Licenziamento annullato dal giudice, ci sono anche delle sanzioni per i contributi non pagati?

In tema di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento, ai sensi dell’art. 18 l. n. 300/1970 anche prima delle modifiche da parte della l. n. 92/2012 , bisogna distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o l’inefficacia del licenziamento, oggetto di una sentenza dichiarativa, e l’annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, oggetto invece di sentenza costitutiva.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 10718, depositata il 25 maggio 2015. Il caso. Il tribunale di Chieti annullava una cartella esattoriale con cui era stato intimato ad una società il pagamento di una somma dovuta, a giudizio dell’INPS, per sanzioni conseguenti i contributi versati in ritardo per alcuni lavoratori licenziati ma poi reintegrati, con sentenze passate in giudicato. La Corte d’appello respingeva l’appello dell’INPS, ritenendo che l’obbligo del pagamento dei contributi era divenuto esigibile solo a seguito della sentenza di reintegra, poiché precedentemente né l’INPS avrebbe potuto esigere, né il datore di lavoro pagare, alcun contributo. Perciò, sui contributi tempestivamente pagati a seguito della sentenza di reintegra non poteva gravare alcuna sanzione civile. L’INPS ricorreva in Cassazione, lamentando che la società avesse pagato i contributi ai sensi dell’art. 18 l. n. 300/1970, ma non le sanzioni e gli interessi, dovuti per i contributi versati in ritardo, come previsto dagli artt. 1, comma 1, l. n. 389/1989 e 116, commi 8 e 9, l. n. 388/2000. Si trattava di un ritardo imputabile alla società, che aveva intimato licenziamenti illegittimi visto che, se un licenziamento viene impugnato, il rapporto di lavoro non si estingue, ma rimane quiescente fino alla pronuncia giudiziale, sussiste l’obbligo di corrispondere i contributi in caso di annullamento del recesso. Differenza tra sentenze dichiarative e costitutive. La Corte di Cassazione richiama la pronuncia n. 19665/2014 delle Sezioni Unite, le quali avevano affermato che, in tema di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento, ai sensi dell’art. 18 l. n. 300/1970 anche prima delle modifiche da parte della l. n. 92/2012 , bisogna distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o l’inefficacia del licenziamento, oggetto di una sentenza dichiarativa, e l’annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, oggetto invece di sentenza costitutiva. Nel primo caso, il datore di lavoro, oltre a dover ricostruire la posizione contributiva del lavoratore ora per allora , deve pagare le sanzioni civili per omissione ex art. 116, comma 8, l. n. 388/2000. Nel secondo caso, viceversa, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie comunque, per il periodo successivo all’ordine di reintegra, sussiste l’obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli arretrati, per cui riprende vigore la disciplina ordinaria dell’omissione e dell’evasione contributiva. Nel caso di specie, il Pretore di Vasto aveva annullato i licenziamenti contestati, con pronuncia quindi costitutiva. Perciò, trovava applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 febbraio – 25 maggio 2015, numero 10718 Presidente Stile – Relatore Balestrieri Svolgimento dei processo L'INPS proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Chieti numero 75/10, che, in accoglimento dell'opposizione proposta dalla SIV s.p.a., poi Pilkington Italia s.p.a., annullava la cartella esattoriale numero 032 2000 00196580, notificata il 15.11.00, con cui era stato intimato alla società il pagamento dei restante importo di €.63.028,99, in tesi dovuta per sanzioni conseguenti i contributi versati in ritardo per taluni lavoratori licenziati ma poi reintegrati nel posto di lavoro con sentenze del 1995 e 1996 . Con sentenza depositata il 15 febbraio 2012, la Corte d'appello di L'Aquila rigettava il gravame e condannava INPS al pagamento delle spese. Riteneva la Corte che l'obbligo del pagamento dei contributi era divenuto esigibile solo a seguito della sentenza di reintegra, posto che precedentemente né l'INPS avrebbe potuto esigere, né il datore di lavoro pagare, alcun contributo. Ne conseguiva che sui contributi tempestivamente pagati a seguito della sentenza di reintegra non poteva gravare alcuna sanzione civile. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'INPS, affidato ad unico motivo. Resiste la Pilkington Italia s.p.a. con controricorso, poi illustrato con memoria. Motivi della decisione Deve innanzitutto respingersi l'eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa esposizione dei fatti di causa e degli atti, documenti e contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda ex articolo 366, comma 1, numero 6 c.p.c. Osserva infatti il Collegio che il ricorso contiene, con sufficiente grado di specificità, l'esposizione dei fatti di causa, ancorché in parte contenuti nella parte motiva dell'atto. D'altro canto il ricorso, contenente un'unica censura per violazione di norme di diritto, non si fonda su particolari atti o documenti o contratti collettivi di lavoro, sottoponendo alla Corte una questione esclusivamente giuridica. 