Va cassata con rinvio la sentenza del Tribunale che ha errato nell’escludere l’esperibilità della domanda riconvenzionale spiegata da una società di capitali per carenza di legittimazione ad agire, senza distinguere tra il pregiudizio riferibile alla persona fisica dell’amministratore e quello invece ricadente sulla società ricorrente, appunto meritevole di tutela risarcitoria in quanto correlato alla legittima assunzione da parte della stessa del dovere di assistenza legale in favore dell’amministratore per vicende comunque ricadenti sugli interessi della società medesima.
Con la sentenza numero 6201 depositata il 18 marzo 2014, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del tema del pagamento delle prestazioni professionali. Il caso. Un consulente del lavoro conveniva dinanzi al Giudice di Pace una società propria cliente affinché fosse condannata al pagamento di euro 1.200, oltre accessori, quale corrispettivo della attività professionale svolta in suo favore. Costitutasi in giudizio, la società eccepiva che nel corso del rapporto il consulente del lavoro aveva errato la compilazione del modello 770 e che, per tale ragione, il suo legale rappresentante aveva subito un processo penale dal quale erano conseguiti notevoli danni. Rilevata la negligenza professionale in via d’eccezione, concludeva per il rigetto delle pretese attoree spiegando, al contempo, domanda riconvenzionale per un risarcimento danni di 4.000.000 di vecchie lire. Il consulente del lavoro veniva anche autorizzato alla chiamata in garanzia della Compagnia assicurativa con la quale aveva stipulato una polizza per i rischi professionali. Costituitasi in giudizio, l’Assicurazione eccepiva la prescrizione del diritto della convenuta al risarcimento del danno, così come nel merito deduceva che il legale rappresentante della società era stato assolto per insussistenza del fatto, essendo la contestazione frutto di un errato accertamento degli uffici giudiziari. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda attrice, condannando la società al pagamento delle competenze professionali. Interponeva appello la società, censurando la decisione del giudice di prime cure nel momento in cui aveva ritenuto provata la prestazione professionale del consulente sulla base della sola fattura prodotta in giudizio, senza tenere conto, peraltro, delle contestazioni sollevate. Parte appellata, invece, contestava le asserzioni avversarie circa l’operatività del principio dell’eccezione di inadempimento, in quanto per l’attività professionale svolta nessun addebito le era stato mai mosso durante l’esecuzione dell’incarico. Si costituiva anche la compagnia assicurativa ritenendo inammissibile il motivo con cui l’appellante aveva censurato la decisione del primo giudice relativamente al rigetto della domanda risarcitoria. Il Tribunale adito rigettava l’appello confermando la sentenza del Giudice di Pace. Secondo questo giudice la società era priva di legittimazione ad agire, per essere l’unico legittimato l’amministratore, persona fisica, della stessa. Questo principio veniva dedotto sulla base del fatto che la responsabilità penale è personale, e l’accollo delle spese di difesa non valeva per la società a spostare la legittimazione in capo a quest’ultima. Interponeva ricorso per cassazione la società. La società ha pagato la parcella del professionista. Per quel che qui interessa, la società ricorrente si duole per aver il giudice d’appello rilevato d’ufficio la sua mancanza di legittimazione dal momento che la stessa aveva assunto anche l’onere del pagamento del difensore di fiducia di cui il proprio amministratore si era avvalso nel giudizio penale. Avendo pagato la relativa parcella era subentrata in tutti i diritti del suo amministratore unico ben potendo così richiedere il pagamento a titolo risarcitorio al consulente di quanto sborsato. Errore nella compilazione del modello 770. La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso. Secondo gli Ermellini, il Tribunale non poteva ritenere la società non legittimata a proporre domanda riconvenzionale poiché l’errore nella compilazione del modello 770, che aveva determinato l’accertamento da parte degli uffici finanziari, pur avendo carattere personale per l’amministratore unico, riguardava la società stessa che aveva subito un danno. Concludendo. La società, infatti, aveva contratto a suo carico il pagamento del consulente del lavoro affinché costui eseguisse delle prestazioni professionali di natura contabile in suo favore quale persona giuridica. Ciò è provato dalla circostanza che lo stesso consulente aveva intestato la fattura alla società ed aveva alla stessa rivolto la domanda di pagamento dei corrispettivi professionali riconoscendone la piena legittimazione. Da ciò discende che non può essere negato alla società di essere portatrice di interessi propri meritevoli di tutela per recuperare in via riconvenzionale le spese ed i danni subiti dalla condotta negligente dell’esperto perché discendenti dallo stesso titolo giuridico.