Se la banca non valuta la solvibilità del debitore decade anche dal diritto agli interessi legali

Altrimenti, la sanzione non sarebbe dissuasiva quando gli importi che possono essere effettivamente riscossi dal creditore in seguito alla decadenza dagli interessi non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato al suo obbligo di verifica della solvibilità del debitore.

Lo ha stabilito la Corte di Giustizia con la sentenza del 27 marzo 2014, causa C-565/12. Contratti di credito ai consumatori. Per meglio comprendere i termini della questione, è opportuno ricordare la normativa comunitaria rilevante nel caso in specie. Infatti, gli articolo 8 e 23 direttiva 2008/48/CE sui contratti di credito ai consumatori auspicano misure idonee per promuovere pratiche responsabili in tutte le fasi del rapporto di credito, considerando le specificità del proprio mercato creditizio. In particolare, l’articolo 8 dispone che gli Stati membri debbano provvedere affinché, prima della conclusione del contratto di credito, il creditore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando la banca dati pertinente. Il successivo articolo 23 della stessa direttiva stabilisce che gli Stati membri devono prescrivere norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. La vicenda. Il caso attiene le tutele dei consumatori nei contratti di credito. La fattispecie esaminata dalla Corte riguarda un contratto stipulato da un privato con un istituto di credito relativo ad un prestito personale rimborsabile in 60 rate, con un tasso debitore annuo fisso del 5,60% e un tasso annuo effettivo globale TAEG del 5,918%. Poiché dopo pochi mesi tale prestito non è stato più rimborsato, la banca ha fatto valere dinanzi al tribunale l’esigibilità immediata delle somme prestate, chiedendo che il privato fosse condannato al pagamento della somma con interessi al tasso annuo e che venisse ordinata la capitalizzazione annuale degli interessi. Il giudice ha rilevato d’ufficio la decadenza dal diritto agli interessi nei confronti del creditore per mancata consultazione del registro nazionale previsto dall’articolo L. 333-4 del codice del consumo francese. In proposito, la banca ha riconosciuto che essa non era in grado di dimostrare di avere proceduto a tale consultazione prima della conclusione del contratto di prestito. Un’arma a doppio taglio? Il giudice del rinvio, tuttavia, pone la questione dell’efficacia della sanzione della decadenza dal diritto agli interessi convenzionali nel caso di una violazione comprovata dell’obbligo del creditore di consultare il registro nazionale previsto al fine di verificare la solvibilità del consumatore. Infatti, secondo lo stesso giudice, mentre tale sanzione potrebbe essere efficace quando il consumatore versa l’integralità delle somme divenute esigibili entro un termine di 2 mesi dal momento in cui la decisione giudiziaria è divenuta esecutiva. Tuttavia, sul piano pratico, si potrebbe rivelare un’arma a doppio taglio, in quanto in via generale, se il creditore è stato costretto ad agire in giudizio è perché la situazione del consumatore non gli consentiva più di ottemperare ai propri obblighi. Inoltre, sebbene il giudice investito della controversia possa concedere una proroga massima di 24 mesi, rimarrebbe comunque il fatto che gli interessi legali restano esigibili. Peraltro, si può anche sostenere che l’inadempimento, da parte del creditore, del proprio obbligo di verifica della solvibilità del consumatore potrebbe aver contribuito all’eccessivo indebitamento di quest’ultimo. Di conseguenza, il giudice chiede alla Corte di Giustizia se l’esigenza di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, prevista dall’articolo 23 direttiva 2008/48, in caso di inadempimento, da parte dei creditori, degli obblighi sanciti dalla direttiva, osti all’esistenza di norme che permettono al creditore, sanzionato con la decadenza dal suo diritto agli interessi come previsto dalla legislazione francese, di beneficiare, dopo la pronuncia della sanzione, di interessi esigibili di pieno diritto a un tasso legale maggiorato di cinque punti due mesi dopo una decisione giudiziaria esecutiva, sulle somme ancora dovute dal consumatore. La decadenza dal diritto agli interessi del creditore. Considerando l’obiettivo di garantire a tutti i consumatori dell’Unione un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi contro la concessione irresponsabile di contratti di credito che eccedono le loro capacità finanziarie e possono comportare la loro insolvenza, il su visto articolo 23 prevede che il regime di sanzioni applicabili siano efficaci, proporzionate nonché dissuasive. In proposito, la giurisprudenza costante della Corte relativa al principio di leale cooperazione ha stabilito che la severità delle sanzioni deve essere adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono e comportare, in particolare, un effetto realmente dissuasivo, fermo restando il rispetto del principio generale di proporzionalità CGE sentenza Texdata Software, C-418/11 . Nel caso di specie, l’obbligo precontrattuale di