1.-L'INPS denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 116, commi 8 e 9, della L. 23.12.00 numero 388, in connessione con l'articolo 18 L. numero 300/70 articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. . Lamenta che avendo il Tribunale rectius il Pretore di Vasto, con sentenze numero 681/95 e numero 319/96, annullato i licenziamenti intimati dalla resistente ad alcuni suoi lavoratori, ordinandone la reintegra nel loro posto di lavoro, la società, pur avendo pagato per essi i relativi contributi ex articolo 18 L. numero 300/70, non aveva provveduto al pagamento delle sanzioni e degli interessi, dovuti per i contributi versati in ritardo, così come dei resto previsto dall'articolo 1, comma 1, L.numero 389/89 ed articolo 116, commi 8 e 9, L.numero 388/00, trattandosi di ritardo imputabile al datore di lavoro per avere intimato licenziamenti illegittimi e considerato che qualora un licenziamento sia stato impugnato il rapporto di lavoro non si estingue, ma rimane quiescente sino alla pronuncia giudiziale, con conseguente obbligo di corrispondere i contributi in caso di annullamento del recesso, come del resto stabilito da questa Corte con sentenza numero 402/12. Il ricorso è infondato. In materia deve registrarsi un contrasto giurisprudenziale, poi risolto dalle sezioni unite di questa Corte con sentenza 18.9.14 numero 19665. Ed invero mentre con sentenza numero 7934/09 si era affermato che l'omissione contributiva del datore di lavoro nel periodo compreso tra il licenziamento, dichiarato illegittimo, e la reintegrazione non rientra in alcuna delle fattispecie di evasione o omissione sanzionate dall'articolo 1, commi 217 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, numero 662, applicabile ratione temporis come nel caso oggi in esame , né alcuna sanzione può essere irrogata per il ritardato versamento adducendo l'efficacia retroattiva che esplica la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo, atteso che il rapporto assicurativo non è assistito dalla medesima fictio iuris che caratterizza il rapporto di lavoro che si considera, de iure , come mai interrotto con successive pronunce questa Corte ha affermato che la pronuncia di illegittimità del licenziamento ha effetti retroattivi, che comportano la non interruzione del rapporto di lavoro, assicurativo e previdenziale con la conseguenza che il datore di lavoro ha pertanto l'obbligo di versare all'ente previdenziale i contributi assicurativi per tutta la durata del periodo e l'eventuale ritardo, che, dipendendo da un atto illegittimo dello stesso datore di lavoro, non può reputarsi giustificato, comporta l'applicazione delle sanzioni civili previste dall'ottavo e dal nono comma dell'articolo 116 della legge 2000 numero 388 Cass. numero 23181/13 e numero 402/12 . Con la citata pronuncia resa a sezioni unite numero 19665/14 questa Corte ha risolto il contrasto affermando che in tema di reintegrazione del lavoratore per illegittimità dei licenziamento, ai sensi dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, numero 300, anche prima delle modifiche introdotte dalla legge 28 giugno 2012, numero 92 nella specie, inapplicabile ratione temporis , occorre distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e l'annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che ricostruire la posizione contributiva del lavoratore ora per allora , deve pagare le sanzioni civili per omissione ex articolo 116, comma 8, lett. a, della legge 23 dicembre 2000, numero 388 nel secondo caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, fermo che, per il periodo successivo all'ordine di reintegra, sussiste l'obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli arretrati, sicché riprende vigore la disciplina ordinaria dell'omissione e dell'evasione contributiva. Nella specie risulta dagli atti, né diverse deduzioni sono state proposte dalle parti, che con le sentenze numero 681/95 e numero 316/96 il Pretore di Vasto annullò i licenziamenti in questione, con pronuncia dunque costitutiva, con la conseguenza che trova applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie. Il ricorso deve pertanto rigettarsi, risultando conforme a diritto il dispositivo della sentenza impugnata, di cui occorre invece correggere la motivazione nel senso sopra detto, ex articolo 384, comma 4, c.p.c. Le spese di lite sono interamente compensate in ragione dei recente componimento del contrasto giurisprudenziale in materia. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell'articolo 1 bis dello stesso articolo 13.