L’errore dell’avvocato non ha fatto perdere nessuna chance al cliente: escluso il risarcimento danni

In materia di contratto d’opera intellettuale, ove anche risulti provato l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato conseguito.

A tal fine il giudizio prognostico che il giudice del merito deve compiere non può che consistere in una valutazione volta a verificare se la pretesa azionata a suo tempo, senza la negligenza del legale, sarebbe stata in termini probabilistici ritenuta fondata e se il risultato sarebbe stato diverso e più favorevole all’assistito. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 11548 depositata il 14 maggio 2013. Il caso. Gli Ermellini, attraverso un’attenta analisi della decisione della Corte territoriale, hanno ritenuto non sussistente la responsabilità del legale perché, pur avendo egli commesso un’omissione dal punto di vista professionale, essa non ha prodotto alcun danno concreto per il cliente. Il ricorrente lamentava il fatto che il proprio avvocato non aveva riproposto in sede di appello una domanda in via subordinata di manleva nei confronti di un’immobiliare al fine di manlevarlo e tenerlo indenne in caso di accoglimento delle domande della controparte conduttrice di un immobile, poi riscattato ai danni proprio del ricorrente. Gli Ermellini in prima battuta hanno ravvisato l’omissione dell’avvocato reo di aver dimenticato di riproporre la domanda in appello. Si trattava di una palese mancanza professionale non collegabile a mere scelte di difesa tecnica più o meno opinabili o percorribili, bensì dovuta a una generale negligenza e trascuratezza nel condurre la causa in appello. Su questo infatti si fonda la responsabilità civile professionale dell’avvocato, essendo la sua un’obbligazione di mezzi e non di risultato come generalmente avviene per le professioni intellettuali. Ciò però non basta per fondare e accogliere una richiesta di risarcimento danni. Lo sforzo ulteriore che deve compiere il giudicante è quello di verificare se il ricorrente ha davvero subito un pregiudizio e se vi è un nesso di causa-effetto tra questo e la condotta del legale. Occorre infatti dimostrare che l’attuazione del comportamento omesso avrebbe determinato il non verificarsi del danno. Il delicato tema della responsabilità dell’avvocato. In passato la giurisprudenza era decisamente più favorevole agli avvocati. Sovente infatti si escludeva la risarcibilità perché non si poteva dare la dimostrazione di un fatto “non compiuto”. I manuali di deontologia Danovi, Manuale breve ordinamento e deontologia , Giuffré, Milano 2009, pag. 86 riportano l’esempio di una decisione del Tribunale di Roma del 3.3.1954 che aveva escluso la responsabilità per non aver proposto appello perché non sussistevano gli estremi della certezza e della immediatezza del danno «non potrebbe infatti il Tribunale sostituire a priori il proprio giudizio ipotetico a quello che il competente giudice d’appello ove ritualmente adito avrebbe potuto pronunciare nella controversia inter partes un normale giudizio ipotetico è sostanzialmente impossibile per quell’elemento di imprevedibilità che è sempre insito in ogni processo civile e che scaturisce non tanto dall’opinabilità del fatto, quanto dall’incontro processuale tra la soggettività delle parti, dei difensori e del giudice, che può concretamente articolarsi in una casistica pressoché infinita che va dalla leale e completa proposizione ab utroque degli estremi di fatto e di diritto della controversia, alla violazione o accidentale omissione da parte dei contendenti di fatti anche rilevanti o decisivi, al volontario o accidentale prospettarsi di una verità processuale non coincidente con quella reale ed eventualmente anche alla stipulazione di un accordo transattivo di cui oggetto sia appunto la questione controversa». Ciò portava di fatto al rigetto di qualsiasi richiesta di risarcimento. Oggi invece i giudici squarciano il velo dell’impossibilità di provare le conseguenze del fatto non compiuto e si sforzano di capire se senza quell’omissione o quella negligenza il risultato favorevole al cliente si sarebbe verificato in termini probabilistici così Cass. numero 22026/2004 e numero 9917/2010 . Si tratta in pratica di un giudizio prognostico controfattuale che porta il giudicante a immaginare l’omissione come avvenuta e valutare se il compimento di quel determinato atto avrebbe evitato il danno e portato a un risultato. Il tutto in termini di elevata probabilità prossima alla certezza e non di mera potenzialità. La responsabilità professionale dell’avvocato e la perdita di chance. Quello che si vuole risarcire, in altre parole, è la perdita di chance del