verifica da parte del creditore della solvibilità del debitore, imposto dall’articolo L. 311-9 del codice del consumo francese, in caso di violazione è sanzionato con la decadenza, in linea di principio integrale, dal diritto agli interessi del creditore. Di conseguenza, si pone la questione se la severità di tale sanzione sia adeguata alla gravità delle violazioni che essa reprime e, in particolare, se una sanzione del genere comporti un effetto realmente dissuasivo. La sanzione della decadenza è adeguata? Secondo la Corte, al fine di valutare il carattere realmente dissuasivo della sanzione, il giudice del rinvio unico giudice competente ad interpretare ed applicare il diritto nazionale deve confrontare gli importi che il creditore avrebbe riscosso come remunerazione del prestito nel caso in cui avesse rispettato il suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, con quelli che egli percepirebbe in applicazione della sanzione per violazione di questo stesso obbligo precontrattuale. Per determinare questi ultimi importi, spetta al suddetto giudice tenere conto di tutti gli elementi e, in particolare, di tutte le conseguenze che possono discendere dal suo accertamento della violazione, da parte del creditore, dell’obbligo precontrattuale di cui trattasi. Se, dopo il su descritto raffronto, il giudice del rinvio dovesse accertare che, nella controversia di cui è investito, l’applicazione della sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali può assegnare un beneficio al creditore, in quanto gli importi di cui viene privato sono inferiori a quelli derivanti dall’applicazione degli interessi al tasso legale maggiorato, allora il regime di sanzioni non garantirebbe un effetto realmente dissuasivo alla sanzione della decadenza. La decadenza deve essere in concreto dissuasiva per il creditore. Inoltre, tenuto conto dell’importanza dell’obiettivo di tutela dei consumatori inerente all’obbligo di verifica, da parte del creditore, della solvibilità del debitore, la sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali, non sarà realmente dissuasiva se il giudice dovesse accertare che gli importi che possono essere riscossi dal creditore in seguito all’applicazione di tale sanzione non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato a un siffatto obbligo. Infatti, se la sanzione della decadenza dagli interessi venisse alleviata, ovvero eliminata, a causa del fatto che l’applicazione degli interessi al tasso legale maggiorato può compensare gli effetti di una siffatta sanzione, essa non presenterebbe un carattere realmente dissuasivo. In tal caso, il giudice è tenuto a prendere in considerazione tutte le norme del diritto nazionale e ad interpretarle, per quanto possibile, alla luce della finalità della direttiva applicabile in materia per ottenere una soluzione conforme all’obiettivo da essa perseguito, ossia una quello di una tutela effettiva del consumatore che, nella specie, si concretizza nell’obbligo di verifica precontrattuale, da parte del creditore, della solvibilità del debitore. In conclusione. Secondo la Corte, quindi, l’articolo 23 direttiva 2008/48 è contrario ad una norma nazionale in forza del quale, in caso di violazione, da parte del creditore, del suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, il creditore decada dal suo diritto agli interessi convenzionali, ma benefici di pieno diritto degli interessi al tasso legale. Infatti, ciò non tutelerebbe il consumatore-debitore quando, come nel caso in specie, gli importi che possono essere effettivamente riscossi dal creditore in seguito all’applicazione della sanzione della decadenza dagli interessi non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato al suo obbligo di verifica della solvibilità del debitore.

Corte di Giustizia UE, Quarta Sezione, sentenza 27 marzo 2014, causa C-565/12 * «Tutela dei consumatori – Contratti di credito ai consumatori – Direttiva 2008/48/CE – Articoli 8 e 23 – Obbligo di verifica precontrattuale, da parte del creditore, della solvibilità del debitore – Disposizione nazionale che impone la consultazione di una banca dati – Decadenza dagli interessi convenzionali in caso di violazione di un siffatto obbligo – Carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo della sanzione» Sentenza 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 8 e 23 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio GU L 133, pag. 66, e rettifiche GU 2009, L 207, pag. 14, GU 2010, L 199, pag. 40, e GU 2011, L 234, pag. 46 . 2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la LCL Le Crédit Lyonnais SA in prosieguo la «LCL» e il sig. Kalhan in merito a una domanda di pagamento di somme ancora dovute su un prestito personale che tale società aveva concesso a quest’ultimo e che egli non ha rimborsato. Contesto normativo Il diritto dell’Unione 3 I considerando 7, 9, 26, 28 e 47 della direttiva 2008/48 sono formulati nei seguenti termini « 7 Per facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo è necessario prevedere un quadro comunitario armonizzato in una serie di settori fondamentali. 