Il cartello abilitativo deve sempre essere visibile

In tema di interventi edilizi, nei cantieri di lavoro è necessaria l’esposizione del cartello indicante il titolo abilitativo e i nominativi dei responsabili, per rendere espletabili tutte le attività di verifica e controllo da parte degli organi di vigilanza. Quando detto cartello venga spostato, anche solo momentaneamente, per esigenze dei lavori del cantiere, l’esecutore dei lavori è comunque penalmente responsabile, poiché è necessario che questo sia sempre visibile proprio per rendere edotto il personale di vigilanza dell’esistenza di interventi edilizi.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza numero 28123, depositata il 30 giugno 2014. Il caso. Avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 27 e 44 d.p.r. numero 380/2001 Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia , per aver omesso di esporre nel cantiere il cartello riportante i dati del cantiere, ricorreva in Cassazione il soccombente, ossia il soggetto esecutore dei lavori. La difesa rileva che in realtà il cartello era solo stato spostato momentaneamente, per poter effettuare dei lavori all’oleodotto del cantiere. La mancata visibilità non era perciò imputabile all’inerzia del reo. Non è sufficiente che il cartello fosse visibile all’inizio dei lavori. La Cassazione, nel decidere il caso in esame, riporta il pacifico orientamento secondo cui integra il reato ex articolo 44 d.p.r. numero 380/2001, anche l’esposizione in maniera non visibile del cartello indicante il titolo abilitativo e i nominativi dei responsabili, anche quando esso risulti presente all’interno del cantiere Cass., numero 40118/2012 . Nel caso di specie, il cartello era visibile all’inizio dei lavori, ciò però non esclude la configurabilità del reato poiché ciò che rileva è che lo stesso non fosse esposto al momento del controllo da parte del personale di vigilanza, dal momento che la funzione del cartello è proprio quella di rendere edotti gli organi di vigilanza dell’esistenza in loco di interventi edilizi.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 aprile – 30 giugno 2014, numero 28123 Presidente Fiale – Relatore Scarella Ritenuto in fatto 1. V.B. ha proposto ricorso, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, avverso la sentenza del Tribunale di ACQUI TERME, emessa in data 11/03/2013, depositata in data 10/04/2013, con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di 1.000,00 di ammenda per il reato di cui all'articolo 27, comma 4, e 44, comma 1, lett. a , d.P.R. numero 380/2001, perché, quale esecutore dei lavori, ometteva unitamente a B.R. , titolare del p.d.c. e committente, non ricorrente in questa sede di esporre nel cantiere sito in omissis , il prescritto cartello riportante i dati del cantiere accertato in omissis . 2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista dell'imputato, vengono dedotti due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero . 2.1. Deduce, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione agli articolo 27, comma 4 e 44, comma 1, lett. a , d.P.R. numero 380/2001. Il giudice di merito avrebbe erroneamente applicato il disposto dell'articolo 27, comma 4, T.U. edilizia, in quanto la sanzione penale deve intendersi collegata alla mancata apposizione del cartello, risultando irrilevante la circostanza che lo stesso non fosse visibile agli accertatori il giorno dell'accesso al cantiere, ove vi sia la prova che la mancata visibilità non sia dovuta a fatto o inerzia rilevante del reo dagli atti dep. T. sarebbe invece emerso che il cartello era stato apposto e che era stato rimosso per esigenze contingenti richiesta della ditta Collino di rimuovere quanto era presente all'interno del cantiere per effettuare dei lavori all'oleodotto . 2.2. Deduce, con il secondo motivo, la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione rispetto alla deposizione del teste T.P. . Il tribunale avrebbe erroneamente valutato la prove assunte in dibattimento in particolare, non avrebbe evidenziato quanto affermato dal teste T. , il quale aveva affermato che il cartello era presente in cantiere sin dall'inizio dei lavori 2007 e non solo dalla fine dell'estate 2009 il teste, infatti, avrebbe riferito della presenza del cantiere in lato strada, via OMISSIS e che era stato sempre presente attaccato alla rete sussisterebbe il vizio di travisamento della prova, contrastando la condanna con le emergenze processuali, né motivando il giudice sulle ragioni per le quali ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni del teste T. , limitandosi ad affermare che il teste non avrebbe saputo riferire nulla con riferimento all'epoca del sopralluogo del maggio 2009. Considerato in diritto 3. Il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. 