cliente a seguito della negligenza dell’avvocato, ma tale chance deve essere una concreta e reale possibilità di conseguire l’obiettivo, non una semplice eventualità o una banale aspirazione o aspettativa infondata Cass. numero 15385/2011 . La dimostrazione del danno, dell’omissione e del nesso causale sono inoltre a carico del danneggiato. Nel caso di specie il ricorrente non aveva dimostrato il nesso causa-effetto e non aveva quindi elevato la propria aspettativa al rango di chance giuridicamente rilevante la cui perdita illegittima sarebbe stata in ipotesi risarcibile. Sul punto la motivazione della Corte territoriale è stata giudicata logica e congrua e pertanto non è stata rimessa in discussione dai giudici della Cassazione. L’interpretazione della domanda è infatti un giudizio di fatto e, se svolta dal giudice di merito e adeguatamente illustrata, non è sindacabile dalla Suprema Corte. Le produzioni irrituali avversarie vanno eccepite subito. Sotto altro profilo, il ricorrente si doleva del fatto che la Corte d’appello avrebbe posto a fondamento della propria decisione un documento, la comparsa conclusionale avversaria, che in realtà non sarebbe stata mai regolarmente prodotta. Il motivo si è rivelato pacificamente privo di pregio, dato che dagli atti di causa risultava la produzione del documento in questione, produzione che non era stata contestata tempestivamente dal ricorrente. Ciò ha consentito alla Cassazione di ribadire il principio cardine che l’irrituale produzione di un documento non è rilevabile d’ufficio, ma deve essere eccepita esclusivamente dalla parte nella prima difesa utile o nell’udienza immediatamente successiva così Cass. 527/2002 e numero 5671/2010 . Così non era stato fatto dal ricorrente nei precedenti gradi di giudizio e la Corte non ha potuto prendere in considerazione tale doglianza.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 marzo - 14 maggio 2013, numero 11548 Presidente Petti – Relatore Giacalone In fatto e in diritto 1. La controversia ha ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni, proposta, nel gennaio 1993, dal L. già acquirente nel 1982 di un immobile poi riscattato dal conduttore , sul presupposto dell'avvenuta perdita del bene, in conseguenza del riscatto subito, nei confronti della Immobiliare Romon srl venditrice , ormai in liquidazione, nonché, sul presupposto della commissione di plurimi inadempimenti professionali nella pregressa causa di riscatto da parte dei propri difensori avvocati M. e C. , nei confronti di questi. Per quanto rileva in questa sede, il Tribunale affermava la responsabilità dell'avv. M. per l'omessa riproposizione in grado di appello della domanda di manleva ndr e di risarcimento danni nei confronti dell'Immobiliare Romon ed il suo essere tenuto, in via sussidiaria, al pagamento di quanto eventualmente non ottenuto dall'attore dalla debitrice Immobiliare Romon, considerato che questa, successivamente al giudizio di appello promosso dal F. , era stata posta in liquidazione ed aveva alienato il proprio patrimonio mentre riteneva infondata l'analoga pretesa nei confronti dell'avv. C. , non risultando che questi fosse munito di procura per le fasi di merito del pregresso giudizio. 2. Con la sentenza impugnata, depositata il 27.02.2006, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma di quella di primo grado, respingeva la domanda del L. di condanna in via sussidiaria dell'avv. M. al risarcimento dei danni in L. 313.200.000, oltre ad interessi legali dal 28 ottobre 1992 al saldo, in caso di totale impossibilità di recupero di tale importo nei confronti della debitrice principale , ovvero alla differenza tra tale somma e quanto l'attore riesca a percepire dalla Immobiliare Romon s.r.l. in liquidazione. Premesso che il motivo di gravame integrava un'eccezione nuova ma ammissibile ex articolo 345 2 co. c.p.c. anteriore alla riforma osservava la Corte come la invocata responsabilità per danni dell'avv. M. fosse una responsabilità professionale per omissione da ritenersi grave in relazione alla materia del contendere di riproposizione di una subordinata domanda di manleva e danni. Al fine di valutare la fondatezza della domanda proposta nel presente giudizio, la Corte territoriale riteneva necessario valutare quale sarebbe stato l'esito della pregressa lite, qualora detta domanda fosse stata debitamente riformulata in grado di appello. Nella comparsa conclusionale di I grado prodotta nel fascicolo di parte dell'Avv. M. tra la comparsa di costituzione del 24 luglio 2001 e la sentenza di I grado, numero 794911985, resa dal Tribunale di Milano di rigetto della domanda proposta dal F. nei confronti dell'Immobiliare Romon e