9 È necessaria una piena armonizzazione che garantisca a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e che crei un vero mercato interno. Pertanto, agli Stati membri non dovrebbe essere consentito di mantenere o introdurre disposizioni nazionali diverse da quelle previste dalla presente direttiva. 26 Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure appropriate per promuovere pratiche responsabili in tutte le fasi del rapporto di credito, tenendo conto delle specificità del proprio mercato creditizio. In un mercato creditizio in espansione, in particolare, è importante che i creditori non concedano prestiti in modo irresponsabile o non emettano crediti senza preliminare valutazione del merito creditizio, e gli Stati membri dovrebbero effettuare la necessaria vigilanza per evitare tale comportamento e dovrebbero determinare i mezzi necessari per sanzionare i creditori qualora ciò si verificasse. 28 Al fine di valutare lo status di merito creditizio di un consumatore, il creditore dovrebbe anche consultare le banche dati pertinenti le circostanze di fatto e di diritto possono richiedere che tali consultazioni assumano ampiezza diversa. 47 Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni interne adottate a norma della presente direttiva ed assicurarne l’attuazione. Benché la scelta delle sanzioni sia lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, le sanzioni previste dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive». 4 L’articolo 8 della medesima direttiva, intitolato «Obbligo di verifica del merito creditizio del consumatore», al suo paragrafo 1, prevede quanto segue «Gli Stati membri provvedono affinché, prima della conclusione del contratto di credito, il creditore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando la banca dati pertinente. Gli Stati membri la cui normativa prevede già una valutazione del merito creditizio del consumatore consultando una banca dati pertinente possono mantenere tale obbligo». 5 L’articolo 23 della direttiva 2008/48, intitolato «Sanzioni», così dispone «Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive». Il diritto francese 6 La legge numero 2010-737, del 1° luglio 2010, recante riforma del credito al consumo «loi n° 2010-737, du 1er juillet 2010, portant réforme du crédit à la consommation» JORF del 2 luglio 2010, pag. 12001 , volta a recepire la direttiva 2008/48 nel diritto interno francese, è stata integrata negli articoli L. 311‑1 e seguenti del codice del consumo «code de la consommation» . 7 L’articolo L. 311‑9 del suddetto codice così dispone «Prima della conclusione del contratto di credito, il creditore verifica la solvibilità del debitore sulla base di un numero sufficiente di informazioni, comprese informazioni fornite da quest’ultimo su richiesta del creditore. Il creditore consulta il registro di cui all’articolo L. 333‑4, nelle condizioni previste dal decreto menzionato all’articolo L. 333‑5». 8 Il 26 ottobre 2010 è stato emanato il decreto ministeriale relativo al registro nazionale dei cattivi pagatori «arrêté ministériel relatif au fichier national des incidents de remboursement des crédits aux particuliers» , quale previsto dall’articolo L. 333‑5 del codice del consumo in prosieguo il «registro nazionale» . Tale decreto prescrive le modalità in base alle quali i creditori devono conservare le prove della consultazione del registro nazionale per produrle in caso di controversia o di revisione contabile. 9 L’articolo L. 311‑48, comma secondo e terzo, del codice del consumo prevede quanto segue «Qualora il creditore sia venuto meno agli obblighi fissati dagli articoli L. 311‑8 e L. 311‑9, egli decade dal diritto agli interessi, totalmente o nella proporzione determinata dal giudice. Il debitore è tenuto unicamente al rimborso del capitale secondo le scadenze previste, nonché, eventualmente, al pagamento degli interessi dai quali il creditore non è decaduto. Le somme riscosse a titolo di interessi, produttive di interessi al tasso legale a decorrere dal giorno del loro versamento, sono restituite dal creditore o imputate al capitale ancora dovuto». 10 Ai sensi dell’articolo L. 313‑3 del codice monetario e finanziario «code monétaire et financier» «In caso di condanna pecuniaria con decisione giudiziaria, il tasso di interesse legale è maggiorato di cinque punti alla scadenza di un termine di due mesi decorrenti dal giorno in cui la decisione giudiziaria è divenuta esecutiva, anche solo provvisoriamente . Tuttavia, su richiesta del debitore o del creditore, e in considerazione della situazione del debitore, il giudice dell’esecuzione può esonerare quest’ultimo da tale maggiorazione o ridurne l’ammontare». 11 L’articolo 1153, comma primo, secondo e terzo, del codice civile francese è del seguente tenore «Nelle obbligazioni che si limitano al pagamento di una somma determinata, il risarcimento dovuto per il ritardo nell’adempimento consiste sempre solo nella condanna agli interessi al tasso legale, salvo le norme particolari vigenti in materia di commercio e di garanzia. Tale risarcimento è dovuto senza che il creditore sia tenuto a giustificare alcun danno. Esso è dovuto soltanto a partire dal giorno della messa in mora, o da un altro atto equivalente come una missiva, qualora ne derivi un’intimazione sufficiente, salvo il caso in cui la legge li faccia decorrere di pieno diritto». 