Dialogo impossibile tra moglie e marito, figlia costretta addirittura a due diete. Affido esclusivo unica soluzione

Assieme alla separazione personale deciso l’affidamento condiviso, ma la comunicatività ridotta a zero tra i coniugi si ripercuote drammaticamente sulla minore. Per lei disagio, tensione, angoscia, possibili patologie, che costringono a ricorrere, come extrema ratio, soltanto alla figura della madre, a cui viene affidata in toto anche la potestà genitoriale. Unico punto di riferimento deve essere l’interesse della minore.

Conflittualità ‘spinta’ tra i coniugi separati? Unico punto in comune i figli. Come testimoniato dalla prevalenza del ricorso all’affidamento condiviso. A meno che i contrasti non sfocino in atteggiamenti schizofrenici, che obbligano il figlio a una ‘doppia vita’, mettendone a repentaglio salute ed equilibrio psicologico. È quest’ultima situazione estrema, difatti, a legittimare l’affidamento in via esclusiva – come da Cassazione, sentenza numero 5108, Prima sezione Civile, depositata oggi –, privilegiando le indicazioni fornite dal minore. Condiviso, anzi no A rendere ancora più complesso il rapporto tra moglie e marito, già difficile e ‘sigillato’ con la separazione personale, è il capitolo relativo alle cure e all’assistenza per la figlia. Che, in origine, viene affidata ad entrambi i genitori, ma che, poi, viene messa completamente nelle mani della madre. A quest’ultima, difatti, viene riconosciuto, dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi, non solo «l’affidamento in via esclusiva» ma anche «l’esercizio esclusivo della potestà genitoriale», Nella sostanza, il padre viene quasi completamente esautorato gli viene riconosciuto, difatti, solo il diritto di frequentazione della minore Doppia vita. Come spiegare questa decisione? Fondamentale il parere del consulente, che acclara non solo la conflittualità tra moglie e marito – e fin qui nulla quaestio – ma evidenzia soprattutto le relative manifestazioni, ossia «pressioni e tensioni eccessive», che colpiscono direttamente la minore. Esempi? Poiché i genitori non comunicano tra loro e decidono «autonomamente le attività della figlia», quest’ultima è «costretta a fare due turni a scuola, due diverse attività sportive e persino due diete alimentari». Situazione folle, ai confini della realtà, e, ovviamente, vissuta «molto male» dalla minore, perché «fonte di confusione e di alterazione della sua condizione psicologica». Conseguenziale la «nocività dell’affidamento condiviso», vista la «mancanza di comunicazione fra i due genitori», e logica la necessità di affidare le decisioni sulla minore a un solo genitore. Che, come detto, viene indicato nella figura della madre, ritenuta idonea perché la figlia «voleva continuare a vivere con lei, che, a differenza del padre, era in grado di assicurarle un ambiente gradito ed accogliente». Per la minore, difatti, era forte il «disagio durante gli incontri con il padre, privo di abitazione e costretto all’ospitalità di parenti ed amici» e negativi erano la «scarsa flessibilità» e l’«ostilità» manifestate dall’uomo nei confronti della moglie. Complessivamente, secondo quanto evidenziato dal consulente, non vi era alcuna possibilità di «continuare il regime di affidamento condiviso» perché «nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie». Cui prodest? La decisione della Corte d’Appello rinfocola, ovviamente, lo scontro tra i due genitori. È l’uomo, ovviamente, a presentare ricorso per cassazione, contestando l’affidamento in esclusiva. Più precisamente, egli, tramite il proprio legale, sottolinea che la «sola conflittualità tra i genitori» non può portare a valutarne l’idoneità e non può fornire indicazioni sulla persona da scegliere per l’affidamento esclusivo. A maggior ragione quando, come in questo caso, sono stati «pareri uguali» sulla «inidoneità di ciascun genitore». Anzi, proprio l’affidamento esclusivo, secondo l’uomo, potrà dare il ‘la’ ad «atti di prevaricazione» da parte del genitore «affidatario legittimato all’esercizio esclusivo della potestà genitoriale», rendendo più grave la conflittualità tra moglie e marito «con gravissimo pregiudizio per la minore». Piuttosto, secondo l’uomo, era necessario ‘congelare’ la decisione e percorrere la strada della mediazione familiare, ipotizzata anche dal consulente Di fronte alla prospettiva tracciata dall’uomo, però, i giudici di Cassazione rispondono, paradossalmente, con una domanda cui prodest? Ebbene, la risposta è semplice ciò che deve prevalere è l’interesse della minore. E, in questo caso, la conflittualità tra i due coniugi non si mantiene nei «limiti di un tollerabile disagio per la prole» ma si concretizza in modo da «alterare e porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli». È nel «superiore interesse» della minore, dunque, che l’affidamento condiviso va azzerato, perché «nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie, in quanto generante ansia, confusione e tensione», e che, invece, la figlia va affidata alla madre – con relativo rigetto del ricorso dell’uomo – per evitare «ulteriori danni». Unico spiraglio lasciato dai giudici una riapertura positiva del dialogo genitoriale

