Non basta il riferimento a possibili intimidazioni o minacce in cui si è già declinata l’appartenenza ad un gruppo, resosi responsabile di atti di minaccia e violenza, di un imputato, che non aveva una posizione di vertice all’interno di esso, per giustificare una misura cautelare.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 24052, depositata il 9 giugno 2014. Il caso. Il tribunale di Palermo confermava l’ordinanza del gip di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un imputato per concorso in lesioni personali pluriaggravate. L’uomo avrebbe preso parte all’atto finale di una serie di provocazione e violenza nei confronti della stessa vittima, consistente in un’aggressione violenta ai suoi danni una notte insieme ad altre persone. Da ciò, i giudici traevano un concreto pericolo di recidiva specifica e l’esigenza delle misure cautelari, dovute al pericolo di inquinamento delle prove ed alla sua pericolosità sociale. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando le motivazioni per l’applicazione degli arresti domiciliari, deducendo di non aver mai posto in essere condotte strumentali a condizionare i risultati delle indagini, di essere incensurato e di aver tenuto un regolare comportamento per tutto il periodo posteriore all’aggressione. Unico episodio. La Corte di Cassazione sottolineava il fatto che il coinvolgimento dell’imputato era limitato all’episodio dell’aggressione fisica, essendo, al contrario, rimasto estraneo alla persecuzione posta in essere nei confronti della parte offesa per un anno. I giudici di legittimità riconoscevano che, per la configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione criminosa, ai sensi dell’articolo 274, lettera c , c.p.p., gli elementi apprezzabili possono essere tratti anche da specifiche modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, per cui la valutazione negativa della personalità dell’indagato può desumersi dai criteri stabiliti dall’articolo 133 c.p., tra cui le modalità e la gravità del fatto. Manca la dimostrazione della pericolosità. Tuttavia, l’ordinanza era contraddittoria nell’attribuire all’imputato una personalità incline alla violenza, circoscrivendo, nello stesso tempo, la sua responsabilità ad un unico evento. In più, non si sapeva con esattezza il suo ruolo nell’ambito di tale fatto sicuramente, comunque, non di guida del gruppo ed era stato, inoltre, dimostrato che era stato coinvolto all’ultimo momento. Perciò, la Corte di Cassazione annullava il provvedimento, invitando i giudici di merito a verificare l’effettiva sussistenza di un pericolo concreto di reiterazione criminosa e di inquinamento probatorio, non bastando il riferimento a possibili intimidazioni o minacce in cui si era già declinata l’appartenenza al gruppo del ricorrente, che non aveva una posizione di vertice all’interno di esso.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 maggio – 9 giugno 2014, numero 24052 Presidente Savani – Relatore Micheli Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Palermo, con l'ordinanza indicata in epigrafe, rigettava la richiesta di riesame presentata ex articolo 309 cod. proc. penumero nell'interesse di G.C. avverso un'ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Sciacca il 27/12/2013, in forza della quale era stata applicata a carico dello stesso C. la misura cautelare degli arresti domiciliari per un addebito di concorso in lesioni personali pluriaggravate, in danno di A.C Richiamato il contenuto del provvedimento restrittivo e della presupposta richiesta del Pubblico Ministero, il Tribunale indicava come inconfutabili gli elementi di ritenuta gravità indiziaria a carico del C., per avere egli preso parte all'atto finale di una serie di iniziative di provocazione e violenza nei confronti del C., protrattasi per oltre un anno, soltanto perché questi si era permesso di chiedere un passaggio in ciclomotore alla fidanzata di tale A.G., in ipotesi promotore di condotte autonomamente qualificate come atti persecutori, per finalità di rivalsa il tutto era sfociato in una vera