12 L’articolo 1154 del medesimo codice così recita «Gli interessi maturati sui capitali possono produrre interessi, a seguito di una domanda giudiziale o di un’apposita convenzione, purché nella domanda o nella convenzione si tratti di interessi dovuti per almeno un anno intero». 13 L’articolo 1254 del codice civile così dispone «Il debitore di una somma che produce interessi o arretrati, senza il consenso del creditore, non può imputare il pagamento effettuato sul capitale con preferenza agli arretrati o agli interessi il pagamento effettuato sul capitale e sugli interessi, ma non integrale, va imputato in primo luogo agli interessi». Procedimento principale e questione pregiudiziale 14 In data 4 maggio 2011, il sig. Kalhan ha stipulato con la LCL un contratto relativo ad un prestito personale di un importo pari a EUR 38 000 rimborsabile in 60 rate di EUR 730,46, con un tasso debitore annuo fisso del 5,60% e un tasso annuo effettivo globale TAEG del 5,918%. 15 Poiché dal 12 gennaio 2012 il suddetto prestito non è stato più rimborsato, la LCL ha fatto valere dinanzi al tribunal d’instance d’Orléans l’esigibilità immediata delle somme prestate. 16 Il 18 ottobre 2012, la LCL ha citato il sig. Kalhan dinanzi al giudice del rinvio, segnatamente affinché venga condannato al pagamento della somma di EUR 37 611,23, con interessi al tasso annuo di 5,918% a decorrere dal 17 aprile 2012, e affinché venga ordinata la capitalizzazione annuale degli interessi. 17 Il suddetto giudice ha rilevato d’ufficio il motivo attinente all’eventuale decadenza dal diritto agli interessi, di cui all’articolo L. 311‑48, secondo comma, del codice del consumo, nei confronti del creditore per mancata consultazione del registro nazionale previsto dall’articolo L. 333‑4 del codice del consumo, nell’ambito della verifica della solvibilità del debitore, quale imposta dall’articolo L. 311‑9 dello stesso codice. La LCL ha riconosciuto che essa non era in grado di dimostrare di avere proceduto ad una siffatta consultazione prima della conclusione del contratto di prestito. 18 Il giudice del rinvio evidenzia che la sanzione della decadenza dal diritto agli interessi, di cui all’articolo L.311-48, secondo comma, del codice del consumo, è stata interpretata dalla Cour de Cassation Corte di Cassazione, Francia nel senso che riguarda unicamente gli interessi convenzionali, con la conseguenza che gli interessi al tasso legale rimangono tuttavia dovuti in forza dell’articolo 1153 del codice civile. 19 Esso rileva che, a norma dell’articolo L. 313‑3 del codice monetario e finanziario, tale tasso legale è maggiorato di cinque punti qualora il debitore non abbia saldato integralmente il suo debito entro un termine di due mesi dal momento in cui la decisione giudiziaria ha acquisito forza esecutiva. 20 Il giudice del rinvio indica inoltre che, secondo la giurisprudenza della Cour de cassation, gli interessi al tasso legale nonché la maggiorazione di cinque punti si applicano di pieno diritto, vale a dire che gli interessi così maggiorati sono dovuti automaticamente, persino qualora non siano stati richiesti o qualora la decisione giudiziaria non li abbia previsti. 21 Peraltro, il suddetto giudice rileva che, nel caso di specie, il tasso degli interessi convenzionali è del 5,60%, mentre invece, dopo la dichiarazione di decadenza dal diritto a tali interessi, la LCL potrà beneficiare di interessi al tasso legale, i quali, ove vengano maggiorati di cinque punti due mesi dopo la data in cui la sentenza è divenuta esecutiva, ammonteranno al 5,71% per il 2012. Di conseguenza, l’applicazione della decadenza dal diritto agli interessi potrebbe procurare un beneficio al creditore. 22 Ciò premesso, il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sull’efficacia della sanzione della decadenza dal diritto agli interessi convenzionali nel caso di una violazione comprovata dell’obbligo del creditore di consultare il registro nazionale all’uopo previsto al fine di verificare la solvibilità del consumatore. 23 Secondo lo stesso giudice, la suddetta sanzione potrebbe essere efficace quando il consumatore versa l’integralità delle somme divenute esigibili entro un termine di due mesi dal momento in cui la decisione giudiziaria è divenuta esecutiva. Tuttavia, sul piano pratico, tale eventualità sarebbe illusoria in quanto, in via generale, se il creditore è stato costretto ad agire in giudizio è perché la situazione del consumatore non gli consentiva più di ottemperare ai propri obblighi. Inoltre, sebbene il giudice investito della controversia possa concedere una proroga massima di 24 mesi, rimarrebbe comunque il fatto che gli interessi legali restano esigibili. Peraltro, si può anche sostenere che l’inadempimento, da parte del creditore, del proprio obbligo di verifica della solvibilità del consumatore potrebbe aver contribuito all’eccessivo indebitamento di quest’ultimo. 