In tema di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante e macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti.
E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 21579 del 27 maggio 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Roma rigettava l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da una donna, condannata per il delitto di partecipazione a banda armata. Tale decisione si giustificava alla luce della colpa grave dell’imputata, consistita nell’aver mantenuto rapporti di stratta contiguità con ambienti vicini alle “Brigate Rosse”. La donna ricorre per cassazione, sostenendo che l’impegno per una determinata area politica, seppur oltranzista, non può equivalere a far parte di gruppi armati. Occorre una eclatante e macroscopica negligenza. Il ricorso è infondato in tema di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante e macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti. Nel caso si specie, la Corte territoriale ha dimostrato un comportamento di ispessita connivenza o perlomeno ambiguo, dimostrando piena vicinanza con soggetti, contesti e ambienti che indirizzavano verso l’area del terrorismo collegato alle “Brigate Rosse”. Il diritto all’indennizzo è escluso quando Ciò giustifica il mancato accoglimento delle istanze della ricorrente. E, infatti, il diritto all’indennizzo è escluso quando è posta in essere una condotta consapevole e volontaria i cui esiti, siano tali da creare, sulla base di regole di comune esperienza, una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità a tal fine rilevano anche comportamenti caratterizzati da leggerezza e trascuratezza, tenuti sia prima che dopo la restrizione della libertà personale. Alla luce di quanto detto, il ricorso non può che essere respinto.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 marzo – 27 maggio 2014, numero 21579 Presidente Zecca – Relatore Grasso Fatto e diritto 1. L.G. , a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza della Corte di Appello di Roma, depositata il 13/5/2013, con la quale venne rigettata la sua istanza di riparazione per l'ingiusta detenzione subita, in regime di custodia cautelare, dal 3/5/1982 al 6/9/1983, per il delitto di partecipazione a banda armata ed altro. 2. La Corte territoriale ravvisò la circostanza escludente del diritto alla riparazione di cui all'articolo 314, 1 comma, cod. proc. penumero , e cioè di avere concorso a dare causa all'emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale per colpa grave, consistita nel fatto che la ricorrente aveva per non breve tratto di tempo mantenuto rapporti di stretta contiguità con persone e ambienti di conclamata dedizione all'eversione armata collegata alle Brigate Rosse , mostrando di condividere gli obiettivi della lotta armata e dimestichezza con le munizioni. 3. La L. ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata criticando il ragionamento della Corte territoriale, che denunzia essere gravemente viziato, evidenziando, inoltre, vera e propria mancanza motivazionale. Assume la predetta che la Corte romana, errando, aveva ingiustamente sopravvalutato la frequentazione in parola, senza tener conto che gran parte delle inferenze erano prive di fondamento fattuale né, peraltro, l'elencazione di episodi ed elementi che avevano portato alla misura cautelare poteva formare oggetto di analisi contrastante con il giudizio assolutorio del giudice del merito dell'imputazione. Quanto ai singoli frammenti fattuali posti a base del sospetto la ricorrente precisava che non aveva mai ospitato brigatisti non aveva mai appalesato la propria solidarietà in favore di un terrorista arrestato nei pressi della di lei abitazione non era certo l'episodio che si riferiva al possesso di cartucce la distribuzione di volantini inneggianti al terrorismo non era rimasta dimostrata l'impegno politico in una determinata area politica, seppure oltranzista, non poteva equivalere a far parte di gruppi armati non poteva sapere se e quali soggetti fra quelli frequentati stesse meditando il passaggio alla clandestinità e alla lotta armata. In definitiva, a suo modo di vedere, non si era in presenza di un quadro intenso e pervasivo che avrebbe potuto trarre in inganno gli investigatori. 4. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando violazione di legge, si duole della condanna alle spese in favore dell'Avvocatura dello Stato. Poiché quest'ultima si era costituita tardivamente, senza, pertanto, poter assicurare il contradditorio sulle sue allegazioni e difese, sicché avrebbe dovuto essere considerata contumace, da un punto di vista civilistico, con la conseguenza che non le era dovuto rimborso alcuno. Sotto altro profilo la L. evidenzia che la materia, opinabile e di non agevole ricostruzione fattuale, ben avrebbe giustificato la compensazione. 5. L'avvocatura Generale dello Stato, con memoria depositata il 26/2/2014, costituitasi in questa sede per il Ministero dell'Economia e delle Finanze, ha chiesto rigettarsi il ricorso. 6. Il ricorso è infondato. Si osserva che la giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata nel senso tracciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza numero 34559 del 15.10.2002, secondo la quale in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l'ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. È quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo congruo e logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dallo istante ad ingenerare nel giudice che emise il provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento di un probabile concorso nell'illecita detenzione di stupefacente. 