e propria spedizione punitiva posta in essere nei confronti del C. nella notte del 18/05/2013, quando il giovane era stato inseguito ed aggredito con violenza da circa quindici persone, che lo avevano percosso e colpito con bastoni e spranghe. Di quell'episodio era stato appunto protagonista il C., individuato dagli inquirenti anche in base alla descrizione che la vittima aveva offerto quanto ai partecipanti al fatto il C. lo aveva poi riconosciuto in fotografia in particolare, secondo le risultanze investigative acquisite, l'odierno ricorrente era intervenuto a sostegno di D.T., vale a dire del primo ragazzo che aveva affrontato il C. scagliandogli contro una bottiglia, nel momento in cui la persona offesa aveva tentato di reagire per fini di difesa. In punto di esigenze cautelari, i giudici del riesame ritenevano che un concreto pericolo di recidiva specifica da parte del C. dovesse desumersi dalla particolare gravità del fatto perché «commesso con premeditazione, in più persone riunite, frutto di una seria ed articolata organizzazione, con l'uso di diverse armi improprie», per di più in danno di un minorenne il Tribunale reputava altresì sussistente l'esigenza di cui all'articolo 274, lett. a , del codice di rito, in ragione dell'indole «particolarmente violenta dispiegata dal soggetto nell'episodio in contestazione» e della «concreta forza intimidatrice del gruppo», fattori idonei ad incidere sulla genuinità delle dichiarazioni già raccolte o sulla possibilità di acquisirne di altre», dovendosi intendere il C. certamente in grado di realizzare condotte minacciose correlate alla sua appartenenza al branco . Nel corpo dell'ordinanza veniva infine formulato un pronostico sfavorevole all'indagato sia quanto alla concedibilità del beneficio della sospensione condizionale in caso di futura condanna che alla eventuale adeguatezza di misure di minor rigore non era infatti possibile, ad avviso dei giudici di merito, neppure ritenere che egli si disponesse al rispetto delle prescrizioni correlate agli arresti domiciliari in atto, e doveva pertanto essere quanto meno garantita l'interruzione dei suoi rapporti con gli altri membri del gruppo e con i vari testimoni dell'accaduto. 2. Propone ricorso per cassazione il difensore del C., deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 274 cod. proc. penumero , sia sotto il profilo della ritenuta sussistenza del pericolo di inquinamento delle prove che della affermata pericolosità sociale del suo assistito. Quanto al primo aspetto, nell'interesse del ricorrente si evidenzia che nella fattispecie farebbero difetto elementi di concretezza ed attualità della prospettiva di una acquisizione non genuina del materiale probatorio, atteso che il C. venne escusso dagli inquirenti nell'immediatezza del fatto già il 23 maggio , e non risulta che - vuoi verso il C., vuoi verso altri - egli abbia posto in essere alcuna condotta strumentale a condizionare i risultati delle indagini. In punto di paventata reiterazione criminosa, la difesa fa osservare che il C., oltre ad essere un giovane incensurato, ha continuato ad osservare regolare condotta in tutto il periodo posteriore alla presunta aggressione in danno del C. e fino all'esecuzione dell'ordinanza restrittiva avvenuta il 30/12/2013 , dimorando nello stesso comune di residenza della persona offesa e senza dare adito a denunce o problemi di sorta. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Deve innanzi tutto rilevarsi che il coinvolgimento del C. nella vicenda risulta confinato al pur grave e culminante episodio del 18-19 maggio 2013 prima di quanto accaduto nella notte della ricordata spedizione punitiva , il ricorrente non sembra - o comunque non viene segnalato nel corpo del provvedimento impugnato - che avesse in qualche modo prestato ausilio al G. nella persecuzione posta in essere per oltre dodici mesi in danno del C. in seguito, nulla di significativo parrebbe emerso sul suo conto, a differenza dello stesso G. che i giudici palermitani segnalano essersi financo vantato in pubblico dell'aggressione