24 Il giudice del rinvio rileva anche che l’articolo L. 313‑3 del codice monetario e finanziario prevede la possibilità per il consumatore di chiedere al giudice di esonerarlo dalla maggiorazione degli interessi al tasso legale o di ridurne l’ammontare. Tuttavia, sul piano pratico, i casi in cui un consumatore abbia potuto beneficiare di una siffatta misura dopo una decadenza dal diritto agli interessi sarebbero estremamente rari, segnatamente per il fatto che il consumatore non viene informato di tale diritto o che il beneficio di quest’ultimo viene concesso tenendo conto non della gravità degli inadempimenti del creditore, bensì unicamente della situazione finanziaria del consumatore. 25 In secondo luogo, in merito alla proporzionalità del regime di sanzioni di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice del rinvio indica anzitutto che il giudice può certamente modulare la sanzione della decadenza dal diritto agli interessi in considerazione della gravità della violazione, da parte del creditore, dell’obbligo di cui trattasi. Tuttavia, persino in tale caso, quest’ultimo beneficerebbe ancora degli interessi al tasso legale sulle somme ancora dovute. 26 Poiché, poi, a norma dell’articolo 1254 del codice civile, gli interessi al tasso legale diventano esigibili a causa della decadenza dal diritto agli interessi convenzionali e i pagamenti sono imputati prioritariamente agli interessi dovuti, il rimborso del capitale sarebbe necessariamente ritardato sicché diventerebbero esigibili nuovi interessi al tasso legale. 27 Infine, l’effetto della suddetta decadenza sarebbe anche ridotto a causa della capitalizzazione degli interessi, che può essere richiesta dal creditore conformemente al principio dell’anatocismo quale previsto dall’articolo 1154 del codice civile. 28 In terzo luogo, il giudice del rinvio si interroga sul carattere dissuasivo del regime della decadenza dal diritto agli interessi quale previsto dal codice del consumo. Esso ritiene che, siccome i creditori possono contare sull’esigibilità degli interessi al tasso legale maggiorato, persino in caso di decadenza dal loro diritto agli interessi convenzionali, essi siano poco incentivati a modificare le loro pratiche nel senso di un rigoroso adempimento degli obblighi ad essi incombenti in forza della direttiva 2008/48 e della normativa di recepimento della medesima nel diritto interno degli Stati membri. 29 Ciò premesso, il tribunal d’instance d’Orléans ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale «Se l’esigenza di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, prevista dall’articolo 23 della [direttiva 2008/48], in caso di inadempimento, da parte dei creditori, degli obblighi sanciti dalla direttiva, osti all’esistenza di norme che permettono al creditore, sanzionato con la decadenza dal suo diritto agli interessi come previsto dalla legislazione francese, di beneficiare, dopo la pronuncia della sanzione, di interessi esigibili di pieno diritto a un tasso legale maggiorato di cinque punti due mesi dopo una decisione giudiziaria esecutiva, sulle somme ancora dovute dal consumatore». Sulla questione pregiudiziale 30 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 23 della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di un regime nazionale di sanzioni in forza del quale, in caso di violazione da parte del creditore del suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore mediante la consultazione di una banca dati pertinente, tale creditore decade dal suo diritto agli interessi convenzionali, ma beneficia di pieno diritto degli interessi al tasso legale, esigibili a decorrere dalla pronuncia di una decisione giudiziaria che condanna tale debitore al versamento delle somme ancora dovute, i quali sono inoltre maggiorati di cinque punti se, alla scadenza di un termine di due mesi successivi a tale pronuncia, quest’ultimo non ha saldato il suo debito. Sulla ricevibilità 31 La Commissione europea solleva un duplice interrogativo in merito alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. 32 Essa sostiene, in primo luogo, che il regime nazionale di sanzioni, quale applicabile nel procedimento principale, mira a reprimere la violazione di un obbligo previsto non dalla direttiva 2008/48 bensì da una norma nazionale che impone la consultazione, da parte del creditore, di una banca dati che gli Stati membri possono mantenere a norma dell’articolo 8 della citata direttiva, sebbene tale regime si applichi anche alla violazione di altri obblighi che, dal canto loro, derivano direttamente dalla stessa direttiva. Di conseguenza, la questione se un siffatto regime di sanzioni rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 23 della suddetta direttiva non sarebbe chiara. 