6.1. La Corte territoriale, nel caso di specie, ha individuato in cosa sia consistita la colpa grave della ricorrente, la quale aveva tenuto comportamento di ispessita connivenza e perlomeno ambiguo, dimostrando piena e sodale vicinanza con soggetti, contesti e ambienti che univocamente indirizzavano verso l'area del terrorismo, dipendente e collegato alle Brigate Rosse. Ovviamente, gli elementi di giudizio debbono essere tratti, così come ha mostrato di fare il Giudice dell'ingiusta detenzione, dalla sentenza assolutoria, la quale, pur avendo giudicato insufficienti le risultanze probatorie al fine di affermare l'appartenenza alle Brigate Rosse del nucleo di omissis , del quale facevano parte la L. e il di lei convivente D.L. , non ha mancato di evidenziare plurimi profili d'intensa contiguità attività svolta all'interno di gruppi satelliti distribuzione di volantini delle Brigate Rosse possesso di documenti a favore di arrestati per reati di terrorismo enunciazioni e propalazioni inneggianti alla lotta armata intensa promiscuità con soggetti in procinto di passare alla lotta clandestina ospitalità in favore di soggetti organici dell'organizzazione terroristica il sequestro di cartucce caricate a panettoni, ecc. Le descritte condotte, nel loro insieme, hanno certamente contribuito in misura assai significativa all'emissione della misura. Non solo in questa sede le indicazioni, peraltro analitiche e circostanziate, che si traggono dalla sentenza di assoluzione non possono essere poste in contestazione, ma le critiche mosse dalla ricorrente appaiono sommarie e apodittiche. Inoltre, riaffermato il principio che “si concorre a dare causa alla misura della custodia cautelare se si sia al corrente dell'attività delittuosa di altri e, ciò nonostante, pur non concorrendo in quella attività, si pongano in essere, con evidente, macroscopica imprudenza, condotte che si prestino, sul piano logico, alla deduzione della contiguità del concorso” Cass., IV, numero 598 del 29/4/1994, Rv. 200152 si vedano anche, fra le altre, Sez. IV, numero 268 del 22/1/1998, Rv. 210628 Sez. IV, numero 35728 del 24/6/1998, Rv. 241218 numero 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237 , il fatto che il giudice dell'imputazione abbia reputato che il quadro probatorio fosse tale da non consentire affermazione di colpevolezza a riguardo dell'attività in parola, non sposta i termini della questione. Invero, l'assoluzione, come è ovvio, costituisce presupposto per aver diritto all'indennizzo e la colpa grave, che lo esclude, si identifica, appunto, in condotte che abbiano ingenerato l'apparenza della sussistenza del reato posto a base della misura cautelare. Come a suo tempo chiarito, non potendo l'Ordinamento, nel momento in cui fa applicazione della regola solidaristica, alla base del diritto al risarcimento in esame, obliterare il principio di autoresponsabilità che incombe su tutti i consociati, allorquando interagiscono nella società trattasi, in fondo, della regola che trova esplicitazione negli articolo 1227 e 2056, cod. civ. , deve intendersi idonea ad escludere la sussistenza del diritto all'indennizzo, ai sensi dell'articolo 314 comma 1 c.p.p., non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell'id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall'articolo 43 c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto comma 1 dell'articolo 314 c.p.p., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso in puntuali termini, S.U., 13/12/1995, numero 43 . A tal riguardo, la colpa grave può concretarsi in comportamenti sia processuali sia di tipo extraprocessuale, come la grave leggerezza o la rilevante trascuratezza, tenuti sia anteriormente che successivamente al momento restrittivo della libertà personale onde l'applicazione della suddetta disciplina normativa non può non imporre l'analisi dei comportamenti tenuti dall'interessato, anche prima dell'inizio dell'attività investigativa e della relativa conoscenza, indipendentemente dalla circostanza che tali comportamenti non integrino reato anzi, questo è il presupposto, scontato, dell'intervento del giudice della riparazione in puntuali termini, Sez. IV, 16/10/2007, numero 42729 . 6.2. Come evidenziato dall'Avvocatura dello Stato nella propria memoria, nel giudizio di merito l'Amministrazione finanziaria ebbe a costituirsi con memoria deposita il 31/1/2013 e solo per mero errore materiale rimediato in sede di correzione la detta costituzione non compare nel provvedimento della Corte romana. La predetta costituzione, peraltro, non può ritenersi tardiva in quanto, come ammesso dalla stessa ricorrente, il procedimento ebbe effettiva trattazione, dopo alcuni rinvii causati da impedimenti procedurali astensioni di giudici , in epoca tale da assicurare, ed ampiamente, il rispetto dei cinque giorni liberi prima, imposto dall'articolo 127, cod. proc. penumero e, quindi, il pieno diritto di difesa della controparte. Infine, è appena il caso di soggiungere, che l'eventuale valorizzazione di circostanze che consiglino la compensazione costituisce spettanza esclusiva del giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità. 7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero dell'Economia e liquidate in Euro 1.000,00.