del L. , con conseguente assorbimento della subordinata domanda di quest'ultimo nei confronti della Romon , quanto ai danni, in effetti così si argomentava tenuta a risarcire i danni che, ad esso convenuto L. , sarebbero derivati, i quali in particolare già sin d'ora si potrebbero individuare nell'inevitabile rimborso dei prezzo pattuito maggiorato degli interessi e della rivalutazione monetaria, nonché del rimborso delle spese sostenute per la stipulazione del rogito notarile . Pur nella approssimazione e stringatezza della svolta difesa era quindi certo che, ove la domanda non fosse stata rinunciata, la Corte non avrebbe potuto liquidare a titolo di risarcimento danni più di quanto richiesto a titolo di danno emergente, laddove nelle pur formulate generiche conclusioni la richiesta era stata così limitata alla restituzione del prezzo, con gli accessori, ed al rimborso delle sostenute spese notarili. Il L. , per il tramite del pagamento effettuatogli dal F. v. la scrittura privata del 28 ottobre 1992 , aveva già realizzato la restituzione del prezzo versato in L. 124.000.000, oltre agli interessi legali dall'atto dell'acquisto del L. ad oggi il che, dedotte le spese legali ed i canoni di locazione corrisposti dal F. al L. dal 1983 al 1987, aveva comportato la dazione di L. 154.000.000 . Sarebbero residuate, pertanto, rispetto alla comparata pretesa non coltivata nel pregresso giudizio, i danni da rivalutazione del prezzo pagato e le spese del rogito, ma queste voci di danno non sono state azionate nel presente giudizio e sono dei tutto diverse da quella pretesa di danno da lucro cessante per perdita dell'immobile che, ritenuta fondata dal primo giudice nel raffronto tra quanto incassato ed il valore dell'immobile libero alla data del ricevuto pagamento, ha comportato la condanna principale nei confronti della società immobiliare e quella sussidiaria nei confronti dell'Avv. M. , nei limiti sopra detti, per il pagamento di L. 313.200.000, oltre ad interessi. Ogni altro motivo di appello rimaneva assorbito. 3. Il L. propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati con memoria resiste l'Avv. M. , con controricorso, e chiede rigettarsi il ricorso in quanto inammissibile e, comunque, infondato. 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 346 c.p.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo articolo 360, nnumero 3 e 5 c.p.c. , perché la Corte territoriale - pur premettendo, correttamente, che la fondatezza della domanda risarcitoria dipendeva dalla valutazione di quale sarebbe stato l'esito della pregressa lite, qualora la domanda non riproposta in sede d'appello fosse stata, invece, debitamente riformulata - avrebbe dato un'interpretazione erronea della domanda svolta in via subordinata dal difensore del L. nel processo in questione, in primo grado, e non riproposta in appello. Quella domanda, svolta nella comparsa di costituzione e risposta per L.L. , redatta dall'Avv. M. , in data 8/7/83, era la seguente In via subordinata e nell'ipotesi di accoglimento delle domande tutte proposte dall'attore, dichiarare l’imm.re Romon s.r.l. tenuta a manlevare il convenuto L.L. da tutte le domande contro di lui proposte e condannare la stessa al risarcimento dei danni subiti da questi in dipendenza e conseguenza del loro accoglimento, nonché alla rifusione delle spese di lite . L'Avv. M. , nell'interesse del L. chiese, in via di subordine, che l'Immobiliare Romon fosse tenuta a manlevarlo da tutte le domande contro di lui proposte, e fosse condannata al risarcimento dei danni subiti da questi in dipendenza e conseguenza del loro accoglimento . Nessuna limitazione dei danni richiesti venne fatta nel corso del giudizio. Il ricorrente sostiene di non aver mai autorizzato l'Avv. M. a limitare i danni alla rivalutazione monetaria ed alle spese notarili. In sede di comparsa di costituzione e risposta dell'8/7/83, l'Avv. M. precisò che i danni avrebbero dovuto formare oggetto d'indagine da parte del Tribunale Ill.mo, ma una volta accertato che, nel caso di specie, vi fu violazione dell'articolo 38 della legge 392/78, accertamento che deve assumere carattere pregiudiziale . Il M. , in modo certamente poco efficace ed imperito, indicò a scopo esemplificativo che i danni potrebbero facilmente individuarsi nel rimborso delle spese notarili sostenute, nel rimborso alla tassa di registro pagata, nella corresponsione degli interessi monetari e della rivalutazione monetaria . Si trattava solo di un elenco, come ben precisato dall'Avv. M. , formulato a solo ed esclusivo scopo esemplificativo . L'individuazione dei danni, nel loro complesso, avrebbe dovuto costituire l'oggetto di un'indagine da parte del