33 In secondo luogo, poiché il principio dell’applicazione di pieno diritto degli interessi al tasso legale e della loro maggiorazione sembra implicare che il giudice nazionale non possa né disattendere le disposizioni in esame nel procedimento principale che prevedono il pagamento di tali importi né interpretarle alla luce del diritto dell’Unione, occorrerebbe quindi interrogarsi sull’utilità di una risposta della Corte alla questione che le viene sottoposta dal giudice del rinvio. 34 A tal proposito, da un lato, per quanto riguarda l’applicabilità dell’articolo 23 della direttiva 2008/48 al regime nazionale di sanzioni in esame nel procedimento principale, va rilevato che, ai termini stessi di tale articolo, questo si applica alle «norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma [di tale] direttiva». 35 Orbene, è giocoforza constatare che il suddetto regime di sanzioni mira a sanzionare la violazione di una disposizione nazionale adottata nell’ambito del recepimento della direttiva 2008/48. 36 Invero, siffatto regime, quale previsto dall’articolo L.311-48 del codice del consumo, intende segnatamente sanzionare la violazione da parte del creditore dell’obbligo, prescritto dall’articolo L. 311‑9 del medesimo codice, di verificare la solvibilità del debitore consultando il registro nazionale previsto a tal fine. Orbene, l’articolo 8 della direttiva 2008/48 prevede espressamente che un siffatto obbligo di consultazione possa essere mantenuto. Inoltre, il regime di sanzioni di cui trattasi nel procedimento principale si applica generalmente in caso di violazione dell’obbligo in materia di verifica precontrattuale della solvibilità del consumatore quale previsto dal suddetto articolo L. 311‑9, il quale mira a dare attuazione all’articolo 8 della direttiva in parola. Peraltro, dal considerando 28 della stessa direttiva emerge che una consultazione del genere viene effettuata se le circostanze di diritto e di fatto lo richiedono. 37 Per quanto concerne, d’altro lato, i dubbi espressi dalla Commissione circa l’utilità di una risposta alla questione posta ai fini della soluzione del procedimento principale, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nell’ambito normativo e fattuale da esso definito sotto la propria responsabilità e la cui esattezza non spetta alla Corte verificare, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le sono sottoposte v., in particolare, sentenza del 19 dicembre 2013, Fish Legal e Shirley, -279/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30 . 38 A tale proposito, non risulta in modo manifesto dal principio dell’applicazione automatica o di pieno diritto degli interessi al tasso legale, e della loro maggiorazione, a una somma che non sia stata pagata entro i termini prescritti, che il giudice del rinvio non sarebbe in condizione di tenere utilmente conto della risposta fornita dalla Corte al quesito posto, segnatamente interpretando le disposizioni nazionali da cui deriva l’esigibilità di tale somma alla luce del diritto dell’Unione se ciò dovesse risultare necessario considerata tale risposta. 39 Ciò posto, va constatato che gli interrogativi sollevati dalla Commissione non sono tali da rimettere in questione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Nel merito 40 Dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 28 di quest’ultima, emerge che prima della conclusione di un contratto di credito, il creditore è tenuto a valutare la solvibilità del consumatore, ove tale obbligo può eventualmente comprendere la consultazione delle banche dati pertinenti. 41 In tal contesto, il considerando 26 della suddetta direttiva enuncia che in un mercato creditizio in espansione, in particolare, è importante che i creditori non siano indotti a concedere prestiti in modo irresponsabile o a emettere crediti senza preliminare valutazione della solvibilità del consumatore e che gli Stati membri effettuano la necessaria vigilanza per prevenire tali comportamenti e definiscono i mezzi necessari per sanzionare gli autori di tali comportamenti. 42 L’obbligo precontrattuale del creditore di valutare la solvibilità del debitore, nella misura in cui mira a tutelare i consumatori contro i rischi di sovraindebitamento e di insolvenza, contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo della direttiva 2008/48 che consiste, come emerge dai considerando 7 e 9 della medesima, nel prevedere, in materia di credito ai consumatori, un’armonizzazione completa ed imperativa in una serie di settori fondamentali, la quale viene ritenuta necessaria per garantire a tutti i consumatori dell’Unione un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e per facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo. 43 Alla luce di un siffatto obiettivo, volto a garantire una tutela effettiva dei consumatori contro la concessione irresponsabile di contratti di credito che eccedono le loro capacità finanziarie e possono comportare la loro insolvenza, l’articolo 23 della direttiva 2008/48 prevede, da un lato, che il regime di sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali in materia di verifica precontrattuale della solvibilità del debitore, adottate a norma dell’articolo 8 di tale direttiva, sia definito in modo tale che le sanzioni siano efficaci, proporzionate nonché dissuasive e, dall’altro, che gli Stati membri adottino tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Dal considerando 47 della medesima direttiva emerge inoltre che, entro tali limiti, la scelta del suddetto regime di sanzioni viene lasciato alla discrezionalità degli Stati membri. 