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 febbraio – 29 marzo 2012, numero 5108 Presidente Luccioli – Relatore Gianicola Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma, in modifica del regime di affidamento condiviso stabilito in sede di separazione personale disponeva con decreto del 9.01.2009, anche in base all’esito della disposta CTU, l’affidamento in via esclusiva alla madre di G.R., figlia legittima di M.R. e S.S. ricorrente , a quest’ultima attribuendo anche l’esercizio esclusivo della potestà genitoriale e regolando il diritto paterno di frequentazione della minore, revocava inoltre l’assegnazione alla R. della casa coniugale, in ragione del suo previsto trasferimento a Napoli, ove risiedeva la sua famiglia di origine, compensando le spese, processuali. Con decreto del 17.09-13.10.2005, la Corte di appello di Roma respingeva il reclamo del R. e compensava le relative spese processuali. La Corte territoriale osservava e riteneva - che noi potevano trovare accoglimento le doglianze mosse dal R. al provvedimento impugnato, in quanto il Tribunale lo aveva assunto dopo una approfondita istruttoria ed a seguito delle risultanze della disposta c.t.u. - che in ordine all’affidamento condiviso, regime al momento applicato, il consulente aveva a evidenziato che stava comportando una serie di pressioni e tensioni eccessive e controproducenti sulla minore, in quanto i genitori non parlandosi tra loro decidevano autonomamente le attività della figlia, costretta a fare due turni a scuola, due diverse attività sportive e “persino due diete alimentari”, tutto ciò vissuto molto male dalla minore, in quanto fonte di confusione e di alterazione della sua condizione psicologica b sottolineato, quindi, sostanzialmente la nocività, stante la mancanza di comunicazione tra i due genitori, del perdurare dell’affidamento condiviso c auspicato il ristabilimento di spazi di comunicazione attualmente inesistenti tra i genitori, al fine di evitare un “ipercoinvolgimento” della figlia nelle loro controversie, ingeneranti in lei turbamento, confusione ed alterazione dei suoi comportamenti d evidenziato la necessità e l’urgenza che le decisioni riguardanti la minore venissero prese da uno solo dei genitori, ossia la madre, perché pure con i riferiti suoi limiti, poteva svolgere meglio questa funzione, dal momento che G. voleva continuare a vivere con lei, che, a differenza del padre, era in grado di assicurarle un ambiente gradito ed accogliente. In precedenza il CTU aveva, infatti, riferito il disagio della figlia durante gli incontri con il padre, privo di abitazione e costretto all’ospitalità di parenti ed amici, preferendo invece la minore, dopo una giornata di scuola e l’espletamento di attività sportiva, ritornare nella propria gasa e non “andare ancora in giro”. e evidenziato ancora che il rapporto della figlia con il padre risentiva dei comportamenti di questo di scarsa flessibilità e di ostilità nei confronti della madre, al pari degli incontri con i nonni paterni, e che conflittuali si presentavano altresì i rapporti con le cuginette dal lato paterno f evidenziato inoltre che la minore aveva un rapporto più disteso con la madre, con cui si sentiva bene, serena ed accolta, che si trovava bene anche con il compagno della stessa e che non aveva nessun tipo di problema o difficoltà a trasferirsi a Napoli dai nonni materni, dalla zia e dai cugini g escluso nell’attuale situazione la possibilità di continuare il regime di affidamento condiviso, perché nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione h sottolineato la necessità di un cammino di mediazione familiare, nonché di un percorso terapeutico per la minore, per favorirne uno sviluppo armonico e completo della personalità i evidenziato la necessità di scelte urgerti da parte del giudice per evitare ulteriori danni alla minore, scelte da adottarsi nelle more del ristabilimento del dialogo genitoriale. - che quindi, doveva condividersi quanto aveva statuito il Tribunale sia in ordine all’affidamento esclusivo della minore alla madre, sia in ordine all’esclusivo esercizio da parte della stessa della potestà genitoriale, perché allo stato costituivano l’unica strada percorribile nell’interesse della minore - che andavano confermati gli assetti economici, stante l’esiguità del contributo al mantenimento della minore G., stabilito tra le parti a carico del padre € 150,00 mensili, oltre il 50% delle spese straordinarie, mediche, sportive, parascolastiche previamente concordate e documentate . Avverso questo decreto il R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e notificato il 26.11.2010 alla S., che ha resistito con controricorso notificato il 7.1.2011. