In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’attenuante di cui all’articolo 219, comma 3, l. f. è applicabile, ma la particolare tenuità del fatto deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni a tutela del ceto creditorio. Quando una tale danno non sussista, ovvero non sia dimostrato, l’attenuante va applicata.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con al sentenza numero 13070/14, depositata il 20 marzo. Le circostanze di cui all’articolo 219 l. f. . La disposizione dell’articolo 219 legge fallimentare è assai conosciuta in dottrina e giurisprudenza per la circostanza aggravante di cui al numero 1 del capoverso l’aver commesso più fatti di bancarotta , mentre è sicuramente assai meno conosciuta se non addirittura misconosciuta e quasi mai applicata per quanto concerne l’ipotesi di cui al comma 3, che prevede una circostanza attenuante speciale ed ad effetto speciale nel caso in cui i fatti di bancarotta abbiano cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità. Invero le disposizioni di cui all’articolo 219 legge fallimentare sono di notevole importanza e rilevanza concreta le aggravanti possono portare ad un aumento della pena fino alla metà, mentre l’attenuante di cui al comma terzo può importare una riduzione di pena sino a 2/3. Se, dunque, le circostanze di cui all’articolo 219 primo e terzo comma l. f. sono sostanzialmente coincidenti con quelle comuni di cui agli articolo 61 numero 7 e 62 numero 4 c.p. quelle previste nella legge fallimentare possono avere una incidenza ben più rilevante sul trattamento sanzionatorio rispetto a quelle contenute nella parte generale del codice penale, applicabili a tutti i delitti contro il patrimonio. L’ampiezza dell’aumento o della diminuzione della pena, come si è osservato in dottrina, è la dimostrazione di come nei delitti di bancarotta la rilevanza del danno patrimoniale cagionato ai creditori abbia carattere di assoluta centralità. E’ infine importante evidenziare che per concorde dottrina e giurisprudenza per verificare l’entità del danno patrimoniale non deve farsi riferimento all’attivo o al passivo del fallimento ovvero al differenziale di tale voci quanto al danno conseguente alle condotte integranti i fatti di bancarotta. Detto danno andrà poi rapportato, ma come mero parametro di riferimento, all’attivo e al passivo del fallimento, che però opera come mero parametro di riferimento rispetto al danno conseguenza immediata e diretta delle condotte di bancarotta. Il caso in esame. Nella vicenda, oggetto di esame della Suprema Corte, la Corte di Appello di Milano aveva negato la applicazione della circostanza attenuate del danno di speciale tenuità articolo 219 comma 3 l. f. , invocata dalla difesa dell’imputato, in quanto nelle ipotesi di bancarotta documentale è difficilmente verificabile il danno cagionato da tali condotte ai creditori e dunque non ne può essere dimostrata la speciale tenuità. In buona sostanza, secondo la Corte di Appello, non essendosi potuto determinare con precisione il danno conseguente alle condotte integranti la bancarotta documentale fraudolenta non poteva nemmeno ritenersi provata la speciale tenuità dello stesso, speciale tenuità che giustifica la concessione della circostanza attenuante speciale. Avverso la pronuncia di secondo grado propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato sulla base del rilievo che erroneamente la Corte di merito aveva ritenuto che la difficoltà di determinazione del danno impediva l’operatività della circostanza attenuante di cui all’articolo 219 comma 3°, legge fallimentare era vero il contrario, in quanto il principio del favor rei impone di concedere tale attenuante in tutti i casi in cui non sia possibile dimostrare l’esistenza di un danno, ovvero, comunque, l’entità del danno non sia determinabile. La soluzione dettata dalla Corte. Il principio di diritto che la Corte giunge esplicitamente ad affermare per fornire soluzione al caso in esame è duplice. Sotto un primo profilo infatti i giudici del Palazzaccio chiariscono che la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è assolutamente compatibile con la bancarotta documentale fraudolenta. Detto principio, peraltro più volte affermato in giurisprudenza, si fonda sul rilievo che il danno nella bancarotta documentale può e deve essere valutato sotto il profilo della eventuale perdita di possibilità derivante dalla mancanza delle scritture contabili di esercitare azioni revocatorie, ovvero tutte quelle azioni volte alla tutela del ceto creditorio. Nessuna, dunque, incompatibilità ontologica tra bancarotta documentale fraudolenta e la circostanza attenuante in esame. Sicuramente assai più significativo è il secondo principio di diritto statuito con la pronuncia degli Ermellini, nel caso in esame. Esplicitamente sollecitata dal ricorrente la Corte evidenzia infatti che nel caso in cui invero frequente non sia possibile dimostrare o meglio quantificare l’entità del danno conseguente ai fatti di bancarotta dovrà, comunque, concedersi la circostanza attenuante del danno di particolare tenuità. Ugualmente laddove il danno non possa essere dimostrato e non possa dunque ritenersi sussistente, la circostanza attenuante dovrà essere concessa a favore dell’imputato. Questo è verosimilmente il principio innovativo e cardine di questa pronuncia che potrebbe finalmente aprire il campo ad una vasto ricorso applicativo di questa circostanza attenuante che di fatto, per contro, è stata praticamente disapplicata dalla giurisprudenza. L’onere probatorio incombe, peraltro e come noto, in capo alla pubblica accusa, con la conseguenza che qualora la Procura non sia stata in grado di provare la sussistenza di un danno patrimoniale, conseguente alle condotte di bancarotta fraudolenta documentale ovvero di quantificare l’entità di tale danno dovrà essere riconosciuta sempre la sussistenza della circostanza attenuante. La pronuncia della Corte di Appello, che aveva tradito tale principio, viene dunque annullata con rinvio e trasmissione ad altra Sezione per una nuova valutazione del caso, in relazione al principio di diritto appena affermato.