44 A tal riguardo, va ricordato che, in base alla giurisprudenza costante della Corte relativa al principio di leale cooperazione, ora sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, pur conservando la scelta delle sanzioni, gli Stati membri devono segnatamente vegliare a che le violazioni del diritto dell’Unione siano sanzionate, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in forme analoghe a quelle previste per le violazioni del diritto nazionale simili per natura e importanza e che, in ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo v. in tal senso, in particolare, sentenze del 3 maggio 2005, Berlusconi e a., -387/02, -391/02 e -403/02, Racc. pag. I‑3565, punti 64 e 65, nonché del 26 settembre 2013, Texdata Software, -418/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 50 . 45 La Corte ha statuito, segnatamente, che la severità delle sanzioni deve essere adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono e comportare, in particolare, un effetto realmente dissuasivo, fermo restando il rispetto del principio generale di proporzionalità sentenza Texdata Software, cit., punto 51 . 46 Nel caso di specie, l’obbligo precontrattuale di verifica da parte del creditore della solvibilità del debitore, imposto dall’articolo L. 311‑9 del codice del consumo, disposizione volta a dare attuazione all’articolo 8 della direttiva 2008/48, in caso di violazione è sanzionato dall’articolo L. 311‑48 di tale codice, disposizione volta a dare attuazione all’articolo 23 della medesima direttiva e che prevede la decadenza, in linea di principio integrale, dal diritto agli interessi del creditore. 47 Di conseguenza, si pone la questione se la severità di tale sanzione sia adeguata alla gravità delle violazioni che essa reprime e, in particolare, se una sanzione del genere comporti un effetto realmente dissuasivo. 48 A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, secondo la giurisprudenza nazionale, la sanzione della decadenza dagli interessi riguarda unicamente gli interessi convenzionali, sicché i creditori beneficiano di pieno diritto degli interessi al tasso legale che nella stragrande maggioranza dei casi sono, parimenti di pieno diritto, maggiorati di cinque punti. Nel procedimento principale e per quanto attiene al 2012, tale giudice precisa che il tasso degli interessi convenzionali era del 5,60%, mentre gli interessi al tasso legale, maggiorati di cinque punti, ammonterebbero al 5,71%. La differenza tra questi tassi sarebbe stata ancora più marcata per quanto riguarda il 2013. Ne deriverebbe che l’applicazione della sanzione della decadenza, quale prevista dalla normativa nazionale, può procurare un vantaggio al creditore. 49 Per contro, la Commissione sostiene che, in casi come quello ricorrente nel procedimento principale, in cui il creditore esige il rimborso immediato del prestito in seguito al mancato pagamento del debitore, il carattere effettivo e dissuasivo della sanzione sembra garantito. Infatti, i costi legati alla consultazione, nell’ambito della verifica della solvibilità del debitore, delle banche dati previste a tale fine, sarebbero relativamente limitati, mentre la sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali comporterebbe un rischio con un costo economico potenzialmente elevato. Inoltre, sebbene, certamente, il creditore non diligente possa comunque reclamare gli interessi legali, eventualmente maggiorati di cinque punti, rimarrebbe nondimeno il fatto che, contrariamente al creditore che abbia ottemperato all’obbligo di verifica precontrattuale della solvibilità del debitore, la base sulla quale tali interessi sono applicati non include né gli interessi convenzionali né gli interessi legali dovuti su di essi. 50 A tal riguardo, al fine di valutare il carattere realmente dissuasivo della sanzione, spetta al giudice del rinvio, che è l’unico competente ad interpretare ed applicare il diritto nazionale, raffrontare, nelle circostanze della causa di cui è investito, gli importi che il creditore avrebbe riscosso come remunerazione del prestito qualora avesse rispettato il suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, con quelli che egli percepirebbe in applicazione della sanzione per violazione di questo stesso obbligo precontrattuale. Al fine di determinare questi ultimi importi, spetta al suddetto giudice tenere conto di tutti gli elementi e, in particolare, di tutte le conseguenze che possono discendere dal suo accertamento della violazione, da parte del creditore, dell’obbligo precontrattuale di cui trattasi. 