Tribunale Ill.mo . Tale indagine non venne effettuata, perché in primo grado il L. vide accogliere la domanda svolta in via principale di rigetto delle domande proposte dall'attore. In grado d'appello, l'indagine non poté svolgersi, in quanto la domanda subordinata non venne riproposta. La Corte territoriale non avrebbe dovuto dichiarare che nelle pur formulate generiche conclusioni la richiesta era stata limitata alla restituzione del prezzo, con gli accessori, ed al rimborso delle sostenute spese notarili , perché non corrisponderebbe al vero che l'Avv. M. abbia limitato le richieste del L. solo ed esclusivamente a tali voci. La richiesta dell'odierno ricorrente sarebbe stata più ampia e comprendente tutti i danni dallo stesso subiti e non solo quello emergente. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 111 Cost. e 115 e 116 c.p.c., nonché degli articolo 74 e 87 disp. att. c.p.c. omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo articolo 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. , perché la Corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione un documento - la comparsa conclusionale, che l'Avv. M. avrebbe redatto e depositato, nell'interesse dell'odierno ricorrente, in cui il L. avrebbe limitato la propria richiesta di risarcimento danni - che non sarebbe mai stato regolarmente prodotto in giudizio dalla controparte. Tale documento non sarebbe stato prodotto nel corso del giudizio di primo grado, risulta menzionato nell'atto di appello dell'Avv. M. , senza numerazione e senza l'indicazione della sua produzione in giudizio la difesa avversaria, in quell'atto, dichiara espressamente di produrre solo ed esclusivamente il fascicolo di primo grado e nessun altro documento e viene irregolarmente indicato dagli stessi Giudici d'Appello, come documento prodotto nel fascicolo di parte dell'Avv. M. tra la comparsa di costituzione del 24 luglio 2001 e la sentenza di primo grado, numero 7949/1985, resa dal Tribunale di Milano . Come implicitamente ammesso dalla stessa Corte d'Appello di Milano, si tratterebbe - secondo il ricorrente - di documento irritualmente inserito nel fascicolo avversario. I Giudici d'Appello non l'avrebbero potuto individuare con una numerazione, menzionandolo solo attraverso il riferimento al luogo fisico ove l'avevano rinvenuto. Detto documento sarebbe privo di numerazione, non inserito nell'elenco dei documenti avversari e si sarebbe trovato fisicamente tra la comparsa e la sentenza. Sarebbe evidente la violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa del ricorrente, che non avrebbe mai potuto prendere visione di quel documento. La Corte territoriale non avrebbe dovuto tenere in considerazione quanto dedotto nella suddetta comparsa conclusionale, documento inserito irregolarmente nel fascicolo di parte dell'Avv. M. tra la comparsa di costituzione del 24/7/2001 e la sentenza di primo grado, numero 7949185 . Ne deriverebbe che la circostanza che il documento in questione non sia stato regolarmente prodotto in giudizio sarebbe confermata dagli stessi Giudici di secondo grado, che non l'hanno potuto individuare con un numero e che l'hanno reperito nel fascicolo avversario privo di idoneo elenco , tra gli indicati atti. 4.1. Con riguardo al primo motivo di ricorso, la doglianza è priva di pregio in entrambi i suoi profili e non merita di essere accolta. L'interpretazione posta dalla Corte territoriale a base della propria decisione appare in linea con l'orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui, in materia di contratto d'opera intellettuale, ove anche risulti provato l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito tra le tante Cass. numero 22026/2004 numero 10966/2004 numero 6967/2006 numero 9917/2010 . La relativa indagine, da svolgersi sulla scorta degli elementi di prova che il danneggiato ha l'onere di fornire in ordine al fondamento dell'azione proposta, è riservata all'apprezzamento del giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto se non sia sorretta da una motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici Cass. numero 6967/2006 numero 9917/2010 . A tal fine, il giudizio prognostico, che il giudice del merito deve compiere, non può che consistere in una valutazione volta a verificare se la pretesa azionata a suo tempo, senza la negligenza del legale, sarebbe stata in termini probabilistici ritenuta fondata e se il risultato sarebbe stato diverso e più favorevole all'assistito. Al riguardo, i giudici di secondo grado hanno concluso il loro percorso argomentativo riconoscendo che, ove la domanda di manleva del L. fosse stata non solo riproposta, ma anche accolta, questi non avrebbe potuto ottenere