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 febbraio – 20 marzo 2014, numero 13070 Presidente Savani – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27 settembre 2005 del Tribunale di Monza, confermata dalla Corte d'appello di Milano, in data 5 giugno 2012, I.V. era condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale, perché in qualità di amministratore unico della In Service s.r.I. , dichiarata fallita con sentenza del 7 agosto 2000 dal Tribunale di Monza, sottraeva od occultava tutti i libri e le scritture contabili della società fallita, con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto. L'imputato era invece assolto dall'accusa di bancarotta fraudolenta per distrazione, in relazione al corrispettivo della fattura emessa dalla ditta Termoidraulica G.M., per la fornitura di materiali. 2. Contro la sentenza propone ricorso l'imputato, con atto del proprio difensore, avv. M.M., affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 606 cod. proc. penumero , lettera B ed E, per erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine all'elemento intenzionale. Il ricorrente evidenzia di essere stato assolto dall'iniziale imputazione di bancarotta distrattiva patrimoniale, per cui è provato che il ceto creditorio della società fallita non ha subito alcun danno patrimoniale diretto ed immediato conseguente ad alcun reato ciò significa che l'imputato non ha tratto alcun ingiusto profitto patrimoniale. Risulta chiara, allora, la contraddittorietà della motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato, che andava derubricato in quello di bancarotta semplice. 2.4. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 606 cod. proc. penumero , lettera E, in relazione all'articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, numero 267, per manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante del danno di speciale tenuità la Corte territoriale l'ha esclusa per la difficoltà di calcolo del danno in relazione all'ipotesi di bancarotta documentale, ma ha determinato l'importo della distrazione in relazione all'ipotesi patrimoniale, per la quale è intervenuta assoluzione. In ogni caso la difficoltà di determinazione del danno, in ossequio al principio generale del favor rei, doveva imporre il riconoscimento dell'attenuante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La prima delle censure mosse alla sentenza impugnata è fondata. Invero, per la configurabilità delle ipotesi di reato consistenti nella sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili deve ritenersi necessario, a mente dell'articolo 219 co. 1 numero 2 R.D. 16/3/1942, numero 267, il dolo specifico consistente nello scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori , mentre nei casi di irregolare tenuta della contabilità, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e/o del movimento degli affari, è sufficiente il dolo generico in quanto la finalità dell'agente è riferita ad un elemento costitutivo della stessa fattispecie normativa - l'impossibilità di ricostruire il patrimonio e gli affari dell'impresa - e non ad un elemento ulteriore, quello del pregiudizio dei creditori, non necessario per la consumazione del delitto Sez. 5, numero 1137 del 17/12/2008 - dep. 13/01/2009, Vianello, Rv. 242550 . 2.1. Nella fattispecie in esame, all'I. è stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, commesso attraverso la sottrazione o l'occultamento di tutte le scritture contabili, con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto. Orbene, il Giudice di primo grado ha ritenuto che fosse sufficiente, ad integrare il delitto di che trattasi, il mancato reperimento iniziale delle scritture e, soprattutto, la mancata consegna da parte dell'imputato al curatore, poiché questi ha riferito di non aver potuto ricostruire il patrimonio della fallita inoltre ha dedotto la finalità di recare pregiudizio ai creditori dal mancato reperimento della fattura emessa dalla ditta G., il cui corrispettivo - nella iniziale prospettiva accusatoria - era stato oggetto di distrazione. La Corte d'appello, pur in presenza di apposito motivo di impugnazione sul punto, si è limitata ad affermare la sicura esistenza dell'elemento psicologico del reato, poiché le condotte richiedono un dolo ridotto, che si sostanzia nella consapevolezza e volontà di conseguire il risultato della impossibile ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari e dunque un dolo generico. 2.2. I Giudici di merito non hanno distinto e non hanno motivato, come avrebbero dovuto, in ordine al dolo specifico necessario per l'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale per distruzione rispetto a quello generico, sufficiente per la bancarotta documentale attraverso la tenuta dei libri e delle scritture contabili in maniera non idonea a consentire la ricostruzione del patrimonio e/o del movimento d'affari della società. 3. Anche la seconda censura è fondata. 3.1. Erroneamente la decisione impugnata afferma che l'attenuante speciale prevista dall'all'articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, numero 267 non è riscontrabile nelle ipotesi di bancarotta documentale, ove risulta difficilmente calcolabile il danno causato all'intero ceto dei creditori. 3.2. Viceversa deve affermarsi il principio di diritto opposto in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'attenuante di cui all'articolo 219, comma terzo, legge fall. è applicabile, ma la particolare tenuità del fatto di cui all'articolo 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all'incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori Sez. 5, numero 19304 del 18/01/2013, Tumminelli, Rv. 255439 Sez. 5, numero 24325 del 18/05/2005, Piati, Rv. 232206 . Qualora un tale danno non sussista, ovvero non sia dimostrato, l'attenuante va applicata. 4. In conclusione la decisione impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio in ordine alla sussistenza del delitto, con particolare riferimento alla ravvisabilità, nell'I., dell'elemento psicologico del reato del quale è stato dichiarato colpevole e della sussistenza dell'attenuante prevista dall'all'articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, numero 267. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Milano.