirone davanti al quale ha disposto la riassunzione del processo ex articolo 354 comma 2 c.p.c. 4. Ricorre per cassazione Unicredit Credit Management Bank s.p.a., nella qualità di incorporante di Aspra Finance s.p.a., società cessionaria dei crediti della s.p.a. Banco di Sicilia, deducendo violazione degli articolo 110 e 111 primo e secondo comma, degli articolo 291, 300, 302, 305 e 307 C.P.C. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa n fatto controverso e decisivo per il giudizio. 5. Si difendono con controricorsi la cooperativa Agricola Alleanza A.Z. e V.D.B. che nonostante l'intestazione del suo atto difensivo non propone in realtà alcun ricorso incidentale. Ritenuto che 6. Il ricorso, pur essendo carente nella parte espositiva riguardante il rapporto sostanziale dedotto in giudizio e lo svolgimento del processo e specificamente le deduzioni svolte davanti al giudice di primo grado nel rappresentare i fatti comportanti l'interruzione del processo, rappresenta comunque chiaramente le ragioni dell'accoglimento dell'appello che devono essere confermate in questa sede. La Corte di appello ha infatti correttamente applicato la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di interruzione del processo, una volta eseguito tempestivamente il deposito del ricorso in cancelleria con la richiesta di fissazione di una udienza, il rapporto processuale, quiescente, è ripristinato con integrale perfezionamento della riassunzione, non rilevando a tal fine l'eventuale errore sulla esatta identificazione della controparte contenuto nell'atto di riassunzione, che opera, in relazione al processo, in termini oggettivi ed è valido, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell'articolo 156 cod. proc. civ., quando contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire. Pertanto, in caso di fusione per incorporazione fra società, seguita dalla cessione dell'azienda dalla società incorporante ad altro soggetto, ove il processo sia stato interrotto a causa della fusione, è sufficiente - ai fini della tempestività della riassunzione e per evitare l'estinzione del processo - il deposito, presso la cancelleria del giudice, dell'atto di prosecuzione del giudizio, ancorché questo sia stato notificato soltanto nei confronti del cessionario dell'azienda e successore a titolo particolare nel diritto controverso, potendo l'incompletezza del contraddittorio essere sanata dal giudice attraverso l'ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti della società incorporante, successore a titolo universale Caos. cív., sezione I, numero 17679 del 29 luglio 2009, cfr. anche Cass. civ. sezione V-1, numero 21869 del 24 settembre 2013 e sezione III numero 7661 del 15 aprile 2015 . 7. Va anche rilevata la fondatezza e non contestazione del rilievo di parte controricorrente circa l'avvenuta riassunzione del giudizio non solo nei confronti del Banco di Sicilia s.p.a. ma anche nei confronti di Carlo Garofalo, chiamato in giudizio dal Banco di Sicilia, e della Cooperativa Agricola Alleanza A. Z. a r. l., parti pienamente legittimate alla partecipazione al giudizio riassunto. 8. Del tutto generica e priva del requisito dell'autosufficienza si rivela la censura di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. 9. Inammissibile e comunque infondata si rivela invece la censura di omessa statuizione sulla eccezione di improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo, sollevata dalla società opposta per essere stata la causa di opposizione iscritta a ruolo dopo la scadenza del termine di cinque giorni previsto dall'articolo 645 c.p.c., in relazione agli articolo 165 e 163 bis c.p.c. La censura infatti non tiene conto della affermazione contenuta nella motivazione della Corte di appello secondo cui rimangono pertanto assorbiti i rimanenti motivi e rilievi, anche di merito, svolti dalle parti costituite . Peraltro alcuna deduzione specifica viene svolta dalla ricorrente per illustrare il contenuto dell'eccezione in questione che la controparte contesta richiamando le date della notifica dell'atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo 14 febbraio 2000 e della iscrizione a ruolo 19 febbraio 2000 . 10. Va pertanto respinto il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 5.200 euro, di cui 200 per spese, per ciascuno dei controricorrenti.