51 Se, in esito al raffronto di cui al punto precedente, il giudice del rinvio dovesse accertare che, nella controversia di cui è investito, l’applicazione della sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali può conferire un beneficio al creditore, in quanto gli importi di cui viene privato sono inferiori a quelli derivanti dall’applicazione degli interessi al tasso legale maggiorato, ne discenderebbe che, manifestamente, il regime di sanzioni in esame nel procedimento principale non garantisce un effetto realmente dissuasivo alla sanzione in cui si incorre. 52 Inoltre, tenuto conto dell’importanza, rilevata al punto 43 della presente sentenza, dell’obiettivo di tutela dei consumatori inerente all’obbligo di verifica, da parte del creditore, della solvibilità del debitore, la sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali, in via più generale, non può essere considerata realmente dissuasiva qualora il giudice del rinvio dovesse accertare, in esito al raffronto di cui al punto 50 della presente sentenza e alla luce di tutte le circostanze rilevanti indicate in tale punto, che, in un caso come quello sottopostogli nella presente fattispecie, che implica l’immediata esigibilità del capitale del prestito ancora dovuto a causa dell’inadempimento del debitore, gli importi che possono essere riscossi dal creditore in seguito all’applicazione di tale sanzione non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato a un siffatto obbligo. 53 Infatti, se la sanzione della decadenza dagli interessi venisse mitigata, ovvero puramente e semplicemente eliminata, a causa del fatto che l’applicazione degli interessi al tasso legale maggiorato può compensare gli effetti di una siffatta sanzione, ne discenderebbe necessariamente che essa non presenta un carattere realmente dissuasivo v., per analogia, sentenza dell’8 giugno 1994, Commissione/Regno Unito, -382/92, Racc. pag. I‑2435, punti da 56 a 58 . 54 Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio accertasse che la sanzione della decadenza dagli interessi convenzionali non presenta un carattere realmente dissuasivo ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/48, occorre ricordare a tal riguardo che un giudice nazionale, investito di una controversia che vede contrapposti esclusivamente soggetti privati, in sede di applicazione delle disposizioni del diritto interno è tenuto a prendere in considerazione tutte le norme del diritto nazionale e ad interpretarle, per quanto possibile, alla luce del testo nonché della finalità della direttiva applicabile in materia per ottenere una soluzione conforme all’obiettivo da essa perseguito v., in particolare, sentenza del 27 febbraio 2014, OSA, -351/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44 . 55 Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 23 della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di un regime nazionale di sanzioni in forza del quale, in caso di violazione, da parte del creditore, del suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, il creditore decada dal suo diritto agli interessi convenzionali, ma benefici di pieno diritto degli interessi al tasso legale, esigibili a decorrere dalla pronuncia di una decisione giudiziaria che condanna tale debitore al versamento delle somme ancora dovute, i quali sono inoltre maggiorati di cinque punti se, alla scadenza di un termine di due mesi successivi a tale pronuncia, quest’ultimo non ha saldato il suo debito, qualora il giudice del rinvio accerti che, in un caso come quello del procedimento principale, che implica l’esigibilità immediata del capitale del prestito ancora dovuto a causa dell’inadempimento del debitore, gli importi che possono essere effettivamente riscossi dal creditore in seguito all’applicazione della sanzione della decadenza dagli interessi non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato al suo obbligo di verifica della solvibilità del debitore. Sulle spese 56 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte Quarta Sezione dichiara L’articolo 23 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di un regime nazionale di sanzioni in forza del quale, in caso di violazione, da parte del creditore, del suo obbligo precontrattuale di valutare la solvibilità del debitore consultando una banca dati pertinente, il creditore decada dal suo diritto agli interessi convenzionali, ma benefici di pieno diritto degli interessi al tasso legale, esigibili a decorrere dalla pronuncia di una decisione giudiziaria che condanna tale debitore al versamento delle somme ancora dovute, i quali sono inoltre maggiorati di cinque punti se, alla scadenza di un termine di due mesi successivi a tale pronuncia, quest’ultimo non ha saldato il suo debito, qualora il giudice del rinvio accerti che, in un caso come quello del procedimento principale, che implica l’esigibilità immediata del capitale del prestito ancora dovuto a causa dell’inadempimento del debitore, gli importi che possono essere effettivamente riscossi dal creditore in seguito all’applicazione della sanzione della decadenza dagli interessi non sono notevolmente inferiori a quelli di cui avrebbe potuto beneficiare se avesse ottemperato al suo obbligo di verifica della solvibilità del debitore. * Fonte http //curia.europa.eu/