più di quanto espressamente chiesto con la comparsa conclusionale dell'originario giudizio, datata 28 giugno 1985. La conclusione del Giudice di merito va condivisa, essendo pacifica, sulla base degli elementi probatori forniti in quel grado di giudizio, l'ininfluenza dell'inadempimento del M. sull'esito della lite. Tantomeno inficia tale conclusione la circostanza che la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato la domanda giudiziale del L. nell'originario giudizio, redatta dal M. e datata 8 luglio 1983. Per consolidata giurisprudenza di questa S. C., l'interpretazione della domanda giudiziale, consistendo in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legittimità e, pertanto, la Corte di cassazione è abilitata all'espletamento di indagini dirette al riguardo soltanto allorché il Giudice di merito abbia omesso l'indagine interpretativa della domanda, ma non se l'abbia compiuta ed abbia motivatamente espresso il suo convincimento in ordine all'esito dell'indagine Cass. numero 5876/2011 . Alla luce delle predette considerazioni, non è quindi risarcibile la perdita di chance, non essendo nella specie ravvisabile alcun pregiudizio in termini concreti. L'accoglimento della domanda di risarcimento da lucro cessante o da perdita di chance esige la prova, anche presuntiva, nella specie assolutamente non raggiunta, dell'esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile Cass. numero 15385/2011 . Vista la logicità dell'apprezzamento della Corte di merito e la congruità delle ragioni enunciate a sostegno della decisione, ne deriva l'infondatezza della doglianza in esame. 4.2 Anche il secondo motivo di ricorso - con cui il ricorrente censura la sentenza per avere posto a base della decisione il contenuto della comparsa conclusionale dell'originario giudizio tra di lui e il F. , assumendo che la stessa non sarebbe mai stata regolarmente prodotta in giudizio - è privo di pregio. Dagli atti difensivi messi a disposizione di questa Corte, emerge in modo chiaro che l'odierno intimato, già con l'atto di appello, aveva fatto riferimento al predetto documento nei propri scritti difensivi. Secondo la giurisprudenza di questa S. C, l'irrituale produzione di un documento non è rilevabile d'ufficio ma deve essere eccepita dalla parte interessata nell'udienza immediatamente successiva, con la conseguenza che, in caso di mancata tempestiva opposizione, il compimento dell'attività irregolare non può essere dedotto per la prima volta in cassazione Cass. numero 527/2002 id. numero 13744/2003 e numero 20112/2006 Cass. numero 5671/2010 . La mancanza di tempestiva opposizione alla produzione - asseritamente irrituale - del documento, che il L. , avrebbe dovuto, nel giudizio di merito, formulare nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso, non consente di accertare alcuna lesione del contraddittorio, che invece le norme di cui si assume la violazione sono dirette ad assicurare. In tal modo, il ricorrente non tiene presente il consolidato orientamento di questa S. C, secondo cui, nel giudizio di cassazione, avente ad oggetto solo la revisione della sentenza in rapporto alla regolarità formale del processo ed alle questioni di diritto proposte, non sono proponibili nuove questioni di diritto o temi di contestazione diversi da quelli dedotti nel giudizio di merito, a meno che si tratti di questioni rilevabili di ufficio tra le tante Cass. 4787/2012 . Senza contare che, se è vero che è opportuno sottolineare che nonostante l'attestazione del cancelliere e la sottoscrizione di questi dell'indice del fascicolo svolge la funzione di attestare la regolarità dell'esibizione della documentazione, nonché la data in cui questa avviene, allo scopo di mettere i documenti esibiti a disposizione della controparte, in modo su di essi possa esercitarsi il diritto di difesa e svilupparsi il contraddittorio, è altrettanto vero che la mancanza della sottoscrizione costituisce una mera irregolarità formale. Tale irregolarità può dar luogo a questioni in ordine all'utilizzabilità degli atti ivi presenti solo in caso di contestazioni della controparte sulla produzione ed esibizione di documenti, laddove, in assenza dell'adempimento sopra indicato, sorga dubbio sulla produzione in giudizio dell'atto Cass. numero 434/2007 numero 4898/2007 numero 11088/2004 numero 2076/2002 . Nel caso di specie, invece, mancava qualsiasi contestazione sul punto nella fase di merito e a diradare ogni dubbio sulla produzione del documento, può riconoscersi il riferimento espresso ad esso contenuto nell'atto di appello del M. e notificato al L. . La doglianza va quindi respinta. 5 - Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.