Cibo contaminato alla mensa per i poveri: responsabile il presidente dell’associazione di volontariato. A meno che...

Sotto accusa una partita di fagiolini. Ma quando è stata effettuata la contaminazione? Domanda superflua. Ciò che conta è il pericolo legato alla destinazione all’alimentazione. Per questo è responsabile il presidente dell’associazione che gestisce la mensa. Può salvarlo solo la dimostrazione concreta, non semplicemente quella verbale, di aver delegato la fase di controllo sui cibi.

A rischio la mensa per i poveri. Non perché, purtroppo, le richieste siano sempre più in aumento, bensì per la pessima qualità dei cibi. E, sia chiaro, non si parla di gusti, ma di condizioni igieniche inadeguate. A risponderne può essere direttamente il presidente dell’associazione di volontariato che gestisce la mensa. A meno che non dimostri concretamente di aver delegato la funzione di controllo sulle vivande Cassazione, sentenza numero 16473/2013, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Tempi e controlli. Eppure, in primo grado, il presidente dell’associazione è stato liberato da ogni accusa. Per due ragioni fondamentali primo, «non era certo che la partita di fagiolini» – «con cariche microbiche, e, in particolare, salmonella, superiore ai limiti di legge» – «fosse stata cotta nella mensa e successivamente contaminata» secondo, l’uomo, finito sotto accusa, «non aveva la gestione diretta della mensa, avendo egli delegato le relative attività ad una ditta del settore». A contestare l’assoluzione è il Procuratore della Repubblica, il quale evidenzia che è sufficiente «anche un solo episodio di contaminazione» e sostiene che è secondario «il mancato accertamento in ordine al momento in cui il cibo fu consumato, assumendo rilevanza solo la destinazione al consumo del prodotto alimentare». Ma elemento decisivo, secondo il Procuratore, è la mancata presentazione, da parte del presidente dell’associazione, di «una valida delega per la gestione della mensa, con la conseguenza che su di lui incombeva l’obbligo di controllo sulla contaminazione ovvero sulla genuinità dei cibi». Probatio. Assolutamente condivisibile – e, difatti, condivisa –, secondo i giudici della Cassazione, è l’ottica proposta dal Procuratore della Repubblica. Perché non può avere «rilevanza» il «momento in cui il cibo era stato contaminato, essendo, in ogni caso, colui che destina il prodotto all’alimentazione obbligato a verificare la genuinità prima del suo impiego, rispondendo del reato anche a titolo di colpa per omesso controllo». Ciò comporta che, in questa vicenda, il «responsabile della struttura», ossia il presidente dell’associazione, può salvarsi dagli addebiti «solo nell’ipotesi in cui dimostri, con prova certa, di avere delegato ad altri il controllo degli alimenti». Ma tale prova non può essere data con una semplice dichiarazione – come fatto invece, in questo caso, in Tribunale –, bensì con una delega documentata, perciò idonea a «determinare l’esonero da responsabilità». Proprio questa lacuna va colmata ecco perché la questione viene affidata alle valutazioni e agli approfondimenti dei giudici della Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 marzo – 11 aprile 2013, numero 16473 Presidente Teresi – Relatore Lombardi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata il Tribunale dì Terni ha assolto P.A., perché il fatto non costituisce reato, dall’imputazione di cui all’articolo 5 lett. c della L. numero 283/1962, a lui ascritta perché, quale presidente dell’Associazione di Volontariato Martino, distribuiva per il consumo fagiolini con cariche microbiche, ed, in particolare, salmonella, superiore al limiti di legge. In base alle risultanze probatorie il giudice di merito ha affermato che non era certo che la partita di fagiolini nella quale era stata rilevata la carica microbica, fosse stata cotta nella mensa e successivamente contaminata o i fagiolini fossero stati comprati già precotti e contaminati. Inoltre la sentenza ha rilevato che limputato, presidente dell’associazione, non aveva la gestione diretta della mensa, avendo egli, come dichiarato in sede di esame, delegato le relative attività ad una ditta del settore. 2. Avverso a sentenza ha proposto ricorso immediato per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione. Osserva le pubblica accusa ricorrente che il reato è integrato anche da un solo episodio di contaminazione, trattandosi di reato di pericolo, che, nella specie, doveva ritenersi senza dubbio sussistente. Né rileva il mancato accertamento in ordine al momento in cui il cibo fu contaminato, assumendo rilevanza solo le destinazione al consumo del prodotto alimentare. Il P. inoltre non aveva prodotto una valida delega per la gestione della mensa, con la conseguenza che su di lui incombeva l’obbligo di controllo sulla contaminazione ovvero sulla genuinità dei cibi che venivano distribuiti. Su tali punti si denuncia inoltre contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Secondo l’ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte in materia di disciplina igienica dei prodotti destinala all’alimentazione, sulla base della disposizione di cui all’articolo 5, comma primo lett. b della legge 30 aprile 162, numero 283, chiunque detiene per le somministrazione un prodotto non conforme alla normativa deve rispondere a titolo di colpa per non aver fatto eseguire i controlli necessari ad evitare l’avvio dei prodotto al consumo pertanto il legale rappresentante del gestore di una società è responsabile per le deficienze della organizzazione di impresa e per la mancata vigilanza sull’operato dei personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni. cfr. Sez. 3, Sentenza numero 36055 dei 09/07/.2004, Di Gregorio, Rv. 229434, sez. 3, sentenza numero 29988 dei 2011, Pollini, RV 251254. . Orbene, come correttamente osservato dalla pubblica accusa ricorrente, nel caso in esame non assume rilevanza l’accertamento in ordine al momento in cui il cibo era stato contaminato, essendo In ogni caso colui che destina il prodotto all’alimentazione obbligato a verificare la genuinità dello stesso prima dei suo impiego, rispondendo dei reato anche a titolo di colpa per omesso controllo. Inoltre, il soggetto responsabile della struttura in cui viene impiegato il prodotto alimentare può andare esente da responsabilità solo nell’ipotesi in cui dimostri, con prova certa, di avere delegato ad altri, tenuto conto delle caratteristiche e dimensioni della struttura operativa, il controllo degli alimenti cfr. giurisprudenza citata . Nel caso in esame, la sentenza si è limitata a recepire l’affermazione dell’imputato in ordine al fatto che avrebbe delegato ti controllo degli alimenti ad una ditta del settore, senza verificare, in mancanza di qualsiasi riferimento alle risultanze proba orie da cui è stato desunto l’accertamento, l’effettività della delega e la sua idoneità a determinare l’esonero da responsabilità. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio al giudice competente ex articolo 569, comma 4, c.p.p. per nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto. P.Q.M. Annulla la sentenza Impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia per nuovo esame. Così deciso il 07/03/2013