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 gennaio – 18 marzo 2014, numero 6201 Presidente Russo – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. P.A. convenne dinanzi al Giudice di Pace di Acquaviva delle Fonti la Ragno s.r.l. chiedendo il pagamento della somma di L. 1.200.000, oltre accessori, quale corrispettivo della sua attività di consulenza del lavoro espletata in favore della convenuta nell'anno 1995. 2. La Ragno si costituì deducendo che i suoi rapporti con l'attore erano intercorsi sin dall'anno 1991, nel corso del quale il P. aveva errato nella compilazione del modello 770/91 del Ministero delle Finanze che per tale ragione il suo rappresentante legale aveva subito un processo penale dal quali le erano derivati notevoli danni. La convenuta, ritenendo sussistente una negligenza professionale nell'espletamento dell'opera prestata dall'attore ne eccepì pertanto l'inadempimento chiese il rigetto della domanda propose domanda riconvenzionale per la condanna dell'attore al risarcimento dei danni che asseriva di aver subito, quantificati in L. 4.000.000. 3. L'attore chiese ed ottenne la chiamata in causa della Generali Assicurazioni con la quale aveva stipulato una polizza per responsabilità professionale. Quest'ultima, costituendosi, eccepì la prescrizione del diritto della convenuta al risarcimento del danno e nel merito contestò ogni domanda del suo assistito, atteso che il legale rappresentante della Ragno era stato assolto per insussistenza del fatto contestato, essendo la contestazione scaturita da un errato accertamento degli uffici finanziari. Nel merito chiese il rigetto della domanda, contestando la sussistenza di un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e dei presupposti per la lite temeraria. 4. Il Giudice di Pace accolse la domanda attrice condannando la ditta Ragno al pagamento, in favore di P.A. , della somma di L. 1.200.000, oltre accessori, a titolo di compenso professionale per l'attività di consulenza svolta da quest'ultimo nell'anno 1995 rigettò la domanda riconvenzionale della convenuta perché non provata nel quantum. 5. Propose appello la società convenuta, censurando la decisione del giudice nella parte in cui aveva ritenuto provata la prestazione professionale dell'attore sulla base della sola fattura prodotta, senza tener conto delle contestazioni da essa mosse quindi, la mancata applicazione del principio inadimplenti non est adimplendum. In ordine al rigetto della domanda riconvenzionale, l'appellante dedusse poi che il mancato pagamento dell'opera professionale prestata dal difensore del rappresentante legale della società non escludeva il diritto del medesimo difensore ad essere pagato. La Ragno censurò infine la decisione del primo giudice nella parte in cui non aveva ritenuto sussistente il danno morale o all'immagine, ritenendolo insito nel fatto stesso di subire un processo penale. 6. Il P. eccepì l’improcedibilità dell'atto di appello perché proposto dinanzi ad un giudice, il Tribunale di Bari, incompetente, essendo invece competente la Sezione distaccata di Acquaviva delle Fonti. Nel merito contestò le censure mosse alla decisione di primo grado in ordine alla prova dell'avvenuta prestazione professionale per l'anno 1995. Contestò inoltre le asserzioni dell'appellante in ordine all'eccezione di inadempimento, in quanto per l'attività professionale per la quale era stato richiesto il pagamento nessun addebito era stato mosso, come anche quelle in ordine alla validità della prestazione resa nel 1995. Eccepì l'inammissibilità dell'eccezione di compensazione perché proposta per la prima volta con l'atto d'appello e ne chiese il rigetto. 7. Si costituì la Generali Assicurazioni s.p.a. ritenendo inammissibile il motivo con il quale l'appellante aveva censurato la decisione del primo giudice in ordine al rigetto della domanda risarcitoria. Nel merito contestò la fondatezza dello stesso motivo, non avendo la società appellante provato gli elementi costitutivi della responsabilità risarcitoria dedotta. Dedusse altresì che l'errore dell'attore nella compilazione del modello 770/91 non integrava una ipotesi di dolo o colpa grave che la parcella professionale pagata al difensore del rappresentante legale della società appellante non costituiva un danno per quest'ultima, bensì per il suo rappresentante che non si configurava la sussistenza del danno morale mentre era inammissibile quella del danno biologico. Contestò infine la fondatezza della domanda di garanzia avanzata dall'attore e chiese il rigetto dell'appello. 