La gratuità rende illegittimo l’accertamento sintetico

Le presunzioni dell’Amministrazione finanziaria, nell’accertamento ex art. 38 D.P.R. n. 600/1973, possono essere efficacemente contrastate dal contribuente, laddove questi possa provare la gratuità dell’atto traslativo dell'immobile.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 20800 dell’11 settembre 2013. Il caso. Un contribuente, che aveva acquisito dal padre un immobile e che, essendo nel rogito riportato il pagamento di una somma al cedente, aveva visto rideterminato sinteticamente il proprio reddito in forza delle disposizioni dell’art. 38 D.P.R. 29 settembre 1973. Secondo un principio già espresso in passato dai Giudici di legittimità la sottoscrizione di un atto pubblico contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito . Incrementi patrimoniali inesistenti. La Suprema Corte, nel caso di specie, considerava che non potesse ritenersi sufficiente la semplice affermazione dell’inesistenza della spesa per incrementi patrimoniali, per il solo fatto che l’acquisto dell’immobile era posto in essere da padre a figlio. Ciò nonostante il contribuente aveva offerto ulteriori prove, per vincere le presunzioni dell’Ufficio, consistenti nell’allegazione di operazioni di dismissione patrimoniale e nella dimostrazione della stipula di un contratto di mutuo elementi, questi, correttamente valutati dal giudice di merito. Poteva dunque dirsi esistente quella idonea documentazione sufficiente a contestare la presunzione di maggior reddito contestata dall’Agenzia delle Entrate, dimostrando la sostanziale gratuità dell’operazione e l’assenza di maggiori redditi in capo al contribuente.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 10 luglio - 11 settembre 2013, n. 20800 Presidente Cappabianca Relatore Iofrida Svolgimento del processo Con sentenza n. 74 del 7/10/2005, depositata in data 9/01/2006, la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, Sez. 5, respingeva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 11/05/2004, dall'Agenzia delle Entrate Ufficio di Chiavari, avverso la decisione n. 591/02/2002 della Commissione Tributaria Provinciale di Genova, che aveva accolto il ricorso di M. G. contro un avviso di accertamento sintetico, notificato nel dicembre 2001, con il quale, in applicazione dell'art. 38 DPR 600/1973, sulla base di ritenuti incrementi patrimoniali, indici di un'elevata capacità di spesa, nel periodo dal 1995 al 2000 in particolare, l'acquisto di due immobili, alienati dal padre al contribuente , venivano liquidate maggiori imposte IRPEF, ILOR e Contributo SSN dovute per l'anno 1995. La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame dell' Agenzia delle Entrate, in quanto riteneva che il contribuente avesse provato, in modo adeguato, la sussistenza dei presupposti di inesistenza degli incrementi patrimoniali supposti contratto di mutuo, dismissioni patrimoniali , essendo inoltre fondato il fatto che le vendite da padre a figlio non abbiano comportato reale corresponsione di denaro se non l’accollo del mutuo , tanto più trattandosi di immobile in cui entrambi, padre e figlio convivevano. Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 n. 3 c.p.c. Motivo 1, in relazione agli artt. 38 DPR 600/1973 e 2697 e 2722 c.c. , e per omessa motivazione su fatti decisivi, ex art. 360 n. 5 c.p.c. Motivo 2, in relazione all'omesso esame della data, successiva agli acquisti, e dell'entità, inferiore alle spese per quelli affrontate, delle operazioni di disinvestimento allegate dal contribuente ed all'omessa motivazione sulle ragioni poste a sostegno della ritenuta natura gratuita delle vendite da padre a figlio . Ha resistito il contribuente con controricorso, anche eccependo l'inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione attiva dell'Agenzia delle Entrate ed omessa formulazione dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c. Motivi della decisione Preliminarmente, va respinta l'eccezione pregiudiziale di parte controricorrente, formulata ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., trattandosi di disposizione inoperante nella specie l’onere di formulazione nel ricorso per cassazione del quesito di diritto , prescritto dall'art. 366 bis c.p.c., norma successivamente abrogata dall'art. 47 Legge 18.6.2009 n. 69, è stato infatti introdotto dall'art. 6 del Dlgs 2.2.2006 n. 40 e la norma trova pertanto applicazione esclusivamente ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto, 2.3.2006, e prima del 4/7/2009, data di entrata in vigore della l. n. 69/2009, ipotesi che non ricorre nel caso di specie, essendo stata la sentenza impugnata pubblicata nel gennaio 2006 . L'Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione del disposto dell'art. 38 DPR 600/1973 e dei principi in materia di onere della prova, in tema di patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento È stato affermato da questa Corte, con orientamento che qui si condivide, che in materia di accertamento dell'imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione del D.P.R. 29 settembre 1313, n. 600, art. 38, la sottoscrizione di un atto pubblico nella specie una compravendita contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito da quello posseduto, in base all'applicazione di presunzioni semplici, che l'ufficio finanziario el legittimato ad applicare per I'accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto e quello ignoto, senza che possa ravvisarsi, nella disposizione che consente l’esercizio di tale potere, una violazione del principio costituzionale della capacità contributiva, di cui all'art. 53 Cost In tale caso, infatti, è sempre consentita, anche se a carico del contribuente, la prova contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, essendo questa meramente apparente, per avere, l'atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anziché quella onerosa apparente Cass. 8665/2002, n, 5794/2001, n. 11300/2000 . Le presunzioni di maggior reddito formulate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, sono presunzioni semplici, contestabili dunque con mezzi di prova riferiti o alla esenzione di tale maggior reddito da imponibilità o alla esistenza di ritenuta alla fonte su di esso il tutto comprovato da idonea documentazione art. 38, comma 6 cit. . Nella specie, in presenza di documenti qualificati quali i rogiti notarili, il contribuente si era limitato ad opporre presunzioni di segno contrario relative alla assenza della propria capacità contributiva, in quanto la spesa per incrementi patrimoniali era inesistente, trattandosi per lo più dell' acquisto di immobili da padre a figlio, senza effettiva corresponsione di denaro, presunzioni queste che non soddisfacevano, di per sé sole, le precise richieste di prova documentale contraria cfr. Cass. 14778/2000 20588/2005 17202/2006 Cass. 22218/2008 , derivanti dalla norma citata. Tuttavia il primo motivo del ricorso va comunque respinto, potendo il contribuente contrastare le presunzioni gravi, precise e concordanti dell'Ufficio attraverso una prova documentale, che, nella specie, è consistita anche nell'allegazione di operazioni di dismissione patrimoniale e del contratto di mutuo, stipulato per l’acquisto di uno degli immobili, quello adibito ad abitazione, pure valutati dal giudice. Con il secondo motivo, implicante un vizio motivazionale, in realtà, si censurano poi esclusivamente valutazioni in fatto, espresse dai giudici tributari in maniera logica ed esaustiva. Il motivo è poi inammissibile, per difetto di autosufficienza, non essendo riportati, nel ricorso, nel dettaglio i disinvestimenti patrimoniali dedotti dalla parte e privi di rilievo secondo l'Ufficio. La Corte rigetta il ricorso. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012, attuativo della prescrizione contenuta nell'art. 9, comma 2 , d.l. 1/2012, convertito dalla l. 271/2012 Cass. S.U. 17405/2012 , seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi 1.500,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi ed accessori di legge.