violenta di quella notte, propalando a destra e a manca di avere agito insieme ad altri, fra cui l'odierno ricorrente . In tale contesto, è pur vero che - secondo la giurisprudenza di questa Corte - «in tema di misure coercitive, ai fini della configurabilità della esigenza cautelare del pericolo di reiterazione criminosa di cui all'articolo 274, lett. c , cod. proc. penumero , gli elementi apprezzabili possono essere tratti anche dalle specifiche modalità e circostanze dei fatto, considerate nella loro obiettività, giacché la valutazione negativa della personalità dell'indagato può desumersi dai criteri oggettivi e dettagliati stabiliti dall'articolo 133 cod. penumero tra i quali sono comprese le modalità e la gravità del fatto reato» Cass., Sez. II, numero 51843 del 16/10/2013, Caterino, Rv 258070 tuttavia, l'ordinanza oggetto di ricorso si rivela contraddittoria nell'attribuire al C. una personalità proclive alla violenza, nel contempo dando atto di elementi che risultano descrivere un suo ruolo, nella dinamica dei fatti del 18-19 maggio 2013, subalterno ad altri. Come ricordato, infatti, egli realizzò un comportamento violento nel tenere bordone al Termine, che per primo aggredì la persona offesa uno dei testimoni presenti - vedi le deposizioni riportate dal Tribunale a pag. 5 - non sa dire se egli colpì materialmente la vittima, mentre un altro lo ricorda come uno di coloro che avevano raccolto delle spranghe da terra, con le quali il C. era stato percosso ma tale soggetto, G.C., sostiene che il primo ad essere colpito con una bottigliata era stato proprio il C. . In ogni caso, è certo che il ricorrente non fu tra coloro che si erano accordati con il G., quella sera, per pianificare il da farsi. Secondo la relazione di un Maresciallo dei Carabinieri parimenti riportata, in sintesi, nel corpo dell'ordinanza v. ancora le pagg. 5 e 6 , poco prima di quel pestaggio vi era stato un incontro fra il G. ed altri soggetti, fra cui il suddetto D.T., dove si parlava della volontà di andare a prendere qualcuno e sopprimerlo il C. non prese parte a quel conciliabolo, e fu lo stesso Termine ad annunciare, nel contesto appena descritto, di avere trovato altri ragazzi pronti a far loro compagnia. Uno di questi accompagnatori, evidentemente, era il C., chiamato a far parte del gruppo all'ultimo momento e senza perciò che - almeno sulla base delle risultanze delle indagini evidenziate dai giudici di merito - se ne potesse intendere uno dei capi. Inoltre, mentre per un soggetto come il più volte ricordato G. ispiratore ed autore di condotte ripetute di prevaricazione il decorso del tempo può ritenersi irrilevante ai fini della esigenza cautelare ex articolo 274 lett. c cod. proc. penumero , non altrettanto è a dirsi per chi abbia avuto un ruolo da ritenere occasionale sul punto, il Tribunale di Palermo non risulta avere compiuto disamina alcuna. 2. E' perciò necessario che i giudici di merito procedano ad una nuova valutazione della fattispecie concreta, per verificare la sussistenza di un pericolo effettivo ed attuale di reiterazione criminosa da parte dell'indagato, alla luce degli elementi appena evidenziati analoga rivalutazione dovrà operarsi anche in ordine al ritenuto pericolo di inquinamento probatorio da parte del C., considerando che il mero riferimento a «probabili intimidazioni e minacce in cui si è già declinata l'appartenenza al branco dell'impugnante» si risolve in una sostanziale carenza di motivazione, alla luce della già sottolineata posizione non di vertice che in quel gruppo di giovani sembra doversi riconoscere al prevenuto. Vista la natura degli addebiti di cui si assume che la persona offesa - minorenne - rimase vittima, con particolare riferimento all'ipotesi criminosa ex articolo 612-bis cod. penumero per quanto non ascritta all'odierno ricorrente , il collegio ritiene doveroso disporre l'oscuramento dei dati identificativi delle parti private, in caso di pubblicazione della presente sentenza. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/2003, in quanto imposto dalla legge.