4. Ed invero, seguendo l'ordine logico e cronologico, quanto al primo motivo di ricorso, con cui si censura la violazione di legge per la erronea valutazione dell'articolo 27, d.P.R. numero 380/2001, la manifesta infondatezza del medesimo discende dal pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui integra il reato previsto dall'articolo 44 lett. a d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380, anche l'esposizione, in maniera non visibile, del cartello indicante il titolo abilitativo e i nominativi dei responsabili, ancorché esso risulti presente all'interno del cantiere Sez. 3, numero 40118 del 22/05/2012 - dep. 11/10/2012, Zago ed altri, Rv. 253673 . Dallo stesso ricorso, peraltro, emerge che il cartello non era visibile per esigenza momentanee, in quanto era stato rimosso e posizionato all'interno del cantiere medesimo al fine di consentire alla ditta Collino di effettuare alcuni lavori all'oleodotto. La circostanza che lo stesso fosse presente all'inizio dei lavori, peraltro, non esclude la configurabilità del reato in quanto ciò che rileva è che lo stesso non fosse esposto al momento del controllo da parte del personale di vigilanza, in quanto funzione del cartello è proprio quello di rendere edotti gli organi di vigilanza dell'esistenza in loco di interventi edilizi, al fine di consentire l'espletamento di tutte quelle attività di verifica dell'osservanza della normativa edilizia e di corrispondenza dell'assentito al realizzato. 5. Quanto, poi, al secondo motivo con cui si censura il preteso vizio motivazionale dell'impugnata sentenza per essere stato commesso un clamoroso errore di valutazione della prova, in particolare costituita dalle dichiarazioni del teste T. , la manifesta infondatezza del medesimo discende dalla stessa lettura dell'impugnata sentenza. Il giudice di merito, infatti, chiarisce come fosse irrilevante quanto dichiarato da detto teste secondo cui il cartello esisteva ma si trovava posizionato in altro luogo, ossia attaccato alla rete posta e delimitare l'area di cantiere, nel punto più visibile dalla strada , in quanto la collocazione temporale da parte del teste in ordine alla presenza del cartello viene fatta risalire al finire dell'estate 2009, mentre con riferimento al maggio dello stesso anno, il teste non sarebbe stata in grado di riferire alcunché. Orbene, a parte l'assoluta irrilevanza della circostanza alla luce di quanto già chiarito da questa Corte a proposito del primo motivo di ricorso atteso che, quand'anche vi fosse la certezza della esistenza del cartello già dall'inizio dei lavori, ciò che rileva, ai fini della configurabilità dell'illecito penale de quo, è che il cartello non sia esposto al momento del controllo da parte degli organi di vigilanza , deve essere ricordato in questa sede, da un lato, come il disposto dell'articolo 192, comma 1, cod. proc. penumero sottolinea l'attribuzione esclusiva al giudice del merito del potere di valutazione della prova e dell'obbligo di esplicitare, nel modo più rigoroso e completo, la motivazione posta a base della decisione adottata e devesi ritenere che si sia inteso ribadire in pieno il principio del libero convincimento, ancorandolo soltanto alla necessità di indicazione specifica dei risultati acquisiti e dei criteri adottati , al fine di evitare che lo stesso trasmodi in uso arbitrario di tale principio. La valutazione e la interpretazione delle deposizioni testimoniali costituiscono, pertanto, anche sotto il vigore del nuovo codice, indagine di merito che sfugge al sindacato della Cassazione se non sotto il profilo del vizio di motivazione, quest'ultimo inteso come superamento del limite intrinseco alla libertà di convincimento del giudice e il controllo di questa Corte ha per oggetto appunto un tale eventuale superamento Sez. 1, numero 12370 del 11/04/1991 - dep. 06/12/1991, Bartone, Rv. 189326 . Superamento, nel caso in esame, non verificatosi. A ciò, poi, si aggiunga che non è sufficiente, al fine di consentire a questa Corte di esercitare il sindacato che le è proprio in questa sede di legittimità, limitarsi ad evocare l'esistenza di un vizio motivazionale, in quanto, in forza della regola della autosufficienza del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l'onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l'effettivo apprezzamento del vizio dedotto Sez. 4, numero 37982 del 26/06/2008 - dep. 03/10/2008, Buzi, Rv. 241023 . Con riferimento, infine, alla esistenza del presunto travisamento probatorio operato dal giudice, corre l'obbligo di ricordare che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti Sez. 2, numero 20806 del 05/05/2011 - dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 250362 e, nel caso in esame, si è già chiarito che, sul punto, nessun cedimento logico presenta il percorso argomentativo della sentenza impugnata che, anzi, chiarisce in maniera puntuale le ragioni della ritenuta configurabilità dell'illecito. 6. Il ricorso dev'essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima equo fissare, in Euro 1000,00 mille/00 . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.