8. Il Tribunale di Bari, Sezione distaccata di Acquaviva delle Fonti, ha rigettato l'appello confermando la sentenza del Giudice di Pace ed ha condannato l'appellante al pagamento delle spese del grado sostenute dagli appellati. 9. Propone ricorso per cassazione la Ragno s.r.l. con due motivi. Gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione 10. Con il primo motivo del ricorso la Ragno s.r.l. denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 360 numero 3 c.p.c. con riferimento agli articolo 2909 c.c. 324 e 329 c.p.c. per aver il Tribunale di Bari statuito su una questione passata in giudicato”. Sostiene parte ricorrente che la sentenza del Tribunale di Bari è errata per aver rilevato d'ufficio la sua mancanza di legittimazione mentre il Giudice di Pace aveva riconosciuto il suo diritto al risarcimento del danno, escludendolo tuttavia sul rilievo della mancata prova sul quantum. Su tale statuizione relativa alla legittimazione, prosegue la Ragno, si è dunque formato il giudicato, non essendo stato il punto oggetto di specifico gravame dinanzi al giudice di secondo grado. 11. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto, articolo 360 numero 3 c.p.c. con riferimento all'articolo 1272 c.c.”. Ritiene la Ragno s.r.l. che il giudice d'appello ha errato nell'affermare la sua carenza di legittimazione, dal momento che essa aveva assunto anche l'onere del pagamento del difensore di cui il proprio amministratore R.R. si era dovuto avvalere per fatti comunque rientranti nella sua sfera di interessi, così subentrando in tutti i diritti di quest'ultimo, ivi compresa l'azione risarcitoria. Afferma in particolare la Ragno di aver infatti pagato la relativa parcella per fatti ad essa riconducibili, seppure avvenuti per negligenza del P. , e che detta parcella le era stata intestata per cui ben poteva richiedere il pagamento a titolo risarcitorio allo stesso P. . Secondo la ricorrente, inoltre, anche a voler ritenere che essa avesse pagato il debito di R.R. , tale circostanza la farebbe subentrare in tutti i diritti di quest'ultimo, ivi compresa l'azione risarcitoria esperibile nei confronti del responsabile ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1272 c.c I motivi, che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente esaminati, sono fondati. Secondo l'impugnata sentenza, essendo la responsabilità penale personale, l'unico soggetto legittimato a richiedere il risarcimento del danno per le conseguenze pregiudizievoli del giudizio penale è R.R. mentre la scelta della società R. di accollarsi le spese di difesa del suo rappresentante legale non vale a spostare la legittimazione in capo a quest'ultima. Tale assunto non è condivisibile. Il Tribunale non poteva infatti ritenere la società R. non legittimata a proporre domanda riconvenzionale in quanto l'errore professionale del P. nella compilazione del modello 770/1991, che determinò l'accertamento da parte degli uffici finanziari, pur avendo carattere personale per l'amministratore unico, riguardava la stessa Ragno che aveva subito il danno. Così come, infatti, la società aveva assunto a suo carico il pagamento dell'esperto lavoristico-contabile per il collegamento delle prestazioni di costui con gli interessi propri di essa persona giuridica, tanto che alla stessa direttamente il P. aveva rivolto la domanda di pagamento dei corrispettivi professionali riconoscendo tale legittimazione, allo stesso modo non poteva che essere portatrice di un interesse a recuperare le spese e i danni conseguenti al negligente espletamento dell'opera da parte dell'esperto, esattamente cioè dipendenti dallo stesso titolo giuridico. Fermo restando, ovviamente, che siffatta legittimazione non può che limitarsi al pregiudizio strettamente riferibile alla società, restando cioè escluso quello personale dell'amministratore. Tale premessa, che per la sua preponderante valenza logica rende ultronea la verifica della tesi del giudicato implicito, dimostra come il giudice di merito abbia errato nell'escludere l'esperibilità della domanda riconvenzionale, senza distinguere tra il pregiudizio riferibile alla persona fisica dell'amministratore e quello invece ricadente sulla società ricorrente, appunto meritevole di tutela risarcitoria in quanto correlato alla legittima assunzione da parte della stessa del dovere di assistenza legale in favore dell'amministratore per vicende comunque ricadenti sugli interessi della società medesima. In conclusione, per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al Tribunale di Bari, che nella persona di un diverso magistrato, dovrà attenersi alle regole predette, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Bari, in persona di diverso giudice, anche per le spese del giudizio di cassazione.