La carenza del requisito della descrizione del fatto rende inammissibile il ricorso per cassazione del Fisco

L’omessa indicazione, nel ricorso per cassazione, delle ragioni del diniego opposto dall’Ufficio alla richiesta di rimborso del contribuente impedisce l’apprezzamento della fondatezza della censura di violazione di legge mossa con l’unico motivo del ricorso.

La difesa erariale non indica le ragioni di fatto e di diritto per le quali l’Ufficio aveva respinto la domanda di rimborso del contribuente. Il ricorso per cassazione proposto è, pertanto, inammissibile per la «carenza del requisito della descrizione del fatto». Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 18 aprile 2013, numero 9528. Il caso. Il Fisco ha impugnato in cassazione la sentenza con cui il giudice del gravame, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato il provvedimento del 23 giugno 2008 con il quale l'Ufficio aveva respinto la richiesta del Fallimento, presentata nel 2005, di rimborso dell' IVA versata in eccedenza nell'anno 2004 e negli anni precedenti. Manca il requisito della descrizione del fatto. Il giudice di legittimità ha sancito l’inammissibilità del ricorso per carenza del requisito della descrizione del fatto articolo 366 numero 3 c.p.c. , in quanto la difesa erariale non ha indicato le ragioni di fatto e di diritto per le quali l'Ufficio aveva respinto la domanda di rimborso del contribuente. In particolare, gli Ermellini, nel dichiarare inammissibile il ricorso principale, hanno condannato il Fisco a rifondere al Fallimento parte resistente le spese del giudizio di Cassazione. Specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata È inammissibile per genericità il ricorso per cassazione che alla valutazione del giudice si limiti meramente a contrapporre la valutazione del contribuente, senza una critica specifica alla motivazione dell’accertamento compiuto dell’Autorità giudiziaria. All’uopo deve, invero, rilevarsi che l’ordinamento attribuisce alle parti il potere di devolvere all’Autorità giudiziaria la risoluzione della loro controversia, in tal modo determinando il trasferimento ad un terzo, ovvero al Giudice, del potere di creare quella certezza che esse parti non sono state in grado di trovare consensualmente, con la conseguenza che qualora una di esse ritenga insoddisfacente la pronuncia del Giudice ed intenda impugnarla, non può limitarsi a contrapporre alla certezza autoritativamente creata la sua pretesa certezza, la quale tuttavia, stante il disaccordo della controparte, prima della pronuncia del Giudice non esisteva. Essa, pertanto, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, deve spingersi fino a criticare il procedimento logico seguito dal Giudice, l’esternazione del suo processo cognitivo e del suo risultato. I motivi devono poi avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata. Pertanto, non sarà ammissibile un ricorso i cui motivi, anziché precisare le ragioni delle proposte censure, si esauriscono in una generica postulazione di erroneità della sentenza impugnata e nella pedissequa istanza di cassazione, considerato che la Corte non ha alcun dovere di ricostruire i possibili significati dei motivi di ricorso non sufficientemente chiari in quanto, essendo un giudizio a critica vincolata, con cognizione puntuale dall’ambito di denuncia del vizio, i motivi di ricorso devono essere specifici, completi e pertinenti alla decisione impugnata, visto che la Corte di Cassazione deve essere posta in grado di individuare in modo immediato le diverse questioni da risolvere.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 28 febbraio – 18 aprile 2013, numero 9528 Presidente Cicala – Relatore Cosentino Osserva «L'Agenzia delle Entrate ricorre contro il Fallimento A. srl per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato il provvedimento del 23.6.08 con il quale l'Ufficio aveva respinto la richiesta del Fallimento, presentata nel 2005, di rimborso dell' IVA versata in eccedenza nell'anno 2004 e negli anni precedenti. La Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione sul rilievo che il termine di decadenza di cui all'articolo 57 d.p.r. 633/72 si riferisce anche al controllo da parte dell'Ufficio dei presupposti su cui si fonda la richiesta di rimborso dell'eccedenza d'imposta detrattile risultante dalla dichiarazione IVA . Con l'unico motivo di ricorso la difesa erariale denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e 57 d.p.r. 633/72 e