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Preliminarmente va ritenuta l’irricevibilità degli atti che la S. ha allegato alla memoria, estranei all’ambito di quelli di cui è consentito il deposito in questa sede articolo 372 c.p.c. a tale rilievo consegue anche l’assorbimento dell’eccezione svolta dalla medesima parte, d’inammissibilità del ricorso per rinuncia implicita del R. A sostegno del ricorso il R. denunzia 1. “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 155 c.c., commi 1, 2, 3 come sostituito dall’articolo 1 comma 1 della L. 8 febbraio 2006 numero 54 ”. Sostiene - che sono stati del tutto disattesi i principi interpretativi del nuovo articolo 155 c.c. - che l’affidamento ad uno solo dei genitori può essere disposto solo quando il giudice ritenga, con provvedimento motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore, risultando nei confronti del genitore escluso una sua condizione di manifesta carenza o di inidoneità educativa comunque tale da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore deve trattarsi quindi di una condizione specifica e negativa del genitore escluso la sola conflittualità tra i genitori, condizione questa che riguarda entrambi, non può tradursi in giudizio di inidoneità di uno dei due e quindi non può certo fornire utili indicazioni sul genitore da scegliere tra i due litiganti ciò tanto più quando siano stati espressi pareri pressoché uguali sulla idoneità di ciascun genitore - che l’affidamento esclusivo darà veste di legittimità a immancabili atti di prevaricazione del genitore affidatario legittimato all’esercizio esclusivo della potestà genitoria e, sicché finirà con l’accrescersi e potrà, questa volta sì, divenire irreversibile la conflittualità con gravissimo pregiudizio per il minore sul quale inevitabilmente ricadranno le conseguente - che a lui non si rimprovera alcunché rispetto all’idoneità allo svolgimento delle funzioni genitoriali 2. “Violazione dell’articolo 155 sexies, comma 2”. Si duole che la Corte abbia illegittimamente escluso l’affido condiviso e disposto l’affido esclusivo della figlia alla S., senza avvalersi della possibilità di rinviare la decisione per tentare una mediazione, come previsto dall’articolo 155 sexies, comma secondo, c.c., e ciò nonostante il consenso da lui formalmente dato ed il fatto che il CTU, proprio in relazione alle condizioni psichiche di G., pregiudicate dalla mancanza di comunicazione tra i genitori, avesse testualmente affermato la fondamentalità di un percorso di mediazione familiare. Il primo motivo del ricorso non è fondato. In tema di separazione personale, la regola prioritaria dell’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori, prevista dall’articolo 155 cod. civ., è, ai sensi dell’articolo 155 bis, primo comma, cod. civ., derogabile solo ove la sua applicazione risulti contraria all’interesse del minore, interesse che costituisce esclusivo criterio di valutazione in rapporto alle diverse e specifiche connotazioni dei singoli casi dedotti in sede giudiziaria. La mera conflittualità esistente tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso a tale regine preferenziale solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole assume, invece, connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore interesse. Nella specie i giudici d’appello, nel procedimento di modifica delle condizioni della separazione personale delle parti, hanno argomentatamente sostituito il regime di affidamento condiviso della figlia delle parti con quello di affidamento esclusivo della minore alla madre, attenendosi al dettato normativo, ineccepibilmente inteso alla luce delle regole e dei principi in precedenza evidenziati. Hanno in particolare rilevato che dall’espletata istruttoria, e segnatamente dall’esito della CTU, era emerso che l’affidamento condiviso si era dimostrato nocivo alla minore e possibile fonte di future patologie per la stessa, in quanto generante ansia, confusione e tensione, e, dunque, irreprensibilmente concluso per la sussistenza di condizioni pregiudizievoli al suo interesse, atte a legittimare l’avversata decisione, chiarendo anche le ragioni, rimaste incontestate, per l’affidamento della figlia alla madre. Del pari privo di pregio si rileva il secondo motivo di ricorso, inerente al mancato esercizio da parte dei giudici di merito, del potere, previsto dall’articolo 155 sexies, secondo comma, cod. civ., di rinviare la decisione per consentire ai coniugi di tentare una mediazione finalizzata al raggiungimento di un accordo. La questione involta dalla censura noi risulta prospettata e dibattuto nelle fasi di merito, sicché ne è precluso il primo esame in questa sede in ogni caso la citata norma attribuisce al giudice un potere discrezionale esercitabile per ragioni di opportunità, ragioni la cui ricorrenza risulta nella specie evidentemente esclusa dalla rilevata urgenza di provvedere per evitare anche che, nelle more del ristabilimento del dialogo genitoriale, la minore potesse subire ulteriori danni. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il R. a rimborsare alla S. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi € 2.700,00, di cui € 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’articolo 52, comma 5, del D.Lgs. numero 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.