Nelle ordinanze del Consiglio di Stato nuovi inciampi della legge sulla mediazione?

Diverse interpretazioni e notizie discordanti sono trapelate, nelle scorse settimane, in materia di mediazione, ma l’ordinamento giuridico italiano non lascia dubbi la legge sulla mediazione civile e commerciale non è sospesa.

La legge sulla mediazione civile e commerciale d.lgs. numero 28/2010 è sospesa. Non lo stabilisce un provvedimento legislativo, e nemmeno l’autorità giudiziaria. L’idea, perché di idea si tratta, è del “nemico per eccellenza” della mediazione, la classe forense, rectius una parte importante di essa, che incessantemente muove attacchi, censure, all’istituto. Azione o agitazione? La risposta verrà da sè. Ordinanza CdS numero 607 del 12 febbraio 2014. I fatti sono questi lo scorso 12 febbraio il Consiglio di Stato, sez. IV, deposita un’ordinanza con la quale conferma in appello il rigetto di una sospensiva, statuito dal Tar Lazio sez. I, con ordinanza cautelare numero 4872/2013. Il ricorso, presentato dall’OUA Organismo Unitario dell’Avvocatura , avversava l’addentellato normativo sulla mediazione, per quel che concerne, in particolare, la «determinazione criteri e modalità di iscrizione e tenuta registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi» così, letteralmente, nell’ordinanza del CdS 607/2014, testualmente ripreso nell’ordinanza 1059/2014 . Nessuna sospensiva era stata accordata dal giudice di prime cure e nessuna sospensiva viene accordata dal giudice di appello. Al contempo l’ordinanza contiene un accoglimento parziale dell’appello e per l’effetto trasmette gli atti al Tar «per la sollecita fissazione dell’udienza di merito» così, ancora, nell’ordinanza 607/2014 . Ordinanza CdS numero 1059 del 12 marzo 2014. Un mese dopo, lo scorso 12 marzo, il Consiglio di Stato deposita una nuova ordinanza, che potrebbe sembrare fondata sulle medesime ragioni in diritto, e fondamentalmente lo stesso petitum, con deroga all’intangibile ne bis in idem. La composizione del Collegio è mutata, il verdetto è chiaro. Il ricorso che interpella il CdS con gravame tendente a ottenere chiarimenti sulle modalità di esecuzione del giudicato viene ritenuto sostanzialmente pretestuoso, «tendente ad ottenere una nuova pronuncia cautelare in luogo di quella già emessa con ordinanza di questa sezione numero 607/2014» così in ordinanza 1059/2014 . Per gli effetti il ricorso dell’OUA è dichiarato inammissibile, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese. Rebus sic stantibus non può che “rientrare” l’entusiasmo di chi, all’indomani del 12 febbraio, aveva esultato per l’ennesimo inciampo della legge sulla mediazione contrariis reiectis appare con tutta evidenza che la declamata “vittoria” fosse essenzialmente putativa. Uno spiraglio per le posizioni ostili alla mediazione è nella circostanza che nell’ordinanza di febbraio, in reiezione dell’appello avverso il ricorso per l’ottenimento del provvedimento cautelare, Palazzo Spada ha rimesso gli atti al Tar Lazio, perché entri con sollecitudine nel merito della questione posta al vaglio del giudice amministrativo il dato può risultare una conferma della rilevanza del vizio sollevato. Si profila peraltro il sospetto che l’argomento sia nulla più che un grimaldello per smontare un sistema inviso a molti professionisti del Foro. Ma di mero spiraglio si tratta. Non è irrituale una precisazione dico a me stesso – l’espressione è ricorrente nel gergo legale – che non risponde ad alcun meccanismo vigente nel nostro ordinamento la sospensione di un provvedimento legislativo per effetto di una indicazione implicita contenuta in un provvedimento giurisdizionale, viepiù che l’effetto delle decisioni del CdS è proprio inibitorio delle richieste di sospensiva né, in verità, un’indicazione implicita è desumibile dalla rimessione del CdS al giudice di primo grado nel momento in cui rimette allo stesso l’esame del merito . Di più va detto, con estrema serenità, che l’aspetto sottoposto al vaglio del giudice amministrativo non appare un nodo cruciale della metodica di giustizia alternativa operante con il nome di mediazione. Ad oggi, peraltro, la situazione è definita l’ordinamento giuridico italiano non lascia dubbi la legge sulla mediazione civile e commerciale non è sospesa. E non finisce qui se proprio volessimo trarre argomenti di riflessione dall’ordinanza del 12 marzo u.s., dovremmo muoverci in direzione opposta a quella indicata dall’OUA. Il ricorso, funzionale ad ottenere un provvedimento con effetti sospensivi della normativa impugnata, è rigettato, nei termini, già segnalati, di una negazione di esigenze cautelari. La riflessione, invece, finisce e va conclusa dicendo che probabilmente la polemica sulla legge in materia di mediazione, portata avanti con gli argomenti più vari e sui fronti più diversificati, non può giovare a nessuno. In quest’ottica, fermo restando che si guarderà con estrema attenzione alla prossima decisione del Tar Lazio, va detto che la condanna alle spese inflitta al ricorrente dal CdS nell’ordinanza 1059/2014 sembra avere un contenuto pedagogico la “professione” di idee ed opinioni non deve arrivare al punto di protestare la propria ragione ad ogni costo e con mezzi, talvolta, inappropriati. Avere delle ragioni in diritto non significa, evidentemente, aver ragione, e questo è quanto.