dell'articolo 2946 c.c. , assumendo che il giudice di merito avrebbe errato nell’assimilare il diniego di rimborso ad un avviso di accertamento e, quindi, nel ritenere che i termini di decadenza previsti per le rettifiche e gli accertamenti dall'articolo 57 d.p.r. 633/72 siano applicabili anche al controllo della sussistenza dei presupposti per procedere al rimborso controllo disciplinato esclusivamente dall'articolo 30 d.p.r. 633/72, che non prevede alcun termine per effettuare o negare il rimborso. Il contribuente resiste con contro ricorso. Il ricorso appare inammissibile per carenza del requisito della descrizione del fatto articolo 366 numero 3 cpc , in quanto la difesa erariale non indica le ragioni di fatto e di diritto per le quali l'Ufficio aveva respinto la domanda di rimborso del contribuente. In proposito va precisato che per stabilire se il diniego di rimborso dell'eccedenza detraibile IVA soggiaccia o meno ai termini di cui all'articolo 57 dpr 633/72 e, dunque, se nella specie il giudice di merito abbia errato nel ritenere tale soggezione - è necessario sapere se detto diniego sia dipeso dalla contestazione della sussistenza dell'eccedenza detraibile indicata dal contribuente oppure, incontestata tale sussistenza, dalla contestazione dei requisiti per l'accesso al rimborso contemplati dai commi secondo e terzo dell'articolo 57 dpr 633/72 solo nel primo caso, infatti, e non, nel secondo, il diniego di rimborso soggiace al termine di cui all'articolo 30 dpr 633/72. Si veda, per l'ipotesi in cui l'Ufficio aveva negato il rimborso contestando la sussistenza di un'eccedenza detraibile, Cass. 8460/05 In tema di IVA, il termine decadenziaie previsto dall'articolo 57, primo comma, del dRR. 26 ottobre 1972, numero 633 si riferisce anche al controllo, da parte dell'Ufficio, dei presupposti su cui si fonda la richiesta di rimborso dell'eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione. Tale interpretazione - già suggerita dal tenore letterale della norma - è definitivamente imposta dalla disposizione contenuta nel secondo periodo dello stesso primo comma che benché inapplicabile alla fattispecie ratione temporis , in quanto aggiunto dall'articolo 10 del D.Lgs. 2 settembre 1997, numero 313 , mi prevedere il differimento, a determinate condizioni, del suddetto termine di decadenza nel caso di richiesta di rimborso dell'eccedenza d'imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, implicitamente conferma, in via generale, che il termine decadenziale in questione riguarda anche gli accertamenti aventi ad oggetto le anzidette richieste di rimborso. conf. Cass. 6788/03 nonché, per l'ipotesi speculare in cui l’Ufficio aveva negato il rimborso per il difetto dei requisiti per l'accesso al rimborso contemplati dai commi secondo e terzo dell'articolo 57 dpr 633/72, Cass. 194/04 La contestazione circa la sussistenza dei fatti costitutivi del diritto al rimborso indicati dalla norma - quante volte non investa l'esistenza stessa dì una eccedenza di imposta in favore del contribuente ma sia limitata, come nel caso, all'esistenza degli altri fatti costitutivi - non influisce assolutamente sull'entità dell'imposta dovuta che resta, quindi, fuori dalla discussione nella sua determinazione quantitativa e, pertanto, non attiene assolutamente a profili accertativi dell'imposta stessa che rimangono immutati e non discussi tra le parti per cui la contestazione in parola non può ritenersi soggetta al termine decandenziale previsto dalla legge per tutt'altra fattispecie ma deve ritenersi sempre opponibile al contribuente finché questi abbia il diritto di ottenere il rimborso delle eccedenze. conf. Cass. 29398/08, Cass. 8642/09 . L'omessa indicazione, nei ricorso per cassazione, delle ragioni del diniego opposto dall'Ufficio alla richiesta di rimborso il contribuente impedisce dunque l'apprezzamento della fondatezza della censura di violazione di legge mossa con l'unico motivo di ricorso si propone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso.-» che la parte intimata è costituita con controricorso che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti che non sono state depositate memorie difensive. Il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni esposte nella relazione. In definitiva, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna l'Agenzia delle entrate a rifondere al Fallimento contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in €. 